Quanti film sullo sport conoscete? Quali sono i migliori?
E perché questo genere cinematografico rappresenta sempre un evergreen della Settima Arte?
In questo articolo cerchiamo di analizzare i motivi del successo di un connubio, quello tra Cinema e sport appunto, che continua imperterrito sin dai primi vagiti dei fratelli Lumière.
La drammaturgia cinematografica si è subito fusa perfettamente allo sport e agli sportivi iconici, reali o immaginari, che si sono trasformati nel corso del tempo in figure altamente cinematografiche, esseri tormentati, capaci di farsi largo nella vita a suon di pugni, calci, canestri, touchdown o home run.
I film sullo sport, oltre a raccontare la scomposizione del gesto atletico in ogni forma, offrono spunti e metafore sulla vita, storie incredibili che coinvolgono aldilà della passione per quella determinata disciplina, condite da sentimenti, passioni, sfide, eroismi, lotte personali o di gruppo.
Tutto ciò non può che incollare lo spettatore alla sedia del cinema o del proprio salotto.
Il genere dedicato ai film sullo sport, questo forse stupirà, è talmente antico da essere nato quasi in concomitanza con il Cinema stesso.
Trovare una cronologia precisa che indichi quale sia stato il primo film sullo sport è praticamente impossibile, ma vi basterà sapere che più di 100 anni fa, ai tempi del Cinema muto, il genere era già molto ricercato.
Un esempio in questo senso è sicuramente The Champion, con protagonista Charlie Chaplin, pellicola comica dedicata al mondo della boxe uscita nel 1915.
Meritevole di essere recuperato è anche I fratelli Marx al college (Horse Feathers), commedia storica dei Fratelli Marx sul football collegiale datata 1932.
Insomma, sport e Cinema.
Cinema e sport. Il connubio è destinato a persistere.
Sia la Settima Arte che la competizione sportiva sono novità del XX secolo che hanno innovato e cambiato la società e continueranno a vivere a braccetto.
La domanda a questo punto è: quali sono i migliori film sullo sport?
In questo articolo proviamo a stilare una classifica di alcune tra le pellicole più meritevoli dedicate allo sport.
Non è stato facile trovare gli 8 titoli, ma ci abbiamo provato e se non siete d'accordo potete farcelo sapere nei commenti!
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Posizione 8
Il Maledetto United
Tom Hooper, 2009
Nonostante sia lo sport più popolare al mondo, sono pochi i registi ad aver scritto e diretto un grande film dedicato al mondo del calcio.
Uno di questi è Tom Hooper (Premio Oscar alla Miglior Regia per Il Discorso del Re) che ne Il Maledetto United dirige Michael Sheen e racconta la storia del mitico e istrionico allenatore inglese Bryan Clough, capace negli anni '80 di vincere 2 Champions League con il piccolo Nottingham Forrest.
Il film non affronta questa parte della carriera di Clough, bensì la sua aspra rivalità con il Leeds United e il suo allenatore Don Revie ai tempi del Derby County.
L'odio di Clough per il “Maledetto United” appunto, portò il tecnico a firmare (follemente potremmo dire a posteriori) proprio per il Leeds, per dimostrare a tutti la sua superiorità nei confronti di Don Revie.
Aiutato dalle capacità attoriali di Sheen e di Timothy Spall, Peter 'Codaliscia' Minus nella saga di Harry Potter, la pellicola riesce a tracciare un ritratto autentico e particolarissimo alla figura di Bryan Clough, forse il primo autentico trash talker del calcio mondiale.
Memorabili alcune scene, su tutte il discorso d'insediamento di Clough ai giocatori del Leeds, fino a lì acerrimi nemici:
"E signori, tanto vale che ve lo dica subito.
Voialtri potete anche aver vinto tutti i trofei nazionali e qualcuno di quelli europei, ma per quanto mi riguarda la prima cosa che potete fare per me è prendere tutte le vostre medaglie e tutte le vostre presenze in nazionale e tutte le vostre coppe e tutte le vostre targhe e buttarle nel più grosso fottuto cestino che riuscite a trovare, perché non ne avete vinta nemmeno una onestamente.
Lo avete fatto sempre giocando sporco, cazzo.”
Posizione 7
Coach Carter
Thomas Carter, 2005
Tra i film sullo sport più belli degli anni 2000 c'è sicuramente da annoverare Coach Carter di Thomas Carter.
Ispirato a una storia vera, la pellicola narra le vicende di Ken Carter, ex giocatore professionista di basket, che si trova ad allenare le giovanili della Richmond Highschool, scuola pubblica dei bassifondi californiani dove, tra l'altro, ha mosso lui stesso i primi passi.
La squadra è formata da ragazzi appartenenti a famiglie molto povere e problematiche del quartiere, in alcuni casi già sulla via della delinquenza.
Carter, interpretato da un Samuel L. Jackson al meglio del suo potenziale, cercherà di ergersi a mentore dei suoi allievi e dopo le prime schermaglie, riuscirà a fare breccia nei loro cuori, rendendoli consapevoli che la via per migliorare la loro vita passa attraverso l'istruzione: spingendoli a studiare e grazie alle loro capacità nel basket, li motiverà a conquistare borse di studio che consentano loro di compiere studi universitari.
Gli ingredienti per un grande film sullo sport qui ci sono tutti.
Coach Carterè urban black drama allo stato puro - liceale gravida, spari per le strade, droga, padri assenti o in carcere - e nasconde al suo interno tanti significati, dall'importanza di vivere in comunità alla gratificazione nel riuscire a cambiare le cose tutti insieme, dal potenziale assopito dei giovani che se sprigionato può portare a qualsiasi conseguimento.
“Si vince e si perde tutti insieme” - esclamava coach Carter in ogni pre-partita.
Quanto aveva ragione il grande coach!
Posizione 6
Tonya
Craig Gillespie, 2017
Una commedia oscura che affronta uno degli avvenimenti sportivi più controversi e chiacchierati della storia recente per denunciare e svelare le ipocrisie della società contemporanea.
Tonya di Craig Gillespie, racconta la folle vicenda di Tonya Harding, prima donna americana capace di eseguire un salto triplo axel nel pattinaggio di figura.
Tonya è molto più che una pattinatrice prodigio.
È una outsider, maltrattata praticamente da tutti, madre, padre, fratello e marito su tutti, scapestrata, fiera e schizzata disposta a tutto pur di diventare la migliore pattinatrice di sempre, anche se con quel mondo non ha nulla in comune.
Strabiliante la performance di Margot Robbie (la migliore della sua carriera, prima nomination agli Oscar per lei) così come è strabiliante quella di Allison Janney (Oscar come Migliore Attrice non Protagonista) nei panni di LaVona Harding, madre spietata di Tonya: una sergente in gonnella alcolizzata che non permette alla figlia neanche di andare in bagno pur di non perdere un minuto di lezione.
L'avvenimento cardine del film, che ricordiamo essere una storia vera, è conosciuto praticamente da tutti: Tonya, in combutta con suo marito, si rese protagonista alla vigilia dei Mondiali di Pattinaggio del 1994 di un'aggressione ai danni della pattinatrice rivale Nancy Kerrigan, a cui seguì uno scandalo che fece il giro del mondo.
Ciò che colpisce di più della pellicola, oltre alla già citata prestazione delle due attrici protagoniste, è senza dubbio il messaggio che il regista vuole lanciare.
La verità non è importante: ciò che conta è l'immagine.
Non importa se Tonya fosse innocente o colpevole, non importa il talento.
A Tonya mancava la forma, aspetto imprescindibile per una società sempre più legata all'apparenza.
Posizione 5
The Wrestler
Darren Aronofsky, 2008
Vincitore del Leone d'Oro a Venezia nel 2008, The Wrestler è una delle grandi perle firmate da Darren Aronofosky e segna il ritorno a grandi livelli di Mickey Rourke, che con il protagonista del film - Randy 'The Ram' Robinson - ha davvero tante cose in comune.
Rourke come Randy ha vissuto un'epoca d'oro di celebrità negli anni '80 per poi veder spegnere il suo successo e ridursi in povertà a causa di decisioni scellerate ed errori imperdonabili.
È forse per questo che l'attore di 9 settimane e 1/2 sembra interpretare questa parte con grande dolore e trasporto.
Il film in alcuni tratti svolge una funzione documentaristica di un mondo tanto spettacolare quanto spietato (tratto tipico di Aronofosky), drammatico e distruttivo come il wrestling, un mondo apparentemente forte ed eroico, ma che fuori da quel ring nasconde tanto dolore e tanta depressione.
Bellissima la colonna sonora, firmata dal Boss Bruce Springsteen, così com'è straordinario l'ultimo discorso al microfono di The Ram, prima dell'ultimo combattimento della sua carriera:
"Voglio solo dire a tutti voi che stasera sono particolarmente felice di essere qui.
Molte persone mi hanno detto che non avrei più potuto combattere, ma non so fare altro.
Se vivi sempre al massimo e spingi al massimo e bruci la candela dai due lati ne paghi il prezzo prima o poi.
Sapete, nella vita si può perdere tutto ciò che si ama e tutti quelli che ci amano. Infatti non ci sento più come una volta, dimentico le cose, e non sono bello come un tempo.
Però, maledizione, sono ancora qui, e sono "The Ram"."
Posizione 4
Ogni Maledetta Domenica
Oliver Stone, 1999
A detta di molti il film sullo sport per eccellenza, Ogni Maledetta Domenica è anche uno dei film più interessanti e sentiti della brillante carriera di Oliver Stone.
La pellicola racconta le vicende della squadra immaginaria degli Sharks di Miami, squadra di football in crisi di risultati dopo la morte dell'anziano proprietario.
L'allenatore è Tony D'Amato, un coach vecchio stile, capace e stimato nell'ambiente, spesso osteggiato dal famoso giornalista Jack Rose, ma che non gode più della fiducia della dirigenza, in particolare della giovane presidentessa Christina Pagnacci, figlia del proprietario deceduto e intenzionata a rinverdire i fasti e i successi passati e per questo disposta anche a spostare la franchigia da Miami a Los Angeles.
Oltre al rapporto complicato tra D'Amato (Al Pacino) e la Pagliacci (Cameron Diaz) Oliver Stone riesce ad analizzare tutti i vari attori del suo sport preferito, dai giocatori ai dirigenti, dai giornalisti spietati ai procuratori, dai parenti alle mogli dei giocatori, lasciando un ritratto spietato di uno sport che, seppur ancora romantico, si sta trasformando sempre più in un business.
Ogni Maledetta Domenica ci regala un Al Pacino e una Cameron Diaz sugli scudi e un montaggio e una colonna sonora passati alla Storia del Cinema.
Le scene sportive sono talmente epiche e violente da far tornare alla mente kolossal d'altri tempi del calibro di Ben-Hur.
E poi, naturalmente, il discorso pre-partita di Al Pacino, utilizzato ancora oggi dai principali allenatori di qualsiasi sport per motivare le squadre prima di una finale!
Esiste l'algoritmo perfetto per vincere per sempre?
Forse no ma qualcuno, nel 2001, l'aveva quasi trovato.
Si potrebbe riassumere così, la trama di Moneyball - l'Arte di Vincere di Bennet Miller, film che racconta della squadra di baseball dell'Oakland e del suo manager, Billy Beane (Brad Pitt).
Beane riuscì con l'ausilio di un software per computer a calcolare la percentuale di basi raggiunte da tutti i giocatori della Major League, massimizzando le ristrettezze di budget della squadra, nettamente inferiore a quello delle altre squadre, utilizzando giocatori scartati e sottovalutati.
Il risultato fu incredibile: gli Oakland Athletics inanellarono una striscia di 20 vittorie consecutive e arrivarono alle finali.
“Come si fa a non essere romantici col baseball?” sussurra sempre durante il film Brad Pitt al suo fido collaboratore Peter Brand (Jonah Hill).
Ed effettivamente è proprio così.
L'Arte di vincere non è un semplice film sullo sport: è un film sulla creatività, sulla capacità di generare idee visionarie, sull'ostracismo del mondo verso le novità stesse.
Un film motivazionale che non invecchierà mai.
Posizione 2
Toro Scatenato
Martin Scorsese, 1980
Nonostante non sia riuscito a sfondare al botteghino a causa di un contesto culturale profondamente focalizzato sui film fantascientifici di Steven Spielberg e George Lucas, Toro Scatenato riuscì molto presto nel corso degli anni '80 a consolidare la sua reputazione come classico del cinema moderno, nonché come uno dei film sullo sport più riusciti e iconici.
Il perché è semplice da capire.
Martin Scorsese dirige un film che va al di là del contesto sportivo.
È una pellicola che parla di noi. Di tutti coloro che si lasciano corrodere l'animo dalle proprie insicurezze autolesionistiche.
Di chi è disposto a tutto pur di non dover subire l'umiliazione dell'ennesima sconfitta.
Jake La Motta non è stato un pugile qualunque.
Sì, probabilmente fu uno dei pugili più duri e meno benvoluti a cavallo degli anni '40 e '50, ma le sue memorabili battaglie sportive ne giustificano l'appellativo di leggenda.
Per interpretare il pugile Jake LaMotta in Toro Scatenato Robert De Niro seguì una dieta che lo portò ad aumentare di 27 chili, prese parte a sessioni di allenamento durissime e partecipò a tre incontri di boxe, vincendone addirittura due.
Uno sforzo ripagato, visto che l'attore italoamericano conquistò grazie a questa performance il Premio Oscar come Miglior Attore Protagonista nel 1981.
L’immersione di De Niro nella parte è talmente profonda da abbracciare anche altri aspetti della vita quotidiana oltre all'aumento di peso.
Per raggiungere il sentimento di fratellanza tra i due attori, De Niro e Joe Pesci hanno vissuto insieme in casa per 3 mesi prima di iniziare le riprese.
Posizione 1
Million Dollar Baby
Clint Eastwood, 2004
4 Oscar (Miglior Film, Miglior Regia, Migliore Attrice Protagonista e Migliore Attore non Protagonista) e un'influenza cinematografica e culturale che ancora si fanno sentire.
Million Dollar Baby non è soltanto uno dei miglior film sullo sport, ma anche uno dei migliori film degli ultimi 30 anni.
Lo dirige un Clint Eastwood ispiratissimo, che nel 2004 assembla un melodramma intimo e commovente.
La trama della pellicola si ispira a una storia vera, quella di Maggie Fitzgerald: la storia di una donna di umili origini che decise di provare a sfondare nella boxe femminile.
Ad accorgersi del suo talento è Frankie Dunn, vecchio allenatore di pugili e proprietario di una palestra, un uomo stanco che ha perso ogni slancio per il suo lavoro.
Tra i due nascerà un'alchimia incredibile e un rapporto talmente intenso da essere entrato nel cuore di ogni cinefilo e non solo.
Come Eastwood ha sottolineato più volte, Million Dollar Baby non è un film sulla boxe.
"Certo, è ambientato in quel mondo" ha spiegato proprio pochi giorni fa "ma in realtà è una storia d'amore tra Frankie e Maggie: l'amore che ci può essere tra un padre e una figlia.
Ed è un film che affronta temi complessi come quello dell'eutanasia, in cui non ci sono effetti speciali, che parla di uno sport che non è più di moda".
E dire che la Warner Bros., la casa cinematografica con cui il regista ha sempre collaborato, si rifiutò di finanziare il progetto.
Ma proprio come l'eroe che spesso interpretava nei film di Sergio Leone Eastwood non si è arreso, producendosi da solo la pellicola e vincendo su tutti i fronti contro tutto e tutti.
Roma e Prati, mare, montagna e campi da pallone da piccolo, laurea in cinema alla Sapienza, città europee e scuola di giornalismo cinematografico da grande. L'avrete capito insomma, mi sento un cinefilo doc. Perché? Perché ritengo che la Settima Arte sia ancora oggi lo strumento più autentico per rappresentare il mondo, lo sguardo di chi analizza al microscopio i contesti della nostra vita e le sue storie offrendocene una visione diversa dalla nostra.
Vero! Non avevo fatto caso alla sua mancanza... io invece pensavo di trovare anche Invictus, ma credo non l'abbiano messo anche per non doppiare Eastwood
Benito Sgarlato
4 anni fa
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