close

NUOVO LIVELLO

COMPLIMENTI !

nuovo livello

Hai raggiunto il livello:

livello

#CineFacts. Curiosità, recensioni, news sul cinema e serie tv

#articoli

Death of a Unicorn - Recensione: una bestia già vista

La commedia fantastica a tinte horror con Jenna Ortega e Paul Rudd privilegia la volontà di intrattere ma tralascia quasi ogni spunto di novità

Con un cast pieno di attori piuttosto noti capitanato da Jenna Ortega e Paul Rudd e il marchio A24 a commercializzarne la distribuzione, Death of a Unicorn è arrivato nelle nostre sale praticamente in contemporanea al suo lancio statunitense. 

 

Il film diretto da Alex Scharfman ha infatti avuto la sua première mondiale al South by Southwest di quest'anno, prima di venire distribuito negli USA a partire dal 28 marzo.

Se il binomio tra A24 e SXSW, ancora una volta arricchito dalla distribuzione italiana di I Wonder Pictures, vi riporta con la mente allo straordinario successo di Everything Everywhere All At Once sappiate, però, di essere fuori strada. 

 

Pur condividendo con il suo predecessore il connubio tra reale e fantastico, oltre a una certa verve ironica, Death of a Unicorn sembra destinato a un percorso molto diverso. 

 

[Il trailer di Death of a Unicorn]

 

 

Death of a Unicorn racconta di Elliot Kintner, avvocato dedito in maniera assoluta alla carriera, e di sua figlia Ridley che si recano nella magione della famiglia Leopold, datori di lavoro di Elliot e magnati della farmaceutica: l'obiettivo della famiglia è conoscere meglio il proprio dipendente e sua figlia per affidargli le questioni inerenti la successione ereditaria del patriarca Odell, ormai malato terminale.

 

Lungo il tragitto però padre e figlia, presi da una delle loro discussioni derivanti dall'incomprensione, investono quello che parrebbe a tutti gli effetti essere un piccolo unicorno. 

Gli eventi narrati, che sono a tutti gli effetti il prologo dell'opera, indirizzano immediatamente Death of a Unicorn verso uno sviluppo che, per gli spettatori più esperti, sarà di immediata intuizione. 

 

La smania di ottenere quella che sarebbe a tutti gli effetti una promozione spinge Elliot a caricare in macchina il corpo tramortito dell'animale e a recarsi comunque dai Leopold, laddove si scoprirà che quella che sembra una carcassa potrebbe, in realtà, possedere poteri curativi fuori dal comune. 

Associando l'attività familiare dei Leopold e le capacità dell'unicorno non vi sarà difficile discernere uno dei temi trattati dalla pellicola. 

 

Death of a Unicorn si presenta, così, come un bizzarro coacervo di premesse arcinote per lo spettatore, ormai piuttosto smaliziato rispetto a un prodotto che presenta alcuni dei tratti distintivi del Cinema fantastico, anche per famiglie, che ha preso piede a partire dagli anni '80: personaggi riconducibili a stereotipi, innesti comici, critica alle elite, rapporti familiari tesi e - soprattutto - incastro tra elemento reale e fantastico talvolta pretestuoso.

 

 

 

[Paul Rudd e Jenna Ortega sono i protagonisti di Death of a Unicorn]

 

Proprio sull'inserimento della creatura fantastica nell'opera è necessario soffermarsi un attimo.

 

Come insegnatoci in maniera mirabile da Gremlins di Joe Dante, affinché lo spettatore abbia ben chiaro il ruolo e il funzionamento delle creature fantastiche all'interno dell'opera è necessario fornirgli delle regole chiare e definite, non necessariamente logiche, ma enumerate con tono tanto stentoreo da farle apparire granitiche. 

 

Death of a Unicorn tralascia questo principio e rende sin troppo casuale l'incontro tra umani e unicorni: nessuna regola geografica, nessuna contestualizzazione cronologica, nessuna articolata sequenza di eventi che si susseguono portando al fortunato incrocio. 

Solo l'inquadratura di una grotta e un unicorno che attraversa distrattamente la strada come se fosse un normalissimo cerbiatto. 

 

Anche sulle sue caratteristiche fisiche e magiche della creatura, Death of a Unicorn non si mostra perfettamente coerente: Ripley ne ricostruisce la mitologia attraverso degli affreschi che si era ritrovata a visitare con sua madre prima che morisse, ma anche in questo caso il collegamento appare un po' troppo flebile e pretestuoso.

Su queste fondamenta non solidissime Alex Scharfman articola una sceneggiatura che ci porta sempre a un grado di separazione dal "già visto". 

 

I personaggi, pur legandosi perfettamente agli attori che li interpretano, sembrano tutti simulacri di personaggi già interpretati dagli stessi: tutti poco approfonditi, quasi più fondati sull'immagine/personaggio degli attori che sulla scrittura.

Per fare alcuni esempi: Jenna Ortega è sempre più simbolo di una Gen Z arguta e solitaria, Paul Rudd è ormai specialista nel rappresentare omuncoli alla presa con vicende più grandi di loro e Will Poulter è sinonimo di faccia da schiaffi.

 

Su queste basi ci si chiede dove finisca una scelta di casting azzeccata e dove invece inizi il type-casting.

 

 

[Death of a Unicorn riprende il filone "Eat the Rich" sempre più in voga nel Cinema statunitense]

 

 

Oltre ai Kitner, stereotipici nei loro rapporti e nelle dinamiche tra il padre affarista e della figlia più sensibile, anche i Leopold sembrano inserirsi in maniera naturale nel filone rappresentativo di magnati sempre più in voga in numerose rappresentazioni cinematografiche più o meno recenti. 

 

Oltre a somigliare terribilmente ai Catton di Saltburn (Richard E. Grant sembra quasi lì apposta), questa famiglia di magnati della farmacia - tanto elitaria da essere ammessa al Forum di Davos - richiama inequivocabilmente la rappresentazione bizzarra e poco sveglia dei ricchi già fatta da opere come NoiTriangle of SadnessGlass Onion: Knives Out, The Menu e Finché morte non ci separi.  

Ognuno con la propria natura e le proprie peculiarità, tutti questi film rappresentano i ricchi come esseri umani assolutamente distanti da ogni concetto di realtà.

 

Un tema non a caso presente anche nell'ultimo film distribuito da A24 e I Wonder prima di Death of a Unicorn: Opus.

Non basta, però, rappresentare l'élite come del tutto priva di intelligenza ed empatia, sottolinearne la tendenza al guadagno che li spinge a ignorare le conseguenze catastrofiche del loro comportamento (come già visto in Don't Look Up) e accennare alla pratica sempre più diffusa delle operazioni umanitarie di facciata per rendere la critica pungente o quantomeno ben contestualizzata. 

Se non altro l'omogenea tendenza a tenere in superficie ogni tema dell'opera ben si amalgama con la rappresentazione sterotipica dei personaggi, rendendo l'opera scorrevole malgrado i vari cambi di registro - sin troppo bruschi - che la stessa subisce.

 

Death of a Unicorn è una commedia fantastica che strizza chiaramente l'occhio all'horror soprattutto a partire dal secondo atto, quando entrano in scena due unicorni adulti tutt'altro che conformi all'idea comune, mansueta ed elegante, di queste creature immaginarie.

 

 

[Death of a Unicorn non presenta particolare profondità nel rapporto tra i personaggi]

 

 

La rappresentazione della rabbia degli unicorni accende, dunque, un barlume di novità in una pellicola che però esaurisce con grande rapidità i propri guizzi: persino le soluzioni finali nel rapporto tra Elliot e Ridley, oltre che le interazioni tra gli stessi e le creature fantastiche, si presentano parecchio sbrigative. 

 

Il lavoro registico di Scharfman ricerca costantemente l'intrattenimento dello spettatore, servendosi di un ampio armamentario di "trucchi di mestiere": lo spazio per la riflessione scompare, così come le intenzioni di rendere Death of a Unicorn più stratificato di quel che appaia, ma l'attenzione resta alta e tutto sommato la visione si presenta scorrevole per ogni tipo di audience. 

Il paradosso maggiore dell'opera resta, però, la sua ordinarietà. Il termine "unicorno" negli Stati Uniti viene infatti utilizzato per rappresentare qualcosa di unico nel suo genere, talmente raro da somigliare a una creatura leggendaria. 

 

Death of a Unicorn è, invece, un animale già visto e affrontato a più riprese: un aspetto che sembra cozzare con la nomea che A24, tanto in fase di produzione quanto di distribuzione, si era finora ritagliata.

___ 

 

CineFacts non ha editori, nessuno ci dice cosa dobbiamo scrivere né soprattutto come dobbiamo scrivere: siamo indipendenti e vogliamo continuare ad esserlo, ma per farlo sempre meglio abbiamo bisogno anche di te!  

Se ti piace quello che facciamo e il nostro modo di affrontare il Cinema, sostienici con una piccola donazione al mese entrando tra Gli Amici di CineFacts.it: aiuterai il sito, i social e il podcast a crescere e a offrirti sempre più qualità!

Chi lo ha scritto

TI POTREBBERO INTERESSARE ANCHE

Articoli

Articoli

Articoli

Lascia un commento



close

LIVELLO

NOME LIVELLO

livello
  • Ecco cosa puoi fare:
  • levelCommentare gli articoli
  • levelScegliere un'immagine per il tuo profilo
  • levelMettere "like" alle recensioni