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Dalla collaborazione tra i creatori di Adventure Time e l'attore Duncan Trussell nasce The Midnight Gospel: un'opera d'arte profonda e spirituale, coraggiosa e innovativa.
Dopo aver parlato dei riferimenti al Buddhismo, alla simbologia dei tarocchi e alle pratiche meditative nella prima parte, continuiamo il nostro viaggio di esplorazione delle tematiche affrontate da Clancy e i suoi ospiti in questo meraviglioso podcast animato.
Inizieremo da un tema presente fin dalla prima puntata e ripreso più volte per tutta la serie.
Psichedelia e dissoluzione dell’ego
Il termine “psichedelico” è stato fin troppo abusato quando ci si riferisce a musica, film o altri linguaggi artistici.
Non bastano forme distorte, colori saturati e atmosfere bizzarre per rendere la complessità di questo concetto, spesso anche temuto e male interpretato da molti anni a questa parte.
Ritornare al significato originario del termine (dal greco, psiche = anima; delos = rivelare) può aiutarci a comprendere perché The Midnight Gospel può essere davvero definita una serie psichedelica, capace di entrare in profondità nelle tematiche esistenziali di cui abbiamo parlato nella prima parte.
[Una definizione della serie che sembra aver messo d'accordo tutti è quella di "trip lisergico". Ma perché ha davvero senso parlare di trip?]
La capacità delle sostanze psichedeliche di liberare la mente dai limiti che la imprigionano e di cambiare la prospettiva con cui si percepisce la realtà è stato riconosciuto fin dagli albori della civiltà umana.
Diverse culture ne hanno fatto utilizzo per millenni a scopi ricreativi, spirituali e religiosi.
L’interesse della comunità scientifica è nato a partire dagli anni ’40, quando sempre più medici, psicologi e psichiatri hanno iniziato a studiare gli effetti nella mente umana e ai benefici nei comportamenti sociali e nella cura di dipendenze, disturbi di ansia e depressione.
L’LSD fu sintetizzato in laboratorio nel 1938 dal medico svizzero Albert Hoffman e iniziò a essere somministrato nei centri di ricerca, diventando oggetto di numerose sperimentazioni tra gli anni ’40 e ’50 e incontrando anche l’interesse di artisti e intellettuali come Aldous Huxley, Timothy Leary e Allan Ginsberg.
Gli psichedelici divennero un vero e proprio manifesto a partire dalla seconda metà degli anni '60, quando la diffusione della controcultura hippie ne ha promosso l’uso tra milioni di giovani negli Stati Uniti.
Richard Nixon, con il controverso decreto del 1971 Controlled Substanced Act, classificò le sostanze psichedeliche come “Schedule I”, alla pari dell’eroina e della cocaina. L'esempio fu seguito da numerosi paesi occidentali.
Ancora una volta, non intendo entrare troppo nei dettagli di un argomento ampio e complesso, né esprimermi sulla questione sull’utilizzo di queste sostanze. Il dibattito è stato riaperto nell’ultimo decennio con numerosissimi studi, dibattiti e dichiarazioni facilmente consultabili online.
Mi voglio però riferire all’esperienza del “trip” psichedelico come chiave di lettura per relazionarci a The Midnight Gospel, ricollegandola anche all’esperienza di liberazione buddhista dell’io.
[Clancy alle prese con una lucidissima e standardizzata visione della realtà]
Gli effetti deli composti psichedeliche quali l’LSD, la mescalina, il DMT e la psilocibina sono molto soggettivi e possono variare da persona a persona secondo lo stato mentale (set) e l’ambiente in cui si trova durante l’assunzione (setting).
Oltre alla distorsione delle percezioni sensoriali, gli effetti più riconosciuti riguardano il raggiungimento di un cambiamento della percezione di sé rispetto al mondo.
I confini tra il proprio io e la realtà si sfumano, fino ad arrivare alla cosiddetta “morte dell’ego”, in cui le illusioni delle barriere che definiscono la propria identità si dissipano.
È un argomento complesso e affascinante, che si collega molto coerentemente con la presa di coscienza buddhista.
La realtà percepita durante un trip cambia, come se una finestra venisse aperta per la prima volta e ci accorgessimo che la realtà in cui viviamo era soltanto una stanza, le cui mura ci impedivano la visione del mondo all’esterno.
Per usare le parole del poeta William Blake, ripreso da Aldous Huxley nel suo saggio Le Porte della Percezione:
“If the Doors of Perception were cleansed, every thing would appear to man as it is, infinite.
For man has closed himself up, till he sees all the things thro’ narrow chinks of his cavern.”
[Se le porte della percezione fossero purificate, ogni cosa apparirebbe all'uomo com'è, infinita.
Poiché l'uomo ha talmente rinchiuso se stesso da veder tutto soltanto attraverso le strette fenditure della sua caverna]
[Aldous Huxley scrisse Le Porte della Percezione dopo aver sperimentato gli effetti della mescalina, illustrandone con entusiasmo le potenzialità per la mente umana]
Appare chiaro che Duncan Trussell abbia a cuore l’argomento, oggetto di discussione tanto nei suoi podcast quanto nei suoi spettacoli dal vivo.
Nel primo episodio, il primo incontro di Clancy parte da un paradosso: primo episodio, un presidente che ha di fronte un gruppo di protestatori pro-marijuana, ma giustifica la propria scelta politica con un discorso serio, basato su studi scientifici e psicologici, considerando i pro e i contro, gli impatti economici e sociali, interrogandosi su rischi e benefici e, soprattutto, ascoltando il suo interlocutore.
“I hate this idea of good drugs and bad drugs. There’s no such a thing as a good and bad drugs.
There’s this chemical that’s neither good or bad, it just exists out there, we either created it or it exists in nature, and there’s the relationships humans have with the substance.”
[Odio quest'idea delle droghe buone e le droghe cattive. Non ci sono cose come droghe buone e cattive.
C'è questo composto chimico che non è né buono né cattivo, esiste soltanto, l'abbiamo o creato o esisteva già in natura, e c'è la relazione che gli umani hanno con queste sostanze.]
(Ricordo che in inglese drugs può significare sia sostanze stupefacenti che farmaci e medicine legalmente in commercio).
Nel primo episodio, Clancy parla chiaramente dei suoi problemi di ansia e di rabbia, spesso generata e sfogata a partire da motivi futili.
Gli psichedelici lo hanno aiutato a rivelare e comprendere questo lato che viveva dentro di lui, mostrandolo nella sua nudità e offrendogli la possibilità di affrontarlo direttamente.
[Clancy e il Presidente nel mezzo di una profonda riflessione sulle sostanze psichedeliche nel primo episodio]
Nel quinto episodio, si ritorna a parlare esplicitamente degli psichedelici: questa volta di DMT, un potente principio allucinogeno presente in natura e utilizzato per millenni nei riti sciamanici e nelle pratiche spirituali delle popolazioni native americane dell’area amazzonica.
I suoi effetti, di grande intensità, possono portare ad una presa di coscienza dell’illusione della separazione tra coscienza individuale e collettiva.
Questo momento viene paragonato al risveglio da un sogno:
“The whole dream of your life that you thought was real was just a dream, until you wake up and say: oh yeah, it was just a dream.
And now I’m awake.”
[L'intero sogno della tua vita che tu pensavi fosse reale era soltanto un sogno, finché non ti sei svegliato dicendo: oh, sì, era solo un sogno.
Adesso sono sveglio.]
Gli autori di The Midnight Gospel qui si dimostrano, oltre che estremamente coraggiosi, capaci di affrontare seriamente un discorso complesso e demonizzato, rendendolo coerente con un discorso che si estende per tutti gli episodi e collegandolo al percorso di ricerca interiore: secondo Trussell, gli psichedelici, se usati con attenzione e rispetto, possono essere un elemento d’aiuto fondamentale per il miglioramento della nostra vita e il raggiungimento di un profondo stato di comprensione della propria esistenza, fino all'illuminazione e al ricongiungimento con la vera natura della realtà.
“Chi conosce gli altri è sapiente / chi conosce se stesso è illuminato / chi vince gli altri ha la forza / chi vince se stesso è più forte”
(Lao-Tse, Il Libro del Tao)
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Il ciclo della Vita e della Morte
In una stagione da otto brevi episodi assistiamo a numerosi travagli e parti, morti e rinascite, che ci vengono mostrati in modo semplice e naturale: accadono in pochi secondi, come un soffio.
Il flusso continuo tra vita e morte è sfondo costante delle avventure di Clancy.
Gli zombi nella prima puntata sono degli “illuminati”, vedono il mondo come in un trip lisergico, cantano e danzano, eppure nella “realtà” uccidono e mangiano carne umana.
“First we are born / and then we die / and in between most of us spend all our time crying / once we were blind but now we can see / it feels so good to be a zombie.”
[Prima nasciamo / e poi moriamo / e in mezzo molti di noi trascorrono il loro tempo piangendo / prima eravamo ciechi, ma ora possiamo vedere / è così bello essere uno zombi.]
[Ho visto tanti film sugli zombie con mille significati sociali, ma mai rappresentati come esseri illuminati in pieno trip psichedelico. Non mi dispiacerebbe essere morso da uno di loro]
Nel secondo episodio, assistiamo alla nascita dei baby clown dai frutti e i cani divorarli, secondo il ciclo naturale preda-predatore.
Dopo essere stata catturata, Anne, uno dei cani, dichiara di non temere la morte, dopo averla vista più volte prendersi parenti e amici, e di aver superato quell’idea romantica e fatalista che ancora molte persone hanno, imparando a riderne.
“It takes death to help you let go.
You know, go, “Okay, fine”.
[Serve la morte per aiutarti a lasciar andare.
Sai, così, "Okay, va bene".]
Tutti questi discorsi avvengono mentre i personaggi si trovano nel mezzo di un complesso sistema di macellazione, riferimento al consumo sconsiderato e innaturale di carne animale con cui la società occidentale sta estremizzando il naturale ciclo di vita e morte e del rapporto preda-predatore.
Lo scontro tra i clown e le mosche sembra voler richiamare questo grosso conflitto, che si conclude, ancora una volta, con il naturale ciclo della natura.
Le larve si nutrono dei resti dei corpi dei cani, che sembrano accettare serenamente questo stato, con la consapevolezza che la morte è parte di un processo naturale che riguarda ogni essere vivente e può essere affrontato con un semplice mantra: “okay, fine”.
[La carne diventa verbo e, nonostante la sua macellazione, continua ad avera una propria coscienza]
La Morte viene ancora una volta affrontata direttamente nel quarto episodio, dove il personaggio di Trudy esprime un concetto ripreso più volte nel corso della serie: se noi esseri umani riuscissimo a relazionarci in maniera consapevole con la morte, realizzandone l’inevitabilità e comprendendone la sua naturalezza, inizieremmo a vivere pienamente, senza sprecare il tempo che nessuno potrà restituirci e diventando più comprensivi nei confronti di noi stessi e degli altri attraverso un grande dono, molto spesso dimenticato: l’ascolto.
Nel finale dell’episodio, tuttavia, le cose si complicano molto: Trudy riporta in vita il suo amante brutalmente ucciso tramite una pozione, spezzando il ciclo naturale di vita e morte.
Ed è simbolico il fatto che smetta totalmente di percepire la presenza di Clancy accanto a lei, non ascoltandolo più.
Ancora una volta, il Buddhismo ci può aiutare a comprendere uno dei tanti significati di questo episodio, ricordandoci come l’attaccamento alla realtà che percepiamo e ai nostri affetti possa allontanarci dalla comprensione dell’equilibrio della vita.
Trudy vivrà pochi istanti del suo ritrovato amore prima di venire inghiottita dal male, insieme a tutto il suo mondo.
Una volta tornato nella “realtà”, Clancy non sembra aver ancora imparato la lezione, non accettando la possibilità di poter morire nel corpo di un suo avatar.
Le sue avventure nelle realtà simulate sono poco più che un gioco di ruolo, di cui non riesce ancora a comprendere gli insegnamenti per continuare il suo percorso.
La svolta, a mio parere, avviene nell’episodio 5, forse il mio preferito.
Una lezione di filosofia dove il discorso del ciclo vita-morte viene ribadito in modo quasi esasperato, spingendo Clancy a relazionarsi all’argomento in modo profondo.
L’ambientazione, questa volta, è una Prigione dell’Anima, che racchiude gli avatar ribelli e malfunzionanti in preda a crisi esistenziali, condannandoli alla peggiore delle punizioni: la rottura del ciclo naturale della vita e della morte.
“You cannot die in a soul prison.
You can only be reborn.”
[Non puoi morire in una prigione dell'anima.
Puoi solo rinascere.]
[La Prigione dell'Anima, dantesca ambientazione del quinto episodio]
Ed è lì che l’intervistato, un uccello che incorpora l’anima di uno dei prigionieri (Bob), inizia un discorso profondo che richiama i grandi fondamenti del Buddhismo.
Parte dall’immagine della Rete di Indra della tradizione induista, che esprime l’interdipendenza degli elementi dell’universo e la connessione tra ogni singola coscienza, che non può esistere indipendentemente da tutte le altre, affermando la rivoluzione che il Buddhismo ha portato a questa concezione: ciò che conta non sono le coscienze individuali, ma la realtà come Tutto:
“So the Buddha looks at Indra’s Net and it’s basically the same topography, but he says ‘it’s not the nodes, it’s the connections.”
[Così il Buddha guardò la Rete di Indra ed è praticamente la stessa struttura, ma lui dice "non sono i nodi, sono le connessioni."]
È l’esperienza di un Eterno Ritorno nietzschiano, superbamente rappresentato in una serie di scene ad altissimo livello simbolico, che porta il prigioniero a interrogarsi sulle proprie azioni.
“–This guy’s gotta keep dying like this?
–Yeah, until he figures it out.”
[– Questo tizio continuerà a morire così?
– Sì, finché non capirà.]
[La cerimonia della "pesatura del cuore" è un richiamo alla Psicostasia, che nella tradizione dell'antico Egitto veniva sottoposta ai defunti all'ingresso nell'aldilà]
Per ogni processo di morte e rinascita, viene coltivata sempre una maggiore realizzazione nell’illusorietà della propria esistenza, che, ricordiamolo, è soltanto una realtà virtuale creata per il divertimento di uno strampalato giovane intento a registrare un podcast.
Bob inizia, lentamente, a rendersi conto che il dolore delle altre coscienze è il suo stesso dolore e la loro morte non è altro che la scomparsa di uno di quei punti di contatto della grande Rete dell’esistenza.
Non può arrivarci razionalmente, ma riesce a capirlo, passo dopo passo, morte dopo morte.
Ecco che non riesce più a premere il grilletto di fronte al riflesso del proprio volto negli occhi terrorizzati di un nemico, né a ignorare le richieste di aiuto di altri prigionieri.
Ed è così che riesce finalmente a uscire dalla prigione, liberandosi da ciò che lo teneva legato alla propria idea di ego indipendente e unico: rendendosi conto di essere parte di un’unica coscienza collettiva e risvegliandosi dal proprio sogno di illusione.
Ed è qui che, simbolicamente, riacquista anche la facoltà di parola:
“That used to be freedom to me / but now it’s plain to see / the prison was inside me.”
[Questo era prigione per me / ma adesso è chiaro / la prigione era dentro di me.]
[La rete di Indra che unisce tutti gli esseri senzienti]
Abbiamo già parlato del meraviglioso settimo episodio nella prima parte, dove Clancy affronta direttamente la sua rappresentazione della Morte e lascia intuire allo spettatore come ancora non sia riuscito ad accettarne l’inevitabilità.
È quello che succede per tutte le puntate precedenti: le avventure di Clancy terminano sempre con un mondo apocalittico in distruzione.
È costretto a suonare il suo corno per tornare alla “realtà” e salvarsi la vita.
È come se il percorso di illuminazione non si riuscisse a compiere del tutto, perché non riesce ancora ad accettare il principio dell’anitya.
Così, l’ottavo episodio è costruito tutto intorno al ciclo naturale della vita: nascita, infanzia, giovinezza, maturità, invecchiamento, morte.
Non si tratta di un percorso lineare, con un inizio e una fine, ma circolare: dopo la Morte, c’è sempre una nuova rinascita.
Questa visione dell'esistenza è il fondamento delle religioni e delle filosofie indiane (tra cui anche Buddhismo, Induismo e Brahmanesimo), che si basano sul concetto del samsara, il ciclo vitale di tutti gli essere senzienti.
È rappresentato come una ruota in eterno moto, sostenuto da un equilibrio e da un'armonia in cui tutte le singole coscienze sono destinate a vivere.
[Raffigurazione del samsara proveniente dalla regione indiana del Bengala Occidentale]
Ogni essere, in quanto parte di questo ciclo, nasce, muore e rinasce in una nuova forma, continuando questo processo per l'eternità.
Secondo la dottrina del karma nel Buddhismo, il nostro livello di accettazione, apertura e accoglimento dell'io collettivo può influenzare i futuri cicli vitali e il nostro stato mentale presente è il risultato di tutti i processi accumulati in passato.
Vivere in armonia e praticare compassione nei confronti delle altre componenti del samsara, cioè gli altri esseri viventi, è fondamentale per poter raggiungere una piena realizzazione nelle future esistenze.
Lo dimostra il quinto episodio, quando le rinascite del prigioniero Bob dalle sue morti è sempre accompagnata da una nuova consapevolezza riguardo l'equilibrio del karma.
["Aveva il mio stesso identico umore / ma la divisa di un altro colore". Bob si rende conto di avere, davanti a sé, una parte del tutto a cui appartiene. Premere il grilletto non è facile dopo aver raggiunto questa consapevolezza]
Ma è lo stesso Clancy a vivere un ciclo continuo di morti e rinascite, attraverso la reincarnazione nei suoi avatar simulati che sono parte di una coscienza unica che si rigenera in nuovi mondi.
Tutto questo fino all'ultimo episodio, che non è ambientato in una realtà simulata.
Prima che il Computer potesse avviarla, Clancy sente bussare alla porta. È sua madre, che lo chiama “Duncan”.
È come se la reale coscienza di Duncan Trussell, intrappolato nell’illusione della realtà virtuale che aveva edificato intorno alla sua mente per proteggersi, si fosse finalmente rivelata.
L’episodio è un meraviglioso viaggio che parte dall’infanzia.
Duncan ripercorre il cammino della sua vita con la madre, in un’affettuosa narrazione che raggiunge livelli di poesia altissimi e capaci di commuovere e costruito sulla vita del vero Duncan Trussell, che ha dovuto superare la scomparsa di sua madre per una malattia.
[Figlio e Madre, dopo un ciclo di morte e rinascita, in uno struggente e poetico dialogo nell'ultimo episodio]
Coerentemente con le pratiche meditative, che spingono a riflettere a fondo sul nostro passato e sulle tappe della nostra esistenza come spinta necessaria per continuare il nostro percorso.
Simbolicamente, è lo stesso Duncan a vivere il travaglio e generare sua madre, riuscendo a darle nuova vita attraverso l’accettazione della sua scomparsa.
Madre e Figlio affrontano profondamente il tema della sofferenza, di chi si trova sul bordo di un fiume divorato dagli insetti e incapace di muoversi per l’orrore che è stato costretto a vivere nonostante non abbia fatto nulla per meritarlo.
È il principio del dukkha buddhista, apparentemente una visione pessimistica e fatalista, da cui però abbiamo la possibilità di intraprendere un percorso di liberazione.
Accettandone l’inevitabilità e ricordandoci di vivere pienamente il nostro momento presente, percependo la vita fluire nel nostro corpo ed elevandoci al di sopra di ogni illusione e barriera proiettata dal nostro ego.
Fino ad arrivare alla più importante comprensione:
“The possibility that there is some kind of force that will take us out when it’s time to go out... it’s nothing that I can do anything about.
So I may as well make peace with it. It’s easier to go with the flow of that particular river than it is to try to fight it.
That there is the possibility that we are all gonna die.”
[La possibilità che ci sia un qualche tipo di forza che ci prende quando è ora di andare via... è qualcosa per cui non posso far nulla.
Così preferisco fare pace con questo. È più facile seguire il flusso di quel fiume particolare che cercare di combatterlo.
Che c'è la possibilità che moriremo tutti.]
[Il serpente che si morde la coda, simbolo dell'Eterno Ritorno nietzschiano, ulteriore conferma di un importante messaggio presentato dall'ultimo episodio: la morte non è la fine]
Conclusioni
Spero di essere riuscito ad argomentare adeguatamente ciò che sto per dire: The Midnight Gospel è un Capolavoro dell’animazione e un esempio unico di come affrontare tematiche profonde e delicate in modo innovativo.
Ho provato a toccare, almeno in minima parte, le riflessioni più importanti che Duncan Trussell ha messo sul piatto.
Ma ci sarebbe ancora tanto da dire sulla tematica della realtà virtuale, sul rapporto uomo-intelligenza artificiale, sui riferimenti culturali di altre scuole filosofiche e tradizioni religiose.
Mi fermo qua perché mi rendo conto di aver davvero scritto troppo.
Se siete riusciti a leggere entrambe le parti, spero anche che questa serie sia riuscita a toccarvi come ha fatto con me, che vi siate relazionati in modo profondo e che vi abbia trasmesso qualcosa di positivo.
The Midnight Gospel è un po’ l’alter ego seriale di Rick & Morty, che aveva affrontato tematiche esistenzialiste con cinismo e nichilismo, ma sempre mostrandoci quanto la realtà in cui viviamo sia solo un microscopico frammento di un’infinita serie di possibilità in cui la nostra coscienza può relazionarsi.
Convincersi che si tratti soltanto di quello che vediamo e percepiamo quotidianamente con i nostri sensi è un’illusione.
In attesa di un’eventuale seconda stagione, potremmo anche iniziare a domandarci se Duncan sia davvero morto o meno, ma non credo sia il vero punto di tutto il percorso.
[Per citare i Beatles: "The Magycal Mystery Tour is going to take you away".]
È straordinario come The Midnight Gospel sia uscita proprio durante questo periodo di emergenza sanitaria e di clausura forzata.
Si ha quasi l’impressione che sia una risposta a queste sofferenze e un incoraggiamento a reagire in modo positivo.
“–I’m sorry you’re trapped in there, man.
–Oh, no worries. I’m fine. I finally have time to really think about things, you know?
Gives me a whole new perspective.”
[–Mi dispiace che tu sia intrappolato qui, amico.
–Oh, non preoccuparti, sto bene. Finalmente ho il tempo di pensare davvero alle cose, sai?
Mi dà totalmente una nuova prospettiva.]
Sì, forse potremmo davvero imparare qualcosa da The Midnight Gospel.
Iniziando a lavorare un po’ più su noi stessi, ad ascoltare gli altri, a smetterla di compiacerci delle nostre sofferenze, provando ad espandere la nostra mente, sfruttandone il potenziale infinito, al di fuori della rigida comfort zone che ci siamo costruiti.
Vivendo un po’ di più nel presente e meno nei rimpianti del passato e nell’angoscia del futuro.
Aprendoci a nuove prospettive, lasciandoci cullare dallo scorrere del fiume della realtà e prendendo consapevolezza di chi veramente siamo.
Ricordandoci che, alla fine di tutto, it’s just a game.
"– Am I dead?
– Just be here now"
[– Sono morto?
– Sii solo qui]