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Estranei è innanzitutto una storia di fantasmi.
Adam è uno sceneggiatore, vive da solo in appartamento all'interno di un grattacielo di nuova costruzione nella periferia londinese e la sua esistenza è tutta lì, tra mura scure e finestre ampie, luminose e impossibili da aprire.
Guarda il mondo dall’alto, ma dal mondo non viene guardato: sono estranei l'uno per l'altro. Il panorama di cui gode gli regala albe e tramonti da sogno, che sembrano però lasciarlo indifferente.
Adam, come il primo uomo, è solo.
Non soltanto nella vita, ma nell’intero palazzo, così grande, asettico e labirintico - estraniante - che sembra sovrastare chi decida di abitarci, cioè quasi nessuno.
Una notte l’allarme antincendio lo costringe a uscire in strada; è un allarme di esercitazione, nulla di preoccupante, ma che senso ha fare un’esercitazione antincendio in un palazzo abitato da una sola persona?
[Il trailer internazionale di Estranei]
La memoria non può che andare al disastro della Grenfell Tower, avvenuto nel 2017.
L’incendio del grattacielo residenziale sito a North Kensington, quartiere della parte ovest di Londra, durò per due giorni, uccise più di settanta persone - tra cui due ragazzi italiani - e ne ferì altrettante: l’evento sconvolgente travolse l'opinione pubblica e il governo tanto da portare all’adozione di un quadro normativo completamente rinnovato in materia di misure antincendio, tra cui la manutenzione e il controllo periodico del funzionamento dei dispositivi di allarme.
Da qui le esercitazioni.
Proprio un’esercitazione, dunque, spezza la monotonia di Adam, anche per un'altra ragione: scopriamo che in quel palazzo non è completamente solo, ma molti piani sotto al suo abita un ragazzo.
Anche lui sembra essere solo e quella sera, che cambierà la vita a entrambi, decide di far visita all’unico vicino di casa per mettere a tacere almeno per qualche ora l’assordante silenzio che lo circonda, che cerca di combattere con la musica e il rumore bianco.
Harry, il misterioso vicino, è brillo e un po’ sfrontato, ma desideroso di trovare un po’ di compagnia in tutto quello spazio vuoto che inghiotte entrambi ogni giorno di più.
Adam non si fida, non si sente dell’umore, forse ha paura, così gli chiude delicatamente la porta in faccia, ricadendo nella sua inevitabile - e inconsapevolmente voluta - solitudine.
Se ti sembra reale, allora lo è.
Estranei, dicevo, è una storia di fantasmi.
Niente a che vedere con strane luminescenze e auree iridescenti, ma i fantasmi della nostra psiche ferita, del nostro passato, di tutti i conflitti irrisolti che ci trasciniamo dietro, arrancando nella vita di tutti i giorni.
Adam - interpretato da un magistrale Andrew Scott - ha perso i genitori a dodici anni: la notte di Natale del 1987 uscirono per un brindisi a casa di amici e sulla strada del ritorno la loro macchina scivolò sul ghiaccio, finendo fuori strada.
“Quando diventi genitore sei il fantasma del futuro dei tuoi figli”, dice Cooper alla figlia Murphy in Interstellar.
Quel tragico evento ha bloccato Adam che sebbene nel corpo e nella mente sia ormai un uomo di quasi cinquant’anni, nello spirito è rimasto ancorato al sé stesso bambino, che non ha ancora elaborato la morte dei genitori e che ha numerosi rimpianti, primo fra tutti non aver potuto dire loro chi fosse davvero e raccontargli della propria sessualità.
Decide così di tornare nella propria casa d’infanzia, magari per cercare ispirazione per un suo prossimo lavoro.
La casa è come la ricordava e non è vuota: i suoi genitori - due splendidi Claire Foy e Jamie Bell - sono anche loro bloccati nel tempo all’età che avevano quando sono morti.
Sono ancora lì, innamorati e felici di rivedere il loro bambino.
Adam non crede ai propri occhi, ma la gioia di riaverli con sé e il desiderio di rientrare in contatto con loro sono molto più forti di qualsiasi pensiero razionale. Sono di nuovo lì e nonostante siano più giovani di lui non gli sono estranei, ma anzi del tutto familiari. La loro vita insieme può, forse, ricominciare laddove si è fermata.
Questo primo incontro dà a Adam nuova spinta vitale.
Con la promessa di tornare a trovarli, ritorna a casa felice, tanto da essere lui a tentare un nuovo primo approccio con Harry, incontrato in ascensore.
Solo qualche giorno dopo, i due si incontreranno davvero per la prima volta, quando Adam non avrà più paura di far entrare Harry - un Paul Mescal strepitoso e sempre a proprio agio in ruoli struggenti - in casa propria e nella propria vita.
Due estranei che estranei non saranno più.
[Estranei: Jamie Bell e Claire Foy sono il padre e la madre di Adam]
Nodi.
La relazione tra Adam e Harry si plasma lentamente davanti ai nostri occhi, come se stessimo osservando una coppia di amici innamorarsi e decidere di stare insieme.
La complicità che si crea - resa in maniera molto spontanea e credibile anche grazie alla chimica reale tra Scott e Mescal - parte da una base di insicurezze e imbarazzo da parte di Adam, che solo grazie a Harry riuscirà a svelare completamente una nuova parte di sé.
Adam non è mai riuscito a dire ai propri genitori di essere gay e dunque, non avendo mai attraversato quel metaforico scontro con loro, è come se in un certo senso non avesse mai davvero accettato sé stesso.
Solo dopo averli incontrati nella sua casa d’infanzia si concede di far entrare Harry nella propria vita scegliendo di aprirsi a un sentimento inedito, che prima non si sentiva in diritto di provare, perché aveva fatto proprie le subdole paranoie percepite da parte dei genitori.
[Estranei: Adam parla con la madre]
Adam non ha mai potuto fare coming out da ragazzo e si è portato dentro questo nodo nel petto fino alla mezza età.
Una volta ritrovati i genitori decide di dir loro chi è, come farebbe un uomo della nostra contemporaneità, costretto a scontrarsi con le idee, le opinioni e i pregiudizi ancora fermi a più di trent’anni prima.
La madre non lo crede possibile, lo mette in guardia sulla solitudine che deriva da “scelte di vita” come le sue, lo avverte che non potrà mai avere una famiglia, ha paura dell’AIDS e del trattamento che la società potrebbe riservargli.
Adam è costretto a spiegarle che le cose non sono più com’erano negli anni '80, che la società è cambiata e che anche lui, se vuole, ha il diritto di farsi una famiglia e di sposare chi ama.
L’AIDS non fa più paura come prima e lui può essere chi vuole, ma in fondo lui stesso ha introiettato inconsapevolmente quelle paure, che lo hanno bloccato per tanti anni.
Solo il rapporto con Harry riuscirà pian piano a sciogliere quei nodi che si porta dentro.
[Estranei: Adam e Harry chiacchierano per la prima volta]
Harry ha vent’anni in meno di Adam.
Il suo coming out con la propria famiglia è stato molto più lineare, è stato accettato senza apparenti problemi e vive tranquillamente la propria sessualità eppure, anche lui, è incredibilmente solo.
I suoi genitori vivono nella non lontana Leeds, ma sono come degli estranei perché lui gli è diventato estraneo dopo aver detto loro chi è veramente.
Lui è “il margine della famiglia”, colui che si discosta dai canoni di “normalità”.
Anche Harry, seppur per motivi simili ma diversi, soffre dunque la solitudine data dall’accettazione solo formale da parte dei suoi genitori.
Questo è un aspetto che sia il regista Andrew Haigh sia Andrew Scott hanno spesso evidenziato: nelle storie di coming out ciò che fa più male non è il rifiuto totale, ma l’accettazione parziale di una persona, come un figlio o una figlia, che si dovrebbe invece amare incondizionatamente.
Sono quegli atteggiamenti inconsapevoli e involontariamente insensibili da parte di un genitore che ha paura di confrontarsi con qualcosa che non riesce del tutto a comprendere; alcune parole taglienti e alcuni gesti disattenti considerati del tutto innocenti possono essere molto dolorosi per chi sa di non essere completamente accettato dalla propria famiglia.
È una condizione che sia Adam che Harry vivono nei loro rispettivi modi. Entrambi dunque hanno dei conflitti irrisolti, che affrontano però in maniera differente: Adam richiudendosi in sé stesso e nel proprio passato; Harry aprendosi disperatamente all’esterno, in cerca di qualcuno con cui condividere la propria vita.
“Sono single, ma non per mancanza di volontà”, dirà ad Adam al loro primo incontro.
Adam si definisce gay, Harry si definisce queer ed entrambi trovano strano e quasi divertente il modo di definirsi dell’altro: ciò denota la differenza di età non tanto nel rapporto dell’uno con l’altro, ma in ciò che riguarda l’esperienza personale.
Harry è un millennial, cresciuto in un’epoca in cui la parola queer ha completato il processo di riappropriazione e risignificazione, e appare più progressista della parola gay, in quanto si fa termine più generico e inclusivo.
Adam è figlio degli anni '80 e di tutte le paure di cui ha discusso con la madre - e con il padre, in un dialogo doloroso ma catartico - e percepisce ancora sottopelle l’accezione negativa della parola queer, che ricorda come un insulto.
[Paul Mescal è Harry in Estranei]
La tenerezza è la vera radicalità.
Estranei è una storia sulla libera espressione della propria sessualità, ma non è solo una storia queer.
Durante le numerose interviste del lungo press tour, Andrew Scott ha più volte voluto porre l’accento non solo sull’universalità dell’amore ritratto, ma sull’universalità dei sentimenti tutti, a partire dal legame con i propri genitori e di quanto l’essere amati da bambini condizioni poi la vita intera di tutti noi.
Andrew Haigh ha messo qualcosa di proprio in questa storia, a partire dalla casa d’infanzia di Adam, che altro non è che la reale casa in cui il regista e sceneggiatore ha vissuto quand’era ragazzino.
Da uomini gay (o queer), sia Andrew Haigh sia Andrew Scott portano parte del proprio vissuto nella narrazione, ma senza che ciò confini la storia all’interno di un’etichetta.
Questa, infatti, parla a ognuno di noi, e ognuno di noi può ritrovarvi una parte di sé.
[La casa d'infanzia di Adam in Estranei è la vera casa d'infanzia del regista]
Estranei è una storia d’amore e, come ogni storia d’amore che si rispetti, ha un aspetto fondamentale nella condivisione dell’intimità, che in questo film ha anche un’importanza narrativa, in quanto rappresenta un momento di evoluzione soprattutto per il personaggio di Adam.
In tempi come i nostri - in cui un bacio tra due uomini viene ancora censurato in prodotti della nostra televisione nazionale - mostrare il sesso è una scelta radicale e necessaria e Andrew Haigh non è nuovo a questa scelta.
Ciò che è ancora più radicale è mostrare la tenerezza del sesso tra due uomini, troppo spesso rappresentato con intento quasi esclusivamente voyeuristico e animalesco, come a voler deumanizzare tutti quei rapporti che avvengono in coppie che si discostano dall’unico esempio che per anni ci è stato presentato, ovvero tra un uomo e una donna.
“La tenerezza è l’aspetto più radicale”, come ha affermato spesso proprio Andrew Scott.
[Estranei: Harry e Adam cominciano a condividere l'intimità]
La febbre.
Estranei è il secondo adattamento cinematografico del romanzo omonimo di Taichi Yamada, da qualche giorno di nuovo disponibile in Italia con una nuova edizione, dopo essere stato fuori stampa per anni (potere del Cinema!).
È un romanzo giapponese, dunque specchio della cultura in cui nasce, cultura in cui il rapporto con la morte è molto particolare e sfocia spesso in un’estrema esorcizzazione. La Morte è come un demone che, una volta entrato in contatto con la Vita, non può che attirarla verso di sé, succhiandola via a chi ancora non possiede.
Hideo, il protagonista del libro, deperisce a ogni incontro con i suoi fantasmi, perché entra in contatto con il demone della Morte.
Adam, invece, viene colto sempre più spesso da una febbre che sembra non volerlo lasciare, una febbre allucinatoria che potrebbe essere pura e semplice esaltazione per la nuova vita ritrovata, o nascondere invece qualcosa di ben più drammatico.
[Estranei: per la prima volta Adam va fuori nel mondo insieme a Harry]
Accompagnato da una colonna sonora perfetta, diegetica e composta da hit del passato - Blur, Pet Shop Boys, Frankie Goes To Hollywood - il viaggio di Adam ha dei momenti non proprio chiari, che portano lo spettatore a chiedersi dove finisca la realtà e inizi il sogno o, come già detto, l’allucinazione.
Ritrovare i propri genitori in carne e ossa, proprio com’erano poco prima della loro morte, è un’occasione unica e straordinaria, ma non ha nulla di normale o razionale.
Sembra accorgersene solo Harry, che Adam porta con sé per fargli conoscere mamma e papà.
All’arrivo nella vecchia familiare casa, però, non c’è nessuno.
Le finestre sono buie, le stanze sono vuote, nessun amabile genitore risponde al campanello o agli insistenti colpi sui vetri che Adam continua a dare, sempre più (in)sofferente.
Harry agisce per noi, tentando di dissuadere Adam dal continuare azioni inutili e folli, perché tutti sappiamo che i fantasmi non esistono, ma Adam lo caccia via, quasi tradito dal fatto che lui non gli creda. Harry vuole salvarlo da sé stesso con la realtà del suo amore, mentre Adam vorrebbe rifugiarsi ancora una volta tra i fantasmi del passato e volere, ancora una volta, rimanere bloccato insieme a loro.
Ecco che a un tratto i fantasmi ritornano.
Questa volta, solo per un rapido istante, anche Harry li vede.
Harry non crede ai suoi occhi e la rivelazione che gli si palesa davanti lo fa dubitare di sé stesso, portandolo a fuggire via e portando noi spettatori a chiederci se anche lui abbia le visioni o se, in fin dei conti, i fantasmi che non riusciamo a lasciare andare non siano in qualche modo più reali di quanto possiamo o vogliamo immaginare.
[Estranei: Harry si presenta alla porta di Adam per la prima volta]
Il vampiro alla porta.
Nel 2015 Erik Gandini e il suo documentario La teoria svedese dell’amore hanno fatto breccia nell’apparente felicità sociale del paese scandinavo, spesso portato come esempio per molti aspetti della società e che ha fondato sé stesso sulla capacità di rendere ogni proprio cittadino libero e autonomo in un’ottica di totale indipendenza.
Se da un lato questa completa autonomia si concretizza in una più efficace realizzazione di sé, dall’altro rischia di sfociare spesso in un estremo isolamento, perché i legami interpersonali non sono più riconosciuti come assolutamente necessari, il senso di comunità si è indebolito a favore dell’individualismo e la solitudine è diventata dilagante.
Partendo dai concetti espressi dal sociologo e filosofo Zygmunt Bauman sulla modernità liquida e sulla solitudine del cittadino globale (che sono anche i titoli di due suoi saggi), Gandini non dà alcun giudizio morale, ma tenta di aprire una riflessione su come sia possibile che in un paese benestante come la Svezia il tasso di suicidi sia comunque altissimo e su come molte persone anziane muoiano nell’assoluta solitudine e vengano ritrovate solo dopo mesi, se non anni, senza nemmeno la possibilità di rintracciare qualche parente.
La solitudine è una presenza oscura dove tutto si fa assenza. È l’artiglio incappucciato.
Se prolungata nel tempo, ci rende “gli esseri estranei a noi stessi”, come direbbe Luigi Pirandello. Un mondo come il nostro, che ha appena attraversato una pandemia, sa ancora meglio cosa significhi rimanere da soli: “distanziamento sociale” è forse il neologismo più deprimente della nostra epoca.
La solitudine ci offre dunque due sole vie di fuga: il passato, il ripiegamento su noi stessi, la scelta di Adam, oppure il futuro incerto, il superamento di noi stessi, sia pure per vie disperate: la scelta di Harry.
Per tutta la durata di Estranei Harry sembra essere il più forte, il più sicuro tra i due estranei che hanno deciso di unire le loro solitudini in un mondo fuori dal mondo.
Harry è la spalla su cui piangere, il braccio forte a cui aggrapparsi, l’àncora alla realtà.
Harry è la presenza sicura che legge tranquilla sul divano mentre Adam lavora al PC, è l’uomo che ha fatto scoprire l’amore e il sesso ad Adam, quello che gli prepara un bagno caldo per fargli abbassare la febbre.
È l’antidoto alla solitudine.
Harry però non è mai stato il più forte. Perché Harry non è mai stato.
Scopriamo, con un finale che arriva come una pugnalata al cuore, che Harry è morto la prima sera in cui lui e Adam si sono conosciuti.
Che si è presumibilmente suicidato dopo essere stato rifiutato da Adam dal quale, dopo aver scoperto anche lui di non essere solo in quel palazzo, si era recato per sfuggire ai vampiri alla sua porta, stordito dall’alcol per non dover pensare ai demoni interiori che lo attanagliavano, desideroso di un po’ d’amore - o anche solo di compassione - per colmare i vuoti nel proprio petto.
Adam lo trova nel letto del suo appartamento dove era andato a trovarlo, avendo ormai detto "addio" ai suoi genitori e sanato quella parte di sé, per poter finalmente cominciare una vera vita insieme.
Il corpo di Harry giace ormai da giorni e senza nessuno che lo abbia reclamato, nemmeno i suoi genitori, ma il suo fantasma appare ad Adam nel salotto, in una continua e inesauribile allucinazione.
Può la morte fermare l’amore? Non è stato così per i suoi genitori, non lo sarà nemmeno per Harry, che sta pian piano rendendosi conto di non essere più reale.
Per Adam l'unica scelta è quella di portarlo con sé a casa propria, dove la loro storia era nata e si era consumata per tutto il tempo, e lì vederlo svanire, come era accaduto ai genitori, tenendolo stretto tra le proprie braccia e sussurrandogli teneramente la promessa di proteggerlo dall’artiglio incappucciato e dai vampiri alla sua porta.
[Estranei: la luce del sole nascente illumina Adam nell'inquadratura iniziale del film]
La fotografia di Jamie D. Ramsay è dolcemente tagliente e presenta spesso contrasti luce e ombra e colori accesi, ma senza che essi prevarichino la delicatezza della narrazione.
È una luce quasi astrale e agli astri veniamo spesso rimandati: il sole nascente che inonda la figura di Adam alla finestra nell'inquadratura iniziale, la luna rossa che si intravede all'orizzonte, le stelle della scena finale, che accolgono Harry dopo la trasfigurazione.
Le musiche originali, composte da Emilie Levienaise-Farrouch, hanno anch’esse dei toni quasi spaziali, avvolgenti, testimoni del vuoto siderale in cui i due protagonisti si muovono, piccoli astri perduti in un universo troppo grande, ma con una reciproca attrazione gravitazionale.
Per citare ancora Interstellar, “L'amore è l'unica cosa che riusciamo a percepire che trascenda dalle dimensioni di tempo e spazio.
Forse di questo dovremmo fidarci, anche se non riusciamo a capirlo ancora”.
[Estranei: il secondo incerto incontro tra Adam e Harry in ascensore, un gioco di rifrazioni]
Autoanalisi.
“Mio padre pensava che lo chiamassi fantasma perché ne avevo paura... ma non mi ha mai fatto paura.
Lo chiamavo fantasma perché lo percepivo come una persona che cercava di dirmi qualcosa”.
(Sì: Interstellar, ancora).
Adam è uno sceneggiatore: scrive storie per sopravvivere, inventa mondi, personaggi, vicende, situazioni.
Può tutto il suo percorso, dall’incontro con i genitori a quello con Harry, essere stato frutto della sua immaginazione in una strana seduta di autoipnosi e autoanalisi?
Se la storia dei suoi genitori, di cui non ha potuto nemmeno cambiare il finale, era già scritta, da dove nasce la storia di Harry?
Era reale, perché reale era Harry nonostante fosse un fantasma? O la mente di Adam, in un disperato processo di autoguarigione, ha inventato Harry e tutta la sua storia personale e familiare, creandolo più forte di sé stesso per potersi aggrappare a lui?
Sono domande che mi sono posta come spettatrice profondamente colpita da questo film e che lascio a chi avrà avuto la pazienza di arrivare fino in fondo a questo lungo articolo, ma che non devono per forza trovare risposta, perché non sono importanti.
Ciò che conta in questa storia è che in ogni caso Adam ha conosciuto l’amore, per quanto effimero, e ha imparato di nuovo ad amare i suoi genitori, imparando così ad amare sé stesso.
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