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#top8

8 film che ci hanno mostrato il Lato Oscuro di Hollywood

Non solo sogni e lustrini vicino a Los Angeles: ecco 8 film che ci hanno fatto vedere cosa succede dietro il glamour e i red carpet 

Hollywood: la Mecca del Cinema.  

 

Qualsiasi cinefilo almeno una volta nella vita ha desiderato visitare la città che rappresenta la fabbrica dei sogni per eccellenza. 

 

L’iconica scritta sulle colline, la serata di gala dei Premi Oscar, la Walk of Fame, le grandi ville dei divi sono solo alcuni elementi che trasmettono il fascino di un mondo così distante da molti di noi, eppure così tangibile grazie al Cinema.

 

 

[Non esiste scritta più iconica]

 

Anche Hollywood come i suoi film ha un controcampo, uno sguardo che non è d’incanto sul mondo, ma un incubo.

 

La Golden Age degli Studios e la nascita delle grandi case di produzione - le cosiddette “Big Five” che comprendevano MGM, 20th Century Fox, RKO, Paramount e Warner Bros. - non è stata solo l’epoca che ha permesso a Hollywood di diventare mitologica - citando Kenneth Anger, una moderna Babilonia - ma anche l’epoca che ha visto proliferare lo sfruttamento del sesso, tacitamente accettato da tutti i membri dell’industria.

 

Non è un mistero che tanti produttori hollywoodiani abbiano usato il proprio potere per molestare attrici e attori. 

 

Sebbene non ci siano testimonianze dirette di tali abusi - a differenza dell’epoca a noi contemporanea del #MeToo - la storica di Cinema Alicia Malone nel suo libro Backwards and in Heels: The Past, Present and Future of Women Working in Film afferma:

“Persone come Louis B. Mayer avevano un enorme potere sugli studios e sulle star che producevano.

Anche Harry Kohn, che era a capo di Columbia Pictures, si trovava in una posizione simile. Purtroppo molti di questi uomini dotati di un grande nome hanno iniziato ad abusare del loro potere in vari modi.

Uno di questi è il casting couch, in cui ci si aspettava che le donne scambiassero favori sessuali per ottenere dei ruoli".

 

Per poi continuare:

“Si trattava di una pratica frequente, anche se è molto difficile capire cosa succedesse esattamente.

Nelle mie ricerche per il libro mi sono imbattuta in molte storie e voci, ma ovviamente tutto era tenuto nascosto e sotto silenzio.

Un paio di queste riguardavano Rita Hayworth, il cui marito era piuttosto violento nei suoi confronti. Faceva letteralmente da pappone ai direttori e ai produttori degli studios per farla diventare una star.

Una volta lei disse davvero di no a Harry Kohn, il capo di Columbia, e Harry giurò che avrebbe cercato di rovinare la sua carriera in tutti i modi possibili".

 

Un vaso di Pandora mai del tutto scoperchiato, specchio di un'industria nettamente fallocentrica che agli albori di Hollywood vedeva solo il 12% dei film prodotti da persone di sesso femminile.

Non c’è da stupirsi perciò dello scandalo provocato dal #MeToo, movimento grazie al quale si stanno lentamente riequilibrando i ruoli e le disparità sociali all’interno dell’industria cinematografica.

 

Le molestie sessuali rappresentano però solo uno dei tanti lati oscuri che Hollywood porta con sé, basti pensare alla famosa Black List, che estromise centinaia di lavoratori dello spettacolo solo perché accusati di essere comunisti o simpatizzanti tali.

 

 

[L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo con protagonista Bryan Cranston nei panni del regista e sceneggiatore]

 

Purtroppo anche questa orribile parentesi dell’industria hollywoodiana è stata caratterizzata dall’ipocrisia di molte delle persone coinvolte, salvo poi redimersi mediante la produzione di film di denuncia dei crimini in questione.

 

Si innesta in conclusione un cortocircuito, dove gli incubi reali diventano micce per alimentare lo strapotere di Hollywood, non più solo fabbrica di sogni ma teatro degli orrori. 

 

In questa Top 8 la redazione di CineFacts.it vi propone otto film che sotto lenti e approcci diversi mostrano i lati più controversi e nascosti di Hollywood: per ogni film trovate indicato su quale piattaforma poterlo vedere, buona lettura e buone visioni! 

 

[Introduzione a cura di Emanuele Antolini]

[Copertina a cura di Drenny DeVito]

 

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Posizione 8

Il bruto e la bella

di Vincente Minnelli, 1952     

 

Il bruto e la bella è indubbiamente un film onesto, come l'ha definito Kirk Douglas, che forse avrebbe giovato di un titolo diverso: a differenza dell'Of Good and Evil della base originale di George Bradshaw, il titolo di lavorazione Tribute to a Bad Man tocca le corde giuste. 

 

Collocandolo nel contesto produttivo della Hollywood dei primi anni '50 e in quello ricettivo - il film è un melodramma di MGM: paratesto e sistemi di aspettative pesano - è facile vedere come la tensione semantica tra la qualifica morale affibbiata al protagonista (bad) e la dichiarazione degli intenti discorsivi (tribute) si risolva quasi all'istante, anche a prescindere dal titolo. 

 

À la Quarto potere, referente tra i tanti su più livelli, da quello estetico a quello produttivo, la pellicola dello straordinario Vincente Minnelli scompone una vita procedendo per analessi, dissezionando insieme un'epoca e, ben più rilevante, una visione del mondo, una Weltanschauung

 

Se il cardine fattuale - ma è una fattualità filtrata, come traspare dall'avvicendarsi di tre voci narranti - è la parabola del produttore Jonathan Shields, quello discorsivo è metacinematograficamente il paradigma produttivo hollywoodiano classico: fermandosi qui, il film appare conforme alle probabili intenzioni dell'autore, sospeso solo parzialmente - specie guardando agli esiti complessivi, di grande pregio - tra satira e profondo affetto.

 

Quel paradigma produttivo, tuttavia, non è solo la risultanza di una progettualità pratica (cosciente), né un mero canovaccio consolidato: è anche e soprattutto lo specchio delle fondamenta di una società, di una cultura.  

 

Il nodo è allora primariamente politico, come tutti ma in maniera più intelligibile di altri, e la visione sotto esame è quella che anima l'American Dream, una visione più antropologica e olistica che unicamente economica: il Good e l'Evil di cui scrive Bradshaw sono da de-assolutizzare - non necessariamente da gettare - e da sottoporre a critica (e, come direbbe il buon Friedrich Nietzsche, a genealogia).

 

Per chi scrive, il/un lato oscuro di Hollywood risiede nella visione del mondo che ne ha determinato le fortune, ovvero la versione statunitense più spinta del capitalismo, in tutti i suoi risvolti;  in relazione al film di Minnelli ciò interessa ovviamente la postura dello spettatore: in due modi differenti ma non reciprocamente esclusivi, uno confinato (forse troppo) nella diegesi, uno distante (forse troppo) da questa, Il bruto e la bella mostra infatti il/un lato oscuro di un(a visione del) mondo.

 

Disponibile in home video

 

[a cura di Mattia Gritti

 

Posizione 7

Ed Wood 

di Tim Burton, 1994

 

Da sempre affascinato dal diverso, negli anni più fulgidi della sua carriera Tim Burton decise di realizzare un film sull'outsider del Cinema per eccellenza: Edward D. Wood Jr., definito il peggior regista di tutti i tempi. 

 

Sceneggiato da Scott Alexander e Larry Karaszewski, il film racconta le disavventure del regista non particolarmente talentuoso, ma motivato da una passione incredibile per il Cinema e della realizzazione di tre film in particolare: Glen or Glenda (1953), La sposa del mostro (1955) e Plan 9 from Outer Space (1959).

 

L'amore per il Cinema, in particolar modo per quello horror, porta Ed Wood (interpretato dalla musa di Burton Johnny Depp) a coinvolgere in tutte e tre le pellicole Bela Lugosi (per la cui interpretazione Martin Landau ha vinto il Premio Oscar come Migliore Attore non Protagonista). 

 

A quel punto della sua vita Lugosi è solo un'ombra di quello che era stato negli anni '30. 

Il personaggio del Conte Dracula è stato per lui croce e delizia: da un lato il ruolo che lo ha consacrato per sempre nell'immaginario collettivo, dall'altro una prigione da cui non è più riuscito a fuggire. 

 

Ormai totalmente dipendente dalla morfina e per questo tenuto alla larga da ogni set, Lugosi incontra per caso lo stralunato Ed Wood, suo grande fan, e nasce una collaborazione a dir poco disastrosa, ma che dà vita anche a una tenera amicizia che accompagnerà l'anziano attore fino al momento della morte. 

La storia di Bela Lugosi è gemella di quella di Norma Desmond in Viale del tramonto e di Jane Hudson in Che fine ha fatto Baby Jane. 

 

Insieme a Wood è simbolo tangibile della parte più oscura di Hollywood: quella che illude e poi ferisce, che esalta e poi distrugge, che accoglie e poi abbandona.

Quella Hollywood in cui, per sopravvivere quando ormai si sono spenti i riflettori, si è costretti a coprirsi di ridicolo.

 

Seppur ammantato dal tono tipicamente leggero e ironico di Burton, Ed Wood è in grado di trasmettere perfettamente il senso di (dis)illusione alla base dello star system e di delineare, a tinte gotiche, una Hollywood in grado di fabbricare sogni che poi si trasformano in incubi. 

 

Disponibile su Disney+

 

[a cura di Nadia Pannone

 

Posizione 6

L.A. Confidential 

di Curtis Hanson, 1997

 

Nel 1997 Curtis Hanson decise di adattare uno dei romanzi più complessi della tetralogia di Los Angeles di James Ellroy, costruendo un’opera altrettanto intricata e tesa alla rielaborazione coraggiosa degli stilemi del genere. 

 

L.A. Confidential nasce anzitutto dalla volontà di distruggere il mito americano, portando sullo schermo la corruzione imperante di una società che il Maestro del noir aveva raccontato qualche anno prima. 

Continuamente in bilico tra realtà e finzione, la visione di Hanson non risparmia riferimenti all’attualità tanto nella rappresentazione delle stragi violente quanto nel racconto dei brutali pestaggi, come il tragico Bloody Christmas del 1951, promossi da un corpo di polizia criminale e profondamente razzista.

 

È infatti nelle vite di tre agenti che il lato oscuro di Hollywood si insidia, nutrendosi delle debolezze umane e della negligenza delle istituzioni e radicandosi in un labirinto di ricatti, sotterfugi e spietate strategie.

 

Da un lato Jack Vincennes (Kevin Spacey), la cui redenzione ideologica sembra vincere sulla corruzione e l’opportunismo che caratterizzano i suoi accordi con il giornalista Sid Hudgens (Danny DeVito), portavoce di una stampa che lucra sulla sofferenza.

 

Dall’altro due poli opposti della giustizia: Ed Exley (Guy Pearce), ligio e ambizioso figlio di un grande poliziotto e Bud White (Russell Crowe), classico antieroe americano hard boiled, impulsivo e incontrollabile ma caratterizzato da un sorprendente senso del dovere.

Oltre a questi personaggi e ai temibili “piani alti”, che trovano la loro rappresentazione nell’ambiguità morale del capitano Dudley Smith (James Cromwell), L.A. Confidential svela anche un mondo fatto di prostituzione di alta classe, che plasma il corpo femminile come feticcio da affiancare ai volti delle grandi dive del Cinema.

 

Proprio in questo senso il regista ribalta lo stereotipo distruggendo lo charme tipico della dark lady - quello emblematico di Rita Hayworth in Gilda, per esempio -  attraverso la purezza ingenua di Lynn (Kim Basinger), un personaggio femminile che non ha timore di mostrarsi fragile, succube delle continue umiliazioni provocate dal suo stile di vita.

 

Premiato per la Miglior Sceneggiatura non Originale agli Oscar 1998, L.A. Confidential porta il proprio sguardo oltre l’industria cinematografica, confermandosi un film in grado di far luce sull’oscurità di un intero sistema politico, economico e sociale. 

 

Disponibile su Prime Video, Disney+ e con pubblicità su Rakuten TV 

 

[a cura di Matilde Biagioni

 

Posizione 5

Tropic Thunder

di Ben Stiller, 2008  

 

I film di guerra sono spesso l'apoteosi dello strapotere di Hollywood. 

 

Tra le cosiddette pellicole impegnate e quelle di propaganda, nel corso della sua lunga storia il Cinema hollywoodiano ha prodotto un quantitativo ingente di opere che hanno formato lo sguardo di noi spettatori. 

 

Nel 2008 Ben Stiller scelse di prendere come oggetto della propria satira questo genere così importante per gli Stati Uniti, realizzando un film a suo modo dissacrante per come si prende gioco dei sistemi di produzione.

 

Ciò che infatti è inerente a questa Top 8, il Lato Oscuro di Hollywood, riguarda i produttori presenti nel film.

 

Tropic Thunder ironizza sui vizi delle star, sull’ossessione del "Metodo" - indimenticabile in questo caso il personaggio interpretato da Robert Downey Jr. - ma è Les Grossman (uno spassoso Tom Cruise che ha letteralmente inventato il personaggio) a rappresentare il marcio di Hollywood. 

 

Il protagonista del war-movie Tropic Thunder è stato rapito dalla Flaming Dragon Gang, trafficanti di eroina che chiedono 50 milioni di dollari per il riscatto.

Durante la chiamata per la negoziazione, Grossman manda a quel paese i rapitori affermando che “Non tratta con i terroristi”. 

 

Successivamente però, parlando con l’agente della star, il produttore rivela che non è un investimento che vale la pena affrontare perché l’attore non garantisce più lauti incassi e si trova ormai sul viale del tramonto.

 

Una situazione ovviamente sopra le righe, ma che ci dice molto sul sistema hollywoodiano che tratta come carne da macello i propri figli, dove spesso è il profitto a essere l’unica matrice dei rapporti umani. 

 

Al di là di ciò, il personaggio del produttore rimane forse il migliore del film, una caricatura così grossolana da diventare oggetto della cultura pop.  

 

Disponibile su Prime Video

 

[a cura di Emanuele Antolini]  

 

Posizione 4

The Congress

di Ari Folman, 2013 

 

Cosa ci fa il film di un autore israeliano, (parzialmente) d'animazione e di fantascienza in una selezione di opere che dovrebbero rappresentare la faccia più torbida, violenta e reale che si cela dietro la fabbrica dei sogni statunitense?

 

Nonostante l'estro narrativo e visivo The Congress di Ari Folman è un racconto estremamente lucido e analitico sulla macelleria di attori che può essere Hollywood, su come sia la perfetta rappresentazione del sistema economico e forsennatamente consumistico che The land of the free ha esportato, insieme ai suoi film, in tutto il pianeta. 

 

Robin Wright interpreta se stessa: per colpa degli anni che passano e della sfiducia creata nei suoi confronti si ritrova ai margini dell'industria hollywoodiana; decide così di vendere i diritti cinematografici della propria immagine a Miramount (una crasi tra Paramount e Miramax, tra i simboli di quella fabbrica patinata). 

 

La cessione di questi diritti significa smettere di recitare e permettere alla casa di produzione di fare una scansione fotogrammetrica del proprio corpo, così da venire sostituiti da modelli in tre dimensioni, un'avanguardistica visione che già nel 2013 risultava estremamente attuale e che oggi sembra ancora di più un futuro prossimo: niente più capricci né segni di vecchiaia o qualsiasi tipo di problema umano, come nelle fabbriche. 

 

Da questa premessa il film si muove attraverso un lungo trip allucinogeno in un vero e proprio mondo di visioni animate; degli avatar si muovono in uno stato di sospensione della realtà tra immagini incontrollabili ed effetti antidepressivi delle fiale: un mondo che sembra essere perfetto per mettere in scena le pressioni, i contratti, gli interessi e la voglia di evasione da quell'industria maligna. 

 

Una fabbrica che non guarda in faccia nessuno e che mentre emoziona il pubblico freddamente allontana dagli affetti, mangia vivi i suoi volti più noti e li spinge sempre più lontano dalla realtà, fino a portarli al tracollo nervoso e alla voglia di chiudersi in un finto mondo animato in cui le forme dei corpi che invecchiano non sono più un limite.

 

La visione di Hollywood che Folman mette in scena è disillusa, disumana, bestiale e smaschera tutta la violenza che esercita sui suoi ingranaggi, raccontati come vera e propria carne da macello in un infinito tritacarne, in onore del profitto, della produttività e di ritmi sempre più veloci. 

 

Disponibile su Prime Video 

 

[a cura di Fabrizio Cassandro

 

Posizione 3

Maps to the Stars

di David Cronenberg, 2014 

 

Maps to the stars, presentato al Festival di Cannes nel 2014, propone una feroce critica a Hollywood, una rappresentazione tanto grottesca quanto inquietante di una famiglia che orbita intorno al mondo dello spettacolo conservatore e nevrotico, dietro un palcoscenico patinato e progressista. 

 

Nulla di più attuale e profetico: nell'epoca della ribalta dei cosiddetti nepo babies, locuzione concepita per identificare una nuova generazione figli d'arte.  

 

Il lungometraggio si allontana dai canoni del body horror che hanno reso celebre l'autore canadese, ma non è esente da una rappresentazione cinica e violenta - fisicamente e moralmente - della società occidentale: in particolare in questo film il bersaglio è il bisogno perenne di approvazione, la malattia incurabile insita nello star system.

Al contempo Cronenberg non manca di inserire riferimenti espliciti alla psicanalisi: le nevrosi dell'anima sono ossessive, ricorrenti, logoranti quanto le alterazioni e le deformazioni del corpo. 

La fama diventa una malattia genetica che si incancrenisce di generazione in generazione.  

 

La trama ruota attorno alla storia della famiglia Weiss, in particolare ad Agatha (Mia Wasikowska), una ragazza problematica appena dimessa da un ospedale psichiatrico: suo padre Sanford (John Cusack) è un uno psicologo e massaggiatore molto in voga ad Hollywood e il fratello Benji, la cui carriera è seguita pedissequamente dalla madre Cristina, è una star della TV con prematuri problemi di droga. 

 

Agatha viene assunta come assistente da Havana (Julianne Moore), un'attrice famosa con il sogno di interpretare il ruolo della madre morta, anche lei a sua volta una celebrità.

Il ruolo di Havana inoltre è valso a Julianne Moore il Prix d'interprétation féminine al Festival di Cannes. 

 

"Tratta di bambini che diventano star. È molto divertente, e molto molto oscuro", disse a riguardo David Cronenberg, che impiegò cinque anni a trovare i finanziamenti per questo lungometraggio.  

 

In quest'opera corale ha spazio anche Robert Pattinson nel ruolo di Jerome, un autista di limousine; è quindi riscontrabile un legame tra il suo personaggio in Maps to the Stars e il ruolo da protagonista in Cosmopolis, film risalente a due anni prima e ambientato quasi esclusivamente nello stesso lussuoso veicolo. 

 

Disponibile a noleggio su Google Play, Chili e Rakuten TV

 

[a cura di Lorenza Guerra

 

Posizione 2

An Open Secret

di Amy J. Berg, 2014 

 

Amy J. Berg è una regista che si è fatta strada nel mondo documentaristico scegliendo temi scottanti, mettendo in risalto i classici casi che “tutti conoscono ma di cui nessuno parla”. 

 

An Open Secret fa parte del filone di questi film dimenticati e messi in silenzio con una distriuzione cinematografica fiacca e una promozione inesistente. 

 

Il film affronta il racconto cruciale di alcuni bambini (ormai ragazzi o adulti) vittime di abusi sessuali nell’industria cinematografica.  

L’obiettivo della regista è prima di tutto valorizzare il punto di vista di chi ha subito ed è stato messo a tacere, senza cadere in un moralismo spietato, ricostruendo gli avvenimenti non solo attraverso le voci delle vittime, ma anche di alcune figure hollywoodiane; in particolare risaltano il contributo del giornalista John Connolly di Vanity Fair e dell’ambigua figura di Michael Harrah

 

La narrazione si concentra insistentemente su due figure specifiche: Marc Collins-Rector e Marty Weiss.

Altri protagonisti - anche molto conosciuti - sono citati solo sommariamente in mancanza di prove concrete: è il caso di nomi quali il regista Bryan Singer e l’imprenditore americano Brock Pierce

 

Molto del minutaggio del film è dedicato alla gestione della Digital Entertainment Network (DEN), un network creato da Marc Collins-Rector e Brock Pierce, dove venivano prodotti contenuti per l’intrattenimento online - una sorta di antenato di YouTube - la cui finalità era creare un mondo in cui i giovani potessero esprimersi appieno. 

I ragazzi che vi partecipavano venivano separati dalle famiglie all’età di 14-15 anni con la promessa di diventare delle grandi star e fatti vivere in un’enorme casa con piscina: il luogo nel quale sono accaduti gran parte degli abusi. 

 

Nonostante molti giornali abbiano parlato positivamente di An Open Secret elogiandone il coraggio, non c’è stata una vera e propria distribuzione.

Al contrario, stando alle parole del produttore Matthew Valentinas, hanno ricevuto “Zero offerte da Hollywood per distribuire il film”.

 

Questo film di denuncia è rimasto silente per tanti anni, finché il caso di Harvey Weinstein ha contribuito a risvegliare il senso di giustizia verso il lato violento del sistema hollywoodiano, permettendo così a Matthew Valentinas di riproporre la pellicola online gratuitamente e ottenendo così la risonanza che merita. 

 

Disponibile su Vimeo

 

[a cura di Eris Celentano]

 

 

Posizione 1

Ave, Cesare!

di Joel ed Ethan Coen, 2016 

 

I segreti di Hollywood sono tra le più ricorrenti ossessioni nella meravigliosa filmografia dei fratelli Coen.  

 

Dopo aver sbancato il palmarès del Festival di Cannes nel 1991 con Barton Fink - È successo a Hollywood i due fratelli del Minnesota sono tornati a raccontare il lato raccapricciante dell'industria cinematografica americana nel 2016 con una satira corrosiva quanto assurda: Ave, Cesare!

 

Al centro del racconto vi è la medesima casa produttiva già presentata in Barton Fink, la Capitol Pictures, il cui capo di produzione Eddie Mannix (interpretato da un divertitissimo Josh Brolin) è costretto ad affrontare una serie di sciagure che si abbattono sulla stessa nel 1951.

 

L'evento più catastrofico dell'intricata matassa è costituito dalla sparizione dell'attore Baird Whitlock (George Clooney) dal set di un ambizioso peplum: Ave, Cesare!, appunto.

 

Sfruttando il lavoro di Mannix come "fixer" della casa di produzione, i Coen tracciano una mappa degli imprevisti e delle pressioni alle quali le produzioni hollywoodiane sono costrette a far fronte giornalmente, senza lesinare una critica ai modi spiccioli con cui spesso le questioni più intricate vengono risolte.

 

Il cocktail - già di per sé esplosivo - costituito dai tentativi di Mannix di rendere i film "inclusivi" sul piano religioso, dalle grandi manovre compiute dallo stesso per tenere nascosti gli scandali che riguardano i suoi attori di punta e dalla sparizione di Whitlock, si tinge di ulteriori sfumature nere quando si scopre che quest'ultima è in realtà frutto di un rapimento.

A questo punto, dunque, il film viene mostra un'inaspettata vena storico-politica: inventando la cellula di sceneggiatori-rapitori comunisti chiamata Il futuro, infatti i Coen citano direttamente una delle più grandi ipocrisie della storia hollywoodiana, la caccia alle streghe della Hollywood Blacklist, iniziata nel 1947.

 

Con la sapienza di chi conosce il Cinema sia dinnanzi che dietro alla macchina da presa, i fratelli Coen riescono a tenere salde le redini dell'opera malgrado le sue infinite diramazioni, incanalandola perfettamente all'interno della loro poetica, in perenne equilibrio tra ironia grottesca e cinema noir.

 

Disponibile a noleggio su Apple TV, Chili, Microsoft Store, Rakuten TV, Google Play e Amazon Store 

 

[a cura di Jacopo Gramegna

 



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