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Settant’anni fa Un americano a Roma arrivava sul grande schermo con una storia che, sotto l’apparente leggerezza della commedia, offriva un ritratto lucido e universale dell’Italia del dopoguerra: un Paese sospeso tra il desiderio di cambiamento e la necessità di restare fedele alle proprie radici.
Diretto da Steno e interpretato da un Alberto Sordi ormai prossimo a diventare l'icona nazionale che tutti conosciamo, Un americano a Roma è diventato un pilastro del nostro immaginario collettivo, capace di trascendere il tempo e lo spazio.
Basta pensare a quanto sia ancora facile trovare, in qualche taverna italiana, l'immagine di Sordi che divora i maccheroni per comprendere l’impatto che il personaggio di Nando Moriconi continua ad avere.
[Il trailer d'epoca di Un americano a Roma]
Ancora oggi Nando rimane un simbolo delle nostre ambizioni, delle nostre contraddizioni e, inevitabilmente, delle nostre fragilità, fungendo da allegoria universale del sogno (e della disillusione) che accompagna ogni generazione in cerca di un altrove.
Per comprendere l’impatto di Nando Moriconi bisogna però immergersi nel contesto storico di Un americano a Roma: l’Italia degli anni ’50 è un Paese che prova a rialzarsi dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale; gli aiuti del Piano Marshall portano non solo risorse economiche, ma anche un’ondata culturale che invade ogni aspetto della vita quotidiana.
Gli statunitensi non sono solo i "liberatori", ma diventano un modello di vita, una promessa di modernità fatta di Coca-Cola, blue jeans e rock’n’roll.
Il cuore pulsante di Un americano a Roma è appunto Nando Moriconi, un giovane romano che vive con un’ossessione totalizzante per l’America.
Il personaggio, originariamente creato dall'allora aiuto regista del film Lucio Fulci, che oltre a contribuire alla sceneggiatura appare anche nel film in un cameo, era già stato introdotto da Sordi l’anno precedente in un episodio del film Un giorno in pretura.
Per lui gli Stati Uniti non sono solo un luogo, ma un ideale: il simbolo di un mondo dove tutto è possibile, dove la vita è più grande, più luminosa, più vera.
Nando però non è solo un personaggio comico, ma il riflesso di un’intera società che guarda a qualcosa di lontano con un misto di ammirazione, ingenuità e inevitabile fraintendimento. In Un americano a Roma Nando non capisce l’America, la vive come un collage di immagini cinematografiche e simboli che crede di fare suoi: il latte e i corn flakes, il culto delle Marlboro, i cappelli texani.
Tutto in lui grida "vorrei essere altro", ma questo "altro" resta indefinibile, lontano, inafferrabile.
Non si tratta solo di un’imitazione ridicola, ma di una lotta esistenziale: Nando non si accontenta di essere il romano che mangia "maccheroni", cerca qualcosa di diverso, anche se non sa bene cosa.
[La celebre scena dei maccheroni di Un americano a Roma]
La scena ormai cult del monologo rivolto ai maccheroni dove Nando dice "Maccarone, m’hai provocato e mo’ te distruggo!", è molto più di una gag comica: è un momento di resa, il simbolo di un’Italia che non riesce (e forse non vuole) liberarsi delle sue radici.
La forza di Un americano a Roma sta proprio qui: nella capacità di raccontare un’Italia che cambia, ma che lo fa a modo suo, resistendo con ostinazione. Nando è un precursore di una contraddizione che viviamo ancora oggi, quella tensione tra locale e globale, tra identità e desiderio di altro. Ogni suo gesto, ogni frase storpiata in italo-inglese, ogni scena di fuga dai suoi vicini che lo giudicano, rappresenta un conflitto profondo: quello tra il bisogno di appartenenza e la voglia di essere diversi.
Con il suo talento ineguagliabile Sordi trasforma Nando in qualcosa di più di una maschera comica: è un uomo intrappolato in una fantasia che non può realizzare, con le sue paure, le sue illusioni, e quella malinconia che lo rende universale.
Ogni gesto, ogni parola, ogni smorfia di Sordi è calibrata per rivelare questa dualità.
Il risultato è un personaggio che anche a settant’anni di distanza non ha perso la sua forza: Nando è un’icona del Cinema italiano ma è una figura che parla a tutti noi, indipendentemente dal tempo e dal luogo.
Steno, dal canto suo, dirige con un tocco leggero ma mai superficiale, costruendo una satira sociale che non si limita a ridicolizzare il protagonista, ma lo abbraccia, lo comprende.
Un americano a Roma non è soltanto un film: è una fotografia di un momento storico, un pezzo di cultura italiana che ha saputo parlare di un’epoca e, al tempo stesso, trascenderla.
A settant’anni dalla sua uscita resta un’opera capace di farci ridere e riflettere, di farci interrogare sul nostro rapporto con il cambiamento, con l’idea di modernità e, soprattutto, con noi stessi.
Nando Moriconi, con il suo grido disperato "Americaaa!", è ancora lì, simbolo di un’irresistibile tensione tra chi siamo e chi vorremmo essere.
Forse, in fondo, è proprio questo a renderlo eterno: la sua capacità di raccontare, con leggerezza e profondità, il cuore di ogni essere umano.
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