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Presente al Concorso Internazionale del Festival dei Popoli 2022, How to Save a Dead Friend di Marusya Syroechkovskaya è un’opera prima veramente notevole, girata nell’arco di 12 anni e ambientata nel primo decennio del nuovo millennio in Russia.
Un film totalmente personale, iniziato dalla regista a soli 16 anni con l’intenzione di raccontare la sua travagliata adolescenza e diventato, nel corso del tempo, il testamento di una viscerale storia d’amore.
In How to Save a Dead Friend la voce di Marusya, caratterizzata da una sorprendente sagacia, accompagna lo spettatore all’interno della sua vita spettinata, nel caos ordinato dei suoi pensieri.
[Il trailer ufficiale di How to Save a Dead Friend]
Marusya vive la sua adolescenza in Russia e, come la maggior parte dei suoi coetanei, le sembra di abitare in un luogo dimenticato da Dio.
In questa "Federazione della depressione” - come la chiama ironicamente lei - molti suoi amici sono stati catturati dal fascino della droga, perdendosi in un circolo vizioso di autodistruzione e scegliendo spesso il suicidio come soluzione per metter fine alle proprie angosce.
Così Marusya, sperimentando continuamente l’ansia di essere condannata al medesimo destino delle persone che ama, cerca in tutti i modi di tenersi impegnata, riversando le sue energie nella realizzazione di un progetto.
L’idea di fare un film nasce tra le feste punk/rock e i ritrovi sgangherati ai quali partecipa, ma l’incontro inaspettato con Kimi fa prendere al documentario una piega inaspettata.
[La regista Marusya Syroechkovskaya parla di How to Save a Dead Friend, presentato da ACID in anteprima a Cannes 2022]
Anche Kimi è un adolescente disilluso, scaraventato in un Paese in cui solo il lavoro e il denaro garantiscono la dignità di essere umano; come lei ama la musica e i Joy Division e spesso si perde in discorsi filosofici riguardo i principi fondamentali del pensiero di Alessandro Magno e delle sue imprese.
Segnato dalla morte prematura del padre, Kimi ha vissuto in una famiglia difficile, con una madre amorevole ma costantemente impegnata a far fronte alla loro condizione di profonda povertà ed emarginazione sociale.
Marusya racconta quindi il meraviglioso rapporto che costruisce con il suo ragazzo: i pianti, le risate, gli abbracci, il matrimonio anticonvenzionale, la rottura e infine la continuazione di una radicata amicizia.
[Per raccontare la sua prima convivenza con Kimi a metà anni 2000, Marusya inserisce in How to Save a Dead Friend un simpatico segmento realizzato con Windows Movie Maker pieno di gattini, cuori e cornici colorate]
Girato con molte cineprese diverse e curato minuziosamente dal montatore siriano Qutaiba Barhamji, che aveva già lavorato in Little Palestine (Diary of a Siege), How to Save a Dead Friend è anche un vero e proprio percorso indietro nel tempo.
Non solo perché è pieno di oggetti che rimandano agli anni 2000, come i lettori CD o mp3, ma anche perché incontra spesso la dimensione sociale e politica russa di quegli anni.
Le vicende sono infatti scandite dai discorsi di Capodanno - tra riprese fatte da Marusya e filmati d’archivio - di Boris Eltsin, Vladimir Putin e Dmitry Medvedev, a segnare gli anni che passano, buon auspicio dopo buon auspicio.
Nel frattempo si intersecano anche le immagini delle proteste in strada, che rimangono frammenti di una periferia lasciata marcire in solitudine; una periferia che divora le persone senza minimamente proteggerle, ma anzi fornendo loro tutti gli strumenti necessari per autodistruggersi.
Marusya la filma nel degrado e, allo stesso tempo, dipinge il ritratto del luogo che sente più vicino alla sua essenza e per il quale prova grande fascino e orgoglio.
[Una fotografia di Kimi in How to Save a Dead Friend]
Con How to Save a Dead Friend la regista restituisce al suo amante, amico e fratello Kimi una vita dopo la morte, ergendolo a simbolo di una generazione costretta a sopravvivere tra le tentazioni di un mondo completamente privo di luce.
Nonostante la tristezza che caratterizza le vicende documentate, il film riesce nell'impresa di rendere questo racconto anzitutto una storia d'amore e di cura dell'altro, così intima e onesta da farsi narrazione universale.
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