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Nightmare - Dal profondo della notte - Recensione: anni di incubi

Torna in sala uno dei capolavori di Wes Craven, ancora oggi un film politicamente spaventoso

Torna in sala dopo quarant’anni Nightmare - Dal profondo della notte, uno dei capolavori di Wes Craven, capostipite che ha formato generazioni di spettatori.

 

Per chi scrive è uno di quei film che ogni volta che passano in TV meritano una nuova visione e che ha contributo a far nascere la passione per il Cinema; Nightmare - Dal profondo della notte non è solo una pellicola horror: è un manifesto politico come spesso accade nel genere.

 

La trama è nota e vede un gruppo di ragazzi presi di mira da Freddy Krueger, un mostro che si manifesta nei sogni per uccidere. 

 

[Il trailer originale di Nightmare]

 

 

Sogni che diventano necessariamente incubi di un Paese, gli Stati Uniti dei primi anni ’80, e di una generazione che ha dovuto vivere nel panico.

 

Wes Craven cerca di raccontare quel periodo confuso e impaurito in cui il Presidente Ronald Regan portò la popolazione statunitense a fare i conti con una crisi non solo economica, ma anche sociale, in cui tutto sembrava facile ma allo stesso tempo finto e “plastico”. 

Non restava che abbandonarsi al falso "Sogno Americano", rischiando però di essere sopraffatti da esso. 

 

Nightmare crea un incubo e lo porta tra i giovani che hanno un solo e unico difetto: non riuscire a superare le colpe dei padri e, anzi, farsi uccidere da esse.

Freddy Krueger li perseguita in quanto figli di chi ha cercato di eliminarlo e che poi, per non farlo ritornare alla mente, lo hanno celato per anni.

 

Una situazione da cui è impossibile uscire, ma nella quale non si sa nemmeno bene quando si è entrati, una paranoia che può essere solo messa in pausa per poi ritornare più forte di prima, come dimostra il secondo me bellissimo finale.

 

 

[La prima vera apparizione di Freddy in Nightmare]

 

 

Non c’è lieto fine: l’eroina di turno va verso il suo triste destino e nessuno può salvarla, neanche lo sguardo attento e vigile dello spettatore.

 

Cosa è reale e cosa è sogno? Un concetto su cui si baserà gran parte del Cinema postmoderno a venire e che qui mette le sue radici.

Altra tesi che fuoriesce è l’impossibilità di addormentarsi per non cadere nella trappola di Freddy, quindi un invito a rimanere vigili su ciò che ci circonda.

 

Mai assopirsi, altrimenti si viene annientati. 

 

 

[Nightmare: un giovanissimo Johnny Depp si addormenta...]

 

 

Se si pensa alla cinematografia coeva, Nightmare diventa un nuovo tassello nella voglia di far diventare il Cinema di genere per tutti, chiaramente con le dovute eccezioni, in quanto i messaggi e le critiche che spesso muove riguardano tutta la società.

 

Lo facevano anche i nostri registi, come Mario Bava e Lucio Fulci, ma spesso ancora oggi si pensa che l’horror sia rivolto solo a una nicchia di spettatori: è un discorso questo che merita un approfondimento più ampio e che deve essere ricordato.  

Le sequenze degli omicidi sono cruente, splatter e si stagliano nella memoria collettiva facendo diventare il film un cult insuperabile. 

Se fino agli anni ’70 il mostro era reale e “tangibile”, da qui in poi albergherà nelle nostre paure recondite e nei nostri sogni, diventando quindi difficile da combattere.

Lo si può riconoscere, ma necessita di essere stanato nella propria mente.

 

Wes Craven dirige Nightmare con una grande abilità nella messinscena, riuscendo a mischiare al meglio la paura e la tensione senza risparmiarsi niente e conducendo lo spettatore in un incubo reale, ancora oggi genuinamente spaventoso.

 

Una società che necessita della violenza per essere(si) riconosciuta, che si alimenta di vendetta e che trova nell’omicidio una soluzione: un’angoscia a cui spesso siamo abituati e da cui fatichiamo a riprenderci.

 

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