Negli ultimi anni, nell'ambiente cinefilo del web, ha preso sempre più piede la tendenza di vedere, parlare e consigliare film 'estremi'.
Di qui, la trasformazione di un termine calzante in barzelletta - visto l'utilizzo spropositato che ne viene fatto - è stata piuttosto rapida: alle parole essenziali per la creazione di meme cinematografici, dopo 'capolavoro'e 'parallelismo', si è quindi aggiunto anche 'disturbante'.
[Disturbante: un termine leggermente inflazionato. Tutto ciò è disturb... ah, no]
Fratello minore di 'perturbante' e 'conturbante' (segnateveli, potrebbero tornarvi utili) il nostro amico storpio e sanguinolento imperversa da tempo nelle vostre bacheche, nei siti cinematografici che seguite - perché? ci sono altri siti a parte CineFacts.it? - portando con sé maree di classifiche di titoli più o meno angoscianti.
Ma cosa vuol dire 'disturbante'?
A giudicare da ciò che si vede in giro, parrebbe che l'aggettivo debba essere per forza legato ad atmosfere stranianti e oniriche (DavidLynch e Takashi Miike se ci siete battete un colpo), Cannibal Movie rispolverati per l'occasione (troppo facile parlare di Antropophagus, Cannibal Holocaust o Cannibal Ferox.
Nessuno mai che scriva di Come sono buoni i bianchi o diAfrica Addio, mannaggia a voi!), orrori della carne e della mente (Body Horror I love u), angoscianti soggetti in bianco e nero (Freaks,Anche i nani hanno cominciato da piccoli, Begotten,Eraserhead) o grandguignolesche pellicole del disagio (Martyrs, The Human Centipede,Hostel, A l'intèrieur e chi più ne ha più ne metta).
[Il disturbante Funny Games (1997), di Michael Haneke: un altro tizio che non sta troppo bene]
Ma l'accezione del termine si limita solo a quanto sopra elencato?
È possibile che, per impressionarci, per disturbarci, necessitiamo solamente di titoli che ci trascinino nella sfera dell'incubo o in contesti pieni di sangue schizzato e cartilagini esplose?
Ho provato ad allargare il campo rimescolando le carte (scegliendo anche fra gli autori e i temi sopra citati, cercando però di non pescare sempre tra i soliti noti) e scavando nei generi cinematografici fino a trovare 8 film che raschino a fondo nel cuore e nel cervello dello spettatore, non limitandosi al gore gratuito o al gusto dello shock estemporaneo.
Dal dramma all'horror, passando per la fantascienza e grottesche commedie di analisi sociologica: qual è la vostra concezione di 'disturbante' e, secondo voi, a quali generi aderisce meglio questo ormai inflazionato aggettivo?
Quanti di questi film conoscevate già e mettereste nella vostra Top 8?
Era il 1998 quando Todd Solondz ci presentò il suo frenetico, alienante valzer sociale scandito da personaggi che rincorrono la propria felicità, arrovellandosi e attorcigliandosi l’uno con l’altro, senza raggiungere altro che caos, infelicità e desolazione.
Happiness è una commedia grottesca che rappresenta una società americana - agli antipodi da quella idilliaca spesso mostrataci da Hollywood - che disgrega, spersonalizza e favorisce l’incomunicabilità fra gli esseri umani.
Quando il film uscì nelle sale nel 1998 suscitò un clamore mediatico tale da renderlo “improducibile” dalla Universal Pictures che, formalmente, non mise la propria firma sulla pellicola.
All'interno della narrazione, per quanto mi riguarda, c'è una delle scene (quella nella foto) più scorrette e conturbanti della Storia del Cinema contemporaneo.
Cos'è Happiness, dunque?
Un classico troppo spesso dimenticato nelle nostre simpatiche classifiche disturbanti.
“Attori noti, per paura della ritorsione degli studios, hanno rifiutato il copione.
Non è un film per bambini e non porterei mio figlio a vederlo, ma ciò non significa che un autore non debba sviscerare temi forti.
Conosco gli abissi di sofferenza e malattia morale in cui sono immersi tanti ragazzini di oggi e in cui si macerano adulti apparentemente irreprensibili.
Marchiarli a priori come “perversi” è mancare di umanità.
Il film è politicamente non corretto?
Sarebbe politicamente e socialmente scorretto non analizzare i problemi del mondo che ci circonda”
Todd Solondz intervistato da Giovanna Grassi per “Il Corriere della Sera”, 1999
Kotoko è una giovane madre che vive e affronta la propria quotidianità da sola.
La donna comincia a soffrire di schizofrenia, paranoia (relativa più che altro alla sua relazione di coppia con Seitaro Tanaka - interpretato dallo stesso Tsukamoto - oltre che allo svezzamento del suo bimbo) e allucinazioni.
Il bello è che noi siamo lì, con lei, mentre comincia la sua discesa verso il baratro della pazzia.
E la accompagniamo fino alla fine.
Nella progressione della malattia.
Giù, fino in fondo.
Il buon Shinya Tsukamoto è uno che non si è mai fatto troppi problemi ad 'andarci di piccone': questo film, vincitore della sezione Orizzonti alla 68ªMostra del Cinema di Venezia, ne è la palese dimostrazione.
Confesso che, appena terminata la visione, ho avuto più di qualche problema a prendere sonno.
Generazione Proteus è un film horror-fantascientifico tratto dal romanzo del 1973 Demon Seed di Dean R. Koontz.
Decisamente poco nota al grande pubblico, la pellicola è ambientata in un futuro dove imperversano le Intelligenze Artificiali e la domotica, e racconta l'angosciante ribellione del super computer organico Proteus.
Poco da dire: è un film che si porta splendidamente bene i suoi anni.
Costruito su uno script brillante e sinistro, colmo di situazioni ambigue e stranianti, Generazione Proteus riesce ancora - seppur a distanza di tanto tempo dalla sua realizzazione - a immergerci in una vicenda da pelle d'oca.
Chissà come devono averlo vissuto gli spettatori dell'epoca.
Justine (Garance Marillier) è una ragazza di 16 anni iscritta all'Università di formazione veterinaria.
La vita al campus, le angherie subite dai compagni e il primo approccio con la carne (è vegetariana) segneranno per la giovane l'inizio di un percorso di grandi trasformazioni durante il quale avrà modo di maturare, diventando finalmente una donna.
Come analizzato da Martina Paffo nel suo articolo di raffronto con The Neon Demon, Raw è un horror atipico che ci mostra il momento di crescita/mutazione di un'adolescente, legato al sangue, all'erotismo orale e al sapore della carne.
Pare che durante la proiezione di presentazione al Toronto International Film Festival alcuni spettatori siano svenuti e abbiano dato di stomaco per lo shock.
Leggenda o realtà?
Raw è come un'incerta pattinata su una sottile lastra di ghiaccio... Piano piano si crepa scricchiolando.
Precious è un'adolescente obesa e semianalfabeta che vive nella miserabile Harlem degli anni '80.
In seguito a reiterati abusi sessuali da parte del padre ha dato alla luce una bambina affetta da Sindrome di Down.
Come se ciò non bastasse la ragazzina è costretta a sopportare le umiliazioni e le violenze quotidiane da parte della madre Mary (una strepitosa Mo'Nique che, per questo ruolo, si è aggiudicata qualsiasi premio disponibile su piazza), una donna malvagia, vuota, ignorante e senza lavoro che attribuisce alla figlia la colpa di tutte le sue miserie.
Chi ha detto che gli horror devono avere per forza come protagonisti mostri, fantasmi o demoni?
Precious, nonostante sia un film drammatico, è un'orrorifica passeggiata di circa due ore nella realtà più disagiata e abrasiva che si possa immaginare.
Candidato e vincitore di una valanga di premi (due Oscar, un Golden Globe, tre riconoscimenti al Sundance e uno al TIFF: mi fermo qui o vado avanti due giorni) il film di Lee Daniels ci prende gentilmente a badilate in faccia fino al finale, a cui arriviamo - stremati - con un unico pensiero:
Gaspar Noé lo considera tra i principali ispiratori del suo stile di regia, oltre ad averlo definito "il miglior film su un omicida psicopatico che abbia mai visto".
A posto così? No?
Va bene, eccovi un po' di trama.
Un uomo esce di prigione dopo aver scontato una lunga pena per l'omicidio di un'anziana donna.
Ha finalmente pagato il suo debito con la giustizia.
C'è solo un piccolo problema: è uno psicopatico che, come da definizione clinica, non riesce a dominare i propri impulsi.
Inizia quindi il suo frenetico girotondo in un mondo che non riesce a comprendere e con il quale non può relazionarsi se non con la violenza e l'assassinio.
Riprese in soggettiva, oggettive a 'volo d'uccello' dietro le spalle del protagonista birichino e una colonna sonora cadenzata da percussioni al sintetizzatore sono gli elementi cardine di Angst, un film che ad oggi resta probabilmente il miglior viaggio nella psicopatologia di un omicida.
Va bene, va bene, sono sicuro che questo film l'abbiate sentito nominare o letto in qualche lista del disagio.
Ma in redazione ci sono un paio di soggetti che, se non avessi inserito qualcosa del buon Takashi Miike in questa Top 8, mi avrebbero giustamente mangiato il cuore.
Three... Extremes è un trittico dell'orrore tutto Made in Asia.
Il film collettivo diretto dal trio Fruit-Park-Miike è composto da tre sezioni, una per regista.
Tre storie grottesche piene di tensione, disagio e anche qualche sequenza visivamente hardcore.
Sicuramente l'episodio più 'schizzato' è quello di Fruit Chan, ma la Palma d'oro del disturbo ovviamente non poteva che aggiudicarsela quel criminale di Takashi Miike ("noi ti amiamo e veneriamo, o sommo!").
Sorprendentemente Park Chan-wook - il papà diOldboy e Lady Vendetta - è l'autore della sezione più 'debole' del film (non che sia brutta, eh!).
Nel caso non l'abbiate ancora visto, fateci sapere se erano buoni i ravioli della 'vecchia' Mei!
Se le precedenti posizioni erano tutte in ordine randomico, senza un preciso ordine di merito, quello che troviamo ora invece è proprio il primo della classifica.
Senza 'se' e senza 'ma'.
Taxidermia è un film tanto disagevole e faticoso per i contenuti e le immagini proposte quanto straordinario per messa in scena, fotografia e i sottotesti proposti dal talentuoso regista ungherese György Pálfi.
La narrazione, che si snoda in tre differenti fasi dell'Ungheria comunista, racconta le vicende di tre personaggi legati da un filo conduttore apparente che ha il sapore di una maledizione: si dissolverà solo alla fine, con la comparsa del tassidermista che dà il titolo al film.
Ci sentiamo di sconsigliarvi la lettura di ulteriori dettagli della trama: è una pellicola estremamente affascinante da scoprire 'a scatola chiusa'.
Taxidermia è un film tanto consigliato quanto sconsigliato (perdonate il bisticcio di parole).
Perché?
Perché le situazioni paradossali e le immagini stomachevoli che si rincorrono sullo schermo per i 91 minuti di durata del film è facile che possano risultare impressionanti per lo spettatore; tuttavia, la pregevolezza visivacon cui viene rappresentato l'elemento disgustoso e la verve comico-bizzarra utile all'assurda narrazione sono assolutamente vincenti.
"Funny, moving, upsetting and horrifying throughout, a genre-defying exercise in immagination"
[In tutto e per tutto divertente, commovente, sconvolgente e orripilante, un esercizio di immaginazione che va oltre il genere]
Il cinema del buon Pàlfi, soprattutto, ha il potere straordinario di non somigliare a quello di nessun altro.
The lobster è decisamente disturbante! Io lo vidi per caso al cinema senza sapere a cosa andavo in contro. Primo trauma secco con la scena del cane e comunque durante tutta la visione una terribile sensazione di costrizione sociale che ho trovato davvero opprimente.
Davvero sorprendente! Lo iniziai a guardare con un aspettativa bassissima ma nel giro di 10 minuti mi catturò completamente. Davvero ben fatto, apparte qualche scena non molto chiara 😄 aspetto con ansia i tuoi prossimi consigli 😉
Lenù
4 anni fa
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Lenù
4 anni fa
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Marco Natale
5 anni fa
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Marco Natale
5 anni fa
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OldBoy
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Benito Sgarlato
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Roberta
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Adriano Meis
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Danilo Canepa
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Giorgia Leonardi
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Adriano Meis
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Adriano Meis
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iena plinsky
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Adriano Meis
6 anni fa
#ildisagioèilmiomestiere
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Adriano Meis
6 anni fa
CHAOS REIGNS!
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Adriano Meis
6 anni fa
Sei su CineFacts, no? ;)
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Adriano Meis
6 anni fa
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Teo Youssoufian
6 anni fa
allora ti consiglio di prenderti un bucket da KFC prima di guardarlo… 😁
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Adriano Meis
6 anni fa
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Roberto Rotondo
6 anni fa
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Daniele Besana
6 anni fa
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Adriano Meis
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Roberto Rotondo
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Adriano Meis
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Adriano Meis
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Adriano Meis
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