Sono sempre stato convinto che un ottimo indice per capire la reale qualità di un attore sia guardare i registi con cui ha collaborato.
Se un professionista è cercato e voluto dai migliori, sia in progetti più piccoli sia in quelli a grandissimo budget, sia quando si trova sulla cresta dell'onda sia dopo un flop, allora deve esserci una ragione.
Talvolta essere all'apice della notorietà dura qualche anno, così come la prestanza atletica o la bellezza fisica.
Il talento è invece qualcosa di cui nessun regista può fare a meno: cambiano gli approcci al Cinema, i generi, le tipologie di film, ma alla fine sullo schermo ci vanno gli attori e, anche se un autore può gestire e mascherare i loro limiti, devono essere bravi e adatti.
Questo non significa - almeno per me - che il Cinema lo facciano gli interpreti: sono fermamente convinto che il risultato dipenda più dalla capacità di un regista di metterli nelle condizioni adatte piuttosto che dalla loro bravura intrinseca, ma sono comunque certo che a quei livelli siano tutti professionisti estremamente capaci nel loro mestiere e che le loro qualità si possano desumere da coloro che li hanno voluti e visti ogni giorno sul set.
Non sempre gli attori hanno la fortuna di passare alla Storia grazie al progetto più riuscito di un certo regista, così come non sempre gli astri si allineano regalando un periodo in cui si è l'attore del momento, ma - parafrasando Massimiliano Allegri - "esistono le categorie: se alcuni fanno sempre i film con i grandi e altri no ci sarà un motivo".
[Colin Farrell - il secondo in basso a destra - quando nel 1988 cercava ancora di seguire le orme del padre calciatore]
Questo preambolo è necessario per ricordare che la carriera di Colin James Farrell, attore nato il 31 maggio 1976 a Dublino, è stata di primissimo livello, ma che inspiegabilmente non l'ha mai portato a quella fama da primi della classe che ha illuminato i percorsi di molti altri attori.
Quando un fuoriclasse come Al Pacino lo definisce "il migliore attore della sua generazione", il dubbio che quell'alone di santità attoriale che altri hanno avuto se lo meriterebbe anche lui diventa praticamente certezza.
A questo punto ricercare quali possano essere state le ragioni che non hanno - per ora - fatto arrivare Colin Farrell su quel piedistallo unanimemente idolatrato non è semplice: come ci insegna Quarto potere non basta ricostruire la vita e la carriera di un uomo per capirne completamente la natura, le vicende e la ricezione del pubblico.
[Un giovanissimo Colin Farrell quando ancora sognava di diventare una pop star]
Forse una delle ragioni è stato quel flirt più che ventennale che ha avuto con i guai: da un lato è l'aura da bad boy che ne ha costruito parte del fascino, dall'altra - come ogni antieroe - sembra che quel potenziale inespresso sia lì a gridare vendetta contro gli intralci che ne hanno caratterizzato il percorso.
È emblematico che nel 1994, abbandonata da pochissimo la scuola, venga arrestato per un sospetto omicidio: in realtà è uno scambio di persona, ma sembra l'inizio perfetto per un personaggio interpretato da James Dean.
Poi arrivarono i molteplici problemi che Colin Farrell ha avuto negli anni con i paparazzi, l'alcol e le droghe: ma non può essere tutto qui, perché per quanto una pessima stampa e non essere proprio l'emblema dei valori puritani dei Padri Pellegrini possano averlo rallentato, non sarebbe stato né il primo né l'ultimo bad boy di Hollywood.
[Colin Farrell a Cannes in alcuni scatti rubati dai paparazzi con cui ha avuto un rapporto turbolento per tutta la sua vita, come il personaggio che interpreta nel film London Boulevard]
Un altro aspetto che a mio modo di vedere è altrettanto emblematico nella sua difficoltà di far breccia nei cuori del pubblico è stato l'essere un attore estremamente prolifico: una carriera da oltre 50 film, più degli anni che Colin Farrell ha passato al mondo.
Molti di questi sono action adrenalinici o film assolutamente "dimenticabili" e questa sembra essere una macchia difficilmente lavabile nella percezione che il pubblico ha degli interpreti: poter denigrare le star per i progetti non all'altezza della loro fama è sempre più intrigante di ricordare i picchi delle loro carriere.
Pensiamo per esempio alla fatica che Robert Pattinson e Kristen Stewart hanno fatto per lavarsi di dosso "l'onta" di Twilight.
Visto che io non credo in questa visione del Cinema, in cui gli insuccessi contano più delle grandi interpretazioni, proverò ora a citare 8 opere che ci raccontano la versatilità e la bravura di Colin Farrell e che in ordine cronologico cercano di ricostruirne il percorso con il gli alti e i bassi che lo hanno caratterizzato.
Nel 2002, ad appena 26 anni, Colin Farrell raggiunge forse la più grande notorietà della sua carriera interpretando Danny Witwer in Minority Report.
Nel solo biennio 2002-2003 lavora in ben 9 film, quasi tutti nell'universo dei generi guerra e action; questo periodo è quello in cui esplode il sodalizio con Joel Schumacher che lo vuole al suo fianco sia come protagonista, sia come comparsa in amicizia su altri progetti e proprio questi anni si concludono con la già citata investitura di Al Pacino.
In questo momento in cui sembra davvero essere a un passo dal diventare uno degli interpreti in evidenza del circo dorato hollywoodiano, tra le collaborazioni con Steven Spielberg e alcuni dei blockbuster di punta della stagione, l'attore irlandese sceglie di interpretare un piccolo film di un suo connazionale: Intermission di JohnCrowley.
Questo ci racconta di un attore rimasto sempre estremamente legato all'Irlanda, suo Paese d'origine - che infatti ritornerà più volte nelle scelte della sua carriera - e di un artista interessato tanto ai grandi blockbuster quanto a una dimensione più autoriale della Settima Arte.
Una svolta drammatica che, insieme all'interpretazione in Una casa alla fine del mondo, lo porterà negli anni successivi alle collaborazioni con alcuni dei registi più importanti della sua carriera.
In particolare in questo All Star Movie indipendente irlandese collabora con Cillian Murphy e con John Crowley, che ritroverà anni dopo anche durante la produzione della seconda stagione della serie TV True Detective: due tra i prodotti più interessanti di questa generazione di Cinema all'ombra dello Shamrock.
Un film di storie parallele come ne uscivano molti in quegli anni, ma che grazie al suo stile quasi documentaristico ed estremamente frenetico riesce a regalare un vivido affresco di Dublino e della sua gioventù: un tema carissimo tanto a Farrell quanto a Crowley.
Dopo un primo periodo di sovraesposizione mediatica, Colin Farrell approda alla Serie A del Cinema statunitense: in pochi anni passa da Oliver Stone a Terrence Malick, da Michael Mann a Woody Allen.
The New World e Miami Vice sono probabilmente i due film più interessanti di quello che sarà il periodo più tormentato della sua carriera.
Nel 2005 infatti prima si scontra con i paparazzi che lo stavano perseguitando, tanto da indurre molte star e tutta la troupe del film di Mann a indossare una maglietta con scritto "Leave Colin Alone", poi decide volontariamente di andare in un centro di riabilitazione per problemi di alcol e droghe.
The New World segna un momento importantissimo: è la prima collaborazione tra Malick ed Emmanuel Lubezki: da un lato uno dei maggiori esempi di quello stile naturalistico del direttore della fotografia messicano che tutti abbiamo ammirato negli anni successivi, dall'altra un vero e proprio turning point della carriera del regista texano.
Insieme a La sottile linea rossa il film è il vero preludio a una delle opere più importanti degli anni 2000:The Tree of Life.
Storie parallele, contemplazione, ritmi dilatati, fotografia protagonista tanto quanto un personaggio e quel modo tutto malickiano di rappresentare i pensieri e i sentimenti dei suoi personaggi.
Un film fondamentale tanto nell'evoluzione dell'autore quanto in quella di Colin Farrell.
Un'opera che stava per spianare la strada alla carriera dell'attore irlandese, ma che invece sarà preludio del momento peggiore del suo percorso.
Disponibile a noleggio su Google Play e Amazon Store
Proprio prima della caduta Colin Farrell mette a segno un altro dei più grandi colpi della sua carriera: Miami Vice di Michael Mann.
Il regista statunitense stava cercando da anni di accaparrarsi il bad boy irlandese: lo aveva già voluto nel ruolo che fu poi di Tom Cruise in Collateral e riesce finalmente ad averlo per il film tratto dalla serie TV anni '80.
Miami Vice era il culmine di tutto quel Cinema action e testosteronico che aveva caratterizzato la prima parte di carriera di Farrell: da Daredevil a S.W.A.T. (altro film tratto da una serie TV), da In linea con l'assassino a Minority Report.
Lo stesso mondo fatto di pistole, azione e fisici scolpiti, ma in mano a un grande autore come Michael Mann, probabilmente uno dei migliori interpreti di quell'universo: in seguito, anche a causa delle difficoltà già citate, la carriera dell'attore cambierà radicalmente.
Come se avesse capito grazie a Mann che aveva già dato tutto a questo tipo di Cinema, passando così a un percorso più indipendente e autoriale, con pochissime incursioni in quella tipologia di progetti "solo blockbuster e intrattenimento".
Miami Vice è il perfetto contesto in cui inserire Colin Farrell: un film che parla di corruzione, tormento interiore e zone d'ombra; tra scale di grigi morali e antieroi abbiamo un film fatto di etica e dubbi, impreziosito da un'estetica mozzafiato.
Un'opera che sembra riflettere quell'incompiutezza attoriale e quel senso di chance mancata riflettendola nei toni del neo-noir, nell'affresco di una città senza regole e popolata da persone sbagliate, in un mondo in cui i personaggi si imbestialiscono mentre sono alla mercè della legge del più forte o del più furbo.
Non è un caso che alcuni dei ruoli per cui più ricordiamo questa faccia della carriera di Colin Farrell siano proprio Pride and Glory, S.W.A.T., La regola del sospetto, Widows e True Detective.
Tutti antieroi che si muovono in queste scale di grigi e di corruzione, di cui Miami Vice è l'apice.
La carriera di Colin Farrell dopo il 2005-2006 prende una piega estremamente più autoriale e variegata: Terry Gilliam, Danis Tanovic, Liv Ullmann e Yorgos Lanthimos sono alcuni dei registi con cui collabora in questo periodo.
In questa fase spicca la collaborazione con un regista indipendente e dai film estremamente interessanti come Martin McDonagh: un autore teatrale londinese che al Cinema dimostrerà di essere Maestro nella gestione dei toni grotteschi e con cui Colin Farrell firmerà prima In Bruges - La coscienza dell'assassino e poi 7 psicopatici.
Questo fiuto per i registi sarà lo stesso che gli farà indovinare un altro grande sodalizio della sua carriera: quello con Yorgos Lanthimos.
In Bruges sembra raccontare perfettamente la volontà di cambiamento dell'attore di Dublino: un giovane sicario irlandese tormentato dal senso di colpa che viene mandato in una sorta di esilio, in attesa di una chiamata.
Qui il ruolo dell'assassino - che potrebbe racchiudere tutta la sua carriera più legata ai toni del thriller e dell'action - viene sbeffeggiato dalla rappresentazione della malavita che viene costruita da McDonagh all'interno del film.
Un'opera che unisce commedia, adrenalina e dramma interiore dando modo all'attore di mostrare tutta la sua versatilità e l'esperienza acquisita; tanto che gli è valso il più grande riconoscimento della sua carriera ovvero il Golden Globe come Migliore Attore in un Film Commedia o Musicale nel 2009 (anno in cui era candidato anche il suo partner all'interno di In Bruges Brendan Gleeson).
Il film si sposa perfettamente con la scelta precedente di Cassandra's Dream di Woody Allen e con quella di due anni dopo di London Boulevard di William Monahan: una sorta di "periodo inglese" dell'attore su cui senza dubbio si è basato parte del suo rilancio degli ultimi anni.
Disponibile a noleggio su Chili
Posizione 4
Parnassus - L'uomo che voleva ingannare il diavolo
di Terry Gilliam, 2009
Tutti coloro che hanno avuto a che fare con Parnassus - L'uomo che voleva ingannare il diavolo hanno visto in questo progetto qualcosa di estremamente personale e unico.
Per Colin Farrell, grande amico di Heath Ledger, è stata l'immagine di una carriera divisa con l'attore defunto: tanti sono stati i ruoli per cui erano in lizza insieme o che avrebbero dovuto interpretare uno al fianco dell'altro.
Per esempio I segreti diBrokeback Mountain, in cui Farrell fu vicinissimo a interpretare uno dei due protagonisti; Alexander, in cui Ledger lo avrebbe dovuto sostituire; I'm not there, in cui successe l'opposto e The Tree of Life in cui entrambi vennero superati al fotofinish da Brad Pitt.
Il fatto che Colin Farrell, Johnny Depp e Jude Law abbiano sostituito Heath Ledger inParnassus - L'uomo che voleva ingannare il diavolo ha donato al film un'aura di unicità e un discorso sull'immortalità del divismo unico, ma indipendentemente da questo il film resta uno dei progetti più interessanti a cui l'attore irlandese abbia partecipato nel corso della sua carriera.
In pieno stile di Terry Gilliam il film è caotico e multiforme, ma nel suo essere così eterogeneo crea un contesto in cui esce tutta la capacità dell'attore di calarsi in toni e registri molto diversi tra loro: dal fantasy al Cinema circense che racconta gli scarti della società, dal filosofico al Cinema di effetti speciali.
Una vero e proprio saggio sulla versatilità di tutti i suoi interpreti e allo stesso tempo un "omaggio doloroso" all'amico e collega.
Disponibile su Prime Video
Posizione 3
Miss Julie
di Liv Ullman, 2014
Nel 2014, dopo anni di ottimi film, Colin Farrell decide di prendere parte all'ultimo film da regista di una delle più grandi attrici della Storia del Cinema: Liv Ullman.
L'attrice norvegese è sempre rimasta molto legata al percorso fatto con l'ex marito Ingmar Bergman e infatti Miss Julie è l'adattamento della tragedia omonima di August Strindberg: il padre artistico dell'autore di Persona.
Il film è una riproposizione di quel Cinema - tanto teatrale quanto visivo - che ha caratterizzato la produzione del Maestro di Uppsala: tra dilemmi interiori e triangoli amorosi l'estetica diventa protagonista e l'alchimia tra Farrell e Jessica Chastain esplode raffigurata come Il bacio di FrancescoHayez.
La chimica tra i due attori e l'estetica estremamente pittorica sono le due grandi qualità del film di Ullman, in cui si respirano tutti gli eccessi e le passioni alla loro ennesima potenza: un film estremamente romantico, nel senso più artistico e letterario del termine.
Uno spazio scenografico in cui viene dato ai tre attori principali (i due già citati ed il terzo vertice del triangolo interpretato da Samantha Morton) lo spazio per creare con la loro arte recitativa e mostrare tutta la loro bravura in pieno stile bergmaniano.
Occasione colta appieno dal terzetto.
Un'opera profondamente europea - sarà infatti apripista per la collaborazione dell'attore irlandese con Yorgos Lanthimos - e che mostra tutta la sua capacità di calarsi in un contesto più dialogico e drammatico tra costumi sfarzosi, musica classica ed eccessi romantici.
Una vera e propria gemma nascosta nella carriera di Colin Farrell, presentata al Toronto International Film Festival e che anticiperà il successivo lavoro, sempre in costume e con una vocazione artisticamente romantica: L'inganno di Sofia Coppola.
Disponibile a noleggio su AppleTV e Google Play
Posizione 2
The Lobster
di Yorgos Lanthimos, 2015
The Lobster di Yorgos Lanthimos è senza dubbio quanto di più vicino a una consacrazione possiamo trovare nella carriera di Colin Farrell.
L'interpretazione valsagli la candidatura al Golden Globe è infatti uno dei punti più alti della sua carriera, sia a livello di prova attoriale sia sul piano meramente cinematografico della qualità del film: un'opera che ha segnato profondamente il Cinema degli anni '10 e che ha lanciato uno dei registi contemporanei più importanti del panorama europeo.
Il sodalizio con l'autore greco si riproporrà - con altrettanta fortuna da ambo le parti - ne Il sacrificio del cervo sacro.
In The Lobster Colin Farrell riesce finalmente ad affrancarsi completamente dall'inizio della sua carriera, risultando uno dei volti della nuova spinta autoriale che ha caratterizzato gli ultimi 15-20 anni cinematografici all'ombra dell'universo blockbuster dei cinecomic.
Nonostante un cast stellare (in cui figurano Léa Seydoux, Rachel Weisz, Olivia Colman, John C. Reilly e Ben Whishaw) il film si regge totalmente sulle spalle ricurve e doloranti dell'attore irlandese che, oltre a esserne protagonista, è anche l'unico legame tra le due metà in cui l'opera è divisa.
Lanthimos mette Farrell nelle condizioni perfette per mostrare un altro lato completamente diverso da quello di Miss Julie: una prova dosata, silenziosa,molto fisica e tutta incentrata su piccoli cambiamenti ed espressioni.
Il personaggio di David vive infatti della bravura dell'attore, capace di renderlo allo stesso tempo espressivo e introverso, impacciato e represso.
Disponibile su NOW
Posizione 1
True Detective - Stagione 2
di Justin Lin, John Crowley, Janus Metz, Jeremy Podeswa, Miguel Sapochnik, Daniel Attias, 2015
L'ultima prova della carriera di Colin Farrell che voglio sottolineare è quella nei panni di Ray Velcoro nella seconda stagione della serie TV antologica True Detective.
All'indomani del successo della prima stagione - nella quale Matthew McConaughey e Woody Harrelson si rivelarono mattatori assoluti - come spesso accade le aspettative per la seconda stagione erano ai massimi livelli.
Se però la prova dell'attore texano lanciato da RichardLinklater ne La vita è un sognoera stata istrionica e manifesta, come un po' tutta la prima stagione, il secondo capitolo aveva tutt'altro approccio: un noir più misurato, cupo e silenzioso, in cui ogni aspetto doveva essere ben dosato e misterioso.
Questa divergenza tra le aspettative del pubblico e ciò che gli è stato proposto, unito a un certo pregiudizio nei confronti di tutti i protagonisti della serie e a un prodotto sicuramente meno immediato per il pubblico, ha fatto sì che passasse sotto traccia la grandezza delle prove attoriali di Colin Farrell, Matthew Vaughn e Rachel McAdams nella - a mio avviso splendida - seconda stagione di True Detective.
Ray Velcoro è il simbolo della carriera di Colin Farrell, un seguito spirituale di Miami Vice in cui la nuova consapevolezza e drammaticità escono in tutta la loro forza nello sguardo di un uomo pieno di dubbi, vergogne e rimpianti.
Un uomo complesso a cui è stato regalato uno degli epiloghi più belli per l'arco di un personaggio nella Storia della Televisione, in un episodio che ci riporta alla cinematograficità della carriera di Colin Farrell: circolare, come in una buona sceneggiatura, dal John Crowley regista di Intermission al John Crowley regista dell'ultimo episodio della seconda stagione di True Detective.
Laureato in Ingegneria del Cinema, nato a Siena e vivo a Torino dove passo gran parte del mio tempo dentro alle sale cinematografiche.
Appassionato di birra, che ho studiato in un corso ONAB (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Birra) sogno di diventare un regista e mentre faccio qualche cortometraggio cerco di guardare quanti più film possibile.
Credo nei Festival, anche i più piccoli, e credo che nell'era dello streaming siano uno dei momenti da cui il cinema può ripartire.
Amo Bergman, ma mi piace un po' di tutto: passo da Murnau a Wong, da Kubrick a Bava, dal cinema indie americano a David Lynch, passando per Zulawski e Linklater.
Non credo molto negli assoluti e nelle certezze, perciò mettete pure in dubbio tutto ciò che scrivo, anche perchè potrei essere il primo a non esserne così sicuro.
Sono molto d'accordo, un attore che avrebbe meritato un diverso riconoscimento, ma che si sta ritagliando uno spazio di primissimo piano nel Cinema d'autore.
In Bruges filmone!
Fabrizio Cassandro
2 anni fa
In Bruges filmone!
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