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Perfect Blue - Recensione: tra realtà e rappresentazione

Abbracciare la complessità: una donna, una idol, un'attrice alla ricerca di se stessa

Perfect Blue è il primo lungometraggio diretto da Satoshi Kon, rilasciato nell’ormai lontano 1997 ma inedito in Italia per ventisette anni e tratto dal romanzo omonimo di Yoshikazu Takeuchi.

 

Il regista affida la la realizzazione tecnica al blasonato studio Madhouse, già noto per titoli più che noti agli appassionati degli anime come Trigun, Nana, Monster, Black Lagoon, Death Note.  

 

[Il trailer di Perfect Blue di Satoshi Kon, nelle sale italiane il 22, 23 e 24 aprile]

 

 

A seguito di una performance poco gradita dal pubblico di tre uomini in calzamaglia la regia di Satoshi Kon segue piccoli gruppi di fan, in attesa di un'esibizione ben più attesa: quella delle CHAM, una girl band j-pop formata da tre idol, in particolare Mima, la protagonista di una triste rivelazione.

 

I fan sanno che quello sarà il suo ultimo concerto e che lascerà il mondo color confetto delle idols, tra tutù e zucchero filato, per approdare al mondo della serialità televisiva e del cinema, una landa sconosciuta e smaliziata. 

 

 

[L'esibizione delle CHAM in Perfect Blue]

 

Il nome di Mima fiorisce subito tra le labbra di uomini adulti e sono loro a colonizzare gli spazi sugli spalti del teatro; è un assalto ai corpi delle CHAM, personificazione di un desiderio poco ortodosso - per usare un eufemismo -, e agli spazi degli adolescenti che, in teoria, sono il target della musica delle idol.   

 

Ma chi sono le idol? Seppur questo termine a oggi sia associata più la scena musicale k-pop sudcoreana, più conosciuta in Occidente, l'origine del fenomeno ha la sue radici nel Paese del Sol Levante, dove riguarda perlopiù le girl band

 

Le idol sono adolescenti che lavorano principalmente nel mondo musicale - anche se non mancano partecipazioni in televisione o come modelli - fin dalla pubertà e le loro performance non si limitano solo al canto, ma anche alle coreografie.

 

Nonostante il loro precoce talento, la fama delle idol è destinata a essere limitata nel tempo e a essere inesorabilmente legata alla loro giovane età: un idol non è solo performance ma è estetica e relazione parasociale. 

 

A differenza delle baby star che costellano il mercato occidentale - seppur il fenomeno sia in netto calo, fortunatamente, rispetto agli anni 2000 - si tratta di un mercato corroborato e di un sistema comprovato.

Ogni anno, infatti, alle audizioni per diventare idol partecipano migliaia di ragazzini e ragazzine, affamati di gloria, anche se solo per qualche anno. 

 

Oltre all'eccezionalità delle baby star, c'è anche la loro irraggiungibilità: il mondo dello spettacolo rimane un sogno, a meno di fan ossessivi, ma questi vengono recepiti dalla società come disadattati.

 

Nel rapporto tra idol e fan questo muro si rompe: il fruitore deve essere convinto di poter instaurare una relazione umana con il performer, perlopiù di tipo sentimentale o erotico.

Per questa ragione nei contratti tra il performer e le agenzie viene esplicitata la clausola per cui non è possibile per l'idol avere relazioni amorose o, nel migliore dei casi, di fare di tutto per tenerle nascoste, pena lo scioglimento del contratto e, implicitamente, l'umiliazione pubblica.

 

L'idol è un feticcio che appartiene ai fan: è perfetto ma raggiungibile, abbraccia i propri sostenitori agli eventi firmacopie, stringe le loro mani, pronuncia frasi precostruite in grado di far sentire l'interlocutore amato.

 

L'idol odierno si diletta in lunghe dirette sui social network per far sentire lo spettatore coivolto nelle proprie attività quotidiane, recita davanti alla telecamera e utilizza schemi comportamentali preimpostati affinché lo spettatore possa cullarsi nell'illusione di essere l'unico presente. In cambio il fan acquista tutto il merchandising del suo idolo e i suoi dischi pubblicati in vari formati: una sorta di offerta votiva. 

 

Se le relazioni parasociali sono naturali per gli adolescenti, che le usano come trampolino di lancio per tuffarsi in seguito nel burrascoso mare delle relazioni umane, non lo sono per gli adulti, specie se tali relazioni coinvolgono idol ragazzine.   

 

 

[L'ossessione di un fan sfocia nello stalking in Perfect Blue]

 

Che la società permetta agli uomini adulti di occupare ogni spazio non è di certo prerogativa della cultura nipponica: senza divagare e calarsi nei dettagli sarebbe facile sciorinare una vagonata di esempi. 

 

La peculiarità è che lo star system giapponese fa leva, senza remore, su questo aspetto a scopo di lucro.  

In Perfect Blue Mima è ormai prossima a compiere il salto: ormai adulta, sente giunto il momento di abbandonare il costume e passare alla recitazione. 

 

I fan però non ci stanno: la protagonista acquista un PC per leggere i post de "La stanza di Mima", un blog creato per simulare la personalità della - ormai ex - idol, in cui la Mima delle CHAM continua a vivere tra codici e algoritmi.

 

A quel punto avviene il primo scollamento tra realtà e rappresentazione: Mima è se stessa ma al contempo la sua persona pubblica, esiste come individuo ma anche come percezione che hanno i suoi di lei i suoi (perlopiù ex) fan.  

 

Mima è se stessa e le sue maschere - un concetto di pirandelliana memoria - ma lo è non solo a livello di percezione, ma anche in forma virtuale.

Il simulacro della idol continua a vivere e Satoshi Kon anticipa in Perfect Blue ciò che diventerà una realtà effettiva anni dopo, con l'avvento dei social network.

  

Siamo ancora a un internet degli albori, la bolgia incontrollata di blog e dei forum, senza mediazione.

Sono temi cari ai media giapponesi tra la fine degli anni '90 e l'inizio degli anni 2000: basti pensare alla serie animata Serial Experiments Lain nel 1998 o al film All About Lily Chou Chou di Shunji Iwaii nel 2001.

In maniera trasversale l'abolizione delle mura tra realtà e rappresentazione e l'alienazione tra i rapporti umani è anche uno dei temi cardine di Neon Genesis Evangelion.  

 

Eppure, a discapito del piano della razionalità, è l'inconscio a portare Mima a confondere se stessa con l'idea che hanno di lei. 

 

 

[Il film di Satoshi Kon è servito da ispirazione per diversi autori occidentali, come Darren Aronofsky, che cita Perfect Blue esplicitamente sia ne Il cigno nero che in Requiem for a dream, due film che riflettono proprio sulla frammentazione dell'individuo, e Christopher Nolan, che invece si è ispirato a Paprika nel suo Inception per la rappresentazione dell'inconscio e della dimensione onirica]

 

Il salto di carriera non vuol dire, del resto, libertà; il corpo di Mima è ancora feticcio, la sua dimensione interiore solo un peso. 

 

Alle idol è associata freschezza, gioiosità, candore virginale: alla base della relazione parasociale tra l'uomo adulto e la idol adolescente non c'è solo la fantomatica illusione di unicità ma anche il sogno di essere pionieri nell'infrangere la sua purezza. 

 

Durante le riprese della serie, Mima sarà protagonista di una scena in cui viene simulato uno stupro di gruppo: la tensione messa in scena ci cala nella prospettiva dell'attrice.

Non si tratta di finzione: il suo corpo è nuovamente cannibalizzato, lo sguardo è ancora sessualizzante.

Cambia il mezzo, cambia il linguaggio, ma non la sostanza.

 

L'uomo denuda l'idol con l'immaginazione, gode dell'attrice nuda in una rappresentazione che non lascia nulla all'immaginazione e poi, ancora, Mima si ritrova a dover svolgere uno shooting in topless. 

 

Alla vergogna di una giovane donna pudica a cui mai è stata concessa la possibilità di familiarizzare con il proprio corpo come dovrebbe fare un'adolescente. si associa il dissenso di chi la associa a MiMa della CHAM e non ne accetta la svolta adulta; la sua libertà di scelta di carriera è solo fittizia. 

Al pubblico e all'industria dell'intrattenimento non interessa abbracciare la complessità del suo feticcio e la ragazza non sa neanche come approcciarsi alla varietà delle proprie emozioni.

 

Nessuno pare aver chiaro il concetto di consenso: lo stupro diviene reale nella misura in cui nessuno percepisce il suo disagio e in Perfect Blue Satoshi Kon non si esime dal rappresentarlo come se fosse reale. 

 

 

[L'idol e la donna convivono nella Mima di Perfect Blue]

 

Mima interagisce con un suo alter ego che veste il suo outfit da idol e che la definisce un'impostora: il suo senso di colpa prende una forma.   

Mentre la persecuzione del suo alter ego diventa sempre più insistente e il muro tra realtà e rappresentazione diventa sempre più labile, insignificante, fino a liquefarsi, Mima confonde fatti avvenuti con scene interpretate dal suo personaggio e si sveglia nel suo letto diverse volte con stacchi netti rispetto alle scene precedenti ambientate sul set, con le sue reazioni che esulano da quelle previste dal copione.   

  

In Perfect Blue non ci sono le convenzioni che di solito caratterizzano gli anime, in cui ai flashback e alla dimensione onirica viene associata una diversa colorazione o persino uno stile di animazione differente: tutto esiste sullo stesso piano, a prescindere dal tempo e dallo spazio.

 

La dimensione interiore, quella esteriore, il set, il blog e la cameretta della protagonista, ordinata e pulita in principio, disordinata e claustrofobica poi, prima luogo sicuro in cui rifugiarsi e poi esposizione del caos, perché a un certo punto non ci si può esimere dall'affrontare la propria solitudine.  

 

A peggiorare le cose saranno una sequenza di omicidi: lo sceneggiatore, accusato di aver infangato la sua immagine con la scena di stupro, poi il fotografo dello shooting e infine il produttore. 

Il fautore dei suddetti crimini è un fan di Mima, che emerge nella bolgia fin dai primi minuti, durante l'esibizione delle CHAM; l'abilità di Satoshi Kon in Perfect Blue è aver delineato in pochi secondi l'ossessione del personaggio.

 

Infatti l'uomo, sgradevole e folgorato dalla bellezza del suo oggetto del desiderio, allunga la mano in sua direzione; il focus si ribalta e vediamo Mima dal punto di vista del fan, come se stesse danzando sul palmo della sua mano.

 

 

[Realtà, fantasia e rapporti di potere sono messi in scena con sapienza da Satoshi Kon in Perfect Blue]

 

È proprio dietro questo inquietante personaggio che si cela l'identità di Me-Mania - gioco di parole tra Mima e mania - il blogger che impersonifica la protagonista online. 

 

A tal proposito può venire in mente una delle storyline di Dolls di Takeshi Kitano, un film di pochi anni successivo, in cui una giovane idol rimane sfigurata a seguito di un incidente e un suo fan - di nuovo un uomo adulto - si acceca a sua volta per avvicinarsi alla pop star.

Seppur il film di Kitano abbia altri intenti rispetto a Perfect Blue e nel complesso tratti dell'inconciliabilità tragica di diverse forme d'amore, il collegamento pare la naturale trasposizione di un problema reale, ovvero le conseguenze nefaste dell'incapacità di un adulto di discernere tra una relazione parasociale e un sentimento reale. 

 

Nel finale di Perfect Blue, Mima finisce per uccidere Me-Mania e, a soccorrerla, accorre Rumi, la sua manager.

Con un colpo di scena inaspettato si scopre essere lei stessa a impersonare l'alter-ego di Mima, a fornire allo stalker la documentazione per il blog e a incoraggiarlo nei suoi atti criminali.

 

La donna ha fallito la sua carriera come idol in passato e, a causa della sindrome da personalità multiple che la porterà nell'epilogo di Perfect Blue a venire rinchiusa in un ospedale psichiatrico, si identifica come Mima delle CHAM.

 

 

[Rumi e Mima in Perfect Blue]

 

Rumi è il monito di ciò che Mima rischia di diventare se non acquisirà coscienza di sè, del suo corpo, del consenso, della complessità della realtà.

Rumi è il prodotto non curato di uno star system che è un tritacarne, in cui le idol sono al contempo fugaci divinità e prodotti di consumo, da scartare nel momento in cui smettono di assolvere il loro ruolo o non riescono a farlo in modo efficace.

Rumi è una donna in un sistema che fa di tutto per impedire alle donne di prendere coscienza di se stesse, che le ancora alla paura di invecchiare e di non essere in grado di soddisfare lo sguardo maschile. 

 

Rumi è un monito ed è per questo che Mima la perdona e la va a trovare presso l'ospedale psichiatrico.

 

Il trauma generazionale al cuore di Perfect Blue si risolve in una nuova consapevolezza; Mima si riflette nello specchietto dell'auto e alla domanda ricorrente "Tu chi sei?" risponde, ormai senza timore, "Io sono quella vera". 

 

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