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La prima notte di quiete - Recensione: un'altra faccia degli anni '70

In occasione dei 120 anni di Titanus torna in sala fino al 31 luglio il capolavoro dimenticato di Valerio Zurlini con Alain Delon e Giancarlo Giannini

La prima notte di quiete torna nei nostri cinema a più di 50 anni dall'uscita originale.

 

Dal 27 giugno, grazie alla campagna estiva Cinema Revolution di Nexo Digital, Titanus e Rai Com, abbiamo avuto la possibilità di rivedere sul grande schermo in versione restaurata cinque grandi capolavori italiani prodotti da Titanus.

Il festival Titanus 120° Classics, nato per celebrare i 120 anni della prima casa cinematografica italiana fondata nel 1904 da Gustavo Lombardo e portata al successo dal figlio Goffredo, sta ormai per concludersi.

 

Dopo Il Gattopardo e Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, La ciociara di Vittorio De Sica e Pane, amore e fantasia di Luigi Comencini, dal 25 al 31 luglio sarà proiettato nelle sale italiane La prima notte di quiete di Valerio Zurlini, un capolavoro dimenticato di un regista "fantasma".

 

Valerio Zurlini, sottovalutato in vita e scarsamente menzionato anche dopo la sua scomparsa, è uno dei numerosi registi che hanno contribuito, in forme non così lontane da quelle dei grandi Maestri del tempo, alla monumentalità del Cinema italiano.

Opere del regista come La prima notte di quiete e Un'estate violenta hanno ormai acquisito lo statuto di cult, ma personalmente trovo ancora piuttosto forzato affermare che questi due film siano considerati all'unanimità (specie per un pubblico più generalista) colonne portanti della storia del Cinema italiano.

 

Zurlini insomma resta regista di nicchia, relegato all'ombra dei grandissimi, riscoperto dagli appassionati ma dai più ignorato. 

Peccato perché anche il suo film meno ispirato colpisce per la sua solidità narrativa e registica e per la riflessione esistenziale che trapela dai suoi protagonisti, concepiti da un autore che ha in un certo senso rifuggito il divismo, rinunciando alla fama e alla popolarità acquisita invece dai suoi colleghi. 

 

Con la promessa di raccontare presto molto altro del Cinema di Valerio Zurlini, Titanus 120° Classics mi dà almeno la possibilità di insinuare in chi legge un po' di curiosità, sfruttando il pretesto del ritorno in sala di uno dei più grandi film del regista bolognese: La prima notte di quiete.

 

[Il trailer de La prima notte di quiete]

 

 

Daniele Dominici è un professore italiano trasferitosi a Rimini per una supplenza breve in un liceo classico locale. 

 

Tra una lezione e l'altra passa il suo tempo con un gruppo di scapestrati tra alcol, droga e gioco d'azzardo, mentre inizia a interessarsi allo sconforto straziante di Vanina, una sua bellissima allieva, alla quale tenta di legarsi nonostante i segreti e la miseria che infettano entrambi.

 

Gli anni sono quelli delle agitazioni studentesche, perciò Zurlini lascia emergere l'impegno ideologico della classe e, allo stesso tempo, lo sfrutta per sottolineare il nichilismo imperante del suo protagonista: un principe Myškin interessato solo alla bellezza, un anarchico che lascia tutto accadere, essendo ormai arrivato all'apice della rinuncia di sé.

Zurlini costruisce il protagonista de La prima notte di quiete, senza dubbio frutto di un accurato autoritratto, sul fascino tenero di Alain Delon, stretto in un inseparabile cappotto cammello e in un dolcevita scuro, così tenebroso e solitario, ripreso nelle sue lunghe camminate nei lungomare annebbiati. 

Il regista bolognese racconta il personaggio mentre ispeziona una Rimini d'inverno desolata e desolante, con quella asfissiante foschia che lascia intravedere le insegne sbiadite dei locali colmi di vitalità nella lontana stagione estiva. 

 

Lo scenario è apocalittico, il mare ispira una disturbante malinconia e le barche attraccate al molo si stupiscono di essere giunte nel comune romagnolo per errore.

 

 

[Alain Delon è Daniele Dominici ne La prima notte di quiete]La prima notte di quiete

 

 

La Rimini antifelliniana di Zurlini (che ricorda invece la Ravenna di Antonioni) è il simbolo del decadimento morale e ideologico, persino in un momento di cosi forte coscienza collettiva, di un gruppo di vitelloni - e vitellone - che sopravvivono giocando, bevendo e ingannando il prossimo. 

 

Le atmosfere sono spesso quelle di un polar, con la tromba di Maynard Ferguson e le musiche noir di Mario Nascimbene, ma Zurlini sperimenta con il genere a più riprese, trasformando il suo film ora in un giallo, ora in un dramma sentimentale, ora in un horror psicologico. 

Come in altre sue opere (ne La ragazza con la valigia si associa la figura bellissima e tormentata di Claudia Cardinale all'Aida) ne La prima notte di quiete Zurlini fa interagire liberamente il vecchio e il nuovo, arricchendo il film di numerosi riferimenti letterari, pittorici e cinematografici e, al contempo, lasciando a Enrico Tovaglieri il compito di allestire scenografie pop, caratterizzate da un lussuoso arredamento postmoderno decisamente in voga. 

 

Alle geometrie colorate delle architetture tipiche degli anni '70 si aggiungono allora ne La prima notte di quiete le citazioni a Vanina Vanini di Stendhal (e il relativo adattamento cinematografico di Roberto Rossellini), la contemplazione della Madonna del Parto di Piero della Francesca a Monterchi e l'abbondanza di dipinti rinascimentali che abbelliscono le pareti di locali antichi e contemporanei. 

 

L'apice delle passioni viene raggiunto all'interno di una moderna sala da ballo (che è certamente topos zurliniano, e non solo), perché il regista riesce a trasfigurare la mondanità dell'episodio di festa in una parabola sulla decadenza, costruendo un gioco di sguardi, ruoli e posizioni che abbandona i personaggi al caos delle proprie esistenze, sulle note della malinconica "Domani è un altro giorno" di Ornella Vanoni.

 

 

[L'allora solo ballerina Sonia Petrova nei panni di Vanina ne La prima notte di quiete]

 

 

Su questi personaggi, principali e secondari, si potrebbe parlare per ore poiché essi, come in tutto il Cinema del regista, sembrano sempre vagamente accennati e, invece, dimostrano di contenere in sé significati estremamente potenti. 

 

Tutti i componenti della combriccola edonista in cui è catapultato Dominici sono icone con il volto e la voce di grandissimi attori, come Renato Salvatori e Alida Valli, ma è senza dubbio nel personaggio dello straordinario Giancarlo Giannini, Giorgio Mosca detto Spider, e nel suo sopito interesse omosessuale verso il professore che tutto il pathos del film confluisce fino all'implosione.  

 

La prima notte di quiete è un film sulla decadenza dell'intellettuale in un mondo di violenza, ignoranza e superficialità e avrebbe dovuto per questo far parte di una trilogia mai realizzata, incentrata sul destino di una famiglia nel contesto dell'Italia coloniale. 

Con gli occhi del presente, il film di Valerio Zurlini appare oggi come strumento ideale per comprendere un'altra faccia degli anni '70 italiani, lontana dalle piazze e dall'impegno politico e vicina invece a una provincia fantasma, luogo in cui è sempre più facile (e inevitabile) sperimentare la prima notte di quiete. 

 

Il primo e definitivo sonno senza sogni.

 

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