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Il più bel secolo della mia vita è il nuovo film di Alessandro Bardani, distribuito e prodotto da Lucky Red, insieme a Goon Films di Gabriele Mainetti e Rai Cinema e in collaborazione con Prime Video.
Si tratta del primo lungometraggio per Bardani che aveva già diretto i cortometraggi Relatività e Ce l’hai un minuto?.
Il primo vincitore del Premio Alice ‘Un corto per il David’ nel 2007 e il secondo - interpretato da Giorgio Colangeli e Francesco Montanari - nominato ai David di Donatello nel 2012 e acquistato da Rai Cinema l’anno successivo.
[Il trailer ufficiale de Il più bel secolo della mia vita]
Il più bel secolo della mia vita è stato presentato in anteprima al Giffoni Film Festival 2023 e ha ricevuto un’ottima accoglienza, coronata da una standing ovation e dal premio della sezione Generator +18.
Il film è in realtà l’adattamento cinematografico dell’omonima pièce teatrale, scritta dal regista stesso con Luigi Di Capua dei The Pills e andata in scena con successo dal 2015, interpretata dalla coppia Colangeli-Montanari. Per Bardani e Di Capua la sfida è stata anzitutto quella di adattare, insieme a Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli, quel copione che tanto aveva entusiasmato il pubblico dei palcoscenici italiani negli anni precedenti.
L’intento era nobile: la storia alla base de Il più bel secolo della mia vita infatti punta il dito contro un’assurda legge italiana ancora in vigore nel nostro Paese che impedisce a un figlio non riconosciuto alla nascita di conoscere la sua storia biologica non prima del compimento del centesimo anno di età.
Ciò significa che ancora oggi in Italia esistono persone che, oltre a non aver conosciuto i propri genitori, si trovano preclusa la possibilità di indagare circa le proprie origini, non solo per recuperare un rapporto ma anche, per esempio, per conoscere l’ereditarietà di determinate patologie mediche.
[Il trailer dello spettacolo teatrale de Il più bel secolo della mia vita dove Montanari e Colangeli intrattengono una discussione sulle girl e boy band degli anni '90]
Proprio a partire dalla volontà di far rimuovere questa legge Giovanni (Valerio Lundini), che fa parte di un’associazione per figli non riconosciuti, incontra Gustavo (Sergio Castellitto), l’unico centenario italiano abbandonato alla nascita ancora vivo.
Grazie a lui, infatti, Giovanni pensa di poter finalmente sensibilizzare il Governo a compiere delle scelte adeguate rispetto alla legge, permettendo finalmente a molte persone di far pace con il proprio passato.
Gustavo non ha alcuna intenzione di conoscere i dettagli relativi alla madre, ma accetta la missione di Giovanni solo per evadere dal convento di suore che lo ospita e per godersi appieno gli ultimi anni della sua lunghissima vita.
Il film si focalizza perciò sul conflitto non solo generazionale, ampiamente sfruttato nel Cinema (Quasi amici è solo uno dei numerosi film in questo senso), generato dal contrasto delle personalità dei due protagonisti: da un lato l’anziano alla fine della sua vita ma costantemente proiettato verso il futuro, dall’altro il giovane all’inizio della propria esistenza ancorato alla frustrazione di non conoscere niente del proprio passato.
Le due differenti attitudini si riversano perciò nella caratterizzazione dei personaggi: Giovanni è un ragazzo ligio al dovere, serio, pacato ed estremamente organizzato, mentre Gustavo è un uomo sfacciato al quale apparentemente non importa di niente e di nessuno.
[Valerio Lundini e Sergio Castellitto sul set de Il più bel secolo della mia vita]
Ciò che a mio avviso non convince a primo impatto de Il più bel secolo della mia vita è la timidezza con cui questa storia, originariamente concepita per il palcoscenico, è stata adattata per il grande schermo.
Da un punto di vista formale infatti l’adattamento non spicca per originalità: non si valorizzano per esempio le straordinarie location utilizzate nel film, non si compiono scelte di regia determinanti né si elabora un progetto significativo di illuminazione della scena.
Nonostante formalmente il film di Bardani pecchi in sostanza di carattere, il tono generale della commedia stupisce per la sua gentilezza, per la sensibilità, raffinata e contenuta, con la quale il tema centrale viene affrontato.
Un pregio de Il più bel secolo della mia vita è infatti l’equilibrio controllato attraverso cui si sviluppa la maggior parte delle sequenze.
Bardani non punta all’esagerazione per divertire lo spettatore, ma costruisce la sua commedia gettando i semi per una riflessione più consapevole sull’argomento, senza impedire un sorriso ogni tanto; in questo modo Il più bel secolo della mia vita non appare in nessun caso caricato, nemmeno quando avvengono incidenti surreali.
Cruciali in tal senso sono Valerio Lundini, alla sua prima esperienza da protagonista, e Sergio Castellitto: la coppia è inedita, ma funziona decisamente bene grazie anche al gioco degli opposti su cui è basata la scrittura delle parti.
Se il primo non si allontana molto dal suo personaggio del programma televisivo Una pezza di Lundini, con quell’aria da eterno principiante e il vocabolario ricco di parole desuete, Castellitto, decisamente più giovane di un centenario, si cimenta in un’interpretazione complessa e priva di istrionismi, aiutato in particolar modo dall’ottimo trucco, affatto posticcio, di Andrea Leanza e Giulio Zecchini.
Come madre di Giovanni, ma in realtà un po’ madre di tutti i figli non riconosciuti, l’ottima Carla Signoris avrebbe forse meritato più spazio, se non altro per far emergere con maggiore potenza le difficoltà incontrate da un genitore non biologico nel dialogo con il proprio figlio adottivo.
[Sergio Castellitto ne Il più bel secolo della mia vita]
Come ha affermato lo stesso Castellitto, Il più bel secolo della mia vita "Riesce a essere credibile utilizzando la favola [...] è una commedia umana e divertente, eppure parla di morte, dell'attesa della morte.
[...] La canzone di Brunori diventa un piccolo inno morale al tema del film.
Riascoltandola alla fine, ci si rende conto che il testo è una spiegazione emotiva di quello che è successo durante il suo svolgimento".
Il film di Bardani infatti è accompagnato dalla canzone La vita com'è di Brunori Sas, scritta appositamente insieme a Riccardo Senigallia.
La sensibilità del cantautore calabrese, nella scrittura del testo e nella vocalità, è riuscita in effetti a sposare non solo il tono generale del film, ma anche l'elemento tematico centrale: l'impossibilità di vivere compiutamente la propria vita, indipendentemente dall'età, perché aggrappati a un passato doloroso o ignoto.
Il più bel secolo della mia vita di Alessandro Bardani è perciò un (quasi) road movie che punta a sensibilizzare il pubblico e la politica sull’insensatezza di una legge che vieta un diritto umano imprescindibile.
Ma più che altro è un film che, lottando in questo senso, non dimentica di confermare il valore e la legittimazione della genitorialità al di là della componente biologica.
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