close

NUOVO LIVELLO

COMPLIMENTI !

nuovo livello

Hai raggiunto il livello:

livello

#CineFacts. Curiosità, recensioni, news sul cinema e serie tv

#articoli

Campo di battaglia - Recensione: scritture del/sul corpo

L'avvicendarsi di una guerra e di una pandemia nel 1918, in un ospedale militare

Che la cifra estetica di Gianni Amelio abbia spesso eluso i consueti canoni del realismo non è affare da discutere, nonostante alcune delle critiche rivolte a Campo di battaglia, il suo ultimo film, sembrino dimenticare questa provenienza, già eclatante in Così ridevano, Leone d'oro a Venezia nel 1998.

 

Amelio ha abbandonato via via il respiro de Il ladro di bambini, invero ri-configurandolo, ma la chiusura formale talora subentrata ha frustrato solo di rado lo spessore del suo discorso artistico, come ha ribadito due anni addietro la composta messinscena de Il signore delle formiche

 

[Il trailer di Campo di battaglia]

 

 

Campo di battaglia, per l'appunto, raccoglie questa chiusura e guadagna un ampio distacco rispetto alla vis realistica, anche integrando elementi di quell'apice di anti-realismo che può essere il melodramma (tanto più nelle declinazioni di autori come Douglas Sirk, citato non a caso in Hammamet).

 

In questo senso, il long take che apre il film è inequivocabile: aggirandosi tra colori lividi, la macchina da presa circoscrive una pila di corpi di soldati finché, d'un tratto, una mano si protende plasticamente nell'aria, domandando aiuto senza voce, domandandolo anche alla cinepresa, che un attimo prima precedeva il cammino di un uomo e ora è pronta a incorniciare questo gesto di speranza. 

Subito dopo, quando la notte è passata ma il sole non ha chiamato la dolcezza della luce naturale, le voci arrivano ma sono incomprensibili: sono invero più dei gesti sonori, che traggono appena parzialmente il proprio significato dal piano idealizzante delle norme linguistiche. 

La dimensione gestuale che emerge primariamente, rafforzata dalle scelte estetiche di Amelio, introduce una dominante lapalissiana che si fa avanti nell'ospedale militare in cui ha luogo la maggior parte dell'opera, ossia la questione del corpo, anzitutto quello martoriato dei soldati.

 

In assenza di combattimenti campali, di scontri visibili, il campo di battaglia di Campo di battaglia è infatti il corpo, il quale - lo diciamo in via preliminare - non è nulla di oggettivamente dato, di concettualmente chiaro, di materialmente garantito. 

Il corpo è teatro di scontri invisibili che lo assumono come piano di iscrizione, di scrittura; storicamente in Occidente la scrittura è stata quella del potere, nel senso impersonale definito da Michel Foucault, prendendo il corpo come supporto neutro, foglio bianco.

 

L'ospedale militare, collettore di corpi, assume al contempo quasi i contorni di un luogo mentale attraverso l'incerta macchina a mano - non incerta scimmiottando il Direct Cinema, semmai poco incline alla sintesi compositiva - e i cromatismi inverosimili.

 

Oltre alla Babele dei pazienti, questo contesto accoglie le voci (non sempre credibili) e le posture sicure, iper-attoriali, degli ufficiali Stefano e Giulio, coppia di amici non priva di sottotesti amorosi entro cui si concretizzano degli scontri di potere. 

Il controllo del corpo in relazione alle necessità belliche conquista una posizione centrale in Campo di battaglia. L'inflessibile Giulio, in più momenti proto-fascista, sorveglia con attenzione i convalescenti e applica una disciplina ferrea, pronto a rispedire al fronte al primo barlume di sanità o - soprattutto - di insincerità, qualora le ferite fossero auto-inflitte nel tragico tentativo di auto-disciplinarsi per sfuggire al baratro.  

Di contro, il coscienzioso Stefano, il cui distacco anche vocale - complice la direzione di Amelio - lo colloca in una zona (coscienziale) iperuranica, per così dire, lavora illegalmente sui corpi dei degenti per evitare il ritorno in trincea.

 

Nei corpi si iscrive perciò questa lotta di potere, il discorso morale.

 

 

[Un frame da Campo di battaglia

 

 

Similmente nella seconda metà di Campo di battaglia, il momento in cui Amelio lancia l'amo alla contemporaneità, il controllo del corpo riguarda il diffondersi della spagnola, uno scenario pandemico, fino al bruciare di una pila di corpi. 

 

Più che gli scontri tra Giulio e Stefano, in questo caso è la gestione dei comandi militari e la conseguente strategia mediatica, via carta stampata, a rappresentare un problema che ha sicuramente del potenziale in chiave discorsiva. 

Gli effetti sul corpo dell'ondata virale passano però in secondo piano, come, in generale, le interazioni coi pazienti e lo stesso ospedale. 

Campo di battaglia scivola infatti in direzione di una costruzione narrativa più ambiziosa che lambisce - appunto - anche il melodramma: legittima di per sé, la scelta finisce però per indebolire la relazione tra le due metà. 

 

In questa maniera, perdono consistenza il rimando all'oggi, in alcuni frangenti cercato anche troppo scopertamente, e la questione del corpo.

 

Se però l'infelicità della scrittura degli eventi, sovente concatenati in maniera anche troppo ellittica in relazione al piano sentimentale, e di molti dialoghi può trovare un (gracile) appiglio nell'anti-realismo summenzionato, che rischierebbe peraltro di tramutarsi in tappeto sotto cui nascondere la polvere, le problematiche che attanagliano il discorso sul corpo appaiono nella loro essenzialità. 

Le relazioni tra pubblico - corpo pubblico, corpo collettivo - e privato che il finale illustra in modo schematico e l'intero senso non-dimostrativo del procedere delle vicende risultano infatti funestati, tra le altre cose, dalla rimozione che colpisce il corpo melodrammatico, corpo patetico (da pathos). 

 

Non si comprende come le dinamiche dell'irrisolto ménage à trois di Campo di battaglia che si compone di Giulio, Stefano e Anna, infermiera di vecchia conoscenza che manca di un approfondimento adeguato, possano riuscire a suscitare quei sentimenti a cui la colonna sonora e gli episodi singoli - soprattutto quelli a carattere amoroso e/o familiare - sembrano anelare con decisione.

 

 

[Un frame da Campo di battaglia]

 

 

Annullati dalle ellissi e da un trattamento formale che irrigidisce, i corpi dei tre non mostrano né il dispiegarsi né il trattenersi (magari sublimante) di una qualche forma di desiderio. 

 

Persistono troppo spesso in qualità di meri vettori nelle mani di Amelio, indaffarato nella tensione verso una chiusura discorsiva che però non si verifica.

 

In Campo di battaglia, la dimostratività ripresa e aggiornata rispetto al Neorealismo, con buoni risultati anche nella penultima prova, rischia di soffocare il respiro dei personaggi disegnando traiettorie che, rispetto alle premesse, si (di)mostrano esteticamente incompiute.  

 

Become a Patron!

 

CineFacts segue tantissimi festival, dal più piccolo al più grande, dal più istituzionale al più strano, per parlarvi sempre di nuovi film da scoprire, perché amiamo il Cinema in ogni sua forma: non potevamo dunque mancare l'appuntamento con la Mostra di Venezia! 

Se vuoi sostenere la redazione e fare in modo che CineFacts migliori ogni giorno, prova a dare un'occhiata al nostro Patreon!

Chi lo ha scritto

TI POTREBBERO INTERESSARE ANCHE

Articoli

Articoli

Articoli

Lascia un commento



close

LIVELLO

NOME LIVELLO

livello
  • Ecco cosa puoi fare:
  • levelCommentare gli articoli
  • levelScegliere un'immagine per il tuo profilo
  • levelMettere "like" alle recensioni