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Michele Braga: un mondo sonoro diverso per ogni film - Intervista

Conversazione con Michele Braga, autore, insieme ad Emanuele Bossi, della colonna sonora de L’Abbaglio, l’ultimo film di Roberto Andò

L’Abbaglio di Roberto Andò, uscito nelle sale italiane proprio in questi giorni, esce a poco più di due anni di distanza da La Stranezza, riproponendo non solo il duo comico Ficarra e Picone a fianco di Toni Servillo, ma anche Michele Braga ed Emanuele Bossi alle musiche.

 

Insomma, squadra che vince non si cambia.  

 

   

[Trailer ufficiale de L'Abbaglio di Roberto Andò]

 

 

Michele Braga, noto soprattutto per le sue collaborazioni con Gabriele Mainetti (Lo chiamavano Jeeg robot, Freaks out), Sydney Sibilia (Smetto quando voglio, L’incredibile storia dell’isola delle rose), Matteo Garrone (Dogman) vanta una carriera assai prolifica, ricca di titoli e riconoscimenti.

 

Il suo primo progetto musicale è stato quello dei Kitchentools, band romana di musica elettronica, che ha riscosso un buon successo pubblicando un doppio album con Virgin Extra nei primi anni 2000.

 

In seguito ha calcato numerosi palchi a fianco di Piero Pelù come tastierista e chitarra: "Puoi trovare testimonianze in giro, come il video del Live 8 del 2005: ero giovane e in canottiera", scherza Braga.

 

Poi arrivano i primi progetti per il cinema, fino ad arrivare, al 2025, ad avere all’attivo più di sessanta colonne sonore.

Le sue musiche, spaziando da timbri elettronici a sonorità orchestrali, passando attraverso arrangiamenti rock e jazz, hanno la capacità, con la loro estrema varietà, di portare lo spettatore in mondi lontani.  

 

L’abbiamo incontrato per parlare del suo modo di vedere la musica e il cinema e ne è uscita una bella conversazione in cui abbiamo ripercorso tutta la sua carriera, dai primi corti fino all’ultimo film.    

 

 

[Il compositore Michele Braga]

 

 

Maria Socci

La tua carriera di compositore vanta numerosissime colonne sonore a fianco di rinomati registi. Qual è il percorso che ti ha portato a fare questo mestiere?   

 

Michele Braga

Ho iniziato a studiare come autodidatta sia la musica che successivamente i software, non ho fatto scuole corsi inizialmente. A scuola non ero un grande studente, però una cosa è sempre rimasta, la costante della mia adolescenza, ovvero la passione per la musica.

 

Le mie giornate le passavo poco sui libri, molto sul pianoforte e le tastiere e, quando ho scoperto la musica elettronica, sui synth.

 

Sono partito dal rock, poi ho iniziato a studiare il jazz e via dicendo. D’estate andavo a sentire tantissimi concerti, amavo la musica psichedelica anni 60-70, ho amato molto Jimi Hendrix, i Pink Floyd, i Doors e in generale ascoltavo moltissima musica di qualunque genere.

 

È stata la grande compagna della mia adolescenza, la mia fuga dalla realtà e l’ho sempre approcciata in maniera creativa. Ho sempre provato a scrivere, infatti, comporre e improvvisare, sperimentando a modo mio dopo aver approfondito.  

  

MS

Come sei approdato al mondo del cinema?  

 

Michele Braga

Mentre lavoravo con Piero Pelù avevo cominciato a musicare i primi corti con vari registi emergenti che poi si sono affermati. Uno di questi è Gabriele Mainetti, di cui musicai il corto Basette. Un altro era Volfango De Biasi che poi mi ha chiamato per Come tu mi vuoi.  

 

 

[Basette, il primo cortometraggio di Gabriele Mainetti musicato da Michele Braga] 

 

 

MS

In campo creativo può succedere che si creino delle divergenze: ti è mai capitato di non essere d’accordo con le scelte o le richieste di qualche regista?  

 

Michele Braga

Le divergenze creative ci sono in tutti i gruppi che lavorano insieme in campo creativo, anche nelle band.

Ognuno ha il suo background e ognuno ha un suo ruolo, ma bisogna essere aperti all’altro, sapersi ascoltare.

Sei un bravo musicista se sei davvero in grado di ascoltare chi hai davanti e ritrasmettere quello che hai ricevuto con qualcosa in più.

 

La stessa cosa avviene nel cinema: io cerco di ascoltare tanto il regista prima di mettermi a lavorare, tento di capire quello che cerca perché prima di tutto devo saper capire il film. È fondamentale vedere il film con gli stessi occhi. Poi provo a trasformare in musica le sensazioni del regista, passando ovviamente attraverso il mio filtro.  

 

MS

Alcuni registi con cui hai lavorato sono anche musicisti, per esempio Gabriele Mainetti stesso. Come descriveresti il percorso che hai fatto con lui?  

 

   

[Claudio Santamaria canta Jeeg robot. Michele Braga alle tastiere]

 

 

Michele Braga

Con Mainetti ci conoscevamo da tanto tempo, quindi avevamo un passato comune e, quand’è così, ti capisci più facilmente.

Inoltre lui è un regista che sa abbastanza bene quello che vuole, ma comunque si pone sempre in modo corretto dal punto di vista musicale, è il primo critico di se stesso.

 

Io ho sempre cercato di portare la mia esperienza a completamento delle sue idee.

Gli devo molto perché con lui ho imparato tanto a livello di musica per film e quello che ho appreso poi me lo sono portato dietro anche nei lavori successivi.    

 

MS

Il tuo linguaggio musicale è molto vario, spazi dall’orchestra al jazz, passando per il rock. Cosa guida le tue scelte di volta in volta?  

 

Michele Braga

Sai nella mia vita ho suonato, ascoltato e amato sempre un po’ di tutto, e questo poi si riflette in quello che scrivo.

Quando capisco che per un film potrebbe andare bene un determinato mondo musicale, mi butto in quel mondo lì, cerco di approfondirlo immergendomici completamente per poi ridirlo con il mio stile. E questo mi piace molto perché, se ci pensi, è un po’ come fare cinema.

 

Il cinema ti dà la possibilità di vivere in altri mondi, vivere molte vite.

Forse sembra una cosa un po’ schizofrenica ma è così che funziona, ti immergi in storie ed emozioni che altrimenti non vivresti.  

 

MS

Mi faresti un esempio tra i tuoi lavori di “mondo musicale”?  

 

Michele Braga

Per esempio: uscirà un film che si chiama Diva Futura che è stato presentato a Venezia.

È un film di Giulia Steigerwalt e racconta la storia del Diva futura che era l’agenzia di Riccardo Schicchi.

In quel caso inizialmente cercavamo di capire quale potesse essere un linguaggio musicale che aiutasse il film.

 

A un certo punto abbiamo deciso che le musiche di repertorio avrebbero raccontato il periodo storico in cui hanno preso luogo gli eventi (anni ‘80-‘90), mentre la colonna sonora originale avrebbe dovuto trasmettere altro.

La soundtrack, infatti, è tutta basata su sonorità jazz, Big band.

 

[Il trailer di Diva Futura]

 

 

Non è che è ambientato negli anni ‘40 il film, ma semplicemente abbiamo pensato che il jazz avesse un suo calore e che potesse aiutare a trasmettere quello del film.

 

Nella vicenda, infatti, i personaggi credono in degli “ideali”, credono nell’amore libero, che è un’idea che può essere condivisibile o meno, ma viene raccontato comunque come un ideale e il jazz mi aiutava a raccontare efficacemente questo mondo e questa maniera che aveva Schicchi di vedere le sue dive, delle quali era il primo fan, il primo adoratore.  

 

MS

Tra le tante collaborazioni c’è anche quella con Matteo Garrone per Dogman, com’è nata la musica per questo film?    

 

Michele Braga

Il progetto era quasi terminato quando mi sono inserito nel progetto. Molti di coloro che ci stavano lavorando non pensavano che avesse bisogno di musica, ma lui voleva provare a sonorizzare quantomeno alcuni punti.

 

Inizialmente avevo pensato di raccontare con la musica la violenza di quel film.

 

Poi però, dopo un confronto con Garrone, ho capito che non dovevo dare voce alla violenza, ma a questa fragilità del protagonista (nella performance fantastica di Marcello Fonte, per cui, non a caso, ha vinto Cannes come migliore attore quell'anno), quell’umanità di Marcello tutto quel mondo che si portava dentro e che dice molto altro.

 

Gli interventi musicali sono pochissimi, pochi brani di musica elettronica che raccontano la sua dolcezza e il suo rapporto con la figlia.  

 

 

[Una clip tratta dal film di Matteo Garrone, Dogman]

 

 

MS

Tu hai musicato anche Nevia (prodotto da Matteo Garrone e diretto da Nunzia De Stefano).

 

Quel film descrive un mondo simile, per certi versi, a quello di Dogman: zona di periferia, abitazioni fatiscenti, rapporti umani in cui domina la sopraffazione del più forte sul più debole.

 

Ma anche in quel caso hai scelto di dare voce a ciò che non è immediatamente visibile. Raccontami di questa colonna sonora.  

 

Michele Braga

Si, lì domina il tema al pianoforte. Il film racconta di lei, Nevia, e la camera la segue per tutto il tempo da molto vicino.

Così il tema è lei, rappresenta la sua semplicità, il suo ambiente, quella sua famiglia matriarcale che mi è sembrata bellissima.

Racconta una verità molto forte con grande sensibilità.  

 

[Trailer ufficiale di Nevia diretto da Nunzia De Stefano]

 

 

MS

Cosa mi dici invece della colonna sonora de L’Abbaglio in uscita nelle sale italiane in questi giorni?  

 

Michele Braga

In questo film noi raccontiamo la grande impresa dei Mille, o meglio, un evento poco conosciuto all'interno di un’impresa nota a tutti.

Di fronte a un evento di questa portata chiunque si immagina una musica epica.

Ma all'interno di quella grande impresa ci sono storie di uomini e di donne, storie popolari di persone semplici che hanno partecipato e queste come le racconti?

 

Di fronte alle grandi battaglie, tu puoi scegliere di caricare oppure, come abbiamo fatto in questo caso, puoi scegliere di raccontare altro, quello che la grande scena epica non ti fa immediatamente vedere e quindi andare in sottrazione.

 

La musica decide cosa davvero si vuole raccontare in quel momento.

 

In questo caso quindi abbiamo utilizzato, si, la grande orchestra con un’eco verdiana in certi momenti.

Ma quando poi si raccontano la violenza e l’orrore della guerra, le sonorità epiche vengono meno e, sentirai, emergono elementi più contemporanei.

 

E poi c’è il grande racconto popolare rappresentato dai personaggi di Ficarra e Picone che la musica non poteva ignorare.

Non li abbiamo mai pensati in maniera caricaturale, ma li abbiamo musicati con strumenti e temi disegnati su di loro.  

 

È stato bello, poi, poter registrare le musiche in uno dei templi della music in Italia, ovvero la Sala Petrassi dell'Auditorium Parco della Musica - Ennio Morricone, grazie all'investimento fatto da Edizioni Curci Music Publishing.

 

  

[Toni Servillo in una scena di La stranezza di Roberto Andò]

 

 

MS

Per quanto riguarda ancora Roberto Andò, ho trovato molto interessante la colonna sonora di La stranezza, dominata da sonorità che ricordano gli impressionisti francesi e creano un’atmosfera onirica che descrive perfettamente un film dove tutto è sospeso tra realtà e irrealtà, pazzia e lucidità.  

 

Michele Braga

Con Emanuele Bossi abbiamo scelto un linguaggio modale per raccontare quel mistero che aleggia perennemente nel film, queste apparizioni, questi fantasmi che poi si tramuteranno nella sua grande opera (I sei personaggi in cerca di autore).

 

Pirandello è l’autore che sfonda la quarta parete; se ti ricordi nel film c’è quella scena in cui viene fatta la rappresentazione in quel teatrino di provincia e il pubblico comincia a un certo punto a partecipare.

 

E lì vediamo Pirandello che s’illumina… a me vengono sempre i brividi in quella scena! In quel momento grazie a Pirandello i personaggi smettono di avere due dimensioni e diventano più tridimensionali, non sono soltanto maschere.  

  

MS

Senti ti faccio le ultime due domande su due colonne sonore che a me personalmente piacciono moltissimo e che sono quelle di Lo chiamavano Jeeg Robot e Freaks Out, entrambi di Mainetti.  

 

Michele Braga

Nel caso di Jeeg Robot, Mainetti aveva in mente molto chiaramente che tipo di colonna sonora voleva.

Aveva pensato a sonorità elettroniche ma, inizialmente, pensavamo a temi più da super eroe.

 

Poi, lavorandoci, ci siamo resi conto che quel tipo di musica era adatta solo in un punto, ovvero quello in cui lui capisce di voler usare i suoi super poteri per aiutare gli altri.

Quello è il momento più epico.

 

Il resto è un sottofondo elettronico che accompagna il suo percorso e sostiene l’arco degli eventi che lo portano ad acquisire consapevolezza di se stesso, a capire che si è davvero qualcuno quando si smette di vivere solo per se stessi.  

 

MS

Invece per quanto riguarda Freaks out com’è stata pensata questa colonna sonora?

 

  

[Trailer di Freaks out di Gabriele Mainetti]

 

 

Michele Braga

Quando ho lavorato a Freaks out avevo molta più consapevolezza ed esperienza rispetto a Jeeg robot.

Si trattava di un film enorme e difficile.

Il primo tema è nato da Mainetti che l’ha fischiettato e me l’ha mandato in un vocale ed è quello che si trova nei titoli di testa.

 

Un altro tema importante è quello della ragazza elettrica.

In quel caso Mainetti aveva molto chiaro il timbro: voleva che utilizzassi il theremin che è uno strumento che per essere suonato non deve essere toccato.

 

Io avevo in mente che il tema per questo personaggio dovesse essere emozionante e all’inizio non sapevo come armonizzare questa mia idea con il timbro del theremin che è molto forte e può anche diventare fastidioso.

Poi ne è uscito quel tema che è dolcissimo e che si ritrova anche alla fine, orchestrato con l’aiuto di Emanuele Bossi.     

 

MS

E l’idea delle cover al pianoforte suonate dal villain?  

 

Michele Braga

Quella era un'idea che è stata sviluppata in sceneggiatura anche se poi, trovare il brano giusto, non è stato semplice.  

 

  

[Franz Rogowski nei panni del villain suona una cover di Creep dei Radiohead al pianoforte, nel film Freaks out]

 

 

MS

Tu, come compositore, rappresenti molto bene questa epoca di passaggio, perché nella tua musica c’è ancora molta tradizione (temi, orchestrazioni etc), ma anche molta innovazione, intesa non solo dal punto di vista delle sonorità, ma anche nel senso di “ridisegnare” un mestiere che fino a pochi decenni fa si serviva solo di carta e penna come strumenti del mestiere e adesso invece si serve di mezzi totalmente altri (software di programmazione, sound design etc).

 

Come vedi il futuro del tuo mestiere, vista anche la presenza incombente dell’IA?  

 

Michele Braga

Mah, a volte penso che sarebbe bello se ti sedassero e ti spedissero in un limbo in cui tu vivi la tua vita mentre l’intelligenza artificiale lavora per te.  

 

MS

Questa sarebbe un’osservazione interessante da psicanalizzare!  

 

Michele Braga

[ride ndr] Capita di fare questi pensieri quando lavori 14 ore al giorno!

 

Allora, ammetto che a volte si ha questa strana sensazione di non essere necessari ma, al netto di tutti i rischi, i problemi e gli aspetti non chiari sull’IA, trovo che sia comunque una grande possibilità, un potente strumento nelle mani del creativo.

E non penso che possa sostituirlo… serve talmente tanta attenzione sul singolo fotogramma, che un software non potrà mai fare altrettanto.

 

Poi comunque recentemente ho chiesto a Chat-GPT quando mi sostituirà e lei mi ha detto di stare tranquillo che ancora manca una buona ventina d’anni [ride ndr].  

 

MS

Concludendo: c’è qualcosa che, come compositore, non hai ancora fatto e che senti il bisogno di fare nel prossimo futuro?  

 

Michele Braga

Ci sono molti registi con cui sogno di lavorare, ma devo dire che più di tutto sto cercando di realizzare dei progetti che hanno a che fare con i live e la mia musica dal vivo.

 

Più il mondo diventa digitale, più sento il bisogno di confrontarmi con musicisti, avere rapporti umani e riprendere un contatto con la gente. Si, questa è proprio una necessità che sento e che vorrei portare avanti.      

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