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Con Japan Sinks 2020 Netflix e Yuasa fanno un passo indietro, dove hanno sbagliato?
Netflix e anime: quando il colosso americano si è visto sfumare la propria collaborazione con Marvel, e di conseguenza ha assistito alla cancellazione di serie TV come Daredevil, Luke Cage e The Punisher, Netflix è dovuta correre ai ripari.
Con l'incombente arrivo di Disney+ e HBO Max, entrambe con un'enorme offerta di contenuti originali che includono film, serie TV, documentari, talk show e reality, la ricerca di Netflix è terminata in Giappone, dove è presente l'unica cosa che nessuno dei concorrenti di Netflix aveva ancora provato ad accaparrarsi: l'animazione giapponese.
Sia chiaro, se anche prima della cancellazione delle serie Marvel erano presenti alcuni anime, negli ultimi anni è facile notare come l'offerta sia aumentata esponenzialmente.
Se molti sono anime già conosciuti o distribuiti in Giappone, di cui quindi l'azienda ha deciso di comprare i diritti di distribuzione a livello internazionale, per altri è proprio Netflix a organizzarne la produzione e la realizzazione.
Tra i vari autori che sono stati scelti per collaborare con l'azienda americana, uno spunta su tutti.
Uno di quelli che quando lavora su un progetto nuovo il fan drizza le orecchie, si mette sugli attenti, in allarme, e aspetta con impazienza una data di uscita per dare buca ad amici, fidanzati, famiglia, scuola, lavoro e guardare senza pausa tutto il nuovo anime.
Si tratta di Masaaki Yuasa, e il 5 gennaio 2018 Netflix ha reso disponibile globalmente Devilman Crybaby.
L'anime è un successo internazionale, c'è chi lo ha considerato un capolavoro e chi lo definisce il miglior anime su Netflix.
Personalmente, sono d'accordissimo.
Devilman Crybaby è una bellissima modernizzazione dell'originale del 1972.
Resta fedelissimo al manga, affronta temi come pubertà, sessualità, identità LGBT, nichilismo; è libero da censure, ricco di violenza nello stile tipico di Yuasa, ha un'animazione tra le più uniche (a volte difficile) del settore, una colonna sonora molto originale.
Per quanto ci possano essere sicuramente delle critiche da fare non sono qui però per parlare di Devilman Crybaby: sono qui per parlarvi del suo successivo progetto con Netflix, un altro di quelli da tenere d'occhio, che aspettavo da tanto ma che, personalmente, è stata una delusione.
[Devilman Crybaby è disponibile su Netflix, se avete il coraggio]
Japan Sinks 2020 è tratto da un romanzo apocalittico giapponese del 1973, scritto da Sakyo Komatsu.
Il romanzo ha già avuto una trasposizione cinematografica, sempre nel 1973, una serie TV nel 1974 e un remake dell'omonimo film nel 2006.
La storia del romanzo, così come quella dell'anime del 2020, è suggerita dal titolo.
Dopo una serie di terremoti di bassa potenza, l'intera nazione viene colpita da dei sismi di un'intensità mai vista prima; i palazzi crollano, la situazione geografica si stravolge, onde alte decine di metri investono l'intero arcipelago giapponese.
Sì: il Giappone sta letteralmente affondando.
Japan Sinks 2020
Tutta questa situazione viene raccontata dalla prospettiva della famiglia Mutou e specialmente della figlia maggiore, Ayumu, la protagonista.
Dalle prime scene si ha già un'idea di che tipo di anime ci aspetta.
Il primo forte terremoto che colpisce Tokyo fa crollare il palazzo della palestra dove Ayumu si stava allenando. Muoiono tutti, attorno a lei c'è solo devastazione.
Tipico Yuasa, con tutto il sangue e la violenza che c'era in Devilman Crybaby, figuriamoci qui che ha combinato.
La famiglia è separata, e il primo episodio serve ovviamente a ricongiungere la figlia con i genitori e il fratello più piccolo.
Da lì, la famiglia Mutou e un gruppo di sopravvissuti si metteranno in cammino in cerca di un posto più sicuro, di aiuto.
Complice una situazione sempre più complicata, il tragitto sarà ricco di disgrazie, di vite umane spezzate, di incontri particolari, di sopravvivenza.
Japan Sinks 2020 Japan Sinks 2020
Peccato però che tutto scorra mediocremente durante i 10 episodi della serie.
La violenza di cui parlavo prima, quella intensità tipica delle scene di animazione di Yuasa, è quasi inesistente.
E anche se in Devilman era un tipo di violenza spesso fino a se stessa, quasi sciocca, nella situazione drammatica di Japan Sinks 2020 si dovrebbe percepire come un'ombra onnipresente, dietro l'angolo, in attesa di un terremoto, del crollo di un palazzo, di un gruppo di persone che combattono per un pezzo di pane, ma non succede.
Questi momenti di tensione si alternano durante gli episodi, ma sono accompagnati da momenti del tutto piatti, incapaci di mantenere lo spettatore in uno stato di shock, di preoccupazione, di immedesimazione.
Manca un'unione tra musica e animazione, che a volte sembrano scontrarsi rispetto alla scena in corso.
Japan Sinks 2020 Japan Sinks 2020
Forse complice il numero ridotto di dieci episodi, per una storia che avrebbe potuto riempirne tranquillamente il doppio, tutta Japan Sinks 2020 sembra mancare di profondità dal punto di vista narrativo, con tante storie secondarie non approfondite o scartate con una certa fretta.
Yuasa ha scelto una strada diversa stavolta, forse pensando più al messaggio che al mezzo.
E qualcosa che è riuscito a Japan Sinks 2020 è proprio quello: il messaggio.
Questo anime è un altro modo con cui il Giappone si porta ancora dietro quel terribile 11 marzo 2011.
Il giorno in cui il quarto sisma più potente mai registrato a livello mondiale, e il più potente mai misurato in Giappone, ha sconvolto per sempre questa nazione.
È il giorno in cui, purtroppo, la centrale nucleare di Fukushima verrà colpita da un'onda anomala che porterà al danneggiamento dei reattori nucleari.
Japan Sinks 2020 Japan Sinks 2020
Come altri lavori di animazione prima di questo, quel fatidico giorno può essere per molti artisti fonte di ispirazione, per non dimenticare, per capire cosa è successo e per ricordarsi di non commettere gli stessi errori in futuro.
Yuasa, con questo suo anime, vuole dare un messaggio di speranza alla società giapponese, una società in grado di vivere oltre quell'evento, di trovare speranza nella tragedia e di poter cambiare, di aprirsi al mondo, di lasciar andare questo isolazionismo vecchio quasi un millennio, come appunto succede in alcuni episodi, dove le navi di salvataggio vengono riempite solo di “puri” giapponesi, un concetto che tutt'ora mantiene una certa rilevanza nel paese.
La nota positiva di Japan Sinks 2020 è sicuramente uno dei co-protagonisti, Kaito, forse lo youtuber più gentile, intelligente e generoso mai esistito.
Kaito è anche il modo in cui l'anime introduce il suo elemento più originale nel suo adattamento dal libro: l'utilizzo dei social media durante un disastro di queste proporzioni.
Durante tutto l'anime i tweet giocano un ruolo fondamentale come fonte di informazione per sapere cosa stia succedendo precisamente, per contattare amici o parenti, avere consigli.
Questo elemento è esplorato attraverso Gō, il figlio più piccolo della famiglia Mutou, teenager introverso nella realtà ma pieno di amici nella comunità online, che spesso incorpora il linguaggio inglese con il giapponese (scelta stilistica di Yuasa già presente in altre sue opere).
Japan Sinks 2020 Japan Sinks 2020
Il messaggio è bello ma, come detto prima, stavolta è il modo in cui è veicolato il messaggio a non funzionare.
Forse, cercando proprio di voler dire tutto questo, Yuasa si è contenuto troppo non dando libero sfogo alla sua intensa creatività, capace di tenerti incollato alla sedia, vuoi che sia pura violenza, follia o filosofia.
Un peccato, perché proprio con Devilman Crybaby Netflix aveva intrapreso la strada giusta dopo, lasciatemelo dire, una serie di “produzioni originali” del tutto mediocri (Ghost in the Shell: SAC 2045, sto parlando di te).
Proprio con Yuasa sembrava aver trovato la direzione giusta, e forse è così, e Japan Sinks 2020 è solo un piccolo passo indietro.
Complice una pausa che il creatore giapponese ha deciso di prendersi, dovremo aspettare un ancora un po' per il suo prossimo progetto, ma essendo una delle menti più talentuose dell'animazione giapponese in questo momento, sono sicuro che tornerà più forte e determinato di prima.
“Ultimately, we lacked the courage to face up to our own true selves.
Our bare forms noble though petty, everything though nothing, almighty though powerless, filled with all the cruelty of matter and all the infinite kindness of spirit.
Human, all too human.”
"Alla fine, ci è mancato il coraggio di affrontare noi stessi.
Le nostre nobili forme nude ma meschine, complete ma in realtà vuole, onnipotenti ma in realtà impotenti, piene di tutta l'infinità della materia e di tutta l'infinita gentilezza dello spirito umano.
Umani, fin troppo umani."