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La stanza accanto è il primo film in lingua inglese di Pedro Almodóvar (Leone d'oro all'ultima Mostra del Cinema di Venezia) e ha in Tilda Swinton e Julianne Moore due magnifiche protagoniste: entrambe riempiono lo schermo e il corpo di una storia d’amore e morte profondamente umana, grazie alla sapiente direzione di un autore che si è sempre contraddistinto come grande regista di attrici e di indimenticabili personaggi femminili.
La stanza accanto, adattamento cinematografico del romanzo Attraverso la vita di Sigrid Nunez, si spoglia della consueta esuberanza tragicomica almodovariana per accompagnarci nel pacato racconto di una fine dignitosa, autodeterminata e libera.
[Il trailer de La stanza accanto]
Dopo i cortometraggi The Human Voice, prima collaborazione di Almodóvar con Tilda Swinton, e Strange Way of Life, con protagonisti Ethan Hawke e Pedro Pascal, La stanza accanto è il primo lungometraggio in cui il regista spagnolo abbandona la scrittura nella propria lingua affidandosi a una sceneggiatura non originale.
Ingrid (Julianne Moore) è una scrittrice di successo che dopo anni a Parigi è tornata a vivere a New York. Durante un firmacopie del suo ultimo romanzo incontra un’amica, Stella, che la informa che Martha (Tilda Swinton), una loro vecchia amica, è gravemente malata di cancro. Ingrid, che non vede Martha da anni, decide di andarla a trovare e le due donne riallacciano un rapporto che con il tempo si era solo allentato, ma mai spezzato.
Martha è sottoposta a una cura sperimentale in cui non crede molto e, anzi, si era quasi abituata all’idea di morire per il cancro alla cervice, ma ha abbracciato la nuova terapia con stoicismo. La donna racconta a Ingrid del difficile rapporto con la figlia Michelle, alla quale non è mai stata molto legata e che ha mostrato indifferenza riguardo alla decisione di Martha di sottoporsi o meno alle cure. Ingrid e Martha si vedono sempre più spesso, ricordando la giovinezza tracorsa insieme e diversi momenti delle proprie vite: Ingrid come autrice di biografie romanzate e Martha come inviata di guerra e autrice di reportage crudi e veritieri.
Durante una delle solite visite, Martha rivela frustrata a Ingrid che la cura non ha funzionato e che il tumore si è metastatizzato. Questa lotta per la sopravvivenza non le appartiene più e, senza farne parola con i medici, decide di interrompere le cure. Vuole tornare a casa e organizzare la sua uscita di scena con l’aiuto di Ingrid.
All’inizio Ingrid, da sempre terrorizzata dalla morte, non se la sente di essere la sua assistente all’eutanasia, ma la determinazione che vede nell’amica e il suo amore per lei si dimostrano più forti.
Martha affitta per un mese una casa da sogno vicino a Woodstock, nell’entroterra dello Stato di New York, e chiede a Ingrid di accompagnarla come se dovessere partire per una vacanza, di dormire nella stanza accanto alla sua e di trascorrere con lei gli ultimi giorni della sua vita. A un certo punto, senza avvisarla, Martha prenderà una pillola mortale e chiuderà la porta della sua camera come unico segnale. Ingrid assolverà, prima con timore e poi con crescente affezione, questo compito di compagna: un ultimo contatto con la vita, più che un primo con la morte.
Tra ultimi desideri, canti mattutini degli uccelli, neve tra i boschi e la bellezza dell’arte - che si manifesta in quadri, vecchi film, libri o musiche del passato - le due amiche si preparano ad affrontare la morte, ciascuna a modo proprio: Martha come protagonista, suo malgrado, e Ingrid come spettatrice sempre meno spaventata, nella stanza accanto.
[Tilda Swinton e Julianne Moore sono rispettivamente Martha e Ingrid ne La stanza accanto]
Ospedale
La stanza accanto è un film di luoghi chiusi.
Inizia nella libreria del firmacopie di Ingrid e si sposta subito in ospedale, un ambiente che ricorre frequentemente nella filmografia almodovariana.
Che si tratti di nascita, malattia, coma o morte, l’ospedale è la dimensione più vicina al limbo nella vita dei personaggi, e inevitabilmente delle persone. Esso prelude a un cambiamento che non è definito dalla trasformazione personale, ma dalla stessa natura vivente. Se la parola “crisi”, nella sua etimologia greca, non ha un’accezione né negativa né positiva, lo stesso vale per “cambiamento” quando si riferisce al passaggio tra la vita e la morte, o tra la gestazione e la vita.
Una nascita non è sempre motivo di gioia, e ne La stanza accanto è un aspetto che Almodóvar esplora attraverso il difficile rapporto tra Martha e Michelle, soprattutto a causa delle circostanze infelici del suo concepimento. Prima de La stanza accanto, è stato Madres Paralelas a trattare il difficile e variegato mondo della maternità, tema spesso indagato dall'autore e che ritroviamo anche in film come Parla con lei e Tutto su mia madre.
Allo stesso modo, la morte non è sempre motivo di dolore, specialmente quando pone fine alla sofferenza o è deliberatamente scelta come conclusione della propria vita, che sia per eutanasia, come ne La stanza accanto, o per suicidio, come ne La legge del desiderio.
L’ospedale rappresenta dunque un luogo di passaggio per nascita, morte o guarigione, attraverso cui ognuno di noi, almeno una volta, sarà costretto a passare per proseguire oltre.
[Ingrid e Martha condividono la loro nuova quotidianità ne La stanza accanto]
Casa
Luogo d’arrivo o di partenza, la casa è quasi sempre l'ambiente dove tutto accade nei film di Pedro Almodóvar.
Coloratissima, arredatissima, la casa è spesso manifestazione esteriore della psiche di chi la abita e che in essa trova rifugio e contenimento della propria personalità: è così con la casa di Salvador Mallo in Dolor y Gloria o ancora con l’appartamento della esuberante Pepa in Donne sull’orlo di una crisi di nervi.
Ne La stanza accanto, l’abitazione è sia luogo di partenza – Martha lascia il suo amato appartamento newyorkese quando decide di morire – sia di arrivo e di fine del proprio vagare, rappresentato dalla splendida casa presa in affitto nei boschi di Woodstock, palcoscenico finale degli ultimi giorni di vita di Martha e, in un certo senso, anche di Ingrid. Perché anche l'amica chiude un ciclo per poi rinascere: da donna terrorizzata dalla morte, attraverso la decisione di Martha, Ingrid svilupperà una nuova concezione dell'esistenza, che, come insegna Epicuro, comprende come il pensiero della morte tolga solo gioia alla vita. Ma dove c’è vita non c’è morte e, dunque, è inutile pensarci.
La stanza accanto è il luogo in cui Ingrid comprende che non è la paura della morte a evitare la morte stessa: questa è infatti parte della dimensione umana ed è con umanità che dovrebbe essere affrontata. La casa diventa così un traghetto verso le sponde opposte dell'Acheronte, di cui Ingrid è la traghettatrice: più dolce di Caronte e col fuoco nei capelli invece che negli occhi.
La casa di La stanza accanto è piena di tutto ciò che può tentare di alleviare la sofferenza di lasciare questo mondo: la bellezza dell’Arte come creazione antropica, un rifugio per l’anima.
Se c’è una cosa che la pandemia ci ha insegnato è che l’essere umano ha bisogno d’Arte, non importa se essa sia cinematografica, figurativa, musicale o letteraria.
È l’abilità prettamente umana che, magari, non cambierà il mondo (anche se mi riservo dei dubbi su questa affermazione), ma che è capace di cambiare ogni singola vita in un momento specifico, permettendole di acquisire significato, gestire un’emozione, attraversare un lutto, celebrare un traguardo, festeggiare una novità.
"Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana, e la razza umana è piena di passione.
Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita", recita Robin Williams nei panni del professor Keating de L’attimo fuggente.
L’Arte è spesso protagonista dei film di Almodóvar, e La stanza accanto non fa eccezione: dalla sua dimensione rivoluzionaria dei primi lungometraggi al suo potere salvifico in Tutto su mia madre, dove il teatro di Tennessee Williams aiuta Manuela (Cecilia Roth) a superare la morte del figlio, fino al più personale dei suoi film, Dolor y Gloria, in cui il suo alter ego, il regista Salvador Mallo (Antonio Banderas) ritrova la voglia di vivere nella scrittura.
Numerose sono le scene del Cinema di Almodóvar che hanno come protagonista assoluta la performance: scene di Un tram che si chiama desiderio e il monologo di Agrado in Tutto su mia madre, lo spettacolo di Pina Bausch e il cameo di Caetano Veloso in Parla con lei, lo spettacolo drag ne La mala educación, l’esibizione di Concha Buika ne La pelle che abito, il metacinema di Légami! e Gli abbracci spezzati.
Ne La stanza accanto Martha, pur annebbiata dagli effetti della chemioterapia, si rivolge all’Arte per vivere i suoi ultimi giorni e far spazio alla morte, che non la spaventa più: sceglie una casa dall’architettura strabiliante, guarda insieme a Ingrid un film di Buster Keaton, cerca di scrivere, prova a leggere nonostante la difficoltà nel concentrarsi.
Ingrid vive insieme a lei questo amore, questo profondo conforto, riscoprendo anche sé stessa grazie a “il piacere di essere toccati dalla grande arte”, come suggerisce una frase di Persone normali di Sally Rooney.
[Ingrid conforta Martha, che non riesce più a scrivere per l'effetto dei farmaci, in una scena de La stanza accanto]
Neve
Il cambiamento climatico è un argomento spesso citato ne La stanza accanto in duplice veste: quella di assoluta rassegnazione a un mondo ormai in declino, rappresentata dal personaggio di Damian (John Turturro), e quella di paziente accettazione della crisi e dei timidi sforzi per evitarla, rappresentata dal duo Martha-Ingrid, che al suo interno contiene due anime, vita e morte, stoicismo ed epicureismo.
Damian, vecchia fiamma prima di Martha e poi di Ingrid, è adesso un caro amico di quest’ultima, l’unico al quale Ingrid abbia raccontato del piano di Martha e colui che l’aiuterà a districarsi dagli inevitabili problemi legali successivi alla morte dell’amica. Si occupa di cambiamento climatico e vive tenendo conferenze in giro per il mondo, nelle quali riversa tutta la sua frustrazione di uomo consapevole della decadenza e incapace di arrestarla. Secondo Damian, è il connubio di neoliberismo ed estrema destra ad aver dato via al declino del mondo contemporaneo (e come dargli torto...).
Nonostante questa grande consapevolezza, unita all’impegno, Damian sa di non poter fare molto e vive la propria vita nel ricordo di una giovinezza, spensierata e ribelle, in cui tutto sembrava ancora possibile. È Ingrid a dargli un nuovo punto di vista, una prospettiva che lei stessa sta scoprendo grazie a Martha: “Ci sono molti modi di vivere una tragedia”.
Se questo vale per la morte, vale anche per il declino del mondo. È inutile piangersi addosso nel rimpianto di un tempo che non c’è più, serve cercare di trarre del buono da ogni minuto che passa.
Ne La stanza accanto la neve fuori stagione è uno dei segnali del cambiamento (ambientale e personale) in atto: nevica il giorno in cui Martha, in ospedale, decide di interrompere le cure; nevica il giorno in cui Ingrid accoglie Michelle (una Tilda Swinton ringiovanita, nuovamente in un doppio ruolo) dopo la morte della madre, in un momento in cui il fantasma di Martha si fonde con la figlia sdraiata sullo stesso lettino su cui lei è morta.
La neve è un mantra di Martha, che cita spesso il finale del racconto I morti da Gente di Dublino di James Joyce (e guarda in televisione l'adattamento cinematografico di John Huston), e rappresenta un perfetto riassunto di ciò che la donna sta vivendo:
“Un battere leggero sui vetri lo fece voltare verso la finestra. Aveva ripreso a nevicare.
Assonnato guardava i fiocchi neri e argentei cadere di sbieco contro il lampione. Era venuto il momento di mettersi in viaggio verso l’ovest. I giornali dicevano il vero: c’era neve dappertutto in Irlanda.
Neve che cadeva su ogni punto dell’oscura pianura centrale, sulle colline senz’alberi; cadeva piana sulle paludi di Allen e più a occidente sulle fosche onde rabbiose dello Shannon. E anche là, sul cimitero deserto in cima alla collina dov’era sepolto Michael Furey.
S’ammucchiava alta sulle croci contorte, sulle tombe, sulle punte del cancello e sui roveti spogli.
E l’anima lenta gli svanì nel sonno mentre udiva la neve cadere lieve su tutto l’universo, lieve come la discesa della loro ultima fine su tutti i vivi, su tutti i morti”.
La morte attende nella stanza accanto, silente, in attesa che la neve cada e si posi.
[Ingrid e Martha osservano la neve fuori dalla finestra dell'ospedale ne La stanza accanto]
Guerra
Martha è stata una reporter di guerra.
Stare a contatto con la sofferenza e la morte ha segnato tutta la sua vita e, di conseguenza, anche la decisione di come interromperla. Ne La stanza accanto vi è un evidente parallelismo tra la Guerra intesa come tale e la “guerra” che viene combattuta mediante le debilitanti cure del cancro. La terminologia bellica viene spesso usata in ambito medico, travestendo a mio parere di asprezza un momento delicatissimo, in cui vittoria e sconfitta non rappresentano il metro di valutazione corretto.
Richiamando ancora la pandemia, il concetto di guerra al virus, alla malattia, alla morte ci ha invaso la mente per anni, allargando a un pubblico maggiore un registro che i malati cronici e terminali conoscono già molto bene. È la stessa Martha a lanciarsi in una stanca invettiva contro l’ipocrisia dei discorsi sul cancro, ancora più pesante se di contro non si parla mai chiaramente di autodeterminazione della morte per evitare una sofferenza esorbitante.
I film di Almodóvar hanno spesso una predominante sensibilità queer, anche per ragioni autobiografiche, e La stanza accanto è forse il primo film del regista spagnolo in cui la sessualità viene messa in secondo piano – il rapporto tra Martha e Ingrid è molto forte, ma esclusivamente platonico – anche se comunque presente in un momento che potrebbe sembrare meno importante e che dà invece una chiave di lettura di ciò che Martha sta per compiere.
Ne La stanza accanto assistiamo a un flashback della vita di Martha in cui lei e un collega fotografo si trovano in Iraq allo scoppio della guerra per intervistare dei frati carmelitani, ultimi rimasti dopo l’evacuazione delle altre organizzazioni non governative. Tra il fotografo e il padre carmelitano c’è un rapporto che lascia intuire che tra loro ci sia stata una relazione in passato, ormai diventata solo una tenera amicizia.
Sull’aereo di ritorno per gli Stati Uniti Martha e il collega discutono di questa relazione: il fotografo non ha problemi a raccontarle che la sua relazione con il frate è stata anche sessuale e Martha gli chiede se questo non fosse un problema per il frate, cattolico e dunque non solo votato alla castità, ma anche in teoria contrario a rapporti omosessuali.
Il collega le dice francamente che ciò che avevano visto in Sierra Leone, dove si trovavano quando erano amanti, aveva ridimensionato il peso che si dà al concetto di peccato e che il sesso non può essere considerato tale nemmeno da un uomo di fede in un mondo in cui la guerra quotidiana uccide degli innocenti in modo atroce.
[Ingrid accompagna Martha in una delle sue ultime passeggiate nel bosco ne La stanza accanto]
Ridimensionare il peccato: è ciò che sceglie di fare Martha quando decide di uccidersi.
Lei non è cattolica né praticante, ma sa che il suo gesto è malvisto non solo in termini legali ma anche etico-morali per chi possiede certe credenze (è ben esplicitato dal personaggio del poliziotto conservatore, interpretato da Alessandro Nivola, che interrogherà Ingrid dopo la morte di Martha).
In tal senso il discorso che Almodóvar ha tenuto dopo la vittoria del Leone d’oro a Venezia per La stanza accanto è stato emblematico della necessità di una riflessione seria e concreta sulla legalizzazione dell'eutanasia.
La colpevole inesistenza nel nostro ordinamento giuridico della possibilità all’eutanasia è dovuta al doppio stigma che questa tematica si attira da sempre: l’aspetto legale da un lato e quello bioetico dall’altro: che un gesto di profonda dignità, rispetto di sé e autodeterminazione debba essere ancora schiavo di credenze che affondano le radici in tempi troppo lontani per essere ancora attendibili è una vergogna dell'età contemporanea, che porta gli individui ad agire alla stregua di criminali, senza la possibilità di decidere di sé, e a preferire spesso un’agonia insopportabile al decoro di una morte non attesa, ma decisa.
“Il cancro non può prendermi se mi prendo prima io”, dice Martha fieramente.
[Ne La stanza accanto il direttore della fotografia Eduard Grau usa i colori complementari dei lettini per rispecchiare la complessità del rapporto di Martha e Ingrid]
Colori
La stanza accanto è un film delicato, lento, dolce.
È costellato di colori come spesso accade nell’estetica di Almodóvar, anche se qui i toni più accesi sono stemperati da quelli tenui, figli delle stagioni intermedie. I colori degli arredi sono spesso complementari, come lo sono i colori degli abiti delle due protagoniste, a sottolineare come Martha e Ingrid si completino a vicenda.
I lettini in giardino sui quali spesso le due donne si sdraiano – lo stesso lettino su cui Martha sceglierà di morire, vestita di un giallo brillante – sono uno verde e uno rosso, colori complementari e cromaticamente affidati alla persona opposta: a Martha quello verde, che ne La stanza accanto è uno dei colori che troveremo più spesso addosso a Ingrid, e a Ingrid quello rosso, che è un colore più appartenente a Martha, in una sorta di strana armocromia.
Inevitabile pensare a La stanza accanto come a una versione più amorevole e meno traumatica di Persona di Ingmar Bergman, suggerita anche da una bellissima inquadratura che vede Ingrid sdraiarsi dietro Martha e il suo profilo quasi sovrapporsi a quello dell’amica al suo fianco.
Anche qui le due donne, dopo un processo doloroso, lasceranno separatamente la casa, ma non in conflitto tra loro come Alma ed Elisabeth nel film svedese, bensì in profondo amore e rispetto per le scelte reciproche.
[L'inquadratura de La stanza accanto che omaggia quella analoga di Persona di Ingmar Bergman]
La fotografia de La stanza accanto, curata da Eduard Grau (alla prima collaborazione con Almodóvar), è estremamente figurativa, quasi da tableaux vivants, e fa parlare i colori da sé.
Sembra di essere immersi in quadro di Edward Hopper, pittore statunitense che più di tutti ha cantato la straordinaria malinconia dell'ordinario, con le sue scene cinematografiche che immortalano, quasi congelano, piccole realtà quotidiane. È proprio un quadro di Hopper (People in the Sun) ad accogliere Martha e Ingrid al primo arrivo nella casa del passaggio.
La sinestesia ci ha rivelato che si può riuscire a vedere la musica, associando un colore a ogni nota, o che si può riuscire a sentire un colore, collegandolo a un suono.
Si può dunque cantare un'immagine?
Ascoltare l’epilogo di Gente di Dublino prima dalla voce rassegnata di Martha e infine dalla voce ormai pacificata di Ingrid, mentre cade la neve, credo risponda perfettamente a questa nuova singolare sinestesia, di cui La stanza accanto si riempie.
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