Chiara Ferragni - Unposted ha scatenato la rabbia di orde di indignados nei confronti del Cinema italiano a causa del successo al botteghino del documentario sulla famosa influencer, che nei 3 giorni di tenitura ha sorpassato le 160mila presenze facendo segnare il record come miglior esordio nel 2019 per un film prodotto in Italia e venendo scalzato dal primo posto del box office solo da C'era una volta a... Hollywood di Quentin Tarantino.
Come succede spesso con i partiti politici non appena smettono di essere popolari, quando improvvisamente sembra che nessuno li abbia mai votati, il documentario di Elisa Amoruso pare non sia stato visto da nessuno: c'è una sorta di vergogna atavica nel dichiarare l'interesse verso la frivolezza del mondo patinato di influencer e star di Instagram.
Immagino che i cinema siano stati riempiti da persone in impermeabile e parrucca per non farsi riconoscere, oppure da fantasmi come fossimo in Goodbye Dragon-Inn di Tsai Ming-Liang.
E un po' come in Goodbye Dragon-Inn l'animale cinefilo vede nella proiezione di questo film la morte del Cinema italiano.
[Chiara Ferragni mentre osserva la vastità del cachemire che gliene frega degli hater]
L'ampio spettro dei cinefili, che va dall'estimatore di Bela Tarr al nerd asservito al Marvel Cinematic Universe, dal fan di Christopher Nolan ai separatisti del bianco e nero, pare concordare su un'unica tragica sentenza: il Cinema italiano è morto.
È morto forse ne La Terrazza (1980) di Ettore Scola, considerato dai più come l'ultima Commedia all'Italiana, quando i suoi protagonisti si schiantano contro le illusioni artistiche e politiche che avevano permeato la società e arricchito il Cinema italiano nei decenni precedenti?
È morto forse quando Marcello Mastroianni e Giulietta Masina nel Ginger e Fred (1985) felliniano esalano l'ultimo respiro artistico in un grottesco network privato in cui importa solo degli ascolti?
È morto quando Sergio Leone con C'era una volta in America (1984) e Bernardo Bertolucci con L'ultimo imperatore (1987) sono stati definitivamente accolti dalle braccia più generose delle produzioni straniere?
È morto quando Mario Monicelli ha dovuto intraprendere un'odissea produttiva per produrre e distribuire Speriamo che sia femmina (1986)?
È morto quando il panorama variopinto del Cinema di genere è stato spazzato via dai blockbuster americani e dalla televisione commerciale?
[Ginger e Fred danzano il tip tap in un network privato tra fenomeni da baraccone]
Si possono dire tante cose sul declino inesorabile del Cinema italiano, sull'appiattimento dei desideri del pubblico e sul motivo per cui le sue pretese si siano così notevolmente abbassate.
L'offerta ha influenzato la domanda, che a sua volta ha influenzato l'offerta.
Prima che l'Italia potesse accorgersene la frivolezza aveva sostituito la leggerezza e lo spettatore medio aveva perso la voglia di impelagarsi in visioni più impegnate.
Sembra che il grande pubblico negli anni abbia iniziato a desiderare solo intrighi amorosi e donne tettone-feticcio.
La commedia sexy è un genere che si impone sempre di più tra gli anni '70 e gli anni '80, alla faccia della rivincita sociale femminile e femminista de La ragazza con la pistola (1968) di Mario Monicelli con Monica Vitti.
A volte mi chiedo come si senta Lino Banfi nell'essere passato da La liceale nella classe dei ripetenti (1978) a membro della commissione italiana all'UNESCO.
Nel frattempo poi sono caduti uno ad uno molti dei miti del cinema italiano: Vittorio De Sica e Pietro Germi nel 1974, Pier Paolo Pasolini nel 1975, Luchino Visconti nel 1976, Roberto Rossellini nel 1977, Elio Petri nel 1982.
Nel 1985 vengono prodotti soltanto 80 film e il numero totale di spettatori passa dai 525 milioni del 1970 ad appena 123 milioni.
I grandi continuavano però a operare, a dimostrazione che il Cinema italiano non è mai morto: Ugo Tognazzi riceve al Festival del Cinema di Cannes nel 1981 un tardivo riconoscimento per La tragedia di un uomo ridicolo di Bernardo Bertolucci, nello stesso anno Mario Monicelli riesce ad affermarsi un'ultima volta nell'immaginario collettivo con la figura iconica di Alberto Sordi ne Il marchese del grillo.
Nel 1987 Ettore Scola dirige La famiglia che fa incetta di premi, Federico Fellini continua a dirigere fino al 1990, Marco Ferreri fino al 1997, Michelangelo Antonioni nel 2004 ha persino diretto un episodio di Eros, un film corale con Steven Soderbergh e Wong Kar-wai, tre anni prima di morire.
[Alberto Sordi che dal paradiso guarda gli influencer e dice: "Mi dispiace: io so' io, e voi non siete un cazzo"]
Inoltre in quegli anni si affaccia al mondo del Cinema italiano anche Nanni Moretti: Ecce Bombo (1978), costato 180 milioni di lire e con più di 2 miliardi di incasso, è stato il principio di una carriera luminosa che non ha quasi mai tentennato.
Tra i registi longevi possiamo vantare Lina Wertmüller,Marco Bellocchio, il compianto Ermanno Olmi e i fratelli Paolo e Vittorio Taviani: tutti registi rimasti coerenti a un certo standard qualitativo dagli esordi al tanto discusso nuovo millennio.
Uno spazio tra i difensori del Cinema italiano da una sua apparente morte lo ha, seppur con poche opere nel curriculum, anche Franco Piavoli: il suo Il pianeta azzurro (1982) ha ricevuto persino le lodi di Andrej Tarkovskij che lo ha definito
"Un poema, un viaggio, un concerto sulla natura, l’universo, la vita".
Nonostante nei primi anni '90 ci sia stato un record negativo di film realizzati e di spettatori in sala, che non superavano i 90 milioni, continua a dir la propria anche Giuseppe Tornatore dopo aver vinto l'Oscar al Miglior Film in Lingua Straniera con Nuovo Cinema Paradiso (1988).
Premio che vincerà anche Gabriele Salvadores con Mediterraneo nel1992.
Premio che vincerà anche Roberto Benigni con La vita è bella nel 1997.
[Ci sono due tipi di persone: quelli che hanno pianto vedendo La vita è bella e quelli che mentono]
Lo so, lo so.
Molti ritengono che questi premi siano immeritati, affibbiati magari solo perché rispecchiano un determinato stereotipo dell'italiano che piace tanto agli statunitensi, oppure per la solita retorica ricerca della morale in ogni film.
D'altra parte c'è anche da dire che l'italiano tende a essere nazionalista solo quando si tratta di discriminare stranieri, ma non quando bisogna elogiare le proprie creazioni artistiche.
Non che io creda che Mediterraneo sia bello come La dolce vita (1960) o che La vita è bella possa essere paragonato a Roma città aperta (1945).
Eppure tra "La Morte del Cinema Italiano" e i capolavori sopracitati ci sono centinaia di sfumature.
Vacanze di Natale (1983) di Carlo Vanzina sancisce la nascita del cinepanettone che, con alti e bassi, riesce ancora a far breccia nel cuore dell'italiano medio.
Oggi ci sono gli youtuber al posto di Massimo Boldi e discriminazioni meno sfacciate, ma il succo del discorso poco cambia.
Spesso si fa l'errore di colpevolizzare i cinepanettoni per l'imbarbarimento del cinema italiano.
Piuttosto il merito dei Vanzina, Christian De Sica & Co. è stato quello di captare ciò che il pubblico desiderava in quel determinato momento storico.
È la stessa cosa è stata per Chiara Ferragni - Unposted che si è adattato all'esigenza dello spettatore moderno.
Se i peti e una poderosa dose di sessismo erano ciò che anni fa lo spettatore cercava per sfuggire al grigiore della propria esistenza, oggi preferisce spiare dal buco della serratura le vite degli altri per evadere dalla propria.
È un fenomeno perfettamente collocabile in un mondo a misura di Instagram, ma non sancisce alcuna Morte del Cinema.
Dagli anni 2000 in poi, oltre ai registi sopracitati dalla carriera proficua, altri registi hanno raggiunto la maturità artistica e la popolarità, come ad esempio Ferzan Ozpetek, Paolo Virzì o Francesca Archibugi.
Altri artisti iniziano a farsi strada: Matteo Garrone e Paolo Sorrentino sicuramente ai primi posti, ma anche Paolo Genovese, i giovani Matteo Rovere, Pietro Marcello, Alice Rohrwacher, Susanna Nicchiarelli, Stefano Sollima, Marco e Antonio Manetti.
Un discorso a parte bisognerebbe farlo per Luca Guadagnino, dato che ha trovato apprezzamento del suo talento perlopiù all'estero, lavorando quindi sempre con produzioni straniere.
Se proprio vogliamo essere ottimisti negli ultimi anni anche il Cinema italiano d'intrattenimento e quello di genere hanno subito uno svecchiamento non indifferente.
[Matilda De Angelis in Veloce come il Vento annoiata dai discorsi di chi sostiene che il Cinema italiano sia morto. Stefano Accorsi ne condivide lo stato d'animo]
Commedie argute come Perfetti Sconosciuti (2016), il film sportivo Veloce come il vento (2016), il finto cinecomicLo chiamavano Jeeg Robot (2015), la fantascienza un po' grottesca de L'arrivo di Wang (2011), l'epica in protolatino de Il Primo Re (2019), ne sono un esempio lampante.
Il Cinema italiano ha smesso di inseguire quello statunitense e ha iniziato a percorrere una propria via.
La bellezza di Lo chiamavano Jeeg Robot ad esempio non è negli effetti speciali, su cui non ci sarebbe nessuna competizione con le produzioni estere, e nemmeno nell'originalità della trama, dato che è difficile sfoderare un plot originale dal cilindro dei supereroi.
È Roma la protagonista del film: la desolazione, la malavita, la difficoltà nei rapporti umani.
Abbiamo un'esplosione modesta, ma una scena di stupro che mette a disagio.
Lo stesso discorso possiamo farlo per Veloce come il vento: film intimista e familiare su piloti di macchine da corsa.
E ancora possiamo parlarne con gli stessi termini de Il Primo Re: un film particolarmente rischioso e violento considerando l'alto budget, il cui ritmo lento e una palese tendenza alla contemplazione lo rendono tanto ostico quanto affascinante.
Nudo e crudo, non tradisce quello che parrebbe plausibile pensare sia lo spirito di un'antica civiltà rurale.
[Alessandro Borghi ne Il Primo Re evidentemente turbato dopo aver sentito che il Cinema italiano è morto]
Non tutti i risultati sono così convincenti, ma sono un passo verso l'affermazione di una nuova identità cinematografica italiana.
Anche La Grande Bellezza (2013) vince l'Oscar al miglior film straniero.
Adesso però non tergiversiamo ancora.
È tempo della Top 8 sul Cinema italiano contempraneo, con qualche precisazione.
Questa classifica sui migliori film del Cinema italiano dal 2010 a oggi mira ad essere più variopinta possibile, cercando di toccare più generi.
Ho preferito inserire solo film di finzione, volendo escludere i documentari.
È doveroso però citare Fuocammare di Gianfranco Rosi, Orso d'Oro al Festival Internazionale del Cinema di Berlino e candidato all'Oscar come Miglior Documentario.
Il Cinema Italiano è tutt'altro che defunto.
1 di 8
Posizione 8
Il Traditore (2019)
Marco Bellocchio
Il Traditore è un film sul rapporto tra la malavita e la giustizia e tra i vecchi e i nuovi valori di Cosa Nostra, mondi opposti di cui perno è TommasoBuscetta, interpretato da Pierfrancesco Favino.
Il focus del film inoltre è il concetto di tradimento stesso, di una società costruita tra maschere e menzogne.
Posizione 7
Gatta Cenerentola (2017)
Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone
Dopo L'arte della felicità(2013) Rak e il suo team ci riprovano: è ancora la ricerca della felicità il tema di questo film d'animazione.
Una rivisitazione amara e coscienziosa dell'omonima fiaba di Giambattista Basile ambientata in una Napoli cupa e criminale.
Gli stereotipi della fiaba si intrecciano in un'atmosfera che oscilla tra l'onirismo, lo steampunk e il gangster in un modo mai forzato.
Posizione 6
Ammore e Malavita (2017)
Manetti Bros.
Il musical dissacrante dei Manetti Bros è ambientato a Napoli, prende le atmosfere cupe di Gomorra e le ribalta senza mai banalizzarle.
Sdramatizza ed esagera: la sceneggiata napoletana incontra il musical, il melodramma si unisce al crime movie.
I Manetti sottolineano la loro autorialità tramite un linguaggio popolare e postmoderno.
Posizione 5
Non essere cattivo (2015)
Claudio Caligari
Il terzo film di Caligari ci porta nella periferia di Ostia, dove i "ragazzi di vita" di ispirazione pasoliniana vengono contestualizzati nella modernità degli anni '90.
Un affresco della periferia, un film corale, un realismo annichilente: Claudio Caligari, grazie anche all'ottima recitazione di Luca Marinelli e Alessandro Borghi, ci regala prima di morire un film già indimenticabile.
Posizione 4
MartinEden (2019)
Pietro Marcello
Martin Eden, interpretato da Luca Marinelli (ben due volte in questa top), è tratto da un romanzo di Jack London.
Il marinaio autodidatta decide di diventare uno scrittore di successo.
Si definisce un individualista anarchico e si scontra sia con i limiti del socialismo sia con quelli del liberalismo.
Posizione 3
La grande bellezza (2013)
Paolo Sorrentino
Questo film non ha bisogno di presentazioni.
Tanto odiato in Italia quanto amato all'estero, parla di Jep Gambardella, interpretato da Toni Servillo, di un mondo patinato e del fallimento, della disillusione, della mancanza di ispirazione.
Roma, tanto bella quanto antica, è la città perfetta per inquadrare la decadenza della vecchiaia.
Posizione 2
Lazzaro Felice (2018)
Alice Rohrwacher
Lazzaro è un ragazzo ingenuo, umile e gentile. La sua vita è scandita dal ritmo delle stagioni e dalla natura.
Stringerà amicizia con Tancredi, un ragazzo più svezzato e viziato di lui.
Un film dove il discorso sul classismo si fonde con le atmosfere deliziose e oniriche del realismo magico.
Posizione 1
Dogman (2018)
Matteo Garrone
La pellicola trascende la storia del Canaro della Magliana, seppur Matteo Garrone ne abbia studiato gli accadimenti per 12 anni.
È una storia sulle dicotomie: ricco e povero, dominante e sottomesso, l'arrogante e il timido, il furbo e l'ingenuo, il muscoloso e il gracilino.
È una storia sulla catarsi, almeno apparente, su un riscatto, apparente anch'esso.
L'interpretazione di Marcello Fonte lascerà un'impronta nella Storia del Cinema Italiano.
Non ci avevo proprio pensato! Ma appena ho letto il titolo mi è ritornato in mente... l'ho visto qualche anno fa in tv, seconda serata, e ne conservo un bel ricordo.
Magari non lo metterei in top8, ma comunque un bel film. Tra l'altro è su RaiPlay
La top l'ho scritta io e ti dico che hai ragione 😁 però ti posso assicurare che cercare di ficcare abbastanza nomi senza essete trooooppo prolissa non è facile! Oltre al fatto che il testo voleva essere una intro soprattutto agli autori più recenti
Ammore e malavita lo trovo un film originalissimo e sempre divertente, oltre che secondo me i Manetti hanno una padronanza del mezzo filmico diversa da quella di Sydney Sibilia.
Smetto quando voglio per me non è né particolarmente originale né particolarmente ben girato. Sono film godibilissimi ma non mi sembrano così memorabili.
Adoro Garrone, ma ho deciso di metterne solo uno per regista!
Marinelli mi aveva sorpreso giá in Lo chiamavano Jeeg Robot e non mi ero affatto sbagliata
Perfetti sconosciuti l'ho nominato nell'articolo! Lo trovo molto interessante, ma gli 8 titoli in lista mi hanno dato qualcosa in più.
Sulla mia pelle mi è parso più impattante per il tema che per il suo valore cinematografico.
Benito Sgarlato
4 anni fa
Magari non lo metterei in top8, ma comunque un bel film. Tra l'altro è su RaiPlay
Rispondi
Segnala
Benito Sgarlato
4 anni fa
Rispondi
Segnala
Benito Sgarlato
4 anni fa
Rispondi
Segnala
Benito Sgarlato
4 anni fa
Rispondi
Segnala
Lorenza Guerra
5 anni fa
Rispondi
Segnala
Daniele Falleti
5 anni fa
Rispondi
Segnala
Marco Natale
5 anni fa
Rispondi
Segnala
Marco Natale
5 anni fa
Rispondi
Segnala
Lorenza Guerra
5 anni fa
Rispondi
Segnala
Lorenza Guerra
5 anni fa
Rispondi
Segnala
Lorenza Guerra
5 anni fa
Smetto quando voglio per me non è né particolarmente originale né particolarmente ben girato. Sono film godibilissimi ma non mi sembrano così memorabili.
Rispondi
Segnala
Lorenza Guerra
5 anni fa
Marinelli mi aveva sorpreso giá in Lo chiamavano Jeeg Robot e non mi ero affatto sbagliata
Rispondi
Segnala
Lorenza Guerra
5 anni fa
Sulla mia pelle mi è parso più impattante per il tema che per il suo valore cinematografico.
Rispondi
Segnala
Mostra altri commenti