#CinemaeFilosofia
Robert Eggers idea, scrive e dirige un horror-storico che supera i confini di genere e diviene - opera prima - già un film d'autore.
C'è chi non sopporta vengano inscenate le storie che vedano protagonisti serial killers e psicolabili sociopatici e che paventano dunque l'instabilità mentale, coloro che non tollerano lo splatter, altri ancora che sentono di poter agevolmente sopportare la realtà, per quanto dura e sgradevole, ma vengono terrorizzati dalle manifestazione di ciò che ritengono sfuggire alla loro ragione e dal paranormale in genere.
The VVitch ha il pregio di coniugare verità storica e inverosimiglianza (altrettanto storica).
Sono riprese in modo perfettamente realistico le vite di quelle famiglie del tempo e, insieme, altrettanto realisticamente, le loro superstizioni e convinzioni.
Non c'è un solo elemento irrazionale in The VVitch: tutto è misurato, e tutto è stato una realtà un giorno - poco importa se del mondo fisico o delle menti degli uomini.
So di che parlo: persino i miei stessi nonni mi raccontavano di un'epoca, durante la loro infanzia, in cui il male era incarnato in una figura demoniaca di aspetto terreno, dove i luoghi pericolosi in cui i bambini non dovevano andare a giocare erano etichettati come tane delle streghe e dove il sentimento religioso era onnipervasivo.
Non solo, studiando nel dettaglio le fonti storiche risalenti al periodo si possono rinvenire diverse cronache dell'epoca relative alla caccia alle streghe e veri e propri manuali e regolamenti del buon inquisitore (come individuare, torturare e finire una strega).
Per i più curiosi questi sono alcuni dei titoli:
- Fate che tutte siano messe in esterminio e La strega di Schiavonia dalle Prediche volgari sul campo di Siena di Bernardino da Siena;
- Interrogatorio di una donna indiziata di stregoneria (1432) da Il medioevo nelle carte;
- La sistemazione dottrinale del problema della stregoneria, dalla bolla Summis desiderantes affectibus di Papa Innocenzo VIII;
- Vari tipi di streghe da Il martello delle streghe (malleus maleficarum) di J. Sprenger (ndr: questo è davvero molto d'impatto).
Questi testi scendevano nel particolare in dettagli che oggi ci paiono completamente deliranti, eppure erano documenti serissimi all'epoca; uno sguardo moderno li può sfogliare soltanto con la stessa curiosità e disincanto con cui si imparano i miti greci o le leggende anglosassoni.
Posso insomma confermare che The VVitch sia dotato di un grado di verosimiglianza storica finanche nella tipologia del linguaggio scelto (e su questo è lecito applaudire il lavoro di adattamento del direttore del doppiaggio, davvero sorprendente non essendosi occupato specificatamente di un film storico, che pure, anzi, ne merita l'appellativo molto più di tante pellicole che si professano tali).
Gli albori dell'inquisizione spagnola trovano origine nel XV secolo, ma è noto come fu il XVII quello dove tali sentimenti raggiunsero il parossismo.
Non a caso lo stesso Alessandro Manzoni scelse di trattare quest'età inserendo nel suo Romanzo e nell'ideale spin-off Storia della colonna infame tematiche legate alla caccia agli untori e a dimostrazioni di ingiustizia, non esimendosi dal rivelare uno sguardo decisamente critico a riguardo.
Il '600 è un secolo prossimo all'età illuminata dalla facoltà razionale e può sconcertare che tali manifestazioni si concentrarono proprio allora.
Ma in verità tale sentimento ha origini molto più antiche, vecchie almeno quanto il sentimento religioso/spirituale, e quindi quanto l'uomo.
Si tratta della cosiddetta teodicea, vale a dire lo studio del rapporto fra la compresenza di Dio e il male nel mondo.
Tale rapporto è problematico qualora si sia sempre considerata la natura divina come intrinsecamente buona.
Un esempio perfetto di analisi teodiceica lo si trova nel libro della Bibbia relativo alla storia di Giobbe.
Giobbe è un uomo devoto a Dio, ma improvvisamente la sua vita viene colpita da inenarrabili e inarrestabili disgrazie che lo portano a domandarsi sulla base di che cosa agisca la giustizia divina (teodicea significa letteralmente proprio questo).
Questa figura e quella della moglie (che al contrario è insofferente a ciò che accade loro e rinnega il suo Dio a differenza della fede paziente del marito) sono evocate in un passaggio della pellicola e comunque incarnate perfettamente nel padre e nella madre della famiglia protagonista di The VVitch.
Si pensi a lui, e al suo instancabile lavoro di spaccalegna che lo porta però ad essere soltanto un servo inutile: dal mio punto di vista è emblematica in questo senso l'immensa pila di legna che si vede sul finale, del tutto disfunzionale data la sua conformazione ed il suo non essere nemmeno coperta da un tetto, oltre a porsi quale simbolo della stasi a lungo termine in un luogo, in contrasto con i propositi di lasciarlo al più presto.
Padre della chiesa e grandissimo filosofo oltre che religioso fu Agostino di Ippona (fra le altre cose anticipò di millenni l'idea di Big Bang e l'idea di tempo che fu propria soltanto della fisica novecentesca).
La sua teoria relativa alla teodicea influenzò la mentalità cattolica, e successivamente più ancora quella protestante, per millenni.
In breve egli vedeva nel male non un'istanza di cui affermare l'esistenza quanto piuttosto una semplice assenza di bene. Dio era bene, la realtà deriva da Dio, va da sé che il male sia non-essere.
Un difetto, una mancanza in un naturale processo verso il bene.
Questo dal punto di vista fisico.
Il male tuttavia esiste, dice, ma valutato nei termini di male morale.
Questo concetto ha attraversato i secoli fino ad approdare, ad esempio, sullo script di Interstellar dove si dice in un passaggio dove l'equipaggio dell'Endurance riflette sulla malvagità o meno di ciò che li circonda per miliardi di anni luce:
"Insomma c'è solo il male che ci portiamo dietro..."
Dietro e dentro.
In The VVitch a esistere è soltanto il male morale.
Scelta curiosa per un film che si presenta come dell'orrore - ma che non è certo "soltanto" questo, esattamente come fu lo stupendo Babadook.
Agostino definì con più precisione la teoria religiosa del peccato originale di Adamo ed Eva, dell'effetto del battesimo proprio come cancellazione di quella colpa primigenia e molto altro.
Agostino per come la vedo io è da considerarsi come un vero e proprio co-sceneggiatore del film; ricordate ad esempio che cosa Caleb rigurgiti, identificatene il simbolo, e rivedete quella impattante scena come fosse il suo battesimo, oltre che - diegeticamente - la confessione di una colposa menzogna.
La teodicea, insomma, acuisce ulteriormente la trascendenza fra la natura divina e quella umana e fra i relativi tipi di giustizia, dove quella divina è insondabile, ed è per questo che occorre affidarsi solamente al principio di giustizia retributiva, secondo il quale Dio dà ai giusti e toglie ai malvagi (sempre secondo criteri imperscrutabili dall'uomo).
Anche per questo motivo storicamente la religione ha raggiunto un tale grado di pervasività sociale; la totale assenza di controllo sul proprio destino ultraterreno data dall'insondabilità delle decisioni divine gettava chiunque nello sconforto e nell'angoscia, che si tramutavano in un affidamento compulsivo alla preghiera rivolta ad implorare per la cosiddetta grazia (un dono di Dio gratuito e fondamentalmente immeritato derivato dalla sua infinita misericordia).
Si nota soprattutto in questo la genealogia del protestantesimo nella filosofia Agostiniana.
Con gradi differenti a seconda della confessione religiosa, certo, ma fondamentalmente ogni cristiano era - in parte è ancora - angosciato dal sentimento religioso; Blaise Pascal, il grandissimo filosofo dello spirito, proprio nel XVII secolo scriveva che anche per il più ricco ed illuminato di Francia vi era un'angoscia che lo divorava per tutta la vita: la possibilità di morire nel peccato non redento - e pertanto fra i palazzi dei signori si aggiravano continuamente confessori pronti a fare da tramite per il perdono dei peccati di questi.
Il male era insomma rifuggito in tutti i modi; tutti i gruppi (familiari, sociali) tendevano istintivamente, in presenza di un male (come una piaga sul raccolto o una disgrazia in generale) a incarnarlo in un responsabile del maleficio che si potesse vedere - e soprattutto comprendere - per allontanarlo quanto prima possibile dalla comunità.
Il famoso fenomeno psicologico-sociale piuttosto interessante del capro espiatorio, o altresì della caccia alle streghe.
[Magnifiche le atmosfere del film: merito principalmente di fotografia, scenografie, costumi e dialoghi]
Non è classica "paura" quella che trasuda dal film e dallo sguardo penetrante della sua protagonista Anya Taylor-Joy.
È inquietudine, è disagio, è repulsione nei confronti di un retroterra culturale che non possiamo obliare e che, al di là del Caucaso ed al di qua dell'oceano Atlantico, ci rende tutti complici incolpevoli ma non innocenti.
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9 commenti
Yorgos Papanicolaou
6 anni fa
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Sebastiano Miotti
6 anni fa
La scena del corvo era quella simbolica con la madre che lo ""allatta""
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Yorgos Papanicolaou
6 anni fa
In questo senso mi è venuto in mente antifragile (anche io ho la tua stessa nota ma da molto più di un mese 😅) e il prosperare nel caos quando gli altri vengono invece spazzati via. La mia idea è che ciò avvenga perché Thomasin è l'unica ad accettare il male dentro di sé. Da quel che ricordo è l'unica che quando perde la retta via non mostra una parte sofferente di sé, anzi sembra quasi compiaciuta.
Questa è la mia interpretazione però è basata più sul simbolismo che altro.
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Sebastiano Miotti
6 anni fa
A me in ogni caso è piaciuto ugualmente: Thomasine (si scriverà così?) ha perso tutto, le resta solo la tentazione, e nel finale diventa ciò che sempre si è detto di lei (un meccanismo psicologico piuttosto verosimile). Chissà quante donne si saranno autoconvinte ai tempi...
Non ci trovo un grande strappo, sai?
Tu come la vedi invece?
p.s. ho una nota sul cellulare da un mese che dice "leggi l'antifragile di Taleb!"
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Sebastiano Miotti
6 anni fa
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Sebastiano Miotti
6 anni fa
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Sebastiano Miotti
6 anni fa
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Sebastiano Miotti
6 anni fa
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Sebastiano Miotti
6 anni fa
Grazie!
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