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Prima di lasciarvi a questo articolo su Barbie è necessaria una premessa. Anzi: due.
In occasione della puntata 200 del nostro podcast, registrata dal vivo davanti al pubblico in un cinema di Milano il 13 giugno, Enrico mi ha consegnato brevimano una busta misteriosa che conteneva questa "PREcensione", ovvero una recensione scritta non solo prima di vedere il film, ma addirittura prima ancora che il film sia effettivamente uscito in sala.
Qui potete sentire il momento in cui vengo colto di sorpresa, con Enrico che spiega a tutti cosa stia succedendo.
È evidente dunque la natura giocosa di questo articolo, che nasce come presa in giro e che come tale va vissuto, nello spirito provocatorio e diretto che contraddistringue Enrico "il Tribuzio", che se viene soprannominato "er trucido" un motivo ci sarà... Quindi leggete pure questa recensione-non-recensione di Barbie e poi andate a vedere il film: sono curioso anch'io di scoprire quanto le previsioni del Nostradamus di Terracina si riveleranno esatte, su quello che è a tutti gli effetti uno dei film più chiacchierati della stagione e che sta ricevendo una campagna marketing, a mio avviso, che a volte sfiora la genialità.
Secondo voi quanto risulterà plausibile questa precensione una volta che sarà uscito il film?
[Teo Youssoufian]
[Enrico assieme a Paolo Cellammare la sera dell'evento Podcast 200 Live Show: già dalla sua t-shirt si poteva immaginare una certa animosità nei confronti dell'operazione Barbie]
Nel tentativo di trasformare l'iconica bambola in un simbolo di femminismo e progresso, la regista Greta Gerwig si imbatte con Barbie in un'operazione complessa, che mescola elementi di emancipazione femminile con la commercializzazione del marchio della famosa bambola di produzione statunitense.
La trama segue Barbie che si impegna a sfidare gli stereotipi di genere e le aspettative della società, oltrepassando la soglia che separa il suo mondo di plastica, circondata dalle sue amiche, e il mondo reale, quello in cui tutti noi viviamo.
Il film mette in scena una narrazione che cerca di esplorare l'autonomia delle donne, l'empowerment femminile e l'importanza della diversità. Tuttavia, questi temi sono spesso oscurati dalla presenza pervasiva del marchio di proprietà di Mattel.
La regista tenta infatti di presentare Barbie come un'icona femminista, ma si scontra con la sfida di equilibrare il messaggio progressista con gli interessi commerciali di Mattel, sempre in bilico tra le sue intenzioni artistiche e il marketing non troppo velato, che cerca di fare un rebranding della famosa bambola per renderla più moderna e appetibile alle giovani generazioni. Nonostante le contraddizioni presenti nella trama, Barbie riesce comunque a toccare temi importanti riguardanti l'uguaglianza di genere e l'importanza di sfidare gli stereotipi.
Ci sono momenti in cui le protagoniste femminili mostrano determinazione, intelligenza e coraggio, cercando di ispirare il pubblico più giovane.
[Il trailer di Barbie]
Dal punto di vista tecnico Barbie presenta una fotografia vivace e colorata che cattura l'immaginario iconico che tradizionalmente connota i prodotti del marchio.
Le performance del cast sono solide, nonostante i personaggi a volte rimangano piuttosto piatti a causa delle limitazioni imposte dalla natura commerciale del film. Barbie si inserisce all'interno del dibattito più ampio delle "guerre culturali" negli Stati Uniti.
Le "guerre culturali" rappresentano una serie di conflitti sociali, politici e culturali che riguardano valori, identità e visioni del mondo divergenti.
Questo film diventa quindi un terreno di scontro in cui si confrontano diverse ideologie e posizioni sulla rappresentazione delle donne, sul femminismo e sul consumismo nella società contemporanea.
Da un lato, il film cerca di soddisfare la richiesta di maggiore rappresentazione e di personaggi femminili forti e indipendenti, affrontando temi come l'autonomia e l'empowerment femminile; dall'altro lato l'inclusione di Barbie e la commercializzazione dei prodotti all'interno della trama sollevano interrogativi sulle intenzioni di Hollywood e sull'opportunismo nel capitalizzare il femminismo come strumento di marketing.
Questo tipo di operazione fa comodo sia a Hollywood che al marchio Mattel, perché entrambe proiettano le rispettive industrie verso i gusti di un pubblico che negli ultimi anni è cambiato e che è molto più attento a temi come la rappresentanza di genere.
A farne le spese però è la credibilità di un tema importante come la lotta femminista, perché il film potrebbe far credere alle giovani spettatrici che questa sia l'unica forma di femminismo accettabile o la sola prospettiva valida sulle questioni di genere, cioè quella circoscritta all’interno di un frame consumista.
Il grande inganno di questa prospettiva però è che viene messa sotto il tappeto una contraddizione fondamentale, cioè che è proprio il consumismo, e quindi il capitalismo da cui esso dipende, a perpetrare le dinamiche di potere patriarcale in cui le donne sono intrappolate.
Non può esistere una vera liberazione femminile senza il rovesciamento di un sistema che ne favorisce l’oppressione.
[Da destra a sinistra: Enrico Tribuzio, Teo Youssoufian, Paolo Cellammare, Micol Sarfatti all'evento Podcast 200 Live Show]
Barbie quindi non si discosta dall’ideologia corrente, secondo cui il possesso di oggetti materiali e il perseguimento di uno stile di vita consumistico siano indicatori di successo e autostima, banalizzando e svuotando il tema del femminismo.
In questo senso Barbie è una macchina da guerra perfetta e ben congegnata, in cui la vittima sacrificale è un segmento di pubblico ormai in crescita - i giovani istruiti delle grandi città - che è anche quello più appetibile dal punto di vista commerciale, sia lato Hollywood che lato Mattel, in termini di rilancio di un marchio non più al passo coi tempi. Per farlo è stata usata una brava regista che nel corso della sua filmografia ha dimostrato di essere sensibile ai temi progressisti e che per questo gode di una certa credibilità nel pubblico di riferimento.
In conclusione Barbie è un film che cerca di abbracciare temi femministi, ma si scontra con la sfida di bilanciare il messaggio progressista con la commercializzazione del marchio.
Nonostante le sue contraddizioni, il film riesce a offrire momenti di ispirazione per le giovani spettatrici, incoraggiandole a sfidare gli stereotipi di genere.
È importante guardare oltre la superficie lucida e interrogarsi sulle implicazioni della trasformazione del femminismo in una merce.
Enrico Tribuzio
13/06/2023
1 commento
Terry Miller
1 anno fa
E' scattata la standing ovation in sala
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