#AnimalinelCinema
The Neon Demon di Nicolas Winding Refn è stato lo scandalo più chiacchierato del Festival del Cinema di Cannes 2016, eppure nonostante il tonfo rumoroso e l'esponenziale calo tra i voti numerati dei critici The Neon Demon è già cult.
Perché?
Questa opera è di carattere: "NWR" non è una semplice firma ma una dichiarazione di paternità, un timbro fiero che descrive una poetica non soggetta a compromessi.
The Neon Demon attinge a piene mani dalla simbologia esoterica di Alejandro Jodorowsky, mentre il culto del colore risale all'estetismo dei maestri del terrore nostrani, in particolare Dario Argento, di cui una delle opere maestre, cioè Suspiria, mostra quanto orrore si può celare dietro le mura rosa fluo di una scuola di danza.
Refn però non si perde mai troppo nel citazionismo, né nelle estreme strade dei significanti, ma si pone subito in un contesto estremamente attuale.
The Neon Demon infatti è una critica al mondo della moda in cui, parafrasando, la bellezza non è tutto ma è l'unica cosa: nelle musiche assordanti si palesa un erotismo meccanico tra corpi plastificati, riproduzione sterile di luci neon e corpi ossuti dalla quale non può che essere partorito vuoto, vuoto che richiama vuoto, fino all'abisso.
D'altra parte questo film non è assolutamente solo questo, ma nasconde un nucleo denso in cui pulsa crudele una riflessione universale sulla relazione tra purezza, bellezza e divinità.
La trama si presenta tramite un topós comune: una ragazza di campagna Jesse (Elle Fanning) decide di trasferirsi a Los Angeles per fare la modella realizzando il suo Sogno Americano.
Ha 16 anni e il trasferimento diviene il pretesto per parlare di un rito di passaggio da infanzia a età adulta: Jesse, regina celestiale, è pronta ad essere data in pasto all'umanità, a palesarsi tramite un'epifania dagli inquietanti risvolti.
Il rito di passaggio è tradizionalmente un atto violento, nel caso specifico del femminile legato direttamente alla perdita della purezza che si esplica nelle mestruazioni, perdita che è una colpa espiabile tramite eterna verginità o la morte.
Jesse, physique du rôle la cui purezza non è soggetta ad artefatti, come una dea scavalca con leggiadria la strada già battuta dalle sue colleghe modelle, strada intrisa di lacrime e sangue e in un batter d'occhio è alle porte dell'Olimpo della Bellezza.
D'altro canto fin dalla prima inquadratura comprendiamo che non c'è spazio per un epilogo felice: il film si apre con il sangue finto su un set, metacinematograficamente si conclude con un set che non è più finzione ma va a sostituire la vita, il sangue finto diventa reale ma la bellezza dell'orrido non perde il suo teatrale scintillio.
Il primo presagio davvero infausto è un puma che si intrufola nella stanza di motel in cui la protagonista vive.
Il puma è un animale la cui simbologia è circoscritta nella cultura americana, dagli Apache agli Incas, tant'è che sono esistiti gli Eriez: una tribù nordamericana il cui nome richiama proprio questo animale ("lunga coda").
La mappa antica di Cusco, roccaforte Inca in Perù, ha la forma di un puma con la piazza centrale piazzata nel petto dell'animale.
La testa dell'animale sarebbe ubicata nella collina dove è situata la fortezza di Sacsayhuamán.
Gli indiani d'America si dividevano nella considerazione del puma: se in alcune tribù era un simbolo prevalentemente positivo, in altre fra addirittura presagio di morte.
Il parallelismo più interessante però viene dagli Aztechi e le tribù del Mesoamerica: i puma ed i giaguari, entrambi animali sacri, erano infatti ghiotti sacrifici agli dei, ma i sacrifici umani erano ancora preferiti.
Tutto poteva essere sacrificio: anche gli oggetti o animali comuni come i molluschi, ma quanto più l'essere vivente da sacrificare si avvicinava alla perfezione delle divinità quanto più la festa che accompagnava al sacrificio diveniva barocca, ricca, felice.
Questa pratica barbarica viene direttamente dal fulcro della mitologia azteca: nel Mito dei Cinque Soli tutti gli dei si autosacrificarono per la sopravvivenza della civiltà.
Quanto più il sacrificio era giovane e puro quanto più era trattato come una sorta di star.
La cosa più interessante che rafforza il rapporto tra il puma-Jesse, il parallelismo tra gli antichi sacrifici aztechi e l'iter quasi religioso della morte di Jesse è il cannibalismo delle vittime.
Da sangue nasce la bellezza, dalla morte nasce vita.
Sempre che non si venga travolti dal senso di colpa.
Complessivamente il puma è una figura doppia: rappresenta l'energia, un'energia che solamente il saggio può utilizzare al meglio, mentre nelle mani degli immaturi diventa strumento per compiere il male.
Il puma sinuoso e sensuale si nasconde ed attende il momento opportuno per attaccare, il suo corpo e la sua mente sono perfettamente correlati, agendo come la più scattante delle macchine.
Non è il predatore più forte, neanche il più grande, ma sicuramente è uno dei più intelligenti e dei più belli.
Ed ecco perché lontano dalla mano dei saggi il potere del sacro puma può divenire pericolosissimo.
Chi più di Jesse è pericolosa?
Lei stessa, prima di morire, lo ammette.
Pericolosa verso se stessa, pericolosa verso gli altri, pericolosa verso la stessa umanità.
Lei vede il puma, si scontra con la sua natura.
L'invidia provocata dalla sua stessa esistenza è deleteria; Jesse, vergine ancella la cui inconsapevolezza è stata macchiata dalla presa di coscienza, si avvia a un destino inevitabile di morte, morte che è anche l'oppressione dell'eccellenza in favore di un'equa distribuzione della dote.
Uccidere il puma ed esporre la sua testa rendeva i cacciatori europei fieri, come se riuscissero ad assorbire le abilità predatorie della bestia e a riversarle contro le tribù che la veneravano.
Il mondo della moda risveglia un'invidia ancestrale: la bellezza è un dono, lavorando su noi stessi possiamo affinarla ma non possiamo coglierne l'essenza e soprattutto la purezza di chi è stato baciato dalle combinazioni genetiche.
E questo è il film sull'ancestralitá della Bellezza.
Quante volte sei caduto in trappola per colpa di un titolo clickbait che poi ti ha portato a un articolo che non diceva nulla? Da noi non succederà mai.
17 commenti
Drugo
6 anni fa
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Lorenza Guerra
6 anni fa
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Lucrezia Bariselli
6 anni fa
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Sam_swarley
6 anni fa
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Lorenza Guerra
6 anni fa
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Lorenza Guerra
6 anni fa
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Lorenza Guerra
6 anni fa
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Danilo Canepa
6 anni fa
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Lorenza Guerra
6 anni fa
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Lorenza Guerra
6 anni fa
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Benito Sgarlato
6 anni fa
Con questi 4 film arrivo quasi a metà dell'intera filmografia, è già qualcosa... successivamente inizierò a visionare qualcosa di Lars von Trier, l'altro regista danese di cui sento molto parlare, che conosco ancora poco e che sono curiosissimo di conoscere.
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Benito Sgarlato
6 anni fa
Grazie del consiglio Teo 😁
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Lorenza Guerra
6 anni fa
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Teo Youssoufian
6 anni fa
forse però da neofita sarebbe il caso di partire con Drive, il più "normale" della sua filmografia. 😉
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Il Cionco
6 anni fa
Innanzitutto come si riesca a mettere sullo stesso piano necrofilia cannibalismo e omosessualità e in secundis se nel film hai recepito solo questo probabilmente non hai capito un bel niente della pellicola! Rimane il mio preferito dei suoi lavori!
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Lorenza Guerra
6 anni fa
(Lo ricordo perché misero sullo stesso piano le tre cose 😂)
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Lorenza Guerra
6 anni fa
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