Il 2018 per Netflix è stato senza dubbio stato un anno importante: primo Oscar a un documentario (Icarus), primo Leone d'Oro vinto a Venezia (Roma, prodotto dalla Esperanto Filmoj di Alfonso Cuarón con Participant Media, ma patrocinato e "posseduto" da Netflix), 125 milioni di abbonati raggiunti nel mondo e l'esperimento di Black Mirror: Bandersnatch che sta facendo parlare chiunque in questi ultimi giorni dell'anno.
La piattaforma streaming di Reed Hastings sta crescendo vertiginosamente giocando col debito - a inizio anno era di 6,5 miliardi di dollari il debito a lungo termine, e a ottobre hanno chiesto un nuovo prestito di 2 miliardi - e mettendo in conto che il break even non arriverà prima del secondo semestre del 2020, ma è sotto gli occhi di tutti che sia la "televisione" più grossa del pianeta e che ormai faccia parte della quotidianità di ognuno di noi.
È stato anche l'anno di importanti investimenti sulla produzione originale, che va ad aggiungersi ai già tantissimi prodotti che Netflix distribuisce in esclusiva - ponendo il logo "Netflix Original" anche su opere non prodotte ma solo distribuite - perché per dichiarazione degli stessi dirigenti per stare al passo con le produzioni Hulu e Amazon quella è l'unica strada percorribile.
Cosa ci ha fatto di vedere Netflix di bello in questo 2018? Parecchia roba, in effetti.
Qui trovate la classifica degli 8 migliori 'prodotti' disponibili su Netflix usciti quest'anno, tra film e serie tv: siete d'accordo con le posizioni? Secondo voi manca qualcosa? Cosa avreste aggiunto o modificato?
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Posizione 8
Sulla mia Pelle
Il film di Alessio Cremonini, con un impressionante Alessandro Borghi nei panni di Stefano Cucchi, è uscito il 12 settembre 2018.
Ed è uscito contemporaneamente in sala distribuito da Lucky Red e su Netflix, creando una serie di discussioni e agitazioni che hanno portato al rifiuto di alcune sale di distribuirlo per "non fare pubblicità alla piattaforma streaming" e alle dimissioni di Alessandro Occhipinti di Lucky Red dalla presidenza dei distributori ANICA per mettere in chiaro che "le decisioni in merito a Sulla mia Pelle sono aziendali e non una posizione della sezione distributori dell'ANICA".
Un casino, insomma. E il film aveva già fatto parlare tantissimo di sé alla Mostra del Cinema di Venezia e ha continuato a farlo un mese dopo l'uscita, quando una notizia di cronaca in merito a una deposizione di uno dei carabinieri ha di fatto riaperto il caso.
La storia vera di Cucchi, pestato a morte in caserma, è rappresentata nel film soprattutto da una prova davvero incredibile del protagonista: Borghi si trasforma nel fisico, nella voce e anche nella testa, ed è praticamente impossibile non empatizzare con la figura di Stefano.
Il film prosegue con forse troppa calma e a volte sembra un instant movie che sceglie di mostrare più che di approfondire, ma è sicuramente un film italiano da difendere che racconta una brutta pagina della nostra Storia recente. per farci riflettere e impedire di dimenticarcene.
Non poteva che uscire l'8 (giugno) il finale di una delle serie più cinematografiche e ambiziose degli ultimi anni. "L'amore trionfa su tutto" spiega perfettamente ciò che avviene nella serie e ciò che è avvenuto fuori dallo schermo.
La serie ideata da Lana Wachowski e andata in onda per due stagioni racconta la storia di 8 sensate, persone che riescono a connettersi con altre al punto di poter provare le stesse sensazioni nello stesso momento, a condividere intimamente dei momenti stando a migliaia di chilometri di distanza al punto di finanche diventare un unicum.
Sense8 è una serie che non ha paura di raccontare un mondo fatto di amore e solidarietà, senza barriere geografiche, razziali o sessuali, e fin da subito è riuscita a crearsi un pubblico di fan innamorati di tutti i personaggi: la produzione però era eccessivamente costosa.
4 milioni e mezzo di dollari a puntata per la prima stagione che sono raddoppiati per gli episodi della seconda stagione: la troupe girava realmente la storia tra l'Europa (Islanda, Berlino, Londra, Amsterdam), gli Stati Uniti (Chicago, Los Angeles, San Francisco), il Brasile, il Messico, il Kenya e Mumbai in India: 250 milioni di dollari in tutto per una serie in onda su Netflix erano effettivamente difficili da sostenere a lungo.
Una volta annunciata la chiusura ci fu una levata di scudi mondiale e la petizione che ne venne fuori costrinse Netflix a produrre il tanto sospirato finale della serie, lasciata alla fine della seconda stagione in una situazione di cliffhanger puro. Amor Vincit Omnia raccoglie in due ore e mezza di durata tutto ciò che Sense8 è stato, ed è un miscuglio di gioia e nostalgia, di amore che cola dappertutto e un tripudio di lieti fine.
Il montaggio incredibile, la colonna sonora da sparare a tutto volume e l'empatia creata da un cast strepitoso, dove si fa fatica a pensare che quegli 8 non siano davvero così amici anche nella vita reale, costellano tutto il finale che incredibilmente riesce a chiudere tutte le storyline e a farci salutare i sensate nel migliore modo possibile.
Nota patriottica: l'episodio/film finale è stato girato anche a Napoli e vede sullo schermo la miglior prova della nostra Valeria Bilello, ex vj di MTV oggi attrice, alla prima prova con un cast internazionale. E non sfigura affatto.
Posizione 6
Annihilation
A marzo è arrivato su Netflix il nuovo film scritto e diretto da Alex Garland: Annientamento.
Lo sceneggiatore di 28 giorni dopo e Sunshine, dopo aver scritto e diretto Ex Machina adatta per lo schermo un romanzo di Jeff VanderMeer per metterci di fronte a un'altra riflessione sull'uomo e sull'identità.
Il film, pur con parecchie ingenuità, è un'opera ipnotica, affascinante e agghiacciante.
Natalie Portman guida un cast principalmente femminile in un luogo, la cosiddetta Zona X, dove pare che l'evoluzione abbia fatto in pochi giorni quello che dovrebbe fare in milioni di anni, a causa di un qualcosa di alieno arrivato a sconvolgere il corso della natura.
Più ci addentriamo nella zona, più stranezze genetiche conosciamo e più si delinea il discorso di base: domande, riflessioni, ragionamenti in merito a cosa stiamo vedendo diventano obbligatori subito dopo la visione.
Annientamento è un film che ha incontrato pareri contrastanti, amato più dalla critica che dal pubblico, ma è un'opera ambiziosa e originale in un genere, la fantascienza, che ultimamente sembra aver disperatamente bisogno di nuovi temi e nuove idee.
Dopo essere passato alla Mostra del Cinema di Venezia, il 2 novembre 2018 arriva su Netflix The Other Side of the Wind, il nuovo film di Orson Welles.
La frase di per sé assurda è presto spiegata: il film girato tra il 1970 e il 1976 dal Gigante del Cinema non era mai stato completato; nel 2002 i registi Wes Anderson e Noah Baumbach misero in moto le cose con una raccolta fondi atta a finanziare il completamento dell'opera, ma è nel 2017 che scende in campo Netflix annunciando di averne acquistato i diritti per una futura uscita.
Il film di Welles è complicato, ostico, respingente, costringe a un'attenzione continua per evitare di perdersi nel gioco di scatole cinesi e di rimandi alla realtà: John Huston è praticamente l'alter ego del regista, e interpreta un regista che non riesce a completare il proprio film. Ovviamente la storia personale di Orson Welles si riflette nel film e i riferimenti al reale si mescolano con la fiction, in un film sui film che fa cinema sul cinema, un'opera enorme e massiccia, wellesiana fino al midollo e che probabilmente si merita di essere il lascito di un Genio della Settima Arte.
Visionario e originale e in grado di colpire violentemente chiunque lo guardi, L'Altra Faccia del Vento è un film che si potrebbe definire obbligatorio, per comprendere le dinamiche di produzione che c'erano (e ci sono) a Hollywood, per riflettere sulle figure del regista e del produttore e per giocare assieme a Welles con la realtà e la rappresentazione della stessa, con le delusioni e le sconfitte, con il Cinema.
E magari per far partire una discussione tra amici su un film nato quasi cinquant'anni prima e distribuito più di trent'anni dopo la scomparsa del suo autore, su una piattaforma alla quale sicuramente non aveva nemmeno pensato.
Posizione 4
La Ballata di Buster Scruggs
Film a episodi dei fratelli Coen, ambientato nel Vecchio West. Basterebbero queste poche parole per stimolare la visione di The Ballad of Buster Scruggs.
Il film è nato come serie antologica formata da sei episodi distinti ma è poi diventato un lungometraggio, con il risultato di essere nello stesso momento il primo film in digitale girato dai Coen e il loro film più lungo di sempre.
Gli episodi hanno un unico filo conduttore: la Morte. Non tanto la morte come evento fisiologico naturale, quanto la figura stessa, il suo senso e il suo simbolismo, coniugato qui nei modi più diversi, che sono contemporaneamente sei omaggi al genere western nelle sue diverse accezioni.
Si passa dal vero e proprio comico con esplosioni di violenza inaudita al dramma romantico, dalla storia di freak a quella più profonda e allegorica che chiude il tutto.
La Ballata di Buster Scruggs è un film che meritava il grande schermo per godere il più possibile di una meravigliosa fotografia di Bruno Delbonnel, che dipinge quadri di poetica meraviglia di frontiera e che scava a fondo nei primi e primissimi piani dei protagonisti, ognuno con la propria tragedia personale da scoprire o da affrontare, ognuno con la propria fatica di vivere e con la consapevolezza mai doma di dovere, un giorno, morire.
Come descrivere BoJack Horseman a chi non l'ha mai visto? Non si può.
La serie di animazione nata dalla testa di Raphael Bob-Waxberg e dalla penna di Lisa Hanawalt è indescrivibile perché si rischierebbe di non renderle giustizia.
Cinica, riflessiva, comica, deprimente, illuminante e a tratti spaventosamente vera, la storia dell'ex attore di successo BoJack - un cavallo antropomorfo - è il pretesto per un attacco frontale a tutto il celebrity system del mondo occidentale, al successo facile e all'ipocrisia.
La quinta stagione di BoJack Horseman decide di distruggere qualunque cosa: persone, sentimenti, luoghi dell'immaginario e verità costruite.
E diventa cinematograficamente mirabile dimostrando che non sempre uno show televisivo si consuma quanto più avanza negli anni, ma anzi è in grado di crescere, di rendersi conto che è arrivato il momento di prendere coscienza di sé fino in fondo, di maturare e diventare adulto, anche raccontando la Hollywoo di un gruppo di animali che si muovono in posizione eretta.
Io intanto scusate, ma vado a farmi una doccia così non capisco se sto piangendo o meno [cit.]
Posizione 2
Better Call Saul - 4ª stagione
Sinceramente non so quale dio dello script abbia posato le sue mani su Vince Gilligan, ma va benissimo così.
Dopo la fine di Breaking Bad l'annuncio di una serie prequel con protagonista l'avvocato arruffone Saul Goodman aveva preso un po' tutti in contropiede.
Lo fanno per soldi. Non ce n'è bisogno. Ma allora rivedremo Bryan Cranston?
Le reazioni si potevano riassumere più o meno in queste tre frasi. Invece Gilligan è riuscito fin da subito a far tesoro di tutto ciò che di ottimo aveva raggiunto con Breaking Bad e riportarlo, rinnovandolo, in Better Call Saul.
Esteticamente e tecnicamente la serie è un gioiello, ma paradossalmente è la sceneggiatura a essere il vero punto di forza: mancando tutta la parte action presente in Breaking Bad, la storia doveva necessariamente essere forte in ogni snodo e avere dei personaggi da seguire e da voler conoscere.
La quinta stagione di BCS vede praticamente l'epilogo di un lungo percorso, quello intrapreso da Jimmy McGill che lo porterà a essere Saul Goodman. Bob Odenkirk fa suo Jimmy/Saul in un modo sconvolgente e tutto il cast, dai personaggi già conosciuti a quelli nuovi, è come si suol dire in stato di grazia.
La serie è ovviamente derivativa, ma a differenza di BB va a scavare ancora più in fondo nella personalità dei protagonisti, lo fa con calma e con tutto il tempo a sua disposizione, lo fa in un modo elegante, che fa scivolare lentamente lo spettatore dentro le scene, e i colpi di scena sono tra i più inaspettati e meglio costruiti che si possano ricordare recentemente in tv.
Ci sono molte domande in merito alla prossima stagione, che potrebbe incrociarsi e sorpassare gli eventi narrati in Breaking Bad complice anche una storyline impostata sul flash forward presente fin dai primi episodi, ma una cosa la si può affermare con certezza nonostante gli strepiti e le urla scandalizzate che alcuni potranno produrre: la quinta stagione di Better Call Saul dimostra di non avere più nulla da invidiare alla sorella più grande.
Anzi.
Posizione 1
Roma
Si è detto tanto di Roma, il film personale di Alfonso Cuarón che racconta di una domestica che vive con una famiglia piccolo borghese in un quartiere di Città del Messico negli anni '70.
Il regista qui è anche produttore, sceneggiatore, direttore della fotografia e montatore (coadiuvato da Adam Gough) e Roma gronda cuaronismo da ogni inquadratura: la macchina da presa non giudica e non interviene, le lunghissime inquadrature alle quali il regista messicano ci ha già abituati qui diventano delle fotografie di SebastiãoSalgado in movimento, con un passo morbido, delicato, che dà modo allo spettatore di contemplare tutto ciò che vi è racchiuso.
La storia della domestica Cleo a servizio di una famiglia piccolo borghese viene sconvolta da un uomo, così come viene sconvolta anche quella della madre della famiglia, a causa del padre. Le differenze di classe, evidenti, non vengono dipinte come un giogo bensì come una naturale situazione, e i tumulti che stanno per scuotere il paese fanno da sfondo a un racconto che si muove in punta di piedi.
La tecnica è il punto più alto raggiunto da Cuarón, sia dal punto di vista dell'immagine che da quello del suono: le immagini in 65mm sono talmente vivide da poterci entrare dentro e il lavoro fatto sul Dolby Atmos immerge letteralmente lo spettatore dentro la storia.
In televisione l'opera perde un po' di smalto proprio perché evidentemente pensata per essere bigger than life, ma resta un'opera di valore assoluto che sicuramente farà parlare ancora tantissimo di sé nella prossima stagione dei premi cinematografici: il Leone a Venezia è stato solo l'inizio.
Ed è sicuramente al primo posto tra i prodotti disponibili su Netflix usciti quest'anno.
Figlio illegittimo del colonnello Kurtz e del tenente Ripley, folgorato sulla via di Dagobah mentre sul chopper di Zed filavo molto karaschò a 88 miglia orarie verso l'Overlook Hotel gestito da HAL9000.
Mi travesto da donna per fuggire da Charles Foster Palantine, con il quale suonavo blues in missione per conto della Tyrell Corporation, ma era tutto Top Secret.
Bevo White Russian, mangio torta di ciliegie stando in Silencio e non vado a letto presto perché canto sotto la pioggia.
Lavoro in TV, canto nei Dymama, sono il Direttore Editoriale di CineFacts.it e non dico mai la parola "morte".
Grazia173
5 anni fa
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Donca
5 anni fa
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Marco Spazzi
5 anni fa
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George Nadir
5 anni fa
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Billizful
5 anni fa
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Teo Youssoufian
5 anni fa
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