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Quarto potere non ha bisogno di grandi presentazioni.
Capolavoro di Orson Welles che lo produce, ne co-scrive la sceneggiatura, lo dirige e lo interpreta ed è per esperienza personale che confermo sia oggetto di studio a livello universitario tra le più alte rappresentazioni di narrativa, oltre che di cinematografia.
[Il trailer di Quarto potere]
Per trattare di un prodotto di tale livello, bisogna rivolgersi a chi è più importante di me, un non banale Jorge Luis Borges che disse nella sua recensione del film: "Citizen Kane perdurerà".
Adesso che Quarto potere è tornato al cinema, si ha la riconferma che Borges aveva ragione, che Citizen Kane è effettivamente perdurato, ma è anche giusto chiedersi il motivo e riconoscere che non avrei il tempo sufficiente per rispondere a questa domanda in modo esaustivo neppure in venti articoli, ma ci proverò.
Quarto potere (in originale Citizen Kane, riprendendo il nome del protagonista) è ispirato alla biografia del magnate dell'industria del legno e dell'editoria William Randolph Hearst, e racconta la storia di Charles Forster Kane, un grandissimo uomo d'affari la cui morte viene annunciata all'inizio del film.
Da quel momento ne si ripercorre la vita, dalla decisione della mamma di farlo crescere da un uomo d'affari fino agli amori, le sconfitte e i successi.
Non è tutto: Kane è morto pronunciando la parola "Rosebud" (in italiano Rosabella) e nessuno sa cosa volesse dire o chi sia questa persona, ammesso che sia tale.
La prima eccezionale grandiosità di Quarto Potere che salta subito all'occhio, è la grande capacità di incastrare più narratori e focalizzazioni nel raccontare la storia.
Sono ben sei i punti di vista che si susseguono, diverse persone raccontano la vita di Kane e lo fanno anche attraverso diversi media e mezzi.
Se consideriamo che Kane nel corso del film discute spesso di comunicazione (il quarto potere del film è in sociologia proprio la funzione dei mezzi di comunicazione di massa come strumenti della vita sociale e democratica), lo stesso film risulta una metariflessione sul modo di comunicare e raccontare.
[La scena dell'adozione di Charles Forster Kane]
Ritroviamo una serie di flashback con diverse prospettive tra le più classiche, che in linguistica chiameremmo diamesiche (che riguardano il mezzo), come ad esempio il diario, che è il secondo mezzo se contiamo come primo il trailer del documentario all'inizio, e poi lo stesso pseudodocumentario su Kane.
La comunicazione su un uomo che tratta di comunicazione avviene anche attraverso i dialoghi che suonano più come interviste, dovute alla realizzazione di un docufilm all'interno del film; ecco che la riflessione su come si narra non passa attraverso lunghi "spiegoni" filosofici, bensì attraverso il delineamento degli stessi di fronte allo spettatore che si trova in un gioco che neppure percepisce come tale.
Le focalizzazioni dentro Quarto potere sono, per usare termini cari alla narrativa scolastica, interne ma anche esterne: il regista è fuori da tutto e costruisce un rompicapo interessante mentre muove come pedine i vari narratori che raccontano un pezzo dal loro punto di vista.
Quello che per assurdo non racconta e non parla mai è proprio Kane: lo si vede da fuori, da quello che gli altri hanno capito di lui, di lui si sa tutto tranne una sola cosa, che gli altri non sanno raccontare bene: la sua ultima parola.
Quarto potere è, come disse Borges, soprattutto un "giallo metafisico" che non riguarda solamente la ricostruzione della vita di un uomo, bensì la scoperta e la decifrazione di un mistero.
Chi è Rosebud?
È qui che oltre al potere narrativo di Quarto Potere entra in gioco l'aspetto più cinematografico che lo riguardi, ovvero il rapporto con lo spettatore.
Umberto Eco nel saggio Sei passeggiate nei boschi narrativi afferma come nella stesura di un libro l'autore stipuli un patto narrativo con il lettore che prevede esista un "lettore modello" della sua opera.
Questo lettore modello è una figura in grado di comprendere cosa l'autore vuole comunicare, ma non è un soggetto passivo: partecipa attivamente alla storia poiché è dal suo modo di leggerla che dipende tutto.
È un espediente narrativo che è stato usato spesso da Italo Calvino, quando in Se una notte d'inverno un viaggiatore è quasi il lettore a dover decifrare la situazione e ne Il castello dei destini incrociati deve comprendere il gioco dietro le carte.
Allo stesso modo in Quarto potere lo spettatore è chiamato a decifrare il giallo metafisico, con tutte le informazioni e i pezzi del puzzle che Orson Welles fedelmente gli mette davanti.
Tuttavia non riesce subito perché non si rende conto del proprio potere: a differenza dei narratori, lui vede la situazione nel complesso eppure non nota quando la slitta di Kane bambino gli viene letteralmente sbattuta in faccia, né si accorge quando con maestria in punto di morte Kane fa cadere una palla di vetro con la neve e l'inquadratura finisce proprio lì dentro.
[La palla di neve è un correlativo oggettivo in Quarto potere]
È dentro una palla di vetro che lo spettatore è stato imprigionato, convinto di vedere la vita di un grande uomo, fin dalle prime note dell'ipotetico docufilm che con entusiasmo decanta la grandezza di Charles Foster Kane.
Qualcosa però bussa sempre alla porta: l'insistente presenza del puzzle come rompicapo costante inquadrato nel film è l'esempio più emblematico di geniale uso di correlativo oggettivo nel Cinema.
Welles non è Calvino, non può scrivere le parole e farle leggere, può però costruire inquadrature, disseminare indizi macabri e tristi fino alla rivelazione finale e al fuoco che porta davvero a Rosebud: la slitta con cui Kane giocava da bambino, data alle fiamme.
Dalle tecniche narrative così geniali e sorprendenti, allora, si passa perfino al significato.
Tanti lavori sono raccontati bene, ma non per forza hanno morale o significato degni di nota, Quarto potere invece ha anche questo.
La malinconia di una vita piena di tutto, ma in fondo di niente, è l'inganno primario che opera ai danni dello spettatore, quando gli fa credere di raccontare il sogno americano e poi lo rovescia, per mostrare cosa significa possedere tutto e di fatto non avere nulla.
[Orson Welles sul set di Quarto potere: all'epoca delle riprese l'artista aveva appena compiuto 25 anni]
La vicenda di Quarto potere è profonda, intricata e kafkiana.
Come disse sempre Borges: "Quarto potere ha per lo meno due argomenti.
Il primo è di una imbecillità quasi banale, vuol subornare l’applauso dei molti distratti.
È formulabile così: un vano milionario accumula statue, giardini, palazzi […] scopre che quelle miscellanee e pletore sono vanità di vanità e tutto è vanità", ma poi dalla vanità si va oltre e il film diventa "capace di unire al ricordo di Koheleth quello di un altro nichilista: Franz Kafka".
La narrazione, le immagini, tutto è studiato per rimandare ai cervellotici drammi esistenziali di natura kafkiana, del resto vent'anni dopo Quarto potere Orson Welles dirigerà e interpreterà proprio Il processo con protagonista Anthony Perkins, tratto dall'omonimo romanzo di Franz Kafka, dove con altrettanta capacità sono ricostruiti i paradossi del dramma interiore e inspiegabile che vive il protagonista in una situazione assurda.
Anche Charles Forster Kane ha nel suo dramma un assurdo: la perdita dell'infanzia, della solitudine e la distanza dagli affetti, di un isolamento a cui forse al pari del signor K. de Il processo è portato a causa dell'assurdità della vita.
"Se non fossi stato molto ricco, forse sarei potuto diventare un grand'uomo", afferma Kane in una scena del film.
Quando dopo così tanti anni corriamo in sala a rivedere la sua storia, forse perché ormai ci sembra di conoscerlo da anni, di aver affrontato il puzzle della sua vita come se fosse il nostro, ci resta ancora da constatare che pur avendo perso la sua slitta Kane ha guadagnato l'immortalità e l'affetto di chiunque si sia commosso nello scoprire la vera identità di Rosebud.
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