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Una serie infinita di coppie ora in parallelo ora in contrasto: questo è First Night Nerves di Stanley Kwan.
La storia di due attrici rivali e opposte in ogni aspetto, ma allo stesso tempo molto simili, che si trovano a lavorare alla stessa pièce teatrale in una storia che ricorda tanto il momento sliding doors delle loro carriere: da un lato Xiuling abbandonava il teatro per non aver avuto una parte a cui teneva molto, dall'altro Yuwen otteneva quella stessa parte, molti dicono grazie a qualche avances di troppo, e iniziava la sua ascesa.
Il film gira tutto attorno alla settimana di preparazione dello spettacolo: ogni dettaglio e ogni parallelo è strumento per mostrare la loro diversità e la loro rivalità, ogni personaggio (le assistenti, le amiche, le fidanzate, i figli, i mariti che le hanno abbandonate...) è un modo per costruire l'ennesimo parallelo o contrasto.
Tanto più le cononosciamo tanto più ad un certo punto iniziamo a ritrovare delle somiglianze, dei punti di contatto, e proprio mentre noi li scopriamo loro iniziano involontariamente ad avvicinarsi.
Il film si apre proprio su questo gioco di specchi con Xiuling che truccandosi sta raggiungendo la conferenza stampa di presentazione dello spettacolo.
Dopo questa primissima inquadratura ci spostiamo in una sala conferenze e qui Stanley Kwan, con l'ausilio del direttore della fotografia Wang Boxue, è bravissimo a mettere in chiaro tutti i partecipanti delle tre squadre in campo attraverso un bellissimo gioco di sguardi e cambi di fuoco.
Vediamo Xiuling, con la sua assistente Nini e l'amica/accompagnatrice Fu Sha; Yuwen e il corrispettivo Yilian e "gli arbitri della partita" Cong, la produttrice, ed il regista della pièce An Ouyang.
In questi primissimi minuti di film vediamo da un lato Xiuling, attrice che ha abbandonato il teatro, muta per scelta in risposta a tutte le domande, dall'altro Yuwen che, pur non sembrandolo, dovrebbe essere scenicamente più giovane, loquace e un po' frivola.
Poi passiamo al ricordo e ai dettagli che sono i veri protagonisti del film: abiti, scarpe, passi, "un vestito sgambato".
Ogni dettaglio racchiude una storia in tipico stile di Hong Kong con un occhio vicinissimo a quello di Wong Kar-Wai, nonostante circa 30-40 minuti dopo venga messo in bocca ad un ex-regista, ora taxista, la massima "il Cinema di Hong Kong è morto".
Un macigno pesantissimo che tutti gli autori di quell'estrazione cinematografica ci ricordano a più riprese.
Importantissima anche un'altra figura registica, ovvero quella di An Ouyang, che nasce come un personaggio schierato e di parte ma che poco alla volta con le sue preferenze, le sue richieste e infine con il suo addio è il vero motore, insieme al suo testo teatrale, del rapporto tra le due donne.
Tutti i personaggi "secondari" sono fondamentali e tutte le storie attorno alle due star sono importanti e necessarie.
L'importanza di Fu Sha, primo elemento di rottura nel gioco dei doppi, è chiara sin dall'inizio, quando la vediamo arrivare e rompere in un istante il silenzio di Xiuling.
Tutto il non detto e il non mostrato della storia tra lei e Xiuling è parte integrante di uno dei cuori del film che attraverso vari personaggi (An Ouyang, il figlio gay di Xiuling...) prova a raccontarci modi differenti di rapportarsi alla propria identità di genere.
E fondamentali sono anche le due assistenti: il primo punto di unione tra i due universi così slegati.
Interessantissimo il modo in cui fin da subito viene chiarito con un diverso stile di regia la differenza tra teatro e reale, e come poco a poco questa differenza si dilegui tanto più le due attrici si immergono nelle interpretazioni e la pièce diventa la loro stessa storia.
Lo spettacolo parla proprio di due sorelle divise da anni di lontananza e da un grande litigio, che si riincontrano nonostante tutte le loro differenze, e che alla fine si riavvicinano.
Dalla prima inquadratura a teatro capiamo subito quale sarà il topos visivo con questi lunghissimi movimenti attorno alla scena che ora svelano subito "la magia del teatro" ora invece si lasciano intendere solo attraverso il tipo di ripresa e che in seguito svelano le quinte e le persone ai lati del palco.
Continuiamo in questo ping pong tra situazioni simili da un lato all'altro della rete, imparando a conoscere l'una e l'altra donna, scoprendo imperfezioni, cicatrici, sofferenze in ognuna delle due.
Quando, ormai conoscendole, le vediamo riavvicinarsi e scavare parlando nelle loro similitudini, nei trascorsi comuni, nelle incomprensioni e nella stima reciproca.
Non è casuale che gli uomini in scena (non considerando An Ouyang che, pur essendo un attore di sesso maschile, interpreta un personaggio che ha cambiato sesso) siano pochissimi e quei pochi di cui si parla (i due ex mariti/compagni delle attrici) siano simboli di abbandono, di tradimento e di indifferenza: è un film fortemente, e giustamente, incentrato sulle figure femminili.
Tutto questo discorso di famiglie, doppi, abbandoni e rancori si innesta in un comparto visivo strepitoso, con alcuni momenti di composizione davvero bellissimi.
Gli sguardi attraverso le porte, gli ostacoli visivi tra le due donne, ogni quadro è composto con un senso e nulla sembra mai lasciato al caso in questo costante gioco di aggiunta di dettagli a un rapporto che sarebbe potuto essere solo detto, ma che così acquista una forza ed una tridimensionalità davvero rare.
Il film ha una chiusura conciliante in cui tutti trovano il proprio percorso e la propria felicità, ma non per questo è meno interessante.
In particolare la riconciliazione tra Xiuling e Yuwen è davvero particolare e bella: non c'è iil classico momento catartico con un dialogo alto e surreale, magari condito anche da lacrime, ma solo una normale conversazione tra due donne quasi coetanee che stanno imparando a conoscersi.
Non è importante cosa si dicano, ma come: e l'effetto è davvero fortissimo.
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