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Presentato ufficialmente in concorso al FEFF 2020 nella giornata di domenica 28, The Captain di Andrew Lau racconta una storia a "tensione integrale" ispirata a un dramma sfiorato nei cieli fra la Cina e il Tibet il 14 maggio 2018.
Il volo 8633 Chongqing-Lhasa della Sichuan Airlines incontra una turbolenza molto violenta che provoca la rottura del parabrezza della cabina di pilotaggio facendo perdere quota e pressurizzazione all’aereo.
Costretto a pilotare con la maschera di ossigeno, il capitano Liu Changjian (Zhang Hanyu) e il suo diligentissimo equipaggio - supportati dal "cuore della nazione" - riusciranno a riportare sani e salvi in Cina tutti e 119 i passeggeri.
[Il trailer internazionale di The Captain]
Andrew Lau è uno che ci sa fare, poco da dire.
In occidente conosciamo il nome del regista di The Captain principalmente per quello splendido prodotto che è Infernal Affairs (2002), il cui successo portò Martin Scorsese a dirigerne il (altrettanto bello) remake a stelle e strisce The Departed - Il bene e il male; i cinefili più appassionati ricorderanno Lau anche nelle vesti di direttore della fotografia capace di produrre colpi d'occhio meravigliosi come quelli presenti in As Tears Go By (1988) e Hong Kong Express (1994) del maestro Wong Kar-wai.
La filmografia di oltre 40 titoli - realizzati a partire dal 1990 - del regista di Hong Kong ci parla di un uomo che sa come fare Cinema, districandosi con abilità nei generi, con una particolare abilità nella realizzazione di action movie e crime stories.
Il "mestiere" di Lau si conferma anche in The Captain, un film che - nonostante qualche sequenza un po' troppo "barocca" anche per gli standard asiatici - è composto a regola d'arte, a partire dalla fotografia curatissima di Edmond Fung, effetti visivi ben calibrati e funzionali, fino alla direzione del cast che si cimenta in una prova corale di livello.
La struttura narrativa dettata dal soggetto, per almeno tre quarti del film, è vincente e riesce a dosare saggiamente i picchi di tensione che servono a tenere incollato alla poltrona lo spettatore durante le violente turbolenze, voli "a pelo" di montagne tibetane e atterraggi al cardiopalma.
Ci troviamo dunque di fronte a un film eccezionale? Assolutamente no.
La pecca più grossa di The Captain è che non è una pellicola pensata per il mercato occidentale.
L'enorme successo al box-office avuto in patria, ma soprattutto il sensazionalismo, il pathos esasperato e la perpetua propaganda nazionalista che permeano le scene ci raccontano un film ragionato e costruito per la commercializzazione in terra cinese.
Infatti, già dalle prime sequenze, il blockbusterone volante del "regno di mezzo" recita lo stesso, perpetuo, mantra:
"Stai al tuo posto, fai fronte comune, fidati delle istituzioni"
[Zhang Hanyu è il capitano Liu Changjian in The Captain]
Tra piloti-alfa dominati dallo spirito della disciplina e dell'onore e garrule hostess che discutono farloccamente della scelta fra la vita da "mamma-moglie-casalinga" e quella da indipendente donna in carriera, la sceneggiatura di Yu Yonggan scivola via in un tripudio di patetismi esasperati (anche per chi ha familiarità con un certo tipo di produzioni asiatiche che, in questo senso, sono tradizionalmente molto generose), patriottismo imperante e continui spot al governo comunista cinese.
La rappresentazione di un Paese che si ferma, sospeso, con lo sguardo incollato alle notizie sul volo 8633 raccontate dagli smartphone è quanto di più didascalico e fasullo si potesse tradurre in script all'alba del 2020.
Per questi motivi The Captain, per gli occhi di un occidentale - esattamente come certe pellicole USA degli anni '90 e 2000 - è una produzione estremamente godibile dal punto di vista tecnico, dotata di un buon montaggio e della giusta dose di tensione, ma incredibilmente povera - e poco credibile - a causa di una sceneggiatura votata ad esaltare le virtù e il senso del dovere degli eroici capitan... ehm, comunisti coraggiosi.