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#top8

8 film con finali tristi che il vostro cuore reggerà una volta sola

Gli 8 film con finali tristi che (forse) non rivedrete una seconda volta 

Sentimentali e deboli di cuore, a me: questa volta parliamo di 8 film con finali tristi che, dopo la prima volta, farete fatica a rivedere. 

Prima di iniziare è doveroso fare uno SPOILER ALERT grande quanto una casa, così da evitare un effetto in pieno stile Kevin Spacey di Caparezza.

 

"Non per la politica dovete odiarmi,

non per la voce nasale, ma per questo pezzo!

Adesso avete un motivo… Avete un motivo!" 

 

Non preoccupatevi: potete comunque continuare a leggere l’introduzione che sarà spoiler free; per i film della Top 8 invece basterà leggere il titolo e - nel caso non lo aveste ancora visto - correre, Forrest, correre verso la posizione successiva. 

 

 

[Forrest Gump]

 

Il discorso non verte sulla bellezza della pellicola o sulla bravura dei suoi interpreti, anche perché alcuni dei film che citerò sono diventati dei cult e dei must-watch.

 

Ora vi starete chiedendo come, quando e perché mi sia venuta in mente una Top 8 del genere.

Beh, in verità non lo ricordo nemmeno io, ma vado per probabilità e accendo la risposta D: nel preciso momento in cui spegni la luce e ti infili sotto le coperte. 

 

È quello il mio momento per le grandi idee, quando non ho né la forza per alzarmi dal letto né il telefono a portata di mano per segnarmi qualcosa. 

Lì, in stato di dormiveglia, mi è apparso Morpheus e, in un momento di lucida follia, ho scelto la pillola rossa

 

Quindi eccoci qua. 

 

 

[Pillola blu o pillola rossa?]

 

Sono un bugiardo, lo ricordo bene il momento in cui mi è venuta in mente la classifica.

 

In mia difesa posso dire che quello che vi ho detto non era falso, anzi. 

Quindi, ragazzi, sedetevi: sto per raccontarvi la storia di come sono arrivato a scrivere la Top 8 dei film che il vostro cuore reggerà una volta sola. 

 

(Davvero pensavate che in una classifica per sentimentali sarebbe potuta mancare la citazione a Teddy Westside?!)

 

 

[How I Met Your Mother]

 

 

Dicevo: non sono un bugiardo, ho semplicemente omesso qualche dettaglio. 

 

Tutto inizia di sabato, al mercatino delle pulci della mia città dove porto via qualche DVD e Blu-ray. 

Uno di questi decido di guardarlo la sera stessa e, al finalone spaccacuori, mi scende una lacrima, forse due. 

 

È quello l'input che mi porterà a tu-per-tu con Morpheus e a ingoiare la pillola rossa. 

Detto così può sembrare ambiguo e no, non rivelerò il film in questione, perché non è motivo di interesse.  

 

Ciò che a noi interessa è parlare di conclusioni e finali tristi, talmente amare al punto di lasciarci con un senso di malessere per ore o, addirittura, giorni. 

Avete presente quando mangiate gli asparagi?

 

Ecco. 

 

A proposito: se qualcuno dovesse chiederveli, voi non esitate a passarli. 

 

 

[Kevin Spacey adirato perché nessuno gli ha passato gli asparagi. Noi vi avevamo avvisati...]

 

 

In effetti anche American Beauty potrebbe avere un posto d'onore in questa speciale classifica, tuttavia si salva in calcio d'angolo a causa del monologo iniziale che un po' ci prepara a quello che vedremo. 

 

Come? Vi dispiace troppo che Kevin Spacey non sia presente in questa Top 8? 

Non disperate, posso dirvi che Kevin c'è e che non l'ho dimenticato come Catherine O'Hara in Mamma, ho perso l'aereo


Voi però non sbirciate nei tag in fondo, mi raccomando! 

 

Altro grande escluso di questa top, nonostante il suo essere struggente, è Hachiko - Il tuo migliore amico

 

Lo "spoiler" in questo caso è ancora più plateale di American Beauty, sia per la trama sia perché la storia del fidato amico del professor Parker (Richard Gere) è entrata a far parte dell'immaginario collettivo. 

 

 

[Ultimo tango a Parigi]

 

 

Se vi fosse mai capitato di sdraiarvi sul divano, decidere quale film guardare e scartarne sempre qualcuno perché “quel finale non lo voglio rivedere”, allora siete nel posto giusto.

 

Iniziamo, è tempo di un ultimo tango (a Parigi).

 

[Articolo a cura di Salvatore Toscano]li tristi 

 

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Posizione 8

Requiem for a dream 

di Darren Aronofsky, 2000

 

Apriamo questa Top 8 con uno dei film più angoscianti che abbia mai visto: Requiem for a dream, con Ellen Burstyn e Jared Leto. 

 

Tralasciando il fatto che Leto mi trasmetta sempre un certo senso di irrequietezza, il film sfrutta le note della tensione per gran parte della sua durata, arrivando all'exploit finale dove le musiche e i cambi continui di scena la fanno da padrona. 

 

Requiem for a dream è uno di quei film per cui, qualche anno fa, ripromisi a me stesso (tranquilli, la Top 8 non sta diventando Ritorno al futuro) di aspettare il momento in cui mi fossi sentito pronto: l'occasione giusta si è presentata proprio quando ho deciso di scrivere la classifica, così mi sono munito del DVD recuperato rigorosamente qualche anno fa nel mercatino delle pulci del mio paese e ho iniziato questo viaggio fra solitudine, dipendenza e abbandono. 

 

Il colpo arriva già in alcune scene precedenti al finale, come nel cambiamento psicofisico di Sara Goldfarb (Ellen Burstyn) o nella scelta/costrizione dettata dall'astinenza che vede Sara (Jennifer Connelly) vendersi per recuperare qualche dose. 

 

La rabbia è tanta perché si potrebbe fare tanto per salvare i protagonisti ma, come spesso accade nella vita, nessuno agisce e il corso degli eventi scorre imperturbato. 

 

Disponibile su TIMVision

 

Posizione 7

OldBoy

di Park Chan-wook, 2003

 

Immaginate di essere rinchiusi per quindici anni in una sorta di prigione privata e di non sapere né il motivo né chi ha organizzato tutto ciò. 

Il primo obiettivo sarebbe sopravvivere, poi covare vendetta, giusto? 

 

È esattamente ciò che fa Oh Dae-su (Choi Min-sik), peccato che il suo viaggio verso la scoperta della verità vada oltre, trasformandosi in un vero e proprio incubo personale. 

 

La durezza delle scene e l'attualità di certi argomenti rendono il film un colpo durissimo, soprattutto sul finale, tanto da meritarsi un posto in questa personalissima Top 8 sperando di non infastire Lee Woo-jin.

 

Lo so: i più attenti tra voi ricorderanno un articolo su OldBoy il cui incipit recita più o meno così:

"È uno di quei film che riguarderei continuamente, quei film di cui conosci ogni inquadratura, che non soffre della seconda visione, ma anche della terza, della quarta, della decima...".

 

Questo perché in effetti il film di Park Chan-wook merita davvero di essere visto, soprattutto se si vuole approfondire il Cinema sudcoreano. 

 

Purtroppo chi vi scrive oggi è troppo sentimentale per rivederlo una seconda volta, ma se state leggendo questa classifica, forse, lo siete anche voi. 

 

Disponibile su Prime Video, TIMVision

 

Posizione 6

Ladri di biciclette 

di Vittorio De Sica, 1948

 

Abituati ai film con il lieto fine degli ultimi anni, vedere oggi la pellicola di Vittorio De Sica è un colpo al cuore: sono gli anni della ricostruzione dopo vent'anni di fascismo e cinque di guerra, la povertà è dilagante e trovare un lavoro è un'impresa quasi impossibile. 

 

Ci riesce Antonio, interpretato dall'attore-operaio Lamberto Maggiorani, che viene scelto per ricoprire il ruolo di attacchino, a condizione di possedere una bici. 

Bici che Antonio aveva impegnato qualche mese prima e che, grazie al sacrificio di lenzuola e coperte da parte della moglie, riesce a riprendersi. 

 

Poi cosa succede? Ovviamente la bici viene rubata: quasi un'ora del film si concentra sulla ricerca di quest'ultima, fino alle scene finali. 

Lo strazio è vedere Antonio riconoscere il ladro ma non poterlo dimostrare, quasi come un personaggio tratto dalla penna di Giovanni Verga

 

Fino alla fine speriamo che vada tutto per il verso giusto, che Antonio riprenda il suo lavoro e possa vivere felice con la sua famiglia.  

Inutile dire che la speranza svanisce, lasciando spazio a un senso di amarezza visto che il protagonista, a pochi minuti dalla fine, decide di rubare a sua volta una bici, perdendo l'integrità morale che aveva conservato per tutto il film. 

Non finisce qui: la fuga di Antonio dura qualche secondo, fermata dalla folla di fronte agli occhi innocenti del figlio, Bruno. Quella è la sconfitta più grande per un padre che, abbandonato da tutti, cerca comunque di risollevarsi dalla condizione di povertà in cui riversa. 

 

Ladri di biciclette non è solo un film, ma il racconto di uno spaccato sociale che avremmo potuto vivere in prima persona se solo fossimo nati qualche anno fa. 

 

Sarà per la semplicità e verosimiglianza della trama o per la genuinuità degli attori, quasi tutti non professionisti, ma Ladri di biciclette lascia un senso di tristezza e vuoto che è difficile affrontare una seconda volta. 

 

Disponibile in homevideo

 

Posizione 5

American History X 

di Tony Kaye, 1998

 

Ma che bello. 

 

D’altronde parliamo pur sempre di un film che è valso a Edward Norton la nomination come Migliore Attore Protagonista agli Oscar. 

 

Potremmo descrivere American History X come un intreccio di violenza, razzismo e morale. 

 

Elementi che appartengono, in misure differenti, ai diversi personaggi del film e che, per ovvi motivi, fanno fatica a convivere: il risultato sono due ore di tensione e attaccamento allo schermo.

 

Tutto molto bello, ma come ci è finito American History X in questa classifica? 

 

Ovviamente per il suo finale, che arriva nel momento in cui lo spettatore pensa di essere uscito dal vortice di violenza che l’ha accompagnato per tutto il film. 

 

Mancano venti minuti e tu sei lì, a dire “stop the count”, mentre speri nell’arrivo dei titoli di coda perché tutto sta filando liscio.

 

Ma è proprio lì che arriva il finale.

 

Come un colpo di pistola nel bagno di una scuola.  

 

Disponibile su Sky, NOW

 

Posizione 4

Seven 

di David Fincher, 1995 

 

Brad Pitt, Morgan Freeman e Kevin Spacey diretti da David Fincher.

Titoli di coda, tutti a casa.

 

Come? Non è la classifica dei Migliori Film degli anni ’90?

 

Giusto.

 

Seven nasce da un’idea geniale: parlare dei 7 peccati capitali attraverso le storie intrecciate di un serial killer (Kevin Spacey) e due detective, uno prossimo alla pensione (Morgan Freeman) e l’altro con tutta la carriera davanti (Brad Pitt).

 

L’idea è tanto bella da invogliarmi più volte a rivederlo, soprattutto per scoprire nuovi dettagli e particolari sui delitti che compie Doe, sul fil rouge che segue, ma conoscere il finale mi blocca, è più forte di me. 

 

Parliamo di un thriller che si guarda tutto d’un fiato e che poi, sul finale, il fiato te lo spezza.

 

A un certo punto il film diventa una corsa contro il tempo, perché inizi a capire dove potrebbe andare a parare il finale: dov’è Tracy?

 

Cosa c’è nella scatola? 

 

Davvero devastante.

 

Disponibile su Prime Video

 

Posizione 3

Mamma Roma

di Pier Paolo Pasolini, 1962

 

Lo so: di Pasolini vi sareste aspettati Salò o le 120 giornate di Sodoma, eppure eccomi a parlare di Mamma Roma, uno dei film a mio avviso più significativi del regista bolognese.

 

Le motivazioni dietro a questa scelta sono due: la prima è che non ho ancora avuto il coraggio di vedere il film che venne presentato nel 1975, tre settimane dopo la morte di Pasolini; la seconda, invece, riguarda l'immensa l'interpretazione di Anna Magnani. 

 

La voce, il linguaggio del corpo, la mimica facciale sono tutti elementi che impreziosiscono il personaggio di Mamma Roma, una prostituta che per amore (viscerale) del figlio decide di abbandonare il proprio passato. 

 

Il piano sequenza introspettivo girato fra le strade notturne di Roma e impreziosito dal monologo della Magnani regalano allo spettatore un momento di riflessione unico: 

"Certo che se c'avevano i mezzi erano tutte persone perbene. Allora di chi è la colpa qua?

Di chi è la responsabilità?". 

 

Parla una donna segnata dal dolore, che vive sul finale forse il dramma più violento che una madre possa provare: la morte di un figlio. 

 

La scena, accompagnata da una musica straziante, chiude il film lasciandoci fissare il vuoto per un po'. 

 

Disponibile in homevideo

 

Posizione 2

Parasite 

di Bong Joon-ho, 2019 

 

Dopo OldBoy, il cinema sudcoreano chiude la classifica piazzandosi al secondo posto con Parasite, film pluripremiato agli Oscar

 

Se la pellicola di Park Chan-wook è incentrata su un vortice di violenza, sporcizia e vendetta, Parasite si pone come ambizioso obiettivo quello di denunciare la spaccatura sociale della Corea del Sud. 

 

"Loro sono ricchi, ma anche gentili".

"No: sono gentili perché sono ricchi".  

 

L'equilibrio che caratterizza la pellicola è da applausi: un eccesso viene prontamente bilanciato con un altro, così come accade per la caratterizzazione dei diversi personaggi che, durante le due ore del film, coprono decine di sfumature di emozioni differenti. 

 

Forse non ci si affeziona ai protagonisti per la loro natura "parassitaria", ma è facile provare empatia nei loro confronti: la gerarchia sociale, con annesso tentativo di scalata, non è infatti una realtà unicamente sudcoreana, anzi. 

 

Questo porta ad instaurare un rapporto con i protagonisti e a paralizzarsi di fronte al triste epilogo che vivono. 

 

Parasite ci racconta, dunque, una storia forte e profonda, che merita davvero di essere ascoltata. 

 

Forse anche più volte, magari stoppando sul finale. 

 

Disponibile su Apple TV, Chili

 

Posizione 1

Il postino 

di Michael Radford, Massimo Troisi, 1994 

 

Sarò di parte? Forse. Ma non potevo concludere questa Top 8 senza Massimo Troisi e il suo postino.

Entrambi si aggiudicano il primo posto non tanto per il finale in sé della pellicola quanto per la storia che c'è dietro, rappresentando quasi un'anomalia in questa top. 

 

Non tutti sanno che Massimo Troisi convisse con il suo "cuore malandato" per tanti anni, fino a quando non si decise ad affrontare l'operazione per il trapianto. 

Tutto era pronto: il Pulcinella senza maschera sarebbe dovuto partire presto per gli Stati Uniti, vista l'urgenza del suo stato di salute, ma decise di farlo soltanto dopo aver finito di girare Il Postino, nel 1994, perché a questo film teneva particolarmente e avrebbe fatto di tutto per concluderlo con il suo cuore, quello che lo aveva accompagnato sin dall'inizio: dai primi spettacoli al Teatro di San Giorgio a Cremano fino agli eventi internazionali. 

 

Per le scene più faticose, soprattutto nell'ultima parte del film, Troisi si affiancò di una controfigura, Gerardo, a cui regalò un libro con tanto di dedica: "A Gerardo, per la pazienza e l’abnegazione con le quali ha reso più piacevole e meno faticoso il mio lavoro”.

 

Massimo, anche grazie al suo aiuto, resse fino alla fine delle riprese ma il suo cuore non fu dello stesso avviso: i membri della troupe furono gli ultimi a vederlo. 

"Nun ve scurdate 'e me!" gli disse la sera del 3 giugno 1994, prima di andarsene per sempre. 

 

Proprio perché non ti ho dimenticato, non riesco più a rivedere questo tuo ultimo film, Massimo. 

Sono sicuro capirai. 

 

P.S.: Quanto sono belle le musiche de Il postino?

D'altronde la colonna sonora, composta da Luis Enrique Bacalov, ha vinto anche l'Oscar nel 1996. 

 

P.S.S.: Durante le riprese Elena, moglie di Gerardo, rimase incinta. 

Indovinate come chiamarono il bambino...

 



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