#SuldivanodiAle
Il 1° Aprile, April Fools' Day per gli anglofoni e Pesce d'aprile per noi italiani, il servizio streaming di CBS denominato All Access decide di rilasciare in esclusiva gratuita per il pubblico USA il primo episodio della serie revival The Twilight Zone: The Comedian.
Caricato sul canale YouTube di CBS All Access, l'esordio della produzione congiunta CBS e Monkeypaw Production - casa di produzione fondata da Jordan Peele - ha ingannato larga parte del pubblico, scettico quasi a prescindere nei confronti di qualsiasi news venisse diffusa nel corso della giornata di ieri.
Io, invece, preso dall'hype post visione di Us - 'Noi' in Italia - mi ci sono fiondato come farebbe un orso su Leonardo DiCaprio, intuendo come il carattere tragicamente ironico dello show fosse perfettamente in linea con l'idea di esordire gratuitamente su YouTube con un episodio intitolato The Comedian - Il Comico - nel giorno di April Fools'.
Facciamo qualche passo indietro per dovere di cronaca verso il pubblico più giovane o semplicemente meno dork.
The Twilight Zone - Ai Confini della Realtà, in Italia - è stata una serie TV statunitense dal successo planetario.
Creato da Rod Serling e andato in onda la prima volta dal 1959 al 1964, lo show si poneva l'obiettivo di portare al pubblico racconti dell'orrore, storie fantascientifiche e, più in generale, una narrazione fantastica il cui filo conduttore era l'ignoto, il mistero, il sovrannaturale, la materia oscura di esperienze surreali che potevano solo ed esclusivamente trovare spazio in una dimensione definita, la Twilight Zone.
Oggi, lo chiameremmo uno show mindfuck.
''C'è una quinta dimensione oltre a quelle che l'uomo già conosce; è senza limiti come l'infinito e senza tempo come l'eternità; è la regione intermedia tra la luce e l'oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l'oscuro baratro dell'ignoto e le vette luminose del sapere: è la regione dell'immaginazione...
Una regione che potrebbe trovarsi "Ai confini della realtà"''
Così venivano aperti gli episodi, ricordando allo spettatore di trovarsi in un contesto narrativo oltre, dove la razionalità poteva essere una verità a doppio taglio, una lamina sottile e perfetta che, se vista da una diversa prospettiva, diventava una superfice pieghevole con la quale giocare.
Il mistero.
Quel concetto che molti registi e scrittori di prosa hanno sempre ritenunto fondamentale al fine di creare una storia avvincente, lasciando a casa le spiegazioni.
Stanley Kubrick predicava l'importanza di qualcosa d'inspiegato all'interno di una storia e sosteneva come nel cinema, questo elemento, si stesse perdendo.
David Lynch è alfiere di questa dottrina, evitando di fornire in sede di intervista qualsivoglia significato ai propri film e, non a caso, è figlio e fanatico del cinema migliore dedicato al mistero, ovvero il noir, spendendo gran parte della sua filmografia a rielaborarlo, omaggiando Viale del Tramonto di Billy Wilder, un film dove il filo narrativo a un certo punto si sfilaccia e lascia lo spettatore preda di altre sensazioni.
Lo stesso si potrebbe dire de Il Grande Sonno, film di Howard Hawks, tratto dal libro del famigerato Raymond Chandler, scrittore magnifico.
Parlando di penne, impossibile non citare Richard Matheson, autore di alcuni episodi di Ai Confini della Realtà e figura di riferimento per Stephen King, ammiratore dello scrittore quanto della serie, alla quale ha dedicato spazio nel suo libro saggio Danse Macabre, anch'esso difensore della logica del mistero e citato in apertura di un videogame magnifico quale Alan Wake - che cita Twilight Zone, King, H.P. Lovecraft e Lynch in un solo colpo e sviluppato da una casa che con Max Payne ha omaggiato i noir di Chandler:
"Gli incubi esistono al di fuori della ragione e le spiegazioni divertono ben poco; sono antitetiche alla poesia del terrore."
Ai Confini della Realtà, tra gli anni '50 e '60, si distingueva per questa sua logica fuori dagli schemi, dove ogni assunto era materia per parlare dell'uomo, delle sue ambizioni, ossessioni, malattie, paure e utile a metterne in dubbio i suoi desideri e il tessuto della realtà.
Rod Serling nutriva il pubblico con storie assurde, a volte spaventose, oppure semplicemente incredibili, diventando narratore in scena a caratterizzare un modo di raccontare divenuto poi classico.
Insomma, per rendervela più semplice, Ai Confini della Realtà era quello che per noi è oggi Black Mirror, con la differenza che senza il primo non sarebbe mai esistito il secondo; prendete anche le dovute misure, nel paragone, considerando che la serie di Charlie Brooker ha più un senso parodico e distopico nei confronti del contemporaneo.
La serie non è nuova al revival: Steven Spielberg convinse la CBS a produrre degli episodi nuovi che andarono in onda dal 1985 al 1989: ben 110 puntate con attori del calibro di Martin Landau e Morgan Freeman e sceneggiature dove parteciparono William Friedkin e Wes Craven.
Per dire.
Poi nel 1994 ci riprovarono, ma gli indici d'ascolto non premiarono la scelta, e la stessa cosa avvenne 8 anni dopo quando lo stesso Richard Matheson diede vita a un altro reboot: 44 espisodi introdotti da Forest Whitaker.
Lo share purtroppo era basso, e la cosa finì lì.
Quando però fu annunciato che il terzo revival della serie vedeva al timone Jordan Peele grazie alla sua Monkeypaw Production, mi sono pronosticato grandi cose.
Peele stava riportando al pubblico il mistero, l'idea di un racconto che non fosse dipendente da dietrologie narrative complesse, spiegazioni metafisiche e scientifiche affascinanti ma altrettanto farraginose, dove il cinema scompare in favore delle meccaniche strutturali di una sceneggiatura dipendente dalla veridicità delle spiegazioni; quelle che spesso non funzionano.
The Comedian racconta la storia di uno stand-up comedian esordiente - interpretato da Kumail Nanjiani, che forse conoscerete per Silicon Valley - compresso in una crisi creativa e incapace di polarizzare il pubblico con il proprio stile satirico ricercato e poco graffiante.
Una sera, dopo l'ennesima esibizione fallimentare, riconoscerà in un truce Tracy Morgan un mentore spirituale dal quale prenderà un prezioso, quanto costoso, consiglio per sfondare.
L'episodio è chiaramente figlio del filone letterario, di genere, dedicato al tema del patto con il diavolo.
Potremmo citare, in cinema, il recente The Place di Paolo Genovese [interessante ma estremamente verboso e poco legato al genere, ndr] tratto dall'americano The Booth at the End, oppure per rimanere alla tradizione di prosa italica al racconto La Giacca Stregata di Dino Buzzati.
Un uomo con un desiderio, un qualcosa che gli permette di ottenere ciò che vuole e un prezzo da pagare a logorare, passo dopo passo, il suo animo.
Diretto dal britannico Owen Harris, già alla regia di un episodio di Black Mirror, mostra tutti i segni di ciò che Ai Confini della Realtà è stato e vuole tornare ad essere nel contesto della tv contemporanea.
Quello che viene messo a capo di tutto, in questa storia, non è tanto il cosa ma il come un archetipo narrativo classico possa trovare spazio nel mondo moderno.
The Comedian è brillante nella messa in scena di un racconto che, indipendentemente da tutto, cala lo spettatore in un mood, in uno spazio oltre, affondandolo in una melassa vischiosa, dove i rumori sono ovattati secondo frequenze sconosciute, i colori vengono da uno spazio differente e le luci in un appartamento sono futuro e presente ansiogeno.
Il racconto vibra su di un piano differente, innescando quel senso di costante pericolo che caratterizza la storia di suspense, il viaggio in una terra così simile eppure pronta a mutare assecondando il riflesso delle nostre azioni, espandendo le onde concentriche dei sassi che lanciamo negli stagni, come fossero tsunami.
Potrebbe essere un sogno, potrebbe essere una malformazione mentale, una dittatura distopica, un incubo, un viaggio intergalattico o la fantasia di un Dio narratore con una spiccata vena ironica.
Ed è proprio il concetto dell'ironia del macabro la variabile costante, fusa al mistero, a generare il terrore e il senso di disagio, le aspettative false e tradite che lo spettatore sperimenta cercando, stupidamente, di indovinare cosa succederà.
In Ai Confini della Realtà, come in ogni buona storia dell'orrore, il cosa è del tutto relativo e l'incubo è priorità ed entra in noi portandoci in una zona plausibile, ma non del tutto vera.
Lo scopo non è quello di stupire con un cosa eclatante, ma quello di creare una scanzonata sincronia asimmetrica con un protagonista maledetto in partenza, come lo siamo tutti noi, e il cui destino è al netto delle sue malattie e ossessioni.
Il carattere interpretato da Kumail Nanjiani siamo noi, è la voglia di essere presenti in quanto unico e solo centro delle cose, di avere senza sforzarsi molto dimenticando di dare qualcosa di significativo, di primeggiare per vizio e non per merito, di nutrire l'ego, la frustrazione e la vendetta verso un universo sbilanciato ma, in fondo... verso chi?
Quello che comincia a disgregarsi attorno a noi è davvero merito di un crudele disegno, oppure il nostro sottovalutato potere è davvero quello di avere un impatto sulle cose e quindi di poter causare tempesta?
Non siamo forse noi l'universo?
Il comico come metafora di un emarginato alla ricerca di accettazione, come anticonformista e sovversivo del quotidiano eppure clown triste costretto a dare se stesso, e la sua più becera fattura, per arrivare al pubblico.
Il comico in quanto artista, e l'artista in quanto egomaniaco, è forse davvero convinto di poter cambiare il mondo dando via pezzi della sua vita, trasformando il pubblico in materiale da spettacolo e lo spettacolo in rivalsa verso un pubblico che lo rende schiavo.
Quale il prezzo dell'edonismo?
Ai Confini della Realtà è pulsante, porta in televisione la ricerca ideologica e visiva del classico e dell'avanguardia di alcuni stilemi poco ripresi e The Comedian apre e chiosa come Shining - quello di Kubrick che ama il mistero e il non spiegato - e prosegue come Ai Confini della Realtà, con un Jordan Peele narratore suadente e inquietante quanto basta, incarnando una presenza che, come nell'originale di Rod Sterling, è la voce, la penna, l'ospite della quinta dimensione, un mostro lovecraftiano sotto mentite spoglie, un osservatore, Dio o magari, semplicemente, Jordan Peele.
The Comedian è la ripartenza di un fenomeno che è come il sussurrare di una storia di fantasmi alla quale nessuno crede, sembra un déjà-vu ma che nel dubbio gela la stanza.
È il pensiero insano che accompagna mentre guardi un punto fisso mescolando una tazza di te bollente, il richiamo di qualcosa sopra le righe e insensato, eppure così interessante.
Una storia essenziale, comune a tutti, eppure originale nel suo modo di arrivare allo spettatore, di rimescolare le carte di una narrativa spesso accomodante con il pubblico e mai davvero spiacevole.
Ai Confini della Realtà, dopo il suo primo episodio, conferma di avere ancora oggi un carattere narrativo importante e inestimabile, portabandiera di uno stilema narrativo soppiantato da fantasy con trame da soap opera, supereroi impauriti dal loro stesso retaggio, fantascienza spiegata da una malriposta razionalità - quella reale e non quella della finzione - e horror chiusi in circoli stanchi sia per il pubblico che per chi li produce.
Jordan Peele e CBS portano sui nostri schermi quello che potrebbe essere un gioiello, un fenomeno senza tempo che può diventare ancora più forte grazie alla consapevolezza della nuova tv, basta solo che questo trovi la sua rinnovata forza partendo dal classico per spostarsi verso una sua voce.
Ricordiamo che Ai Confini della Realtà, nel corso dei successivi episodi, vedrà un cast d'eccellenza: Taissa Farmiga, Adam Scott, John Cho, Allison Tolman, Jacob Tremblay, Steven Yeun, DeWanda Wise, Ginnifer Goodwin, Sanaa Lathan, Tracy Morgan, Greg Kinnear, Zazie Beetz, Chris O'Dowd, Damson Idris e Seth Rogen.
I primi due episodi sono già stati rilasciati su CBS All-Access e i successivi verranno distribuiti settimanalmente a partire da Giovedì 11 aprile - sempre parlando di USA.
Al momento non sono stati divulgati i piani di distribuzione per l'Italia.