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Mission: Impossible - Dead Reckoning - Parte Uno - Recensione: adrenalinica riflessione sulla società

Con il settimo film della saga, Mission: Impossible riesce ancora una volta a rinnovarsi, dando vita a un film che si cala perfettamente nei nostri tempi    

In Mission: Impossible - Dead Reckoning - Parte uno, il tenace Ethan Hunt deve affrontare una minaccia che lo costringerà a fare i conti con il proprio passato e i propri demoni. 

 

Insieme alla sua squadra dell'IMF e a vecchie conoscenze (Ilsa Faust, interpretata da Rebecca Ferguson), Ethan dovrà cercare di disinnescare un'arma che sancirebbe la fine dell'umanità intera.

 

Ancora una volta la posta in gioco è altissima e il minimo errore potrebbe essere fatale.

 

[Il trailer internazionale di Mission: Impossible - Dead Reckoning - Parte Uno]

 

 

Per la terza volta a dirigere un nuovo capitolo di Mission: Impossible c'è Christopher McQuarrie: prima di addentrarci a discutere dell'ultima avventura di Ethan Hunt, ripercorrere brevemente i due precedenti film della saga diretti dal regista statunitense ci aiuterà a dare maggiore uniformità al tutto. 

 

Mission: Impossible - Rogue Nation (2015) e Mission: Impossible - Fallout (2018) avevano egregiamente soddisfatto i fan della saga, riuscendo a calibrare perfettamente sequenze action mozzafiato con storie elettrizzanti e avvincenti, che non mancavano di guardare con occhio critico alla nostra contemporaneità; entrambi i film si distinguevano per una grande eleganza formale, che ricorda alcune delle pellicole più recenti dello 007 di Sam Mendes.  

 

Il ponte che unisce gli ultimi film con Ethan Hunt a quelli del James Bond di Daniel Craig non è però esclusivamente di carattere stilistico-formale: è anche una comune volontà di rinnovare i classici stilemi del noir a favorire tale collegamento.

 

In Mission: Impossible - Dead Reckoning - Parte uno ritroviamo tutti questi elementi: la grande cura per la messa in scena si sposa con una sceneggiatura pregna di spunti riflessivi accattivanti. 

 

Le sequenze ad alto tasso adrenalinico sono numerose e coinvolgenti, tuttavia queste non divorano la storia, che risulta ben sviluppata e compatta per tutti i 163 minuti del lungometraggio. 

 

Tra inseguimenti mozzafiato, duelli cruenti e salvataggi miracolosi c'è spazio anche per una trama che suggerisce diverse riflessioni sulla società ipertecnologica nella quale viviamo: negli anni 2000, e ancor di più durante e dopo la pandemia, abbiamo assistito a un'estrema digitalizzazione di ogni aspetto della nostra vita e della nostra quotidianità; il contatto fisico è ridotto ai minimi termini di fronte al trionfo della tecnologia. 

Alla luce dello scenario attuale, non è probabilmente casuale che il temibile nemico che Ethan Hunt si trova a fronteggiare sia un'Entità digitale, senza volto né nome, intangibile e invisibile.

Un tale avversario diventa ancora più pericoloso nella fluida e interconnessa società contemporanea, dove hackerando un sistema è possibile controllare centinaia, migliaia di persone. 

 

Per riuscire a sconfiggere tale minaccia, il protagonista può contare sull'aiuto della sua vecchia squadra e forse anche su un altro personaggio, la scaltra e affascinante Grace (Hayley Atwell). 

 

La donna, volto nuovo dell'intera saga, ricopre il ruolo della controparte femminile del film, pronta a tenere testa a Ethan Hunt dando vita insieme a lui a un indovinato binomio, caratterizzato da battute ficcanti e divertenti siparietti tipici della più riuscita screwball comedy hollywoodiana. 

 

Bisognerà attendere la seconda parte del film prima di emettere un giudizio definitivo sull'ultima impresa di Ethan Hunt e compagni, senza dubbio però questo primo tempo a mio avviso promette bene, anzi benissimo, confermando la saga di Mission: Impossible come uno dei principali punti di riferimento nel nebuloso orizzonte dei blockbuster della Hollywood contemporanea. 

 

[articolo di Riccardo Franceschini]

 

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