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Il caso Belle Steiner - Recensione: anatomia di un innocente

Una coppia conduce una vita tranquilla in una piccola città, ma le loro esistenze vengono sconvolte quando la figlia di un amico viene trovata morta nella sua stanza

Debutta in Italia Il caso Belle Steiner, il nuovo lungometraggio del regista francese Benoît Jacquot tratto dal romanzo La morte di Belle del celebre giallista Georges Simenon. 

 

In un’anonima cittadina di provincia i coniugi Pierre (Guillaume Canet) e Cléa (Charlotte Gainsbourg) conducono una vita tranquilla e silenziosa, ciascuno dedito alle proprie abitudini: Pierre è un professore di matematica nel prestigioso liceo George Simenon (che omaggia l’autore del romanzo) e Cléa gestisce un negozio di ottica.

Tutto scorre normalmente fino a quando Belle, figlia di un’amica di Cléa e ospite a casa della coppia, viene trovata uccisa nella sua camera.

Unico e ultimo testimone è Pierre, che per questo diventa il primo sospettato di un'estenuante inchiesta giudiziaria.

 

Jacquot parte dal romanzo di Simenon per tessere un giallo estremamente contemporaneo che riflette sulla ricerca della giustizia e della verità, ma soprattutto sulla teoria e la pratica della presunzione di non colpevolezza: che sembianze ha un colpevole? 

 

[Il trailer italiano de Il caso Belle Steiner]

 

 

Sulla scia di altri interessanti precedenti degli ultimi anni come Il sospetto di Thomas Vinterberg, Anatomia di una caduta di Justine Triet e La sala professori di Ilker Çatak, Jacquot apre l’interrogativo sulla colpevolezza del protagonista al centro di un’indagine che ancora prima che giudiziaria si fa, come d’abitudine, inchiesta personale e sommaria, concentrandosi più che sui fatti sulla personalità dell’autore e sulla sua manifesta impassibilità di fronte alla tragedia.  

 

Guillaume Canet riveste i panni di quest’uomo freddo, distaccato, estremamente ordinario, quasi noioso, apparentemente indifferente di fronte all’omicidio consumatosi a pochi passi da lui, al dolore della moglie e persino alla prospettiva di un’accusa e della inevitabile gogna mediatica. 

È proprio questa imperturbabilità a sconcertare lo spettatore: in Pierre non c’è disperazione, angoscia o tristezza, ma una composta e disarmante rassegnazione.

 

La sceneggiatura de Il caso Belle Steiner non accantona la problematicità e il dilemma morale della tutela dell’accusato, ma evita a più riprese di approfondirlo facendosi a man a mano sempre più apatica nell’investigazione emotiva e fattuale della vicenda, proprio come il volto intenzionalmente inespressivo di Canet.

 

Jacquot si sofferma nella costruzione del perfetto capro espiatorio – un uomo qualunque, affezionato al rigore dei numeri e non particolarmente inserito nella comunità di riferimento, che non si mostra addolorato contrito o preoccupato – evocando il disagio dello spettatore silenziosamente.

 

 

Lo fa attraverso una spiacevole sensazione di morbosità confinata agli angoli della narrazione in piccoli dettagli significativi, come la passione per la musica sinistra, il voyeurismo, la frequentazione del locale notturno in cui la vittima è stata avvistata, l'improvviso desiderio sessuale.

 

 

[Charlotte Gainsbourg e Guillaume Canet in una scena de Il caso Belle Steiner]

 

 

Così come l’algida Sandra (Hüller) di Anatomia di una caduta, anche Pierre è il perfetto colpevole, autodesignatosi come tale per una certa ambiguità e per il rifiuto di vittimizzarsi o farsi sopraffare dal dolore e dalla rabbia dell’ingiustizia.

 

Ne Il caso Belle Steiner il confronto cruciale con la verità, questa volta sottratto alla pubblicità dell’aula dei tribunali e confinato al serrato interrogatorio finale con il giudice, ci costringe a un’amara eppure necessaria riflessione sui limiti della giustizia e sull’impenetrabilità dell’animo umano, screziato delle più profonde contraddizioni che il diritto fatica a governare e che in ultima istanza non può che sintetizzare nell'alternativa netta fra condanna e assoluzione.

 

Con un ritmo narrativo meno intenso, una sceneggiatura meno affilata dei recenti precedenti (tra cui vale la pena di ricordare anche Giurato numero 2 di Clint Eastwood) e degli interpreti eccessivamente misurati, Jacquot porta sul grande schermo una vicenda di grande attualità, che lo tocca personalmente - il regista è stato accusato di violenza sessuale e di molestie da parte di alcune attrici che hanno lavorato con lui. 

 

Ricordandoci di sospendere il giudizio nei confronti dei presunti colpevoli, che sono in realtà presunti innocenti. 

___

 

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