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The Surfer riporta al Festival di Cannes Nicolas Cage a 34 anni di distanza da "un filmettino come Cuore selvaggio di David Lynch", come lo stesso attore ha sottolineato ringraziando i presenti in Sala Lumière al termine di una partecipata ed entusiasta proiezione di mezzanotte.
Il cineasta irlandese Lorcan Finnegan sceglie Cage come protagonista assoluto del suo nuovo film, che arriva dopo un Vivarium che a mio avviso prometteva molto nel primo atto per poi sciogliersi; in The Surfer invece Finnegan trova la quadra di un racconto tanto semplice quanto magnetico e inesorabile nella sua discesa verso l'inferno.
[Il trailer di The Surfer]
The Surfer ci racconta infatti di un padre (Cage) che torna nei luoghi natii sulla costa ovest dell'Australia, in procinto di comprare la casa del nonno per tornarci a vivere e poter così chiudere un cerchio lasciato aperto decenni prima.
L'uomo - che non ha nome - porta con sé il figlio per surfare assieme a lui sulle splendide onde di Luna Bay, ma appena giunti in spiaggia l'ostracismo degli abitanti del luogo è violento e diretto: "Se non vivi qui, non surfi qui".
La spiaggia pubblica viene infatti concepita e vissuta come privata dal gruppo di "Bay Boys" del luogo, che la popolano da mattina a notte passando il tempo tra onde, falò, drogucce varie e riti di iniziazione; per il protagonista comincia un percorso complicato e violento, che scuoterà profondamente le fondamenta dei suoi valori e che dimostrerà a lui (e a noi) che i soldi non sono in grado di comprare davvero tutto.
Le ispirazioni più lampanti di Finnegan sono Un uomo a nudo e Wake in Fright, come mi ha giustamente fatto notare il mio collega Marco Lovisato: il primo per la lenta e cupa discesa del protagonista nella misera e nella disperazione, il secondo per come immerge il personaggio principale all'interno di un ambiente estraneo, alieno e ostile.
The Surfer è un film squisitamente "aussie" che grazie alla torrida fotografia e alle suggestioni visive ci fa percepire il caldo e il sudore, la sabbia e l'asfalto bollente, la salsedine e l'arsura.
In The Surfer Nicolas Cage mette ancora in gioco e in discussione se stesso il suo status di star, in una storia che lo affossa e lo umilia fisicamente e psicologicamente: il suo personaggio è ostinato, caparbio, testardo e ottuso e si trova a un certo punto a perdere tutto ciò che ha, senza capire davvero che le cose più importanti che ha perso non sono il telefono e l'automobile, ma l'amor proprio e la dignità.
Il film dipinge nella maniera più negativa possibile il materialismo gretto e il machismo spinto al limite.
The Surfer mette in campo un discorso sul localismo e il bullismo, con delle concessioni alla critica nei confronti delle forze dell'ordine colluse per convenienza e verso il sistema capitalista, convinto che il denaro sia in grado di acquistare cose e persone e che quando ciò non avviene lascia spazio solo alla reazione violenta e non alla riflessione, con in più un'evidente ostinazione nel cercare di ottenere qualcosa nonostante i costi siano evidentemente molto più alti dei benefici.
Il film si inserisce bene nella poetica del regista che da sempre cerca di portare i propri personaggi lontani dalla loro comfort zone per vedere come reagiscono, sfida le convenzioni sociali e sottolinea l'orrore dello sconosciuto.
Da applausi anche la performance di Julian McMahon, noto al grande pubblico come il chirurgo donnaiolo della serie TV Nip/Tuck, in The Surfer cesella un'interpretazione tra il mefitico e il diabolico mentre di rosso vestito gestisce e controlla le persone che gravitano attorno alla spiaggia, personaggio centrale anche solo per il fatto che l'unico del film ad avere un vero nome e a non essere chiamato solo con la definizione di ciò che è o fa, a differenza di tutti gli altri.
La prova di McMahon brilla in una sfida di bravura con Nicolas Cage, con l'equilibrio tra i due personaggi che non viene mai messo in discussione e dove Scally (McMahon) occupa indiscutibilmente la posizione di potere; Cage da par suo trova in The Surfer un altro personaggio da aggiungere alla sua personale collezione di uomini problematici che devono imparare come affrontare le situazioni che piovono loro addosso e che, spesso, insistono con il prendere decisioni sbagliate.
[Da sinistra a destra Julian McMahon e Justin Rosniak in The Surfer]
La visione in sala di The Surfer è pressoché obbligatoria, dato che è uno di quei film dove la partecipazione attiva del pubblico e le emozioni condivise fanno parte dell'esperienza generale.
Alla première mondiale nella Sala Lumière durante il Festival di Cannes in più di un momento ci siamo ritrovati a ridere e applaudire a scena aperta; la presenza in sala del regista e del cast non è qualcosa che garantisca che ciò avvenga ed è anzi un buon termometro per capire come potrebbe essere accolto il film.
Ci auguriamo possa arrivare presto al cinema in Italia.
CineFacts segue tantissimi festival cinematografici e non potevamo certo mancare a quello più importante del mondo!
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