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La conversazione: il capolavoro di Coppola torna al cinema

In memoria di Gene Hackman, il capolavoro di Francis Ford Coppola torna sul grande schermo dopo più di cinquant'anni

La conversazione è un oggetto misterioso, realizzato da Francis Ford Coppola in una piccola finestra temporale a cavallo tra Il padrino e Il padrino - Parte II; si potrebbe definire come un neo-noir d'autore e senza dubbio uno dei lavori più personali e sperimentali del regista.

 

La conversazione si inserisce in una sorta di consequenzialità intertestuale che parte dal voyeurismo vertiginoso de La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock, attraversa Blow-up di Michelangelo Antonioni, vera matrice dichiarata del film, e finisce poi per rimodularsi nel Blow Out di Brian De Palma.

 

Non si tratta tuttavia dell’unica convergenza che intercetta il film, che si interseca anche con un certa tradizione, quella del Cinema della paranoia e dell’alienazione, che in quegli anni si nutriva dei preziosi lavori di Alan J. Pakula, ma anche di Martin Scorsese: una conseguenza sperimentale e cinefila di un modo di guardare e pensare Cinema e, allo stesso tempo, l'incarnazione di un clima di paranoia e ossessione degli Stati Uniti problematizzati attraverso il noir.  

 

[Il trailer de La conversazione]

 


Harry Caul e il neo-noir della paranoia 


La conversazione è prima di tutto un neo-noir che esplora con uno sguardo inedito i caratteri del genere e ne rimodula le figure stilemiche; la figura del tecnico delle intercettazioni rappresentata da Harry Caul (Gene Hackman) ricopre il ruolo vicario del classico detective privato di tradizione noir.

 

Il suo rapporto con la realtà è tuttavia profondamente diverso, proprio a causa degli strumenti che adotta per svolgere la sua detection: microfoni, cimici, complessi accessori di registrazione, hanno un rapporto diretto con la realtà fenomenologica che allontanano Harry Caul, per esempio, dal detective Marlowe di Humprey Bogart, ancorato a una detection intuitiva e più che altro giocata sulla capacità di assorbire l'ambiente circostante, come direbbe qualcuno. 

 

Allo stesso modo, i luoghi dello spazio urbano distorti dagli angoli e dalle ombre del noir classico, luoghi trasfigurati e assorbiti dal private eye di turno, ne La conversazione portano invece il segno di un opprimente normalità: i luoghi e gli ambienti urbani di San Francisco non subiscono la proiezione soggettiva del protagonista, bensì assumono valore estetico nella stasi febbrile della quotidianità, che invece di rivelare nella scena le minacce le cela, nascondendo sottotraccia un mondo di violenza e paranoia, destinato a esplodere in raptus di montaggio o in incubi allucinati. 

 

 

[La conversazione: Harry Caul alle prese con la sua strumentazione]

 

 

Il regno dei dispositivi

 

La conversazione è un neo-noir abitato da caratteri codificati e allo stesso tempo rimodulati.

Il tecnico/detective, le femme fatale che lo seduce e gli ruba i nastri, il cattivo invisibile (Robert Duvall) e il suo scagnozzo (Harrison Ford), sono figure che assumono un senso inedito poiché incastrate in un regime di sorveglianza che gli conferisce nuovi ruoli, talvolta ribaltandoli - vedi il finale che ribalta vittime e carnefici. 

 

Piuttosto che fare chiarezza, la registrazione costante del mondo confonde le acque, manipola il reale e l’effetto sembra paradossalmente opposto: più proliferano i dispositivi di registrazione del mondo - tra microfoni telescopici, cimici, cornette, telecamere a circuito chiuso, persino penne a sfera - più la percezione di questo appare irrimediabilmente confusa, irricomponibile. 

La narrazione de La conversazione si costruisce perciò su una serie di registrazioni, riascolti e manipolazioni che conferiscono un senso di frammentazione e ricomposizione costante alle realtà concepita dal protagonista, ricreando una perdita di coordinate non dissimile dalla sgangherata detection del noir classico.  

 

È una declinazione moderna e paranoica del noir, che problematizza il rapporto tra l'invasione dello spazio privato e la dimensione mediale e tecnologica, intrecciata col clima paranoide e cospirazionista dell’epoca. 

 

 

[La scena finale de La conversazione, ripresa da una cosiddetta oggettiva irreale che suggerisce la posizione e il movimento di una videocamera di sorveglianza]

 

Il finale

 

Nel meraviglioso e iconico epilogo de La conversazione la certezza di essere ascoltato costringe Harry a distruggere casa sua alla ricerca di una cimice piazzata chissà dove.

 

Smantella letteralmente anche le pareti, passando persino per la disintegrazione delle icone sacre: una statuetta della madonna che non rivela altro che il suo guscio vuoto (simbolicamente il crollo nichilista di ogni speranza). 

 

Nell'indelebile scena finale Harry suona il sax tra le macerie, sotto lo sguardo della macchina da presa che compie un movimento panoramico ristretto e ripetuto, simulando il movimento di una camera a circuito chiuso che sancisce un regime di controllo ineluttabile.

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