#CinemaeMusica
1979: il gruppo inglese The Buggles, nato da una costola degli Yes, pubblica il singolo Video Killed The Radio Star.
Due anni più tardi diventerà il primo video trasmesso dalla neonata MTV, dando il via a un processo di mutazione del modo di ascoltare le canzoni, conclusosi a distanza di trent’anni con il lento e dolorosamente triste omicidio del rivoluzionario canale per mano dello spietato Internet, oggi leader indiscusso nell’offerta di musica e video musicali al pubblico.
In un certo senso si potrebbe affermare che la canzone sopracitata abbia realmente contribuito ad uccidere le star della radio, portando tutta l’industria musicale a puntare forte sull’immagine dei propri artisti.
Se vi steste chiedendo perché vi stia raccontando questo piccolo aneddoto, dovreste sapere che il tastierista dei Buggles era proprio lui: Hans Zimmer.
[Che sorrisone!]
La carriera di Zimmer comincia quindi con il botto, considerando la fama di cui ancora gode Video Killed The Radio Star a quasi quarant’anni dalla sua uscita.
Ma il piccolo Hans non si ferma qui e, dopo aver composto l’elegia funebre alle radio musicali, si appresta a cambiare per sempre il mondo del Cinema.
Hans Florian Zimmer, nato il 12 settembre 1957 a Francoforte sul Meno, sta per uccidere la colonna sonora per come era conosciuta prima del suo arrivo.
“Esagerato!” direte voi… Forse, ma neanche troppo.
Concedetemi questa introduzione semiseria sul gusto per la distruzione del compositore tedesco, per porre attenzione su uno degli argomenti più divisivi nel mondo cinefilo: lo Zimmer Sound.
C’è chi lo ama, c’è chi lo odia e chi è interessato alla diatriba tanto quanto il leader del mondo libero Donald Trump a invertire il processo di surriscaldamento del pianeta.
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire come si è arrivati al processo di santificazione e/o crocifissione di Hans Zimmer, e cosa abbia fatto lui per meritarselo.
Fin dagli inizi si intuisce la sua propensione verso il sintetizzatore come strumento principale nella realizzazione delle sue colonne sonore.
D’altronde nasce come tastierista in gruppi synth pop e gli anni ’80 hanno visto un’espansione a macchia d’olio della strumentistica elettronica, più o meno in ogni genere musicale.
È in quest’ottica che credo sia giusto ascoltare e valutare i suoi primi veri successi nel mondo del Cinema.
Rain Man - L’uomo della pioggia e A spasso con Daisy sono interamente composti, almeno per la parti da lui suonate, tramite l’utilizzo di sintetizzatori e campionamenti.
La qualità dei suoni di trent’anni fa non è minimamente paragonabile a quella di oggi e ascoltandole si percepisce un senso di vecchio, quella patina un po’ plasticosa tipica degli anni ’80.
Tuttavia, se consideriamo l’epoca, sostituire l’orchestra con un synth rimane un notevole passo avanti.
Forse anche in virtù di questo raccoglie la sua prima nomination agli Oscar proprio accompagnando Tom Cruise e Dustin Hoffman nel loro viaggio in Rain Man.
Facciamo un fast forward di circa cinque anni: è il 1994 e lo troviamo a fare squadra con Sir Elton John per regalarci una delle colonne sonore più amate dai ragazzi della mia generazione.
Tutti, pur presi allo sprovvista, sapremmo canticchiare Il cerchio della vita, Hakuna Matata e le altre canzoni de Il re leone.
Le melodie di Elton John, il coro diretto dal compositore sudafricano Lebo M, voluto dallo stesso Zimmer per ammantare le canzoni con le atmosfere dell’Africa, e le musiche epiche del nostro Hans vincono meritatamente gli Oscar per la Miglior Canzone Originale e per la Miglior Colonna Sonora Originale.
Tutti ricordiamo le canzoni, ma quasi nessuno ricorda la parte composta dal nativo di Francoforte.
È solo il 1994 e già si possono ascoltare tutti gli stilemi dell’opera zimmeriana: le percussioni incalzanti, le melodie degli ottoni (corni e tromboni) e gli ostinati di archi (cellule melodico/ritmiche ripetute in serie da violini, violoncelli e contrabbassi) usati più che altro per dare ritmo, potenza e accompagnare scene drammatiche e di azione; in poche parole, lo Zimmer Sound!
So di chiedere un enorme sforzo al vostro cuore e perdonatemi per la crudeltà, ma provate a riguardare la scena della fuga di Simba dalla mandria di gnu con la consapevolezza di star ascoltando le musiche di Hans Zimmer.
[Scusate ancora: non ve lo meritavate...]
Non vi suona familiare? Non vi ricorda lo stile di una famosa trilogia sui pirati targata Disney?
Non vi ricorda le gesta epiche di un generale romano impegnato a scatenare l’inferno tra le foreste del nord Europa?
Se poi volessimo fare i precisini, in questo frammento della colonna sonora de Il gladiatore potremmo scorgere, oltre ad alcune brevi citazioni di Mars di Gustav Holst, pattern poi riciclati da Zimmer proprio per I Pirati dei Caraibi.
Intendiamoci: so bene che la colonna sonora de I Pirati dei Caraibi - La Maledizione della Prima Luna è accreditata a Klaus Badelt ma, durante il periodo di scrittura, Zimmer - accreditato solo come produttore perché ufficialmente occupato nella scrittura delle musiche per L’ultimo Samurai - ha collaborato attivamente componendo molti dei temi.
Difatti nei due episodi successivi della saga non si nota alcuna soluzione di continuità rispetto al primo e rispetto al suo classico stile compositivo.
[Ad esempio, questa è farina del suo sacco]
Siamo ormai dentro gli anni 2000 e - dopo il successo fragoroso de Il gladiatore - Zimmer diventa uno dei compositori più richiesti, ma non solo.
Sempre più spesso i registi chiedono ad altri compositori di riprodurre lo stile del tedesco e qui, a mio modesto avviso, iniziano i problemi.
Finora ho raccontato i fatti cercando di non prendere posizione, un po’ per attitudine personale e un po’ per dare un quadro generale della situazione a chi non avesse mai approfondito l’argomento, ma ora sarò costretto ad espormi.
Il successo di Hans Zimmer è principalmente dovuto a due fattori: quello comunicativo e quello economico.
Il fattore comunicativo deriva dalla sua abilità nel creare musiche epiche capaci di far leva, unitamente alle immagini eroiche dei film, sull’emotività del pubblico.
Queste, alternate a pezzi iconici altamente orecchiabili, con temi e armonie semplici, a volte più affini al mondo della musica pop da cui lui proviene.
[Che spettacolo Lisa Gerrard!]
L’aspetto economico però è altrettanto importante.
Nel passato la scrittura delle colonne sonore era affidata a compositori provenienti da scuole classiche.
Essi scrivevano la partitura e solo durante le sedute di registrazione il regista aveva la possibilità di ascoltare la musica suonata dall’orchestra, con il rischio di rimanere deluso dal risultato.
Ad esempio la colonna sonora di Chinatown fu composta da Jerry Goldsmith in soli dieci giorni, dopo che il produttore aveva scartato il precedente lavoro di Phillip Lambro proprio all’ultimo momento.
Inoltre gli studios dovevano farsi carico delle spese necessarie a pagare le diarie dei musicisti e del direttore d’orchestra.
Grazie alla tecnologia questi passaggi oggi sono stati superati e i compositori come Zimmer possono far ascoltare al regista il risultato, anche parziale, del loro lavoro direttamente nel loro studio, premendo il tasto play.
Tutto ciò massimizza la comunicazione tra gli autori e la produttività e minimizza i costi per i produttori.
Oggi il suono degli strumenti virtuali è quasi indistinguibile da quello degli strumenti reali e i computer danno la possibilità di comporre musica per orchestra anche a chi non ha studiato al conservatorio e non sa scrivere sul pentagramma.
[Lo studio di Hans ha più schermi di Wall Street]
In questo senso Zimmer è stato un ottimo imprenditore prima che un compositore.
Insieme a Jay Rifkin ha fondato nel 1989 la Remote Control Productions, una casa di produzione con sede a Santa Monica (a un passo da Hollywood).
Vi consiglio di farvi un giro sulla pagina di Wikipedia per farvi un’idea di quanta gente abbia collaborato o collabori attualmente con lui, anche come ghostwriter.
[Sì, anche i Radiohead: per la colonna sonora del documentario BBC Blue Planet II]
Per spiegarvi il mio pensiero su Hans Zimmer e sull’egemonia del suo sound nel Cinema di oggi sono costretto ad accettare di avere idee contraddittorie a proposito.
Ad esempio, io sono uno di quelli che ha amato e ha trovato ideale, come realizzata dalla mano sapiente di un grande sarto, la colonna sonora di Dunkirk (a proposito: guardatevi due cinefacts on location).
Pieno Zimmer Sound, ma usato con il tocco di chi ha capito l’ambiente emotivo nel quale la vicenda aveva luogo e la narrazione della storia.
[Ansia e smarrimento sulla Manica]
Allo stesso tempo trovo uno spreco replicarlo con lo stampino solo perché garanzia di successo.
Perché se è vero che la tecnologia ci dà la possibilità di facilitare il lavoro di chi compone, ciò non significa dover abbandonare uno stile classico, molto più ricco di possibilità e di sfumature.
Pensate a grandi colonne sonore come quelle di Star Wars o Il Signore degli Anelli e provate mentalmente a sostituire i leitmotiv e gli intrecci di John Williams e Howard Shore con lo stile zimmeriano.
Male, molto male.
Ecco, ora pensate alla grande occasione persa con i cinecomic dell’universo Marvel, a quanta potenzialità latente covasse questa immensa serie di film e a quanto un Williams ci si sarebbe potuto sbizzarrire.
Quindi cosa pensare di questo Zimmer Sound?
Io penso ad esso come a uno strumento e, come qualsiasi altro strumento, bisognerebbe sapere quando usarlo e non abusarne.
Perciò, in conclusione, dico sì allo Zimmer Sound.
Ma responsabilmente.
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17 commenti
Yorgos Papanicolaou
4 anni fa
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Emanuela Piras
5 anni fa
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Yorgos Papanicolaou
5 anni fa
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Yorgos Papanicolaou
5 anni fa
Ti ringrazio!
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Yorgos Papanicolaou
5 anni fa
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Teo Youssoufian
5 anni fa
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Sebastiano Miotti
5 anni fa
se riuscissi a trovare la fonte te ne sarei grato.
p.s. più spesso scrivi dell'approccio oggettivo più imparo, e ben volentieri
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Yorgos Papanicolaou
5 anni fa
Sulla seconda parte non sono del tutto d'accordo. La qualità di un lavoro artistico non dovrebbe essere valutata con criteri soggettivi. La musica è un linguaggio che ti permette di esprimere emozioni ma anche concetti e Hans Zimmer in questo senso "parla" con un linguaggio, magari emotivo, ma banale e povero di varietà.
Comunque per quel che riguarda il calo di qualità (se ho capito cosa intendi) non saprei. C'è uno studio interessante di cui avevo sentito parlare ma che non saprei linkarti ora, dove viene provata la tesi che, tendenzialmente, i gusti musicali delle persone si fermano all'adolescenza e quindi la musica che si ascolta in quel periodo viene considerata migliore. Anche per questo motivo, quando parlo di qualità della musica preferisco un approccio oggettivo perché se parliamo in termini soggettivi non se ne esce vivi 😅
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Sebastiano Miotti
5 anni fa
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Ivy_13
5 anni fa
2) Se parliamo di livello di armonia, orchestrazione, melodia, diciamo che la linea evolutiva può essere comparata a quella che la musica pop ha subìto - e sta subendo - negli ultimi anni. Che possa o meno piacere, è sempre soggettivo.
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Davide Sciacca
5 anni fa
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Sebastiano Miotti
5 anni fa
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Filman
5 anni fa
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Yorgos Papanicolaou
5 anni fa
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Yorgos Papanicolaou
5 anni fa
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Yorgos Papanicolaou
5 anni fa
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Yorgos Papanicolaou
5 anni fa
Ho visto il video e sì, tante sono davvero interscambiabili
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