Gotham - Recensione: il fascino del gotico e la sindrome dalla soap opera helleriana
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Gotham - Recensione: il fascino del gotico e la sindrome dalla soap opera helleriana

Gotham, la serie dedicata alla città di Batman e alle avventure di Jim Gordon, si è ormai conclusa. Ma è una produzione da recuperare, oppure no?

Il 25 aprile del 2019 sulla rete americana Fox è andato in onda l'episodio conclusivo di Gotham, serie sviluppata per il piccolo schermo da Bruno Heller e dedicata a raccontare la decadenza della tentacolare metropoli dopo l'omicidio dei coniugi Wayne e le avventure del giovane James Gordon

 

Quanto è effettivamente riuscita la serie?

Merita forse di essere recuperata? 

 

These vagabond shoes, are longing to stray
Right through the very heart of it Gotham, Gotham!

 

Quando Fox annunciò lo sviluppo di Gotham una parte di me iniziò a fremere in modo incontrollato.  

 

 

 

Il potenziale era enorme, poiché, se conoscete la mitologia e l'iconografia del Cavaliere Oscuro e della sua città, saprete benissimo come Gotham sia sostanzialmente una miniera di storie da mettere in scena, offrendo illimitati spunti per raccontare un mondo criminale crudele, composto di fosche tinte noir rivisitate da un narratore chandleriano innamorato del gotico più che del romanticismo melenso di movimenti languidi alla Humphrey Bogart.

 

La città di Bruce Wayne è sporca, decadente, fotografata da una color palette in tonalità di verde, giallo, rosso, viola: una versione pulp gotica di una New York popolata da psicopatici, famiglie mafiose, corruzione e atti di violenza incontrollata. La sensazione finale è quella di una società tesa in equilibrio precaruo su un baratro dal quale non vi è ritorno. 

 

L'idea di dare vita a un prequel apriva alla possibilità di portare a schermo la Gotham criminale della famiglia Falcone e del clan di Sal Maroni, donando densità e un forte contesto all'escalation di follia della disfatta sociale di Gotham

 

 

 

 

Le fonti utili a rendere tutto ciò reale, attraversando media che spaziano dal fumetto, all'animazione, al cinema per approdare al videogame, sono innumerevoli. 

 

Basti pensare all'enorme lavoro svolto nella messa in scena del Batman di Tim Burton, ambientato in una Gotham fine anni '80 filo retrò - mentre la serie entra proprio negli anni '90 - eppure piena di fumi, fatta di ombre oscure e lunghe, tagli di luce, gangster tra l'imponenza delle figure anni '40 e la crudeltà smaliziata post Scarface

 

Un tipo di distorsione temporale offerto già dalla serie animata culto di Bruce Timm, che fondeva l'estetica barocca del mito anni '30 nel quale era nato il personaggio, con gli anni '90 e alcune intuizioni futuristiche, generando un luogo e una narrativa senza tempo e affascinante, culminata in quel capolavoro che è Batman: La maschera del fantasma

 

Parlando di fumetto e di graphic novel, il mondo della Gotham criminale era già stato dipinto e abbozzato in molte salse e se Il Lungo Halloween di Jeph Loeb e Tim Sale era un noir fatto di atmosfere, staticità e immagini fredde - e forse il prossimo film di Matt Reeves prenderà spunto proprio da questo - il Batman: Anno Uno di Frank Miller è invece più incastonato nella poetica anni '90, in una Gotham più sordida e cruda, dove lo stesso mito dell'Uomo Pipistrello diventa teatralità dopo un processo di ricerca atto a svelare i limiti di un uomo schierato contro un intero sistema criminale. 

Invece, la parabola che si delinea partendo da 
Jim Gordon ci offre un personaggio complesso, pieno di sfaccettature e contrasti personali oltre che ideologici. 

 

 

[Sean Pertwee interpreta Alfred in Gotham... ma non ricorda anche Max Casacci dei Subsonica?!]

 

Eppure rimango convinto che il miglior adattamento, capace di mediare tra l'iconografia su carta e l'adattamento in un media narrativo dove messa in scena e regia devono adattarsi al racconto di un mezzo visivo evoluto, sia quello Rocksteady

 

La casa di sviluppo videoludica, a partire da Batman: Arkham Asylum, avventura in parte tratta dall'omonimo graphic novel di Grant Morrison e Dave McKean, ha perfettamente adattato il fascino gotico del personaggio, delle sue lunghe orecchie appuntite e dell'imponente figura alla Jim Lee, in un universo oscuro dove la luna è enorme e splendente, dove la notte riverbera di verde acido, dove il colori della fotografia si fanno neon e l'estetica, il design del mondo narrativo, come il tono di ogni situazione, ricorda il cinema horror della Hammer

 

Gotham, doveva essere trasposizione perfetta di quel concetto di gotico, partendo dagli horror della Hammer, portando un sistema criminale psicotico, lynchiano nella crudeltà di cattivi mossi puramente dai propri oscuri desideri, contorto nella filosofia da psicologia criminale da Mindhunter, dove il caso criminale è così spaventoso da far accapponare la pelle. 

 

Eppure, in quello stesso universo esistono i gangster, la corruzione, l'omicidio dei coniugi Wayne e l'arrivo di un Jim Gordon tutto da costruire nelle sue idiosincrasie quanto nel suo carattere. 

 

Gotham è una storia di origini e, in quanto tale, deve raccontare il percorso che ha portato Bruce Wayne a sviluppare i totem della sua personalità fino a diventare Batman, mostrandoci lo sviluppo di una maschera complessa, un po' destrorsa e un po' idealista, ossessionata dalla propria crociata al punto da trasformare Bruce Wayne nel personaggio utile a nascondere un simbolo così ingombrante da divenire identità predominante. 

 

 

 

 

Il fattore Heller

 

Il Gotham di Fox, su un piano puramente estetico, si presenta abbastanza bene, portando allo spettatore una messa in scena televisiva eppure curata nel ritrarre una città decadente, fatta di fasci di luce verdeggianti e bluastri il cui design sembrava avvicinarsi alla rozza decadenza horrorifica di vicoli umidi, fumi e pioggia.

 

L'idea di ambientare tutto negli anni '90 dona un tocco di particolare decadenza, sporca l'aria, il legno a rivestire gli interni dei condomini di Gotham è marcio, la stazione del GCPD è imponente quanto grezza e se il James Gordon interpretato da Ben McKenzie si presenta come un boyscout dal passato complesso, l'Harvey Bullock di Donald Logue è livido quanto trasandato, un detective anni '40 lasciato a macerare nel whisky e nell'autocommiserazione di chi si lascia scivolare addosso la corruzione come un giunco subisce il vento.

 

Le premesse per uno show interessante esistono, sono vivide e si riflettono in Sal Maroni e in Carmine Falcone, come nei loro gorilla, lasciando indizi riguardo il futuro criminale di Gotham nel giovane e psicoticamente infantile Oswald Cobblepot, quanto nel geek e impacciato coroner Edward Nigma.

 

Sfortunatamente a dirigere la baracca c'è Bruno Heller, un dinosauro della televisione impermeabile allo storytelling  ben confezionato, e Gotham prende la strada più errata possibile abbastanza in fretta, lasciandosi alle spalle qualche speranza tra la seconda e la terza stagione. 

 

 

[La parabola del personaggio di Edward Nygma in Gotham è davvero ben costruita e il casting di Cory Michael Smith azzeccato]

 

In tutta franchezza, il serial televisivo di 20 o più puntate a stagione, quando si parla di episodi da 40 o 50 minuti, non sempre è disprezzabile e in alcuni casi è salutare potersi intrattenere con un prodotto scacciapensieri capace di dipanare il macrocosmo narrativo d'insieme in secondo piano, mantenendo in primo piano i microcosmi a comporre le storie episodiche e le tematiche della stagione. 

 

Smallville non è stata la migliore delle serie tv, non è stata la più memorabile di sempre e come tutti i prodotti seriali che si trascinano molto in là nel tempo, è arrivata a deformare oltremodo certi personaggi, ha sfornato alcune stagioni dimenticabili. 


Tuttavia, nel suo complesso, la serie creata da Alfred Gough e Miles Millar è riuscita a diventare un piccolo cult dal quale sono derivate la fortunata 
Arrow e, in seguito, i vari The FlashSupergirl e quant'altro, riproponendo quell'universo condiviso e ingenuo tipico dei fumetti DC (per chi parla a volte anche troppo ingenuo in tv, divenendo quasi offensivo verso le capacità cognitive dello spettatore... vero The Flash?)

 

Gotham, invece, è una candela la cui fiamma brucia molto in fretta e sbaglia, dopo la prima stagione, a cercare di riprodurre troppi elementi noti e celebrativi delle avventure di Batman, introducendo - spesso caracollando in maldestri e forzati inserimenti - personaggi appartenenti alle avventure del Crociato di Gotham

 

 

[L'Harvey Bullock di Donal Logue funziona davvero]

 

Gotham diventa una farsa molto in fretta e nel corso delle ultime stagioni frantuma lo stesso mito dell'uomo pipistrello, riducendo Bruce Wayne a personaggio insopportabile, astuccio realizzato in plasticaccia scadente e dipinto con i colori sbagliati, di un carattere che dovrebbe essere altro. 

 

Insieme a lui il serial trascina con rocamboleschi e maldestri sforzi di sceneggiatura l'intera categoria di miti legati alle avventure di BatmanAzraelRa's al Ghul, un ridicolo Solomon GrundyProfessor PygVictor Zsasz macchietta, un cosplay di Hugo StrangePoison IvyFireFlyil Cappellaio Matto, un Enigmista che oscilla tra il buon casting e la brutta scrittura, Spaventapasseri, lo stesso Pinguino e molti altri. 

 

Gotham, nel suo incedere, alterna un buon racconto di alcuni personaggi alla peggiore delle sceneggiature, spingendo a forza alcuni archi e rimescolando alcuni eventi iconici del fumetto in maniera criminale, arrivando, nel corso dell'ultima stagione a citare i Mutanti de Il Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller senza alcuna ragione e con un senso del ridicolo oltre l'accettabile. 

 

 

[Vi assicuriamo che questo non vuole essere il Joker...]

 

Il crimine più grande viene forse compiuto con il Joker, un personaggio le cui origini, inizialmente, sembravano voler essere trattate con garbo e con un certo tocco grimm particolarmente interessante. 

 

Peccato che la serie abbia la terrificante abitudine di sembrare scritta giorno per giorno e la sensazione è che il personaggio sia stato prima creato come proto-joker per introdurre l'idea del carattere, poi rimaneggiato per gettare le basi del mito di Cappuccio Rosso e infine per essere distrutto e ripescato, assecondando la fame stimolata nella pancia di un pubblico genuinamente curioso all'idea di quel Joker così psicotico. 

 

Eppure da un certo punto in poi il modo in cui il serial rende il Joker è oltremodo ridicolo, per quanto adatto sia Cameron Monaghan nella parte, abile abbastanza da interpretare la psicopatia del personaggio che, arrivando al nocciolo, ha 3 diverse incarnazioni e origini, dando più il senso di una carnevalata cintazionistica che la ricerca di una nuova rappresentazione. 

 

Gotham fallisce proprio con il principale villain di Batman sia nella fondazione del suo mito, quanto nel dare a tutti i personaggi un nome e cognome da associare al Joker, quando invece l'anonimato della sua figura, l'impossibilità di conoscerne l'identità e le sue motivazioni, è motivo principe della potenza e della forza distruttiva che il personaggio ha quando compie i suoi crimini, poiché proprio come Batman è un simbolo, quasi una non-persona ma un elemento di puro male la cui origine è sconosciuta. 

 

 

[... però se vi piace lo teniamo, eh!]

 

Stiamo dicendo che è sbagliato dare un nome e un origine a questo personaggio?

No! 

 

Tim Burton, Alan Moore e, citando, lo ha fatto anche Sean Murphy nel suo Batman: White Knight, infilandosi nel Joker per esplorare l'uomo dietro il clown. 

 

Non ultimo anche Todd Phillips, che ha dato la sua interpretazione al carattere e creando, guardando al fumetto, un mito delineato tra la potenza del suo anonimato e della sua follia, plasmando comunque un mito enorme che del Joker ha molto, pur avendo poco.  

 

Il problema è che questo Joker è una macchina di citazioni funzionali a nutrire un serial già zeppo di malriposti omaggi al fumetto, un cattivo senza forma e privo di carica scura, non ha anarchia e non ha distruttività, non ha caos e non ha sangue e tutto quello che fa è semplicemente sciapo. 

 

Analogamente, anche Batman è sminuito nella decisione, ingiustificabile, di Bruce Wayne di entrare in azione senza nascondere il suo volto o il suo coraggio, palesando a tutti i comprimari il suo ardore nel combattere il crimine, vanificando completamente il simbolo del personaggio che verrà. 

 

Bruce è coraggioso, mostra a Gordon, tanto quanto a tutta Gotham, quanto sia disposto a mettere i propri mezzi a disposizione della città per mettersi in prima linea contro i criminali, non ha sfaccettature di sorta e il trauma della morte dei genitori sembra non avere alcun impatto nel costruire la sua ossessione o i totem della sua formazione. 

 

La scrittura di quello che è un grande comprimario di questa serie, la vera ombra ingombrante dietro Gotham, è pigra, non ha cuore e non ha rabbia, non ha conflitti, non ha pazzia e viene spesso messa al centro delle storie con forzature di sorta.

 

 

[How I Met Your Joker, con Cameron Monaghan e David Mazouz]

 

Gotham, dopo un inizio che prometteva molto grazie a una ricerca interessante della messa in scena, si perde in uno sviluppo che sente il peso della totale mancanza di originalità. 

 

La serie continua a citare e richiamare e mettere in scena personaggi e situazioni che appartengono al mito di Batman, distruggendo ogni possibilità di scrivere una storia di origini basata su nuovi spunti, mettendo in un angolo l'idea di poter esplorare la crescita dei personaggi e le loro motivazioni e dimenticando di creare aspettativa per quello che sarà il mito dell'uomo pipistrello per correre disperatamente verso la riproposizione confusa di situazioni viste tra cinema e fumetto. 

 

Potrei raccontare, ad esempio, di quell'episodio in cui citano il Batman Returns di Tim Burton per riportare Paul Reubens come padre de Il Pinguino, mentre cercano di dare a Selina Kyle delle origini sovrannaturali simili a quelle della famosa caduta tra i tendoni di Michelle Pfeiffer

 

La stessa stagione conclusiva, che riprende l'arco narrativo Batman: Terra di Nessuno, vive di un paio di episodi ben congeniati ma di una totalità frustrante, involontariamente esilarante in alcune situazioni, e che riesce a battere il record mondiale di discorsi epici pronunciati dal protagonista di un film/serie tv, mettendo in bocca a Jim Gordon anche 2/3 monologhi eroici a puntata. 

 

Gotham è una serie che per buona parte è godibile e lodevole per come viene portata sullo schermo e ideata, non è mai inguardabile e solo in poche occasioni è posticcia, ma è altrettanto vero che da un certo momento in poi abusa dell'intelligenza dello spettatore e si copre di ridicolo con soluzioni di sceneggiatura maldestre, rievocando lo spettro di una televisione un po' vecchia non tanto nella sua struttura ma quanto nella sua svogliatezza.

 

Una serie che non risulterà mai noiosamente pretenziosa, come il Jessica Jones o il The Defenders di Netflix, ma che invece vi darà un discreto intrattenimento, fungendo perfettamente da scacciapensieri adatto ad una serata da pizza e tv come antidoto a un'estenuante giornata. 

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1 commento

ZERO

5 anni fa

Mi hai risparmiato di dover scrivere, cavandomela con un semplice "quoto in toto, tutto quello che hai detto". XD
L'unica differenza è che dopo una prima stagione che, nonostante puntate altalenanti, mi era piaciuta, ho mollato dopo la seconda che senza essere totalmente pessima certe volte era scritta male e portata in scena peggio...
Un vero peccato...

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