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Proiettato come prima nazionale al Festival dei Popoli 2022, Everything Will Change è un interessante esperimento cinematografico, una coproduzione tedesco-olandese impreziosita dal sostegno di Wim Wenders, che cerca di amalgamare la finzione fantascientifica di un futuro immaginario al racconto documentaristico del nostro recente passato.
“Un documentario insolito, ibrido e impuro” ha spiegato il regista Marten Persiel durante l’inaugurazione del festival internazionale del Cinema documentario - il più importante in Italia - che ha scelto di fare del film il simbolo della sua 63ª edizione.
Il secondo lungometraggio del regista è in effetti una distopia focalizzata sull’esplorazione delle questioni più urgenti del nostro tempo e tenta di far luce sul nostro vivere in relazione alla natura e sui motivi che ci spingono a rovinare apparentemente tutto ciò che tocchiamo.
Per farlo il regista tedesco ha immaginato un futuro in cui la fauna selvatica si è completamente estinta, lasciando dietro sé solo alcune immagini, documenti preziosi di un passato che non esiste più.
[Il trailer ufficiale di Everything Will Change]
La fiaba di Persiel, interamente suddivisa in capitoli e narrata da Jacqueline Chan, racconta la storia di Fini (Paul G. Raymond), Cherry (Jessamine-Bliss Bell) e Ben (Noah Saavedra), tre giovani del 2054 che partono per un viaggio alla scoperta della biodiversità.
Una misteriosa donna (Vibeke Hastrup) svela ai tre curiosi ventenni l’esistenza de L’Arca, un luogo di resistenza in cui alcuni scienziati - veri studiosi e ricercatori - si occupano di tutelare e conservare una verità che rischia di essere dimenticata.
[Jessamine-Bliss Bell, Paul G. Raymond e Noah Saavedra: i protagonisti di Everything Will Change]
Everything Will Change infatti inventa un mondo cyberpunk che non conosce il verde, caratterizzato da paesaggi bruciacchiati dal fascino inquietante, ideati dallo scenografo Sebastian Soukup e esaltati dalla fotografia ipersatura di Felix Leiberg.
Quella rappresentata dal film è una società che ha dovuto far fronte ai disastri ambientali, alle pandemie e alle conseguenze psicologiche di isolamento e paranoia sui cittadini, in relazione alla preoccupante diffusione del fenomeno degli hikikomori.
Una società, inoltre, in cui le immagini non hanno più significato, dove tutto può essere manipolato e falsificato da una popolazione che, a causa dell’impressionante efficacia di una tecnologia retinica, è obbligata a non credere più a niente.
Il regista trasforma quasi immediatamente la premessa fantascientifica del racconto in un documentario angosciante sul cambiamento climatico con l’insolito punto di vista futuro, per cui i personaggi parlano del 2020 come un passato remoto in cui qualcosa era ancora possibile fare.
[Un frame di Everything Will Change in cui è evidente il lavoro sul colore svolto da Felix Leiberg]
In questo senso il film impone allo spettatore una serie di interrogativi sulla memoria: non avendo mai conosciuto direttamente la natura, come faranno le generazioni future a sentirne la mancanza?
Un adolescente saprà riconoscere una giraffa o guarderà incuriosito la sua immagine, pensando sia frutto della fantasia di un talentuoso artista digitale?
E una volta scoperta la sua effettiva esistenza, sarà in grado di meravigliarsi, considerando che neppure i suoi antenati riuscivano a farlo?
Everything Will Change dedica allora un capitolo alla sindrome della shifting baseline, un concetto che descrive la scarsa consapevolezza dell’essere umano rispetto al proprio impatto sul mondo naturale; un fenomeno per cui le persone, generazione dopo generazione, sono portate a percepire i cambiamenti ambientali come sempre più normali, sottostimando fenomeni atmosferici in realtà preoccupanti.
Nei confronti della nostra coscienza - la caratteristica fondamentale che ci distingue dal mondo animale - Persiel mantiene un tono critico anche se mai accusatorio, capace di superare qualsiasi visione cinica di un futuro che non può esistere e mai esisterà a causa della stessa civilizzazione, principale responsabile di violenti domini e tragiche devastazioni.
Il regista prende un po’ in contropiede lo spettatore sconsolato, svuotato ormai di ogni possibile speranza e rassegnato a vivere al meglio il proprio percorso individuale, per trasmettere un commovente messaggio di speranza.
In questo Everything Will Change si differenzia certamente dalla maggior parte dei documentari ambientali che invece puntano a traumatizzare il pubblico, portando alla formazione di una coscienza effimera basata sulla paura, l’angoscia e il risentimento.
Il suo approccio comprensivo rassicura, non priva il pubblico del senso di colpa ma lo invita a comprendere che un altro futuro è effettivamente possibile.
[La tecnologia retinica che domina il mondo di Everything Will Change]
L’epilogo di Everything will change infatti, attraverso l’espediente narrativo fantastico del viaggio nel tempo, proietta i protagonisti in un mondo in cui la volontà collettiva ha finalmente costretto i governi di tutto il mondo a prendere provvedimenti per la salvaguardia dell’ambiente.
Il messaggio che vuole trasmettere Persiel è alla fine questo: ciò che ci aspetta potrà essere meglio di ciò che abbiamo fino ad ora vissuto.
Siamo ancora in tempo per far sì che questo avvenga.
Everything Will Change è dunque un progetto necessario, contraddistinto da un’intuizione originale e una gestione del comparto tecnico degna di nota, con un regia caratterizzata da numerose soggettive, una costruzione di inquadrature potenti tese al coinvolgimento emotivo, nonché un’attenzione spiccata alla dimensione sonora naturale.
Un film che può avere come migliore augurio quello di riuscire ad ottenere una distribuzione adeguata al suo valore anzitutto didattico, di informazione e diffusione di consapevolezza.
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