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La Terra ha circa 4,5 miliardi di anni.
Gli scienziati hanno suddiviso questo tempo in eoni ed ere geologiche, suddividendo il tempo in base alla conformazione degli strati rocciosi.
L’era in cui ci troviamo noi oggi è il Cenozoico.
Ogni era, a sua volta, è suddivisa in periodi: il nostro è il Quaternario.
Tuttavia c’è un nutrito gruppo di scienziati che sta raccogliendo delle prove affinché la comunità scientifica riconosca il periodo attuale col nome di Antropocene, cioè il periodo che ha inizio con la comparsa dell’uomo.
Questo assunto parte dal fatto che l’umanità ha modificato profondamente la conformazione del pianeta, di cui il cambiamento climatico ne è solo la punta dell’iceberg.
Il documentario Antropocene - L’epoca umana, diretto da Jennifer Baichwal, Nicholas de Pencier e il fotografo Edward Burtynsky, parla proprio di questo: di come l’uomo stia cambiando per sempre la faccia del pianeta.
E lo fa in modo non banale: non mostra le solite foche, orsi polari e pinguini, ma porta esempi concreti, in cui si vedono macchine gigantesche, fabbriche, discariche, miniere e cave che cambiano profondamente il territorio in cui operano.
Il film è particolarmente adatto alle persone che sono completamente digiune di problemi come tecnofossili, terraformazione o che pensano che il litio delle batterie dei cellulari venga creato dal nulla, invece che estratto nel deserto di Atacama in Cile, dove l'acqua mista ad agenti chimici viene fatta evaporare in decine di piscine grandi ognuna come un campo da calcio.
Quello che impressiona di Antropocene - L’epoca umana, infatti, è proprio la scala e la portata con cui le attività umane si protraggono ai danni dell’ambiente.
Per questo è importante vederlo in una sala, perché vedere una scavatrice alta come un palazzo di quaranta piani che smuove un terreno grande come quattro città su uno schermo cinematografico rende molto bene l’idea e amplifica l’angoscia trasmessa dalle immagini del film.
Il convitato di pietra di Antropocene - L’epoca umana è chiaramente il sistema economico che regola i modi di produzione, e quindi le nostre vite: il capitalismo.
Ed è un peccato che non sia tirato in ballo esplicitamente, dato che il film non lascia parlare solo le immagini ma ha anche un narratore e degli intervistati.
Se fosse stato un film puro in stile Koyaanisqatsi, sarebbe stato diverso.
Nel caso di Antropocene - L’epoca umana, con la presenza della voce narrante di Alicia Vikander in originale e Alba Rohrwacher in italiano - che snocciola ogni tanto dei dati scientifici - questo appunto va fatto.
Anche perché nel finale ci viene propinata la solita retorica del “tutti possiamo fare qualcosa per migliorare il pianeta”.
Certo, ci mancherebbe, ma noi in quanto singoli non andiamo in giro ad ammazzare elefanti per vendere l’avorio o a sventrare le montagne di Carrara con i Caterpillar per estrarre blocchi di marmo - sì, nel documentario è più volte presente anche l’Italia - o a riversare sostanze chimiche industriali nel mare.
Il grande assente di Antropocene - L’epoca umana è quindi l’aspetto sociale della crisi ecologica.
Il fatto che queste devastazioni vengano perpetrate per il profitto di pochi, che la portata e il ritmo della apocalisse ambientale succeda per mano dei grandi gruppi industriali collusi con i governi delle nazioni del mondo, a discapito di chi in quei territori ci vive, è una mancanza grave a questo punto della storia.
Antropocene - L’epoca umana è un documentario che va sicuramente visto per renderci conto della portata del cambiamento che stiamo vivendo, per farci investire dalle sue immagini magnificamente mostruose.
La sensazione che si ha però uscendo dalla sala è quella di impotenza.
Per ovviare a questo, però, si può prendere coscienza del fatto che vanno cambiate radicalmente le regole economiche, che queste regole non cambieranno per grazia ricevuta, ma bisognerà lottare e cacciare con mazze e pietre quelli che ci hanno portati fino a questo punto.
Soprattutto, per dirla come il filosofo Timothy Morton, bisogna capire che il cambiamento climatico è un iperoggetto, cioè un problema formato da tanti altri problemi connessi tra di loro: la questione sociale, economica, culturale e ambientale sono inseparabili.
Solo un mondo più giusto ed equo porterà a una soluzione ecologica.
Tutto il resto è greenwashing.
1 commento
Enrico Tribuzio
5 anni fa
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