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Don Bluth: 8 titoli per conoscere l'animatore americano

Piccola introduzione alla figura di Don Bluth e al suo lavoro, sia da animatore che da regista, attraverso otto interessanti opere

Quando pensiamo all’animazione nel Cinema ci viene in mente subito un nome: Walt Disney.

A suo modo è giusto che sia così perché in fondo, senza la Casa del Topo, probabilmente molti personaggi interessanti della Storia del Cinema non sarebbero mai arrivati sul grande (e piccolo) schermo. 

 

Queste identità di cui parlo non sono altro che un insieme di sogni, speranze e voglia di sfidarsi sempre e comunque per creare qualcosa di unico. 

 

Se oggi dovessimo parlare di una figura che ha sempre avuto una certa dedizione e speranza per l’arte dell’animazione, la mia scelta ricadrebbe su Donald Virgil Bluth, conosciuto come Don Bluth, un artista a tutto tondo che riuscì a segnare un periodo storico del mondo dei cartoon

 

Procedo con ordine: chi è Don Bluth?

 

Prima di tutto, un grande appassionato dell’animazione: affezionato e innamorato della produzione Disney sin da bambino, si rese conto che creare personaggi con la matita e poi vederli in movimento sullo schermo era esattamente ciò che avrebbe voluto fare nella vita.

 

 

[Don Bluth in compagnia di alcuni personaggi dei suoi film]

 

 

Negli anni Don Bluth si occupò di tantissime cose: ottenne una laurea in letteratura inglese alla Brigham Young University e fondò il Bluth Brother Theater assieme a suo fratello, tutto questo non abbandonando mai l’animazione e continuando a collaborare con svariate produzioni, fino a lavorare a tempo pieno per la Walt Disney Company.

 

Forse non ci si rende davvero conto del contributo di Don Bluth e di tanti altri animatori perché ormai certi personaggi, scenari, disegni e addirittura film interi li racchiudiamo sotto un unico grande nome, dando per scontato un lavoro ben più complesso: basti pensare che Don contribuì a grandissimi film quali Robin Hood, Le avventure di Winnie the Pooh e Le avventure di Bianca e Bernie (e qualche scena non accreditata di Red e Toby nemiciamici) come animatore. 

 

 

[Elliot il Drago Invisibile fu il primo grande lavoro affidatogli]

 

Nel 1971 fu promosso assieme a Ken Anderson ad animation supervisor per il lungometraggio Elliott il Drago Invisibile (1977), lavorando contemporaneamente al bellissimo cortometraggio animato L’asinello (1978) e stringendo una profonda amicizia con Gary Goldman, animatore anch’egli e uno dei principali character designer del drago Elliott.

 

Importante, adesso, fare un attimo focus sul momento storico.

Gli anni che seguirono la morte di Walt, avvenuta nel 1966, furono particolarmente cupi per la Walt Disney Company: i ricavi erano modesti e spesso venivano spesi per la produzione di live-action, portando l’animazione al secondo posto, considerandola come minore.

 

A questo punto Don Bluth decise di creare nel 1979 la Don Bluth Productions portandosi dietro diversi animatori, compreso il sopracitato Gary Goldman. 

 

 

[Don Bluth e Gary Goldman]


Credo sia d’obbligo specificare che Don Bluth non rinneghi l’importanza del lavoro in una delle aziende d’animazione più importanti al mondo, se non la più importante, ma semplicemente aveva smesso di credere che ci fossero ancora dietro la sua stessa dedizione e i suoi stessi ideali: si sentiva, ormai, lontano da quei piani e dai futuri progetti.

 

Capita spesso di incappare in titoloni nei quali Bluth compare come un vero e proprio detrattore.

 

In realtà, nonostante la rabbia e la frustrazione di un primo periodo, il suo unico scopo per la nuova compagnia era quello di costruire un ambiente creativo che si potesse equiparare alla grandezza della prima Disney, tornando quindi alla gloria e allo splendore di capolavori quali Biancaneve e i sette nani, Pinocchio, FantasiaDumbo e Bambi.

 

 

[Storyboard de Alla ricerca della Valle Incantata]


La Don Bluth Productions rilasciò il suo primo cortometraggio Banjo il gattino ribelle (1979), che ottenne critiche positive, mentre sorte diversa ebbe il suo primo lungometraggio di animazione, Brisby e il segreto di NIMH (1982), flop al botteghino tanto da portare la compagnia sul lastrico, nonostante la calorosa accoglienza dalla critica.

 

Come spesso accade solo anni dopo il film ebbe gli apprezzamenti meritati e, ironia della sorte, oggi è ritenuto uno dei più importanti film realizzati non solo da Don Bluth, ma dall'intera Storia del Cinema di Animazione. 

 

 

[L'asinello, primissima regia di Don Bluth]

 

 

Per rigirare le sorti del proprio fallimento, Bluth ebbe una grandiosa idea: dedicarsi agli arcade game, all'epoca molto in voga, sempre sfruttando il campo in cui brillava di più: è così che nacquero i videogiochi Dragon’s Liar (1983) e, pochi mesi dopo, Space Ace, entrambi pubblicati da Cinematronics, con il sempre importantissimo contributo di Gary Goldman.

 

Grazie a questi ultimi successi nel 1985 strinse accordi col businessman Morris Sullivan, creando il Sullivan Bluth Studios, formato da 21 dipartimenti e con circa 350 impiegati. 

 

 

[Un fotogramma di Dragon's Lair]

 

Nonostante lo scarso successo, Brisby e il segreto di NIMH non era passato inosservato, attirando l'attenzione di un grandissimo nome che tutti ben conosciamo, Steven Spielberg, che decise di produrre e seguire i successivi due lavori: Fievel sbarca in America (1986) e Alla ricerca della Valle Incantata (1988) - al quale si aggiunse anche la produzione di George Lucas - portando la carriera di Bluth al suo punto più alto.

 

Dopo Charlie - Anche i cani vanno in paradiso (1989) purtroppo Don Bluth incappò in una serie di insuccessi: tutti i suoi lavori furono un fallimento dietro l’altro e, questa volta, nessuno riuscì a evitare la chiusura della compagnia e la fine di un’era.

 

Il suo ultimo grande momento di gloria arrivò grazie ad Anastasia (1997), prodotto dalla Fox Animation Studios: fu l'ultimo film che ottenne riconoscimenti da citica e pubblico.

 

 

[Forse Thumbelina - Pollicina è uno dei meno riusciti, ma Giacomo è un personaggio adorabile]

 

Se osserviamo con attenzione tutti questi dati, non possiamo fare a meno di notare che Don Bluth abbia avuto un ruolo particolarmente emblematico nella Storia dell’animazione.

 

Successivamente è stato scalzato perché ormai obsoleto, ritrovandosi contro una concorrenza inarrivabile - ricordiamoci che nel 1989 La Sirenetta cambiò le sorti di un’epoca che sembrava praticamente finita e che, pochissimi anni dopo, arrivò Toy Story portando un tipo di animazione mai vista prima sullo schermo - ma sicuramente negli anni ’80 fu l’unico a dare speranza in questo campo artistico. 

 

Tutt’ora, alla veneranda età di 84 anni, non si è ancora arreso: attraverso questi otto film voglio spiegarvi l'importanza della sua figura di animatore e regista. 

 

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Posizione 8

Banjo il gattino ribelle

1979

 

Don Bluth ha lavorato a questo titolo per circa quattro anni, quando ancora si trovava alla Walt Disney Company.


Spesso invitava alcuni animatori, all’epoca suoi colleghi, per mostrare quanto prodotto fino a quel momento – cosa per niente ben vista dalla sua compagnia - per fungere da stimolo e dimostrare che effettivamente la Disney stava prendendo una piega fin troppo lontana da quella che era la gloria di un tempo.

 

Il cortometraggio infatti attinge a piene mani dall’animazione classica americana degli anni ’70, che tanto stava venendo a mancare, riportando un racconto molto semplice e delicato, sicuramente godibile anche tutt’ora.

 

Il protagonista è un gattino decisamente curioso, Banjo, che vive con la sua famiglia in una catasta di legno situata in una fattoria dello Utah.

Un giorno, stanco della monotonia, si getta in una vettura diretta a Salt Lake City e lì fa la conoscenza di altri gatti molto particolari, tra cui Crazy Legs, con cui passa il suo tempo divertendosi.

Rendendosi poi conto della nostalgia di casa decide di voler tornare e, attraverso una serie di brevi avventure, riesce nell'intento. 

 

La storia, per quanto sia davvero semplice, è ben raccontata, accompagnata dalle eccezionali musiche di Robert F. Brunner: un'ottima introduzione al programma futuro della compagnia.

 

Don Bluth chiamava questo cortometraggio “esercizio”, non per sminuirlo o per evidenziare qualcosa di poco conto, anzi, lo riteneva importantissimo proprio perché ci lavoravano giovanissimi artisti, sfidando i propri limiti: esercitandosi, per l’appunto.

Possiamo notare una grande attenzione ai dettagli, alle ombreggiature e alle luci, come anche ai personaggi stessi.

 

È sicuramente da considerarsi imperfetto a livello tecnico ma, tenendo conto dei mezzi a disposizione e dell’impegno profuso da tutti, risulta comunque un ottimo modo di presentare la Don Bluth Productions al mondo intero.

 

Posizione 7

Brisby e il segreto di NIMH

1982

 

Anche in questo caso la genesi del legame di Don Bluth a questa storia è connessa alla Walt Disney Company.

 

Stando a quanto documentato, un adattamento del libro Mr. Frisby and the Rats of NIMH era già stato proposto alla Disney, che aveva rifiutato dicendo di avere già dei protagonisti topi, riferendosi a Le Avventure di Bianca e Bernie.


Don Bluth, cogliendo la palla al balzo, ne acquisì i diritti cominciando la produzione del primo lungometraggio animato della Don Bluth Productions, cambiando un po’ di dinamiche dell’opera originale.

 

Senza fare grossi spoiler, basti sapere che è la storia di Mrs. Brisby, una topolina vedova che fa di tutto per tenere al sicuro i propri figli, ritrovandosi ad affrontare pericoli più grandi di lei (a volte letteralmente) non perdendo mai il coraggio e scoprendo dei segreti legati alla figura di suo marito.

 

Parlare di quanto sia spettacolare questa pellicola è sicuramente complesso, perché bisogna tener conto di un mirabile lavoro artistico sotto ogni punto di vista.

 

La caratterizzazione dei personaggi, in particolar modo quelli principali, è curata nel dettaglio ed è impossibile dimenticare Mrs. Brisby, Nicodemus o il Grande Gufo.

L'ambientazione possiede atmosfere misteriose, quasi ansiogene, e la trama si arricchisce di temi molto rari nel panorama cinematografico, mai visti prima nel mondo dell'animazione. 

 

Ci si ricorda particolarmente di questa pellicola proprio per i suoi toni cupi, spezzati da brevissimi momenti di luce, dove il buio è una componente fondamentale e parte integrante della narrazione, dove le immagini risuonano, non si risparmiano in quanto a violenza e crudeltà, nonostante siano intervallate anche da momenti più allegri.


La pellicola ricorda l’animazione degli anni ’70 forse solo nello stile, mostrando un’estetica che molti cercheranno di imitare negli anni a venire senza mai eguagliarla, consacrando la pellicola alla Storia del Cinema di animazione come una delle più oscure in assoluto.

 

Posizione 6

Fievel sbarca in America

1986

 

È la prima volta che Steven Spielberg si approccia al mondo dell’animazione, lo stesso mondo che lo catturerà completamente: in seguito parteciperà alla produzione di tante altre pellicole animate.


Una famiglia di topolini russi, i Toposkovic, in seguito a un attacco da parte di gatti cosacchi, decide di abbandonare la propria dimora e cercare fortuna in America.

Saliti sulla nave che da Amburgo li porterà negli Stati Uniti, si ritrovano ad affrontare una terribile tempesta e uno di loro, il piccolo Fievel, finisce in mare.

 

Le vicende da qui in poi seguono Fievel, che si salva e arriva in America per cercare una vita migliore e ritrovare la propria famiglia.

 

In questo caso, il contributo di Spielberg fu importante sia per quanto riguarda personaggi, ambienti e atmosfere sia per quanto riguarda la storia, incentrata sul “sogno americano”.

 

Molti dettagli erano infatti legati ai ricordi di suo nonno Fievel: Spielberg chiese di chiamare così il topolino protagonista per omaggiarlo, anche se Don Bluth non era particolarmente d’accordo, credendo che fosse un nome troppo complesso per il pubblico.

 

Ci furono dei tagli, i primi di una lunga serie: Spielberg pensava che molte scene fossero esageratamente violente e crude per il pubblico più giovane e decise di eliminarle.

La maggior parte delle spese di produzione andò in attrezzature e non agli animatori, che accettarono stipendi più bassi affinché il film potesse raggiungere gli standard qualitativi più elevati.


Risultato?

Totale successo al botteghino, che superò di gran lunga il budget iniziale e sorpassò in tutto e per tutto le ultime produzioni della Walt Disney Company.

 

L’elegante animazione si rifà al classicismo tanto amato dal regista, con figure sinuose e scenari mozzafiato, accompagnata da clamorose scene musicate, forse uno dei punti vincenti del film - basti pensare alla canzone Somewhere Out There, candidata a Premio Oscar e Gloden Globe, nonché vincitrice di un Grammy Award.

 

Posizione 5

Alla ricerca della Valle Incantata

1988

 

Ancora una volta Don Bluth ha sfidato se stesso, offrendo una storia ambientata in epoca remota, che si apre con immagini meravigliose di diverse specie di dionosauri, immersi nella loro quotidianità.

 

Purtroppo, i luoghi da loro abitati sono colpiti da una serie di terribili e disastrosi eventi, fino ad arrivare a un terremoto che dividerà tantissime famiglie. 

Così Piedino, un Apatosaurus, assieme a un gruppo di amici proseguirà alla ricerca di quella che viene definita Valle Incantata.

 

Il film presenta scene drammatiche e di forte impatto visivo (addirittura dieci minuti circa furono tagliati perché ritenuti troppo violenti) e momenti difficili da dimenticare, come quelli che riguardano i combattimenti, crudi e irruenti, e una morte in particolare, diversa dalle classiche, in cui tutto viene nascosto o lasciato immaginare allo spettatore.

 

Si spazia consapevolmente tra temi che riguardano la famiglia e la speranza, l’amore e la fiducia per il prossimo senza tralasciare qualcosa di più pesante e difficile da accettare, come la solitudine e la perdita, utilizzando un linguaggio alla portata di tutti.


Don Bluth decide di raccontare qualcosa che va oltre il viaggio, il mistero e la scoperta, portando avanti personaggi sempre curiosi, misteriosi e dinamici, aggiungendo romanticismo e affrontando con attenzione anche la sfera emotiva, cosa che nelle prime opere trattava superficialmente.


Per farlo si serve di protagonisti molto giovani, dei dinosauri cuccioli, che conoscono solo bontà e gioia e non hanno ancora provato cattiverie sul loro cammino.


Nonostante si ritrovino abbandonati a loro stessi, senza una guida o una famiglia, cercano di darsi man forte l’un l’altro accettando le proprie diversità, anche litigando e mettendosi i bastoni tra le ruote, ma ricordandosi sempre che, se sono ancora vivi e riusciranno a trovare la Valle Incantata, è proprio perché l’amicizia è fondamentale per sopravvivere.

 

Posizione 4

Charlie - Anche i cani vanno in paradiso

co-diretto da Gary Goldman e Dan Kuenster, 1989

 

Senza la supervisione di George Lucas e Steven Spielberg, Don Bluth si ritrovò senza redini e pronto a fare ancora una volta qualcosa di assolutamente lontano da ogni standard possibile.

 

Un primo script della pellicola, risalente a Brisby e il segreto di NIMH, prevedeva un'antologia di storie con protagonista un pastore tedesco detective, ma fu bocciato e sovrascritto dal film che conosciamo oggi, molto diverso dal progetto iniziale.

 

Charlie, un pastore tedesco, fugge dal canile grazie all'aiuto dell'amico bassotto Itchy, e torna al casinò clandestino che gestisce assieme al socio Carface.

Carface, ormai abituato a gestire tutto da solo e deciso a non sopportare più i capricci di Charlie, lo uccide: dopo essere stato investito, Charlie si ritrova nel paradiso dei cani e ruba un orologio fermo, che rappresenta la fine della vita, e decide di ricaricarlo per tornare sulla Terra. 

 

Se la premessa sembra bizzarra, la storia diventa ancora più strana, mostrando scene sicuramente non adatte a un pubblico troppo giovane.

 

Bische clandestine, rapimenti, casinò, alcol, truffe e continui riferimenti a film su gangster e criminalità sono solo alcuni degli elementi che hanno reso questo film memorabile e sicuramente curioso, percorrendo una strada completamente diversa rispetto alla precedenti pellicole.

 

La cosa che confonde è la difficoltà nel comprendere cosa volesse trasmettere l'autore: è palese l'intento di narrare una storia di amicizia e lealtà, dove è importante imparare dai propri errori e avere sempre la possibilità di redimersi; allo stesso tempo però emerge una narrativa dalle note macabre, che viaggia dalla criminalità organizzata allo sfruttamento minorile.

 

Adesso verrebbe forse bocciato a mani basse, ma è sempre bello ricordarlo per la sua unicità.

 

Posizione 3

Eddy e la banda del sole luminoso

co-diretto da Gary Goldman e Dan Kuenster, 1991

 

Oltre ai vari successi o ai film che sono stati rivalutati dalla critica, è importante parlare anche di opere che hanno fallito da ogni punto di vista.

In particolare a partire da questa pellicola Don Bluth cominciò ad accumulare diversi insuccessi.

 

La storia si apre con Chanticleer, un gallo chiaramente ispirato alla figura di Elvis Presley, che canta nella sua fattoria convinto di essere lui a far sorgere il sole.

Un giorno, nonostante sia impegnato in una lotta contro uno scagnozzo dell'antagonista GranGufo, tutta la fattoria si accorge che il sole è sorto anche senza il suo canto.

Divenuto così lo zimbello di tutti gli animali, decide di andarsene.

 

Uno stacco rende il film live action, presentandoci un bambino di nome Eddy, mentre stava leggendo la storia del gallo assieme alla madre.

Poco dopo la fattoria di famiglia viene inondata dal maltempo; Eddy crede sia colpa della sparizione di Chanticleer e GranGufo lo conferma, trasformandolo in un gattino animato. Toccherà a Eddy e agli altri animali ritrovare Chanticleer e rimettere le cose a posto.

 

Sebbene il potenziale di partenza sia elevato, il film risente di una regia inesistente e una sceneggiatura che si fa man mano sempre più debole; anche l’animazione viene completamente trascurata. 

È un’opera che dispiace vedere ridotta così dal creatore stesso, con un intrigo completamente rovinato da diversi dei ex machina e da personaggi interessanti appiattiti, favorendo la quantità alla qualità.

 

Se ho scelto di parlarne è perché, in fondo, mi ha colpito per un motivo preciso: la musica rock e blues, interpretata dalle magnifiche voci di Glen Campbell ed Ellen Greene, che tiene incollati allo schermo.

 

Altro film rifiutato dalla Walt Disney Company prima di essere ripescato da Don Bluth e primo di una serie che porterà alla chiusura della Sullivan Bluth Productions.

 

Eddy e la banda del sole luminoso resta comunque degno di essere ricordato, con i suoi pregi e nonostante i suoi tantissimi difetti.

 

Posizione 2

Anastasia

co-diretto da Gary Goldman, 1997

 

Il penultimo lavoro di Don Bluth, prodotto da Fox Animation Studios, è forse il secondo lavoro meglio riuscito del regista e sicuramente il più famoso in assoluto.

 

La storia è ispirata alla famiglia Romanov, in gran parte romanzata: è un what if  sul ritrovamento di Anastasia, cosa che nella realtà non avvenne.


Il film si apre con un ballo e l’imperatrice Maria Fëdorovna che dona a sua nipote Anastasia un prezioso carillon e una chiave con scritto “Insieme a Parigi”. Il ballo viene interrotto da Rasputin, un malvagio stregone che scaglia una crudele maledizione sulla famiglia intera, augurando loro la morte.


Durante la Rivoluzione Russa i genitori di Anastasia perdono la vita, ma un giovane, Dimitri, riesce a salvare Anastasia e sua nonna; durante la fuga la protagonista inciampa e cade, perdendo la memoria. 

Dopo dieci anni vissuti all'interno di un orfanotrofio con il nome di Anya, Anastasia comincia a cercare tracce della sua vita passata attraverso la chiave che è riuscita a conservare.


La pellicola ha una potenza narrativa notevole proprio perché, vista la semplicità della trama, ricerca la sua forza nelle sonorità, vedendo candidate sia la colonna sonora che le canzoni di David Newman, Stephen Flaherty e Lynn Ahrens ai Golden Globe e agli Oscar.


Il personaggio di Anya è sicuramente affascinante e fortemente ispirato alle eroine Disney di quel periodo, mostrandosi coraggiosa e capace di cavarsela da sola, praticamente l’opposto della precedente protagonista femminile dell’autore, Thumbelina - Pollicina (1994).


Vengono portati avanti i temi classici quali l’amore e il coraggio, riprendendo comunque quell’atmosfera dark che aveva reso così celebre il nostro regista. 


Una grande pecca è forse l’abuso della tecnica del rotoscopio, a momenti disturbante, utilizzato spesso da Don Bluth ma qui particolarmente opprimente e che rende i personaggi piatti e poco riconoscibili (a parte Rasputin), e un uso un po’ superficiale della computer grafica.

 

Posizione 1

Titan A.E.

co-diretto da Gary Goldman e Art Vitello, 2000

 

Ultimo film, sempre prodotto dalla Fox Animation Studios, in cui Don Bluth decide di gestire un genere del tutto nuovo per lui: la fantascienza.

 

La Terra del 3028 vede tecnologie complesse che portano alla creazione di svariate astronavi tra cui la Titan, il cui scopo è avvolto dal mistero.

La convivenza tra le razze è pacifica ma i Drej, alieni fatti di sola energia guidati dalla loro regina, identificano come nemica e possibile minaccia la Titan. Decidono così di attaccare la Terra e distruggerla.

 

Quindici anni dopo conosciamo Cale, uno dei pochissimi umani sopravvissuti, costretto a lavorare come operaio in una base spaziale per sopravvivere; qui incontra un uomo misterioso che si rivelerà essere Joseph Korso, un vecchio amico di suo padre impegnato nel progetto Titan, che lo convincerà di essere l’unico a poter ritrovare l'astronave e salvare il genere umano.

 

Progetto molto ambizioso e interessante, originariamente pensato come un possibile live action, ebbe dei costi di produzione molto elevati dovuti all’utilizzo della CGI.

Nonostante gli sforzi, il risultato fu un flop al botteghino.

 

Utilizzare l’unione di CGI e tecnica tradizionale forse non era la mossa migliore, perché la prima ancora oggi risalta particolarmente, mentre nella seconda l’uso eccessivo della tecnica del rotoscopio impedisce la fluidità e l'armonia delle immagini, portando a un risultato mediocre.

 

Interessantissima e degna di nota la colonna sonora, considerabile il maggior pregio del film, che è composta da dodici artisti emergenti dopo che diversi grandi nomi (tra cui Hans Zimmer) rifiutarono di parteciparvi.


Numeorse le citazioni a grandissimi nomi del Cinema e della letteratura fantasy e fantascientifica, da Robinson Crusoe a Star Wars e Star Trek: tra astronavi, alieni e galassie lontane lontane, la pellicola non riuscì a conquistare né critica né pubblico perché superficiale soprattutto dal punto di vista narrativo.

 

In conclusione resta un prodotto godibile, non la migliore opera ma nemmeno la peggiore, nella speranza che non sia l’ultima.

 



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