#CinemaeMusica
La canzone è un potente strumento per qualsiasi regista. Una canzone può aiutare a raccontare in maniera più scorrevole un particolare snodo della trama, può aiutare a inquadrare meglio un personaggio: la canzone è uno strumento del racconto esattamente come il resto della colonna sonora.
Ma ''da grandi poteri derivano grandi responsabilità'' e no, non lo dico solo perché questo articolo parlerà anche di cinecomic.
Lo dico perché a volte la canzone diventa più marketing che arte.
Faccio subito coming out.
Non sono un tifoso dell’ultima moda che vede grandi hit del passato utilizzate senza contesto al solo scopo di pompare lo spettatore.
Non lo sono perché funziona, perché nove volte su dieci lo spettatore termina la visione della scena più gasato della lattina di soda aperta da JD dentro la Porsche del Dottor Cox.
[Funziona sempre!]
Mi delude perché trovo ruffiano fare leva su una canzone famosissima, per giunta inserita a sproposito, per fare colpo sulla massa.
Per il primo appuntamento molti consigliano di portare il potenziale partner a vedere un film horror, o sulle montagne russe.
Questo perché lo stato di eccitazione sarà collegato all’esperienza vissuta insieme, dando più possibilità di rimanere impressi nella mente di quello che sarà, si spera, il futuro partner.
Ovviamente le neuroscienze sono un po’ più complicate di così, ma è per dare un’idea.
Per lo stesso motivo Taika Waititi usa una canzone come Immigrant Song nel finale di Thor: Ragnarok.
Perché è evidente che non vi sia altra ragione plausibile.
La colonna sonora passa da un anonimo Zimmer Sound, ormai abusato e (qui) incapace di creare una vera atmosfera epica, ai Led Zeppelin.
La battaglia è anche coinvolgente, ma lo è proprio perché la canzone, una delle hit rock più trascinanti della Storia, ti fa entrare in quello stato mentale di eccitazione.
Insomma, questa operazione è un cheat code o, per dirlo in francese, una paraculata.
Intendiamoci: non sono un talebano pronto a screditare ogni colonna sonora in cui sono inclusi pezzi pop, tutt’altro; il punto è come vengono integrati nel racconto.
Baby Driver è un ottimo esempio su come far sì che le canzoni abbraccino la storia.
Edgar Wright usa l’espediente dell’acufene per far indossare al protagonista delle cuffiette in cui gira musica dal mattino alla sera.
Ma questa peculiarità è perfettamente integrata nella vicenda.
Non aggiungo altro per non spoilerare.
[Un vero schiaffo prima del via!]
Al contrario Quicksilver, supereroe della saga degli X-Men, indossa senza motivo un paio di cuffie al solo scopo di usare delle canzoni durante le scene al ralenti dove sfoggia il suo potere.
In X-Men: Apocalypse l’intera scena, visivamente spettacolare, diventa quasi un video musicale per Sweet Dreams degli Eurythmics.
[Il risultato è buono, ma l'idea è facilona]
Se poi avete visto Suicide Squad vi sarete resi conto dell’insensata schizofrenia della colonna sonora.
Per metà del tempo abbiamo uno Zimmer sound, per l’altra metà sembra di assistere a un lunghissimo video musicale per tutta una serie di grandi hit, da The House of the Rising Sun a Black Skinhead, da Paranoid a Seven Nation Army.
Ne ho tralasciata qualcuna e comunque non sono neanche arrivato a un terzo di film.
[Sì: c’è anche Without Me di Eminem. Se qualcuno ha una canzone che gli avanza compili il modulo, magari ci mettono pure quella]
Per non parlare di The Avengers in cui Shoot to Thrill degli AC/DC - canzone già presente in Iron Man 2, lì quantomeno in maniera funzionale - viene utilizzata durante l’entrata in battaglia di Iron Man, come se fosse il tema del personaggio.
Il mio disappunto viene dalla scelta di non scrivere temi dedicati a ogni eroe, ma cedere a questi espedienti, per altro una tantum.
Da come l’ho messa sembra che abbia un conto in sospeso con i cinecomic, ma non è così.
Ad esempio in Joker di Todd Philips le poche canzoni presenti vengono utilizzate in maniera molto intelligente.
Nei momenti di depressione abbiamo la cupezza della colonna sonora della violoncellista Hildur Guðnadóttir, mentre quando prende il comando la personalità folle del Joker abbiamo le canzoni, con la sola eccezione della scena in cui Joaquin Phoenix danza sulla macchina acclamato dalla folla.
[Anche nella scena delle scale la colonna sonora cambia improvvisamente quando Arthur si ritrova a fare i conti con i due poliziotti e con la realtà]
“E allora Tarantino e i suoi film infarciti di canzoni pop?”
Buona domanda!
Prendiamo Le Iene.
All’inizio abbiamo Little Green Bag - il testo è un chiaro riferimento alla ricerca dei soldi - per accompagnare la camminata cazzutissima della banda.
In pratica Quentin Tarantino usa la canzone per descriverci la natura di questo gruppo di rapinatori in giacca e cravatta, più simili a dei venditori porta a porta che a dei criminali.
Successivamente ogni brano viene suonato in presenza di una radio o di uno stereo.
In più, l’idea di coprire la tortura di Mr. Blonde facendogli alzare il volume della radio per nascondere le urla - oltre ad essere del tutto verosimile - ha contribuito assieme al balletto a rendere iconica una scena piena di forti discordanze.
In Pulp Fiction la dinamica è decisamente simile, ma ora non è tempo di analizzare la filmografia di Tarantino, anche perché vorrei mostrarvi altri modi di usare una canzone per migliorare il fluire del racconto e regalare emozioni allo spettatore.
Il primo a venirmi in mente è l’introduzione.
Nel film Django di Sergio Corbucci, il protagonista viene presentato da una canzone.
I primi minuti vedono Django camminare trascinando una bara con sotto l’omonima canzone composta da Luis Bacalov il cui testo racconta la storia del protagonista antecedente ai fatti narrati nella pellicola.
[Sì, è la stessa canzone riutilizzata da Tarantino per il suo Django Unchained]
In Mai di Domenica di Jules Dassin, la protagonista Ilya viene convinta da Omero (lo stesso Dassin), un turista americano in Grecia, ad abbandonare la sua professione di prostituta e tutte le sue vecchie abitudini per dedicarsi alla vita apollinea.
Inizialmente Ilya (Melina Merkouri) mostra un forte cambiamento a discapito della sua vitalità ma una sera, intristita dalla sua nuova vita e annoiata dall’ascolto di un brano di classica, recupera un disco nascosto, la foto dell’undici dell’Olympiacos Pireo e, con il cuore spalancato e la sigaretta in mano, inizia a cantare I Ragazzi del Pireo.
Grazie a questa canzone, valsa un Premio Oscar a Manos Hatzidakis, Ilya può esprimere più che con mille parole tutto ciò che sente e tutto ciò che è, e il regista può suggerire allo spettatore la precarietà del piano iniziale di Omero e farci simpatizzare con la povera protagonista.
[Questa canzone negli anni ’60 fu un successo globale, con decine di cover, al punto di diventare più famosa del film da cui è tratta]
Come si può iniziare, si può anche concludere con una canzone.
Prendiamo Brian di Nazareth dei Monty Python.
L’intero film è infarcito di satira religiosa e politica, situazioni surreali e tragicomiche.
Nel finale Brian si ritrova, suo malgrado, a fare la fine del suo più celebre concittadino Gesù.
Inchiodato a due assi di legno, diventa spettatore di alcuni siparietti in cui ci viene mostrato il fallimento della giustizia, della politica, delle relazioni amorose e familiari.
Il tutto in tono dolceamaro.
Nulla riesce a salvare Brian dal suo destino.
E proprio quando meno te lo aspetti i suoi compagni di crocifissione iniziano a intonare una canzone.
“Always look on the bright side of life” e la melodia fischiettata.
Come un balletto per concludere un musical di Broadway, ma con dei condannati a morte inchiodati alle croci che fischiettano sorridenti.
La chiusa perfetta per un film imperdibile.
Se invece l’obiettivo è quello di "pompare" lo spettatore?
Posso “imbrogliare” come in Thor: Ragnarok, oppure posso seguire l’esempio di Bill Conti in Rocky.
Gonna Fly Now è diventata l’epitome della canzone da sovrapporre al montaggio di un allenamento.
I tre minuti nei quali Sylvester Stallone corre per le strade di Philadelphia prima di arrivare in cima alla scalinata del Philadelphia Museum of Art sono entrati nell’immaginario collettivo.
Insomma, senza spocchia o sentimento elitario, il messaggio che mi piacerebbe far passare è di preferire il lavoro creativo rispetto alla furbizia, le idee rispetto al riciclo e alla pigrizia.
Perché una grande canzone originale rende migliore il film da cui origina rimanendo coerente con l’ambientazione della storia e, talvolta, riesce a trascendere diventando più famosa di esso, rimanendo nel cuore degli ascoltatori.