La ruota è la più importante invenzione della Storia dell’umanità?
Esistono dei remake cinematografici che non infangano il buon nome dell’originale?
Che fine ha fatto Carmen Sandiego?
Se dovessimo segnalare i quesiti fondamentali sui quali l’Uomo si arrovella da millenni cercando un’evanescente risposta probabilmente indicheremmo questi.
Ma su CineFacts.it si parla di Cinema, quindi bando a pollame di dubbia nascita e petrose ruote da buoi.
(Alla ladra in cappotto rosso non pensiamo nemmeno più: rassegnati, amareggiati, kaputt).
Fra i thread più controversi, dibattuti e shitstorm-generating del web, c’è sicuramente quello relativo ai remake.
Ogniqualvolta esce una notizia relativa alla pre-produzione del rifacimento del titolo “X”, c’è qualcuno che con puntualità svizzera si lancia in obiezioni che sono fondamentalmente riassumibili in due postulati:
1. Perché continuano a produrre remake?! Non hanno più idee!
2. Non esistono remake che raggiungano la qualità dell’originale: sarà una m***a!
[La cosa venuta da un altro mondo, 1951, di Christian Nyby e Howard Hawks. Carpenter ne fece un remake? No.]
Annaspando nella sterminata Storia del Cinema e fra le migliaia di titoli originati dalla nascita del cinematografo dei Fratelli Lumière è piuttosto facile smentire queste affermazioni che, evidenza alla mano, si trasformano in luoghi comuni.
E pure piuttosto grossolani.
Prima di lanciarci in una disamina di titoli e registi è bene stabilire cosa sia effettivamente un rifacimento cinematografico, ovvero un remake.
Quando un film sì rifà a un’opera cinematografica antecedente, riprendendone gli elementi cardine della trama e rielaborandoli - secondo lo stile dettato da produzione, autori e regista - in quel caso parliamo di remake.
L’adattamento cinematografico di un’opera letteraria o una pièce teatrale che segue adattamenti precedenti, invece, non è un remake.
Scarface di Brian De Palma, tratto dall’omonimo film di Howard Hawks, è un remake.
Dune di Denis Villeneuve, secondo adattamento dal romanzo di Frank Herbert, non sarà un remake.
Chiaro, no?
[Piume di struzzo, remak... ehm, secondo adattamento della commedia teatrale La Cage aux Folles, dopo Il vizietto di Édouard Molinaro]
Ma torniamo dritti dritti alle internaute obiezioni di cui sopra.
Quella di produrre remake è una moda completamente ascrivibile ai nostri giorni?
Le case di produzione hanno esaurito (Oh mio dio) le idee?
Assolutamente no.
La Storia del Cinema ci propone sin dalla sua nascita cicli continui di remake.
Il primo remake in assoluto risale addirittura all'anno dopo l'invenzione del Cinema: lo dobbiamo a Georges Méliès, che nel 1896 rifece un film dei Fratelli Lumière dell'anno prima.
Da lì in poi, i tanti titoli famosi, si possono citare: I diavoli volanti (1939) di Albert Edward Sutherland, È nata una stella (1954) di George Cukor, I dieci comandamenti (1956) di Cecil B. DeMille, Il conte Max (1957) di Giorgio Bianchi, Nosferatu - Il principe della notte (1979) di Werner Herzog...
È vero che i remake di qualità non esistono?
Tutto ciò che sta alla voce di “rifacimento cinematografico” equivale a sterco equino?
Visti i titoli appena citati ci sentiremmo di dire di no, neanche in questo caso la risposta è affermativa.
Se i lavori di Herzog, Bianchi, DeMille, Cukor non fossero sufficienti a sostenere la tesi, si potrebbero nominare La piccola bottega degli orrori (1986), Il bacio della pantera (1982), Ocean's Eleven - Fate il vostro gioco (2001), The ring (2002), Nido di vespe (2002), Tutti i battiti del mio cuore (2005), King Kong (2005), The Departed - Il bene e il male (2006), Le colline hanno gli occhi (2006), Funny Games (2007), 13 assassini (2010), Ichimei (2011), La casa (2013)…
E la lista dei film che non infangano - e in certi casi migliorano - il buon nome degli originali a cui si rifanno potrebbe essere ancora molto lunga.
[Il bacio della pantera, film del 1982 di Paul Schrader, remake dell'omonima pellicola del 1942 diretta da Jacques Tourneur]
Sicuramente è vero che esistono anche remake che fanno un grave torto ai propri capostipiti ma, seguendo la linea editoriale aurea del nostro progetto - che ci invita a parlare (ove la scelta sia possibile) solo di produzioni meritevoli - non li citeremo in questo articolo.
Ci insinueremo invece in una piega curiosa del mondo del remake cinematografico: quella che porta ai rifacimenti che, supponiamo, potreste non sapere essere tali.
Ecco la nostra selezione di 8 remake “nascosti”, alcuni ufficiali, altri che corrono pericolosamente sul filo del plagio.
Qua si gioca sul filo del rasoio: quello di Per un pugno di dollariè infatti un caso di remake-non remake.
Molti sono al corrente del fatto che Akira Kurosawa sia stato un'ispirazione per il film, ma non tutti sanno che - in teoria - sarebbe dovuto essere un remake a tutti gli effetti.
La casa di produzione del secondo lungometraggio di Sergio Leone, la Jolly Film, aveva assicurato al regista romano che si erano aggiudicati i diritti per il rifacimento deLa sfida del samuraidiKurosawa.
Il cineasta italiano, quindi, era sicuro di star realizzando un remake autorizzato di Yojimbo.
Non fosse che, a metà lavorazione, ogni membro della produzione fu invitato a non nominare nemmeno per errore la parola “Yojimbo” sul set: i diritti non erano stati pagati.
Dopo la distribuzione del film Leone ricevette una lettera di veemente protesta da parte di Kurosawa e la casa di produzione de La sfida del samurai, la Toho film, intentò una causa legale chiedendo un risarcimento per plagio.
Leone, dopo il patteggiamento fra le parti che consegnò alla Toho il 15% dei ricavi della distribuzione di Per un pugno di dollari in oriente, pur essendo palesemente dalla parte del torto, la prese con calma, dignità e classe: "Kurosawa aveva tutte le ragioni per fare ciò che ha fatto.
È un uomo d'affari e ha fatto più soldi con questa operazione che con tutti i suoi film messi insieme.
Come detto, la carica sperimentale del film francese è fortissima: il corto, che è di fatto una narrazione fantascientifica ambientata in un futuro post-atomico, è messo in scena attraverso una particolare scelta tecnico-narrativa.
Il film, infatti, non è un vero e proprio “filmato in movimento”: i 24 frame al secondo si trasformano invece in una sequenza di fotografie accompagnate da una voce narrante fuori campo che enuncia la storia rappresentata.
Non a caso nei titoli di testa La jetée si presenta con la definizione di "un photo-roman", un fotoromanzo.
La storia, in accordo con L’esercito delle dodici scimmie uscito nelle sale ben 33 anni dopo, racconta di un bambino che si trova a Parigi all'aeroporto di Orly con i suoi genitori e assiste ad un incidente.
Un uomo viene assassinato, la folla che popola l’aeroporto corre verso di lui mentre lo sguardo del bimbo viene attratto da una donna e prende a fissarla con insistenza, completamente incurante di quello che gli accade attorno.
Dopo tre decenni, una catastrofe nucleare ha devastato il pianeta Terra: il mondo è avvizzito e nei sotterranei della città, probabilmente ancora radioattiva, alcuni scienziati sperimentano il viaggio nel tempo.
Gli scienziati riescono a far tornare l’ex bambino dell’aeroporto sul luogo dell'incidente e lì conoscerà la donna che aveva catturato la sua attenzione.
Dopo ripetute visite nel passato da parte del protagonista, il presente di pace della donna si scontrerà con il futuro apocalittico che attende l’umanità.
Familiare, non trovate?
Posizione 6
Dogtooth
di Yorgos Lanthimos, 2009
Altro giro, altro remake non dichiarato.
Anche questa, come nel caso di Per un pugno di dollari, è una storia di rara curiosità.
Pare che se chiediate in Messico del terzo lungometraggio dell’ellenico Yorgos Lanthimos, la maggioranza dei vostri interlocutori vi risponderà che si tratta di un remake de El castillo de la pureza (1972) di Arturo Ripstein.
Cominciata la sua carriera nel mondo del Cinema come aiuto regista di Luis Buñuel sul set deL'angelo sterminatore(1962), Ripstein ha lastricato il suo cammino cinematografico con toni fortemente surrealisti, provocatori e grotteschi.
Il suo primo film da regista, il western-drama Tiempo de morir(1966), venne scritto da un tizio che passava di lì, tal Gabriel Garcìa Marquez.
Il quarto lungometraggio del regista messicano, El castillo de la pureza, si basa su un assurdo fatto di cronaca messicana e racconta la nera storia di un padre-padrone fabbricante di veleno per topi che tiene chiusi in casa i propri figli per preservarne l’innocenza.
A tenere lontana la prole dalla corruzione e dalla natura malvagia del mondo esterno ci sono le solide pareti della casa (il castello della purezza), regole ferree e gabbie punitive.
Ovviamente qualcosa andrà storto e la routine costrittiva dell’uomo andrà in frantumi.
Nonostante l’assenza di un’accusa di plagio da parte dei produttori messicani, gli elementi in comune fra Il castello della purezza e Kynodontassembrano essere davvero tanti.
Coincidenze?
Noi non crediamo.
Posizione 5
A qualcuno piace caldo
di Billy Wilder, 1959
Ebbene sì: il capolavoro della commedia americana Some like it hot di Billy Wilder è un remake di un film tedesco: Fanfaren der Liebe (Fanfare dell’amore), pellicola del 1951 diretta da Kurt Hoffman.
Escludendo il setting della Chicago proibizionista del 1929 e la presenza nella trama della Strage di San Valentino, il film di Hoffman racconta esattamente le stesse dinamiche della pellicola con protagonisti Tony Curtis e Jack Lemmon: due musicisti disoccupati, squattrinati e pronti a tutto che si travestono pur di farsi ingaggiare in una band di sole ragazze.
Dai loro maldestri tentativi di inganno avranno origine complicazioni sentimentali e risvolti a dir poco comici.
Quello di Fanfaren der Liebe è uno dei rarissimi casi della Storia del Cinema nei quali il remake gode di un plauso e di una fama tali da oscurare completamente il film originale da cui ha origine.
Il film del 1997 del regista norvegese vede come protagonista Stellan Skarsgård nei panni del detective protagonista di quelle che, a tutti gli effetti, sono le stesse dinamiche che animano l’Insomnia di Nolan.
Quando la diciassettenne Tanja viene trovata assassinata nella città di Tromsø, nell'Artico norvegese, gli agenti di polizia di Kripos Jonas Engström (Stellan Skarsgård) ed Erik Vik (Sverre Anker Ousdal) vengono chiamati a indagare sul caso.
Engström è un ispettore della polizia svedese che si è trasferito in Norvegia dopo essere stato sorpreso a fare sesso con il testimone principale in uno dei suoi casi.
Vik si avvicina all'età della pensione e la sua memoria sta venendo meno.
Engström escogita un piano per attirare nuovamente l'assassino sulla scena del crimine, ma la sorveglianza viene interrotta e il sospettato di omicidio fugge nella nebbia.
Gli eventi peggiorano quando il fuggitivo spara a uno degli agenti di polizia norvegesi disarmati che lo inseguono.
Mentre spara a quello che crede essere il sospetto, Engstrom uccide accidentalmente Vik.
In seguito si instaurerà un controverso rapporto di complicità/ricatto fra detective e killer.
Niente Robin Williams, però, sappiatelo.
Posizione 3
True Lies
di James Cameron, 1994
Il terzo e ultimo lungometraggio che vide il sodalizio James Cameron - Arnold Schwarzenegger è una perla che riesce a unire sarcasmo, testosterone, sparatorie e tutte quelle dinamiche action tanto care al Cinema d’azione americano che si affermò fra gli anni ’80 e ’90.
Ma la cosa sorprendente è che si tratta, anche in questo caso, di un remake tratto da La totale!, film francese del 1991 inedito in Italia.
La pellicola di spionaggio diretta da Claude Zidi racconta la storia di François Voisin che, per la sua famiglia, non è altro che un banale impiegato statale.
In realtà negli ultimi vent'anni ha lavorato come agente segreto di punta.
Tutto va bene finché François scopre che suo figlio ha saltato la scuola.
Usando tutte le risorse a sua disposizione, imbestialito, il padre rintraccia il figlio per scoprire dove va quando non è a scuola.
François scoprirà poi che sua moglie Hélène ha una relazione con un altro uomo: con l'aiuto delle più recenti apparecchiature di sorveglianza hi-tech, il marito geloso scopre che il suo rivale è un venditore di auto di seconda mano.
Per riconquistare Hélène, François escogita un piano elaborato in cui la moglie sarà costretta a interpretare il ruolo di agente segreto.
Il piano fallisce miseramente e François e Hélène finiscono nelle mani di uno spietato gruppo terroristico.
François, a quel punto, inizierà a farsi largo fra i corpi dei suoi nemici.
"Ma erano tutti cattivi".
Posizione 2
Ladykillers
di Joel ed Ethan Coen, 2004
Era il 2004 quando i terribili fratellini del Minnesota, Joel ed Ethan Coen, presentarono al mondo un delle loro commedie nere più riuscite e divertenti.
Sua maestà Roger Deakins curò - meravigliosamente, come al solito - la fotografia, il collaboratore abituale Carter Burwell musicò la pellicola e un cast niente male diede vita alle vicende: Tom Hanks, J.K. Simmons, Ryan Hurst, Tzi Ma, Marlon Wayans e Irma P. Hall.
La storia racconta del professor Goldthwaite Hagginson Dorr (Tom Hanks) che decide di prendere affitto una stanza presso la dimora dell'anziana signora Marva Munson, donna di colore e fervente cattolica (Irma P. Hall, premiata dalla giuria del 57° Festival di Cannes).
Qui incontra per le prove musicali i suoi quattro amici con cui compone una piccola orchestra.
Questo è quanto crede la mrs. Marva: in realtà i cinque sono dei malviventi intenti a pianificare una rapina a un casinò galleggiante.
Quando il piano sembra essere riuscito (più o meno) alla perfezione, la donna scopre accidentalmente la verità: i banditi dovranno quindi tentare di eliminare l'anziana padrona di casa.
L'undicesimo lungometraggio dei Coen Bros. è il brillante remake del britannico La signora omicidi, film del 1955 diretto da Alexander Mackendrick e che vantava la partecipazione nel cast di mostri sacri come con Alec Guinness, Danny Green e Peter Sellers.
Il film di Mackendrick, oltre a essere a dir poco esilarante, conquistò nel 1956 ben due Premi BAFTA (Migliore Attrice Britannica a Katie Johnson e Migliore Sceneggiatura Britannica) oltre a una nomination agli Oscar per la Migliore Sceneggiatura Originale.
Da non perdere.
Quale?
Entrambi!
Posizione 1
Fuori in 60 secondi
di Dominic Sena, 2000
Aaaaaaah... il grande Dom Sena... il grande, irreprensibile Dom Sena... Non sapevamo facesse anche Cinema.
E probabilmente non lo sapeva nemmeno lui, visto che il suo ultimo film risale al lontano 2011, quando sfornò quel capolavoro de Il mistero dei templari (feticismo per Nick Cage? Non possiamo che apprezzare!).
Tuttavia, prima di cedere l'attività di regista e dedicarsi al mestiere di avvitatore di lampadine, il buon Dominic nel 2000 ebbe modo di dirigere quella spettacolosa baracconata titolata Fuori in 60 secondi.
La storia vede come protagonista Randall "Memphis" Raines (Nicolas Cage) che, dopo avere abbandonato la vita criminale, è vittima dell'inquietante visita di un "vecchio amico" che gli farà capire che per salvare la vita di suo fratello Kip (Giovanni Ribisi) dovrà riprendere le vecchie abitudini che pensava di aver lasciato per sempre.
Randall si troverà costretto a mettere su una banda in grado di rubare 50 macchine (ovviamente tutte super-potenti e luccicanti) in appena 72 ore.
Di ben altro tenore è invece l'originale Rollercar - Sessanta secondi e vai! (1974) diretto da H.B. Halicki.
Il cult movie americano (capace di guadagnarsi ispirazioni e citazioni postume da Quentin Tarantino e Vince Gilligan) vanta una storia povera di dialoghi e ricca di azione, l'inseguimento più lungo delle Storia del Cinema (40 minuti filati) e oltre novanta automobili distrutte per la sua realizzazione.
Attenzione: Fuori in 60 secondi può contenere tracce di Angelina Jolie ossigenata che fa le cosacce con Nick Cage in auto.