Il cinecomic è diventato il fenomeno del momento: l’animale cinefilo sa che dovrà calmare la propria claustrofobia se vorrà sopravvivere alla fila infinita e soffocante il giorno della prima del nuovo Avengers di turno.
I cinecomic hanno ormai assunto una connotazione sociale forse paragonabile solamente alle serie TV di Netflix: sono tra gli argomenti di speculazione e di discussione nelle serate al pub dei millennial e anche dei più piccoli, riuscendo a coprire uno spettro generazionale davvero notevole.
Mi è capitato infatti di vedere un certo uomo distinto in giacca e cravatta in pausa pranzo discutere con l’Uomo dei Fumetti (citazione d’obbligo ai Simpson) su chi sia la migliore tra Marvel Cinematic Universe e DC Extended Universe.
Ho avuto anche amici che al cinema non ci andavano da molto tempo, ma che ci sono tornati apposta per partecipare a questo fenomeno, per essere parte integrante di una massa di consumatori e fruitori dell’action supereroistico con le conseguenze positive e negative del caso.
Inutile parlare poi del pienone nei Disney Store in cui entro per guardare i peluche de Il Re Leone ma mi trovo letteralmente investita da una quantità spropositata di bambini che provano la maschera di Iron Man.
D’altra parte io e i miei colleghi ci siamo trovati intorno a una virtuale Tavola Rotonda - immaginateci incappucciati come in Eyes Wide Shut ma un bel po’ più nerd - per discutere sul significato della parola cinecomic e fare ricerche a riguardo, fino ad arrivare ad un risultato cruciale: il termine cinecomic non indica alcun genere edè una terminologia tutta italiana per indicare gli adattamenti live action per il grande schermo dei fumetti statunitensi, in gergo “comics”.
Come avrete notato, però, nel titolo di questa Top 8 non c'è solo il termine "cinecomic”, c'è anche "cinefumetti": innanzitutto perché comics, così come manga, altro non vuol dire che fumetti e poi perché nessuno ha mai pensato di ideare termini come cinemanga o cinegraphicnovel.
Dunque, chiarita “l’etimologia" di cinefumetto, possiamo passare al vivo della questione.
L’idea di questa Top 8 è riportare una serie di adattamenti live action del fumetto in tutte le sue salse, cercando un po’ di liberarci dal vincolo del cinecomic mainstream che ben conosciamo e su cui già moltissimi e più esperti di me hanno disquisito.
D'altra parte eviterò di citare anche opere ormai entrate nell'immaginario pop a prescindere dai supereroi, comeV per Vendetta o Scott Pilgrim vs The World, oppure di menzionare famosissimi film ispirati a manga come Oldboy.
Non è la prima volta che Marjane Satrapi si occupa della trasposizione di una sua stessa graphic novel, dopo il successo strameritato del film d’animazione Persepolis.
Il sodalizio tra Satrapi e Paronnaud si riconferma solido anche in Pollo alle prugne, che ci porta di nuovo in Iran, precisamente a Teheran nel 1958, nella casa e nella mente del violinista Nasser Ali.
Il protagonista è un violinista di successo e padre di famiglia, ma il peso dei ricordi di un amore fallito e la tristezza in seguito alla rottura del suo violino lo porta a decidere di morire. Nel film si susseguono diversi registri linguistici, dal melodramma alla sitcom americana, tra sprazzi onirici e flashback più o meno strazianti.
La questione politica, a differenza del precedente Persepolis, diventa marginale e ciò che salta più all’occhio è il dolore provocato da scelte sbagliate dovute principalmente alle pressioni sociali, l’insoddisfazione cronica verso se stessi e l’incapacità di superare i traumi.
Nonostante i temi trattati, questo film dal gustoso titolo scorre piacevolmente per poco più di 90 minuti.
Nonostante abbia ricevuto una calda accoglienza dalla critica e nonostante la presenza di attori popolari come Tilda Swinton, Ed Harris e Chris Evans, questa collaborazione triangolare tra Francia, Corea del Sud e Stati Uniti non ha fatto breccia nel cuore del pubblico e non ha sbancato ai botteghini.
Snowpiercer di Bong Joon-ho è un film del 2013 basato sulla serie a fumetti francese Le Transperceneige, di fantascienza post-apocalittica.
La trama è semplice: in un mondo ecologicamente allo sbando i pochi sopravvissuti dell’umanità sono costretti a vivere in un treno perpetuamente in moto.
La qualità della vita dei passeggeri è molto diversa a seconda della condizione economica: ad un’equa ridistribuzione delle risorse viene preferito un enorme divario tra ricchi e poveri.
Futurista e psichedelico, la trasposizione cinematografica di Diabolik è degna sia della grandezza del fumetto sia dell’importanza del regista che l’ha diretto: Mario Bava.
L’opera risalente al 1968 porta sullo schermo la nota opera delle sorelle Giussani cercando di ricrearne l’estetica, anche grazie alla sapiente opera del direttore della fotografia Antonio Rinaldi, noto collaboratore del maestro dell’horror nostrano, e alle musiche composte da un insolito ma azzeccatissimo Ennio Morricone.
Principalmente per merito degli effetti speciali, della sperimentazione visiva e delle sue atmosfere pop, nel senso più warholiano del termine, Diabolik riesce a sfuggire all’oblio del tempo, a differenza di altre opere contemporanee dello stesso filone, come Satanik di PieroVivarelli (1968) e Kriminal di UmbertoLenzi (1966), senza però ottenere la fama che si merita.
Tra gli interpreti meritano una menzione speciale MichelPiccoli e Adolfo Celi, rispettivamente nel ruolo dell’ispettore Ginko e di Ralph Valmont.
Lady Snowblood è un revenge movie di Toshiya Fujita, tratto dall’omonimo manga di Kazuo Kamimura.
È la storia di una Yuki, partorita in prigione e definita “la bambina degli inferi” e il cui unico obiettivo è vendicarsi e vendicare la povera madre.
La struttura a capitoli, la vendetta al femminile, la presentazione degli assassini tramite fermo immagine, il duro allenamento con un fortissimo maestro vi ricorda qualcosa? Probabilmente state pensando proprio alla cosa giusta.
Quentin Tarantino, cultore del cinema underground e in questo caso del b-movie nipponico, ha attinto a piene mani da questa opera citandola pur senza copiarla in Kill Bill.
L’omaggio è palese anche nelle scelte musicali, per esempio il brano Flowers of Carnage è un arrangiamento di Shura no Ana, tema musicale di quest’opera giapponese.
Ciò che è interessante in questo film è come le tinte da yakuza movie si combinino con la rigida struttura del film storico: la triste storia di Yuki è infatti ambientata nel 1874.
Un serial killer molto sadico seppur timido in apparenza, uno yakuza patologicamente masochista… quale migliore combinazione per il nostro Miike, maestro del sangue e dell’ultraviolenza?
Quest’opera per duri di stomaco e amanti del black humour è tratta dall’omonimo fumetto di Hideo Yamamoto, famoso in patria per la sua crudeltà.
Seppure il film paia seguire una classica impostazione di persecuzione, caccia e inseguimento, quello che ne risulta è un film sulla ricerca di un amore malato e perverso, l’estasi suprema dovuta al martoriamento della carne, sulla ricerca dell’anima gemella che sia complementare persino nelle perversioni.
Vediamo Tadanobu Asano nei panni dello yakuza Kakihara in stato di grazia, sempre che la parola grazia possa essere utilizzata per qualsiasi cosa relativa a questo film.
Tratto dall’omonima graphic novel scritta da John Wagner e illustrata da Vince Locke, A History of Violence racconta la storia di Tom Stall, proprietario di una tavola calda in una cittadina nell’Indiana, marito e padre amorevole.
In corso d’opera si scoprirà che Tom non è proprio chi sembra e dovrà fare i conti con il suo passato.
Il finale della pellicola e della graphic novel differiscono di molto, così come sono diversi alcuni nomi e ambientazioni.
Seppure il film inizi con toni caldi ed affettuosi, ben presto l’atmosfera si fa gelida, glaciale come gli occhi di Viggo Mortensen.
Possiamo sfuggire al nostro passato?
Ci si libera mai dalla propria identità? Si possono accettare bugie, anche grandi e gravi, al fine di trascorrere una vita serena?
Cronenberg plasma la materia fumettistica a suo piacimento, in questo tassello del suo cinema non è la carne a mutare, ma è la psiche del protagonista, è la sua vita a deformarsi e a piegarsi e ad evolversi.
Kore'eda confeziona questa favola per adulti basandosi sulla serie di manga Kuuki Ningyo di Yoshiie Gōda.
L’umanità - nel senso romantico del termine: compassione, amore, misericordia, empatia - è la regina incontrastata del film, la sua mancanza è annichilimento, senza umanità il nostro corpo non è altro che sangue e budella, rifiuto riciclabile.
A ricordarcelo è Nozomi - BaeDoona, nota per aver preso parte a Mr. Vendetta e Cloud Atlas oltre che alla serie TV Sense8 - bambola gonfiabile economica, che prenderà inspiegabilmente vita e scoprirà il mondo, anche attraverso il cinema.
Questa pellicola dal sapore fortemente agrodolce non può che lasciare un segno indelebile nel cuore e una struggente malinconia.
Una ragazza recita una poesia, mentre un ragazzo si punta una pistola alla tempia in uno scenario post-apocalittico dopo il disastro di Fukushima.
In modo così drammatico inizia questa perla di Sion Sono, una storia di adolescenti (uno slice of life volendo parlare il linguaggio dei weaboo), dei loro problemi, delle dinamiche relazionali a volte persino buffe e del loro desiderio di vivere una vita normale, ma anche di parricidi, sensi di colpa, depressione, perdono e vendetta.
Sion Sono adatta l’omonimo manga di Minoru Furuya e lo modernizza: infatti l’ambientazione dopo il disastro nucleare è protagonista del film quanto i due ragazzi e la loro storia di morte e rinascita è essa stessa metafora della tragedia e della ripresa del Paese.
L’interpretazione dell’allora giovanissimo Shota Sometani è valsa il premio Marcello Mastroianni in qualità di miglior giovane attore alla 68ª edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.
Non mi sembra di essermi elevato a "portatore di oggettività"! Infatti ci sto ridendo sopra ahahaha io amo Why Don't You Play in Hell?, Love Exposure, Tokyo Tribe, Tag, Guilty of Romance, Strange Circus,The Whispering Star, Antiporno, ma quei due li trovo davvero pessimo cinema, insopportabili e non riusciti in nulla. Avere pareri estremi non significa essere estremi
Non credo tu abbia letto l'introduzione allora, cinecomics è un termine che NON ESISTE, non esiste un genere che si chiama così in nessuna parte del globo, "cinecomics" ce lo siamo inventati in Italia. Cinefumetti non esiste, il titolo era quasi ironico e ho scritto ESPLICITAMENTE che volevo intendere "live action tratti da fumetti". E sottolineo LIVE ACTION, ho escluso i film d'animazione per semplicità ma l'ho già scritto nel corpo del del testo e non mi va di scrivere sempre le stesse cose, come ho scritto nell'introduzione cosa si intende e perché ho usato "cinefumetti". Ripeto: cinecomics non esiste, è un termine gergale e se anche esistesse si riferirebbe proprio al genere supereroistico, i "comics" per l'appunto, perché in gergo i comics sono i fumetti americani (dunque nemmeno Diabolik c'entra nulla con la concezione comune di cinecomics). Quello che intendi tu non corrisponde alla verità, capisco che ci sia confusione sul termine ma nell'articolo ho scritto PERCHÉ non ho usato il termine cinecomics.
Terry Miller
1 anno fa
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Yuri Pennacchi
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Lorenza Guerra
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Angela
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Francesco Brandolini
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Adriano Meis
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Roberto Rotondo
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Lorenza Guerra
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