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La città proibita è il nuovo film di Gabriele Mainetti, il cui titolo all’inizio delle riprese era Kung Fu all'amatriciana.
Un titolo che potrebbe rifondare un genere, evocando l’accostamento culinario-identitario del ben noto Spaghetti Western; ne La città proibita tale accostamento fa anche parte della trama, visto che la sua storia parte da due ristoranti vicini tra loro nel multietnico quartiere romano dell’Esquilino: una storica trattoria romana e un ristorante cinese.
La città proibita richiama l’omonimo titolo italiano del film di Zhang Yimou, Maestro del Cinema cinese, che in un tripudio di oro e costumi sfarzosi ha raccontato un’epopea del genere wuxia tra le mura di un imponente palazzo negli anni della dinastia Tang posteriore.
Nel film di Mainetti, La città proibita è il nome del ristorante cinese in cui si svolge l’evento traumatico iniziale che darà il via a un vero e proprio revenge movie in chiave giallorossa.
[Il trailer ufficiale de La città proibita]
La città proibita è però anche Roma: una Roma bizantina, fagocitante, che nel suo sottobosco multistrato lascia ampio raggio d’azione a malavite di provenienza diversa, solitamente in convivenza, spesso in contrasto.
Una città che ti assorbe e che ti cambia, che conquista inevitabilmente - in un’accezione sia positiva che negativa - anche chi vorrebbe conquistarla.
Che Gabriele Mainetti sia appassionato di cultura pop proveniente dall’Oriente era già chiaro dal suo apprezzatissimo film d’esordio Lo chiamavano Jeeg Robot, che oltre ad aver riportato il genere action in Italia - e perché no, posto le basi per un filone cinecomic tricolore - ha avuto il merito di regalare uno dei più memorabili cattivi della filmografia italiana: lo Zingaro impersonato dal camaleontico Luca Marinelli, che ha subito rubato la scena al protagonista Claudio Santamaria.
La città proibita è intriso di omaggi e di rimandi al Cinema di genere, ai fumetti e alla cultura pop italiana e internazionale, creando una narrazione godibile, forse un po’ prevedibile negli sviluppi di trama ma confezionata con maestria e, aspetto mai da sottovalutare, con un'enorme passione e un grande amore per il Cinema.
[La città proibita è anche una commistione di culture culinarie]
Malavita malavita malavita
Cina, qualche anno fa: un padre allena le sue due figlie Yun e Mei nella nobile arte marziale del Kung Fu.
Arriva il postino e Mei è costretta a nascondersi per via della politica del figlio unico, legge cinese che dal 1979 consentì a ogni coppia di avere al massimo un figlio per contenere l’esorbitante incremento demografico.
Il provvedimento venne considerato presto una violazione dei diritti umani e nel 2013 venne abolito, anche a causa dell’ormai inevitabile invecchiamento della popolazione; solo dal 2021 sono state abolite anche le multe che i genitori con due o più figli dovevano pagare per i nati in sovrannumero.
Roma, giorni nostri: nei sotterranei del ristorante La città proibita la malavita cinese capeggiata dal signor Wang (Chunyu Shanshan), gestisce traffici di prostituzione tra bordelli e finti centri massaggio.
Mei (Yaxi Liu) è cresciuta ed è arrivata a Roma nascosta in un camion: è in cerca della sorella Yun (Miki Yeung Oi-Gan), arrivata in Italia anni prima e costretta a prostituirsi per mandare soldi alla famiglia.
Gli insegnamenti di Kung Fu del padre, che Mei ha imparato molto meglio della sorella, sono stati efficaci: grazie a essi Mei riuscirà a farsi valere.
[Sabrina Ferilli e Marco Giallini ne La città proibita]
Bruce Lee
Non si può mostrare sullo schermo il Kung Fu senza fare anche solo un microscopico riferimento a Bruce Lee, che del Kung Fu al Cinema ne ha fatto arte.
La città proibita non vi ha rinunciato di certo: se nel ristorante Da Alfredo campeggia tra le foto ricordo una del proprietario insieme a Francesco Totti, a La città proibita fa bella mostra una foto di Wang insieme all’attore simbolo del Kung Fu, di cui anche Wang è esperto, come si vedrà nella scena di combattimento contro Mei.
Ogni protagonista che si rispetti dei film di Mainetti ha un superpotere: Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria) di Lo chiamavano Jeeg Robot aveva la superforza, scaturita dal contatto con liquami sconosciuti versati nei fondali del Tevere; Matilde (Aurora Giovinazzo) di Freaks Out era pervasa da energia elettrica ad alto voltaggio; Mei de La città proibita è una campionessa di Kung Fu, che è un superpotere che non ha nulla di sovrannaturale ma che in un certo senso rende sovrumani.
Il Kung Fu, arte marziale tra le più note e antiche al mondo, ha storicamente diversi stili collegati ognuno a una vera e propria filosofia, che rende tale arte uno stile di vita.
Il più famoso è sicuramente lo Shaolin, per via dell’addestramento intensivo a cui si sottoponevano i monaci omonimi che vivevano appunto questa arte marziale come parte del proprio percorso religioso.
Tante sono state le pellicole più o meno conosciute che hanno ritratto il Kung Fu nelle sue numerose sfumature: l’addestramento della Sposa da parte di Pai Mei in Kill Bill - Vol. 2 è solo una delle scene più famose.
[La città proibita: Mei combatte all'interno del ristorante cinese]
Le sequenze di combattimento sono proprio la parte più interessante e coinvolgente de La città proibita, girate con precisione, sapienza e realismo: la regia di Mainetti infatti evita di enfatizzare movenze irrealistiche, come camminate sull’aria e piroette al ralenti - quasi sempre presenti nei film di arti marziali - prediligendo il ritmo del combattimento serrato.
Per far ciò si è avvalso dell’esperienza dell’action designer e stunt Liang Yang, che vanta due vittorie ai SAG Awards come Miglior Performance di un Ensemble Stunt per Wonder Woman 1984 e Skyfall, oltre alla partecipazione a numerosi franchise action hollywoodiani come Mission: Impossible, Star Wars e Marvel Cinematic Universe..
Regina dei combattimenti è proprio Yaxi Liu, l’interprete di Mei, attrice esordiente ma che vanta già all’attivo diversi film da stuntwoman, il più importante dei quali è il live action Disney Mulan, in cui Liu è la controfigura della protagonista Liu Yifei.
Ecco quindi che i riferimenti pop strizzano l’occhio anche ai Millennial, citando Mulan (seppur nella sua rivisitazione più recente) non soltanto nell’estetica della protagonista ma anche nell’effettiva partecipazione di Yaxi Liu al live action del 2020.
La sequenza del combattimento di Mei contro gli scagnozzi di Wang all’interno de La città proibita non può che ricordare il duello di Beatrix Kiddo contro gli 88 folli alla Casa delle Foglie Blu in Kill Bill - Vol. 1.
[La città proibita: Mei affronta il signor Wang]
Vacanze romane
Sul fronte italiano La città proibita si difende a mio avviso un po’ meno, mettendo in scena una storia che si rafforza grazie alla controparte cinese e al connubio delle due metà.
Marcello - nome parlante per un personaggio protagonista di un film girato a Roma - trova uno scopo solo grazie a Mei, che pur essendo meno loquace ed esprimendosi solo in cinese comunica molto di più con lo sguardo e con le movenze rispetto a tutti gli altri personaggi.
Mei, come già Enzo Ceccotti, indossa una felpa col cappuccio come mantello dell’invisibilità, per volare sui tetti di Roma alla ricerca di vendetta.
Sabrina Ferilli e Marco Giallini, due attori che più romani non si può, interpretano bene Lorena e Annibale, creando due figurine riconoscibili e godibili: la scena di Annibale che omaggia Fabrizio De André richiama in piccolo la memorabile scena dello Zingaro che canta Un’emozione da poco di Anna Oxa in Lo chiamavano Jeeg Robot, mostrando ancora quanto Mainetti si diverta a disseminare riferimenti anche alla musica leggera italiana calandoli in contesti goliardici e semiseri.
[La città proibita: Mei scopre Roma in sella alla vespa di Marcello]
In fondo cos’è La città proibita se non Roma, scenografia usata e abusata per film di ogni epoca e nazionalità, che sembra quasi sbatterci in faccia continuamente la sua magnificenza, la sua Storia e la sua archeologia, la sua bellezza esaltata e decadente, frenetica e sonnolenta?
Una Roma che al cinema, come in Vacanze romane e Caro Diario, va rigorosamente attraversata in Vespa per non perderne la magia: sempre uguale, sempre diversa, sempre al centro del mondo, qualunque faccia abbia e qualsiasi lingua parli.
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