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Wolfgang Amadeus Mozart o più semplicemente Amadeus.
Un nome che risuona sin dalla nascita del celebre prodigio, tra i più famosi compositori e musicisti di tutti i tempi e genio per antonomasia. Amadeus come traduzione latina di Theophilus, uno dei tanti nomi ricevuti al battesimo, ovvero “colui che ama Dio”.
Potremmo forse dire che fu innanzitutto Dio ad amarlo infondendogli il talento che lo rese tale – secondo una visione religiosa e quasi mistica – ma che smise presto di farlo segnando la sua scomparsa precoce per una malattia non identificata, ma probabilmente legata all’indebolimento della sua salute a seguito del vaiolo o febbre tifoidea contratti nell’infanzia.
Amadeus, che al di là della visione religiosa di stampo cattolico – quella dell’Impero asburgico in cui si muove la sua storia – è quasi un eroe classico, la cui morte giovane ne ha mitizzato la figura più per i posteri che per i suoi contemporanei e la cui prolifica produzione operistica, sinfonica e cameristica lo ha davvero reso immortale.
Amadeus come genio e sregolatezza, come figura non soltanto romanzata di serio compositore ma anche di uomo profondamente ironico e divertente: se la pellicola di Miloš Forman, trasposizione cinematografica della pièce teatrale omonima scritta da Peter Shaffer, racconta di un falso storico per quanto riguarda la rivalità tra Mozart e Antonio Salieri, compositore italiano alla corte di Giuseppe II, non dice il falso nel raffigurare la personalità del genio salisburghese, sullo schermo quasi un simpatico e picaresco giullare, ma realmente un goliardico giovane uomo, come si evince da numerosi scambi epistolari con vari membri della sua famiglia.
Amadeus, simbolo di grandezza ma anche di perpetua sottomissione a un genitore troppo esigente, eterno bambino tra enfant prodige e scimmietta ammaestrata.
Amadeus, opera esorbitante, sfaccettata, dal grande pregio di aver consegnato alle sempre nuove generazioni – quelle degli anni ’80 e quelle di oggi – la musica dirompente di un compositore che è stato tutto fuorché ordinario.
[Il trailer ufficiale della versione restaurata di Amadeus]
Vienna waits for you
Vienna, la città dei musicisti. Giuseppe II, l’imperatore dei musicisti.
Nel grande fermento culturale della capitale asburgica la storia di Amadeus si snoda a partire dalla fine: Antonio Salieri, ormai anziano e quasi dimenticato, confessa con un atto estremo di essere il responsabile della morte di Wolfgang Amadeus Mozart, il cui nome sembra ormai essersi offuscato ma non la sua musica.
È la musica di Amadeus che il prete giunto in ospedale per raccogliere la confessione di Salieri riconosce alle prime note, non quella dello stesso anziano musicista italiano che, come compositore di corte, era ben noto e apprezzato decenni prima.
Il genio di Amadeus tormenta il povero Salieri anche anni dopo la sua morte e la visita del sacerdote dà all’anziano ormai distrutto il pretesto per raccontare quanto accaduto, per ricordare la breve vita del giovane Mozart negli anni in cui la sua musica lo portò a Vienna.
È sempre bene sottolineare che la storia narrata in Amadeus non ha un fondamento reale, configurandosi più come il racconto fortemente romanzato della presunta rivalità tra due grandissimi musicisti che, sebbene con molta probabilità non ci sia mai stata, è comunque emblematica di un certo tipo di competizione all’interno dello stesso campo d’azione – in questo caso la musica – soprattutto quando essa è appannaggio del mecenatismo e quindi di una rivalità quasi inevitabile.
[Premio Oscar come Migliore Attore Protagonista per F. Murray Abraham nei panni di Antonio Salieri in Amadeus]
Tutta la narrazione di Amadeus è giocata sul sottilissimo filo del rasoio di amore e odio, di ammirazione e annientamento, che il personaggio complesso e duplice di Salieri – interpretato da F. Murray Abraham – rappresenta perfettamente, oscillando di continuo tra il volersi cibare della meraviglia di Mozart e volerla cancellare, affossare, eclissare.
Salieri è dedizione, devozione a Dio e alla propria arte, sottomissione, contrizione.
Amadeus è interpretato magistralmente da Tom Hulce - candidato ai Premi Oscar come Migliore Attore Protagonista - ed è invece estro, brillantezza, talento, sfrontatezza, libertà.
Tutto ciò che Salieri ha forse sempre desiderato di essere ma per un fine più alto, quello di cantare per Dio, e non semplicemente per vivere la vita al massimo dei piaceri.
Salieri vede in Amadeus uno scherzo del destino, uno scherzo di un Dio che ha voluto infondere tale bravura in una creatura che lui considera indegna.
La vera contrapposizione, poi una rottura, più che con Mozart sarà con Dio, che Salieri accusa di sordità e cecità nei propri confronti, nonostante egli gli abbia dedicato la vita intera, negandosi ogni piacere.
“Il vostro Dio misericordioso ha distrutto il suo beniamino piuttosto che lasciare che la mediocrità offuscasse una particella della sua esistenza.
Lui ha ucciso Mozart e costretto me a vivere per torturarmi. Trentadue anni di torture, trentadue anni quaggiù, costretto ad assistere al mio disfacimento.
La mia musica che diventava ogni istante più sbiadita e nessuno l'ha più suonata. La sua invece...”, dirà amaramente Salieri al suo confessore.
[Tom Hulce in Amadeus]
Al potere l'arte non interessa
Se abbiamo studiato un po’ di Storia, sappiamo bene da dove nasca il fenomeno del mecenatismo e come si sia declinato nelle diverse epoche e nei diversi regimi.
Giuseppe II, figlio della grande imperatrice Maria Teresa e fratello della tristemente famosa regina di Francia Maria Antonietta, è ricordato come un sovrano illuminato, anche nel proprio approccio all’arte e alla necessità di formare attorno a sé un ambiente creativo di altissimo livello, ma quando l’arte, anche nella propria massima espressione, nasce per un intento innanzitutto celebrativo, resterà sempre schiava di un volere superiore, per quanto illuminato e indulgente.
In Amadeus ciò è evidente non tanto dalla figura dell’imperatore quanto dei suoi improvvidi e poco lungimiranti consiglieri. La scena della prima de Il ratto del serraglio, Singspiel del 1782 che rappresenta l’inizio della produzione matura di Mozart (che, ricordiamo, aveva composto la sua prima opera buffa a dodici anni) mostra molto ironicamente quanto la vera arte non possa sottostare alle mode, alle critiche dall’alto o ai gusti del pubblico: l’opera viene infatti considerata magnifica ma col difetto di avere “troppe note”.
Amadeus ribatterà subito che ci sono esattamente le note che necessitano. Possiamo dire che la Storia gli ha dato ragione.
[Mozart insieme al soprano Caterina Cavalieri (Christine Ebersole) alla prima de Il ratto del serraglio]
La scena delle prove de Le nozze di Figaro, forse una delle opere più famose di Mozart, è tragicomica: l’imperatore assiste per la prima volta alle prove e rimane basito quando i ballerini danzano senza accompagnamento musicale.
Questo perché Wolfgang era stato costretto a espungere la musica del balletto per via di un editto imperiale che ne vietava la rappresentazione.
Giuseppe II, resosi conto dell’insensatezza di un balletto senza musica, concede ad Amadeus di ripristinarla, permettendo così l’esecuzione nella sua interezza di quello che diverrà un capolavoro.
“Venti minuti solamente di musica, nemmeno un recitativo! Sire, solo l’opera può fare questo.
In una commedia se più persone parlano contemporaneamente è solo chiasso, non si capisce una parola. Ma in un’opera, con la musica, lei può avere venti individui che cantano contemporaneamente e non è chiasso il loro, è perfetta armonia!”.
E pensare che l’opera stessa rischiava di non vedere la luce, perché il libretto era stato censurato dalla corte asburgica per via del tema dello scontro tra classi, argomento spinoso e sempre pericoloso per un regime.
Ma ad Amadeus la politica non interessa, solo l’arte: “Allora, c’è un servitore a terra, in ginocchio. E lo sa perché? Non perché vi è costretto, no!
Sta solo misurando lo spazio. Sa per cosa? Il letto. Il suo letto nuziale.
Per vedere se ci sta!”.
Bilanciando perfettamente dramma e commedia, Amadeus ha anche il grandissimo merito di aver creato una vera e propria esegesi delle opere mozartiane sul grande schermo: attraverso il metateatro, ciò che vediamo rappresentato sul palco sono le reali composizioni del genio di Salisburgo per come dovevano apparire all’epoca della loro prima rappresentazione.
Miloš Forman si è avvalso infatti di sapienti ed esperti collaboratori che hanno attuato una concreta ricostruzione del mondo dell’epoca, dai costumi alle parrucche, dalle ambientazioni alle musiche.
Se il dramma tra Mozart e Salieri è falso, non lo è tutto il resto, motivo per cui Amadeus è subito entrato nell’immaginario collettivo come grande classico del Cinema.
[Serietà e goliardia: Wolfgang compone appoggiandosi al tavolo da biliardo]
Una risata lo seppellirà
Oltre a ciò che conosciamo dei personaggi storici reali, Amadeus caratterizza i suoi due protagonisti con dei tratti inconfondibili: Salieri, uomo devoto, è goloso di dolci, che fanno spesso sfoggio nei suoi appartamenti e ai quali non riesce mai a rinunciare; Mozart, giocherellone, ha una risata fortemente riconoscibile, che esibisce davanti a chiunque, persino all’imperatore, e che lo racconta nell’immediato come un burlone senza pari e grande amante della vita.
È proprio la risata di Amadeus ad accompagnarlo nonostante tutto anche negli ultimi istanti di vita e a risuonare dileggiante alle orecchie del Salieri ormai anziano e carico di rimorso e risentimento.
“Io, è vero, sono volgare. Ma vi giuro che la mia musica non lo è”, dice Wolfgang all’imperatore, parlando seriamente per la prima volta.
Mozart fu uno dei primi musicisti a intraprendere la carriera da libero professionista, interrompendo ogni rapporto con l’arcivescovo di Salisburgo, suo effettivo datore di lavoro.
È quindi naturale osservare la parte finale della sua vita come un fatale burnout.
Senza un giro di allievi, pieno di debiti e tormentato dalla morte del padre Leopold – a seguito della quale comporrà il Don Giovanni, una delle sue opere più oscure – è incaricato da un anonimo e inquietante committente (Salieri sotto mentite spoglie) di scrivere una Messa da requiem.
Composta contemporaneamente a Il flauto magico, opera resa famosissima dall’aria della Regina della notte, la Messa da requiem lo consumerà, assillando la geniale mente con delle scadenze che non riesce a rispettare e con un’angoscia latente di natura quasi ultraterrena. Ed è proprio verso la fine che il film ci regala quella che è a mio avviso la scena più potente: il dettato del Confutatis che Mozart, ormai esausto ma tormentato dalla consegna, fa a Salieri, giunto a casa sua per aiutarlo dopo il malore a teatro.
È qui che le due anime in contrasto – un contrasto mai bilaterale ma alimentato dal solo Salieri – si toccano veramente per la prima volta, entrano in comunione, parlano la stessa lingua.
Anche Salieri, seppur per interposta persona, vive il genio di Mozart, sente la stessa musica, superando l’iniziale incomprensione.
[L'eleganza della scena del dettato del Confutatis sottolinea anche l'uso esclusivo di fonti di luce dell'epoca, come in questo caso le candele. Miloš Forman e il direttore della fotografia Miroslav Ondřiček hanno seguito il modello di Barry Lyndon di Stanley Kubrick, uscito nel 1975]
“Lei ci crede a questo? A un fuoco inestinguibile che ti divora eternamente...”, chiede Amadeus a un Salieri sempre più incredulo, e forse sempre più pentito di aver condotto il rivale alla follia.
Mozart scrive il suo stesso requiem, morendo poco dopo aver terminato il lavoro assistito dal suo inconsapevole acerrimo nemico e aver rivisto l'amata moglie Costanze (Elizabeth Berridge), tornata a casa appena in tempo dopo una breve separazione dovuta ai consueti problemi economici.
Ad accogliere il corpo del più grande musicista del suo tempo sarà una fossa comune, questo sì dato storico reale, a testimonianza del fatto che non sempre si tributa il giusto onore in vita a chi lo merita davvero.
E Salieri?
Sopravvisse ampiamente a Mozart solo per venire pian piano dimenticato, chiedendosi fino alla fine il perché di tanta inutile sofferenza.
“Parlerò per lei, padre: intercedo per tutti i mediocri del mondo.
Io ne sono il campione, e anche il santo patrono.
Mediocri, ovunque voi siate, io vi assolvo, io vi assolvo, io vi assolvo, io vi assolvo, io vi assolvo tutti!”.
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