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Babygirl - Recensione: grottesche pulsioni - Venezia 2024

Accompagnata da un cast stellare Halina Reijn compie il suo debutto alla Mostra di Venezia con un thriller erotico di produzione A24

Babygirl si prefigge un obiettivo tutt'altro che semplice: riportare con forza alle luci della ribalta il thriller erotico, complice la presenza nel concorso principale della Mostra del Cinema di Venezia 2024. 

 

Dopo aver raggiunto la notorietà con Bodies Bodies Bodies, Halina Reijn si è guadagnata la selezione ufficiale della sua opera terza anche complici la produzione A24 e un cast stellare che può contare su Nicole Kidman, Harris Dickinson, Antonio Banderas e Sophie Wilde.

 

 

[Halina Reijn, Nicole Kidman e Harris Dickinson sul set di Babygirl]

  

L'opera racconta di Romy, interpretata da Nicole Kidman, CEO di una grande multinazionale dell'automazione che intraprende una relazione con Samuel, il tirocinante intepretato da Harris Dickinson: dall'esplosivo intreccio tra i due nascono gli intrighi che tessono le fila di Babygirl.

 

Romy, da sempre donna di potere, coltiva in realtà desideri e fantasie sessuali che finirebbero per ribaltare la sua percezione pubblica e il rapporto con la sua famiglia.

Nicole Kidman, a suo pieno agio nella collaborazione con Halina Reijn, si dona integralmente al film e fornisce una prova senz'altro peculiare, che la costringe a rimettersi a confronto con la sua fisicità e la propria immagine-personaggio.

 

"Tutti hanno diritto all'orgasmo" è stata la frase più ribattuta della conferenza stampa tenuta dell'interprete di Babygirl a fine film.

 

Il suo personaggio è convinto di questo a tal punto da rischiare di perdere tutto ciò che le è caro: su questo è fondato il rapporto della protagonista con Samuel, che sin dal loro primo incontro mostra una consapevolezza nei propri mezzi e nelle debolezze del suo capo del tutto irrealistica e immotivata, ma in qualche modo funzionale a dar impulso all'opera.

Babygirl si apre, già nel corso dei titoli di testa, con l'affannoso ansimare della sua protagonista che consuma un amplesso con suo marito, interpretato da Antonio Banderas.

Una volta terminato l'atto, i due si scambiano un reciproco "ti amo", poi la donna corre in un'altra stanza e si masturba, evidentemente insoddisfatta di quanto consumatosi fino a poco prima.

Sin dall'incipit si comprende quanto sia dichiarata la volontà di seguire gli stilemi del thriller erotico, ma diviene ben presto noto allo spettatore quanto il film risulti fortemente contaminato dai toni del grottesco, al punto di deformare la carica erotica dei personaggi, tramutandola quasi in verve comica.

 

Sotto questo profilo non ci è dato comprendere quanto Babygirl viri consapevolmente verso la desacralizzazione dell'atto sessuale, ma i tempi di montaggio e la reazione dei personaggi alla propria inadeguatezza sono indizi che lasciano intuire che, probabilmente, il tono complessivo dell'opera è stato calibrato in quella direzione: di momenti eccessivi e battute autoironiche, d'altronde, il film è pieno.

 

[Romy è cresciuta in una comune, proprio come Halina Reijn: un elemento che sicuramente ha influenzato il lavoro svolto in Babygirl] 

 

 

Un thriller erotico dai toni grotteschi diretto da una regista olandese non può che riportare alla memoria il lavoro di Paul Verhoeven, regista che ha diretto Halina Reijn in Black Book e che ne ha influenzato la crescita artistica con un consiglio registico semplice e diretto: 

"Si può dirigere un film solo quando si ha un'istanza così seria e urgente da fungere da motore per la progressione dell'intero film."

 

Le istanze che Halina Reijn ha tentato di far convergere nella creazione dell'opera sono inerenti la femmilità e l'invecchiamento, le logiche di potere e gli istinti naturali.

Ancora una volta - come già fatto nel torbido Instinct - la regista olandese è tornata a fondare il suo lavoro sull'aforisma di Oscar Wilde secondo cui "Tutto nella vita è sesso, eccetto il sesso: il sesso è potere."

 

Su questa concezione è fondato il film: Babygirl sembra volerci ricordare quanto i giochi di potere, se affrontati con consapevolezza, possano essere divertenti. 

 

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