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Riverdale, il teen drama che ha creato una sua realtà

Tratta dall'universo narrativo dei fumetti è uno dei teen drama tra i più interessanti degli ultimi 20 anni 

Recentemente, grazie al geniale ufficio marketing di Netflix, ma soprattutto per via di una certa popolarità pregressa, Le Terrificanti Avventure di Sabrina è stato al centro dei riflettori, ma non dovrebbe essere il solo.

Infatti, Riverdale, che è parte di un universo narrativo e fumettistico conosciuto negli USA e molto meno famigerato in Italia, aka Archie Comics, è una di quelle serie TV da non perdere assolutamente.  

 

Il fumetto, creato nei primi anni '40, è una delle opere seminali che ha contribuito a dare dimensione all'immagine iconica, tipicamente Americana, dei bulli motociclisti contro i bravi ragazzi della squadra di football, delle fazioni opposte di shakespeariana memoria reinventate nello splendore anni '40 e portate avanti da altri miti quali Happy Days, Grease o, perchè no, American Graffiti.  

 

Una cultura pop lontana per noi italiani che, seppur da sempre affascinati dal mito (i miei genitori andarono a rivedere Grease al cinema quasi giornalmente), non possiamo ricondurre a un determinato momento storico del Belpaese.  

 

 

 

 

 

Per noi, quelle storie e quei temi appartengono a ricordi infantili ed adolescenziali interconnessi alla televisione e al cinema e non sempre per una grossa fetta di pubblico.

Insomma, Archie Comics e Riverdale stanno al pubblico italiano tanto quanto una ipotetica serie TV di Paz! e un film animato di Lupo Alberto stanno a quello Americano; qualcuno potrebbe averli conosciuti, ma la lontananza dal loro retaggio culturale contribuirebbe a tenere larga parte del pubblico lontano dalla corsa in massa al binge watching.  

 

È altrettanto importante poi sottolineare come, in quanto opera seminale, certe dinamiche e situazioni si siano allargate, evolute ed estremizzate, portando certe figure a divenire cliché o, come spesso capita, a parodizzarsi mettendo in ombra il mito.

Se pensate a Beverly Hills 90210, la figura del cattivo ragazzo con la giacca di pelle era presente tanto quanto quella del giocatore di football con la giacca del liceo, ma i contrasti erano inaspriti da un livello sociale e narrativo più anni '90, drammatico e lontano da una certa leggerezza, facendo subentrare le luci a palla della California e altre figure retoriche.

Il personaggio di Luke Perry - che in Riverdale veste i panni del padre di Archie - riecheggiava il James Dean di Gioventù Bruciata o il Marlon Brando de Il Selvaggio.  

 

Se pensate a The O.C., spostandoci negli anni 2000, la giacchetta con i colori della squadra del liceo scomparve in favore del pettorale liscio del giocatore di pallanuoto, il bad boy diventava un reietto della società lasciato ai margini dal sistema americano ed il bravo ragazzo era un nerd.

Le cose si complicano, si fanno più tondeggianti, cercando sempre di raccontare il presente e creando miti contemporanei partendo da nuovi spunti a nutrirsi di classici stilemi; Seth Cohen, in fondo, è un George McFly che ha passato un sacco di tempo con Woody Allen e affiancato da un Terry Malloy più pop - Brando torna sempre.

 

Probabilmente, oggi, The O.C. avrebbe poco senso considerato che Seth Cohen sarebbe un figo e non un target da bullo; riportando quel circolo di una narrazione fisiologicamente troppo nei tempi.

 

Roberto Aguirre-Sacasa, con Warner Bros e assistito da una parallela distribuzione Netflix, porta sui nostri schermi Riverdale, la trasposizione di quel fumetto, il tentativo di tradurre quelle storie, ora molto cambiate dai tempi, generando un nuovo teen drama che parte dal classico per sfociare in qualcosa che, sul piccolo schermo, difficilmente troviamo.  

 

Una manovra coraggiosa e interessante che, insieme ai motivi sopracitati e grazie a quelli che stiamo per approfondire, difficilmente genererà appeal sul pubblico europeo.

Se vi aspettate di vedere qualcosa di simile ai vari The O.C., Gossip Girl e affini, preparatevi a rimanere delusi.  

 

Riverdale, la cui terza stagione è attualmente in corso e i cui episodi hanno cadenza settimanale (quindi potete recuperare le vecchie stagioni in tutta tranquillità), porta al suo pubblico uno storytelling che è marchio distintivo di Archie Comics e non ha nessuna intenzione di uniformarsi al genere.  

 

 

 

 

 

Lo show è letteralmente senza tempo.

I protagonisti sono ragazzi del liceo che ascoltano e cantano la musica della Generazione Z, hanno gli iPhone ed usano Instagram Stories, eppure guidano auto dell'epoca del rock and roll e tutti sembrano avere un armadio bipolare diviso tra 2018 e 1950.  

 

I Serpents, i pericolosi cattivi ragazzi del north side di Riverdale, una banda di motociclisti invischiata in droga e altre attività ricreative, per quanto violenti possano essere i loro rituali di accettazione, sono composti da cattivi ragazzi foderati da giacche di pelle e pettinature laccate, spesso rétro e altre volte dannatamente hipster e contemporanee.  

 

I fighi del liceo, i ragazzi della squadra di football, i south siders, sono un concentrato di stupidi machismi da bullo, con la faccia da fotomodelli e il fisico di chi può partecipare all'Iron Man Challenge senza troppi problemi.

Sono viziati e meschini e pronti a trovarsi in un vicolo illuminato da un verde taglio di luce per iniziare una rissa senza esclusione di colpi con gli odiati Serpents.  

 

Eppure, tra le fila di questi idioti carichi di testosterone, ci sono i bravi ragazzi come Archie Andrews, il compasso morale della serie, un eroe senza mantello e teen, quindi vittima di se stesso e delle sue morali estremamente votate a fare la cosa giusta, seppur condannato lungo il percorso a prendere strade discutibili, cadendo in situazioni grigie e non proprio bianche.  

 

C’è "Jughead" Jones, principe dei Serpents, diviso tra la sua sete di conoscenza e la vena creativa che lo porta a diventare voce narrante delle storie di Riverdale, un mistro tra Jackson TellerHemingway, il cui armadio sembra essere rimasto al grunge anni '90.  

 

C’è Cheryl Blossom, capo cheerleader dalla bocca voluttuosa rossa come torta di ciliegie, i passi suadenti, le curve pericolose e la cattiveria velenosa di un serpente del deserto del Mojave.  

 

C’è la bionda ed innocente Betty Cooper, brava ragazza della porta accanto pronta a scontrarsi con il lato più oscuro, il doppelganger emozionale.  

 

C’è Veronica Lodge, figlia prediletta di un padre padrone e i cui segreti e traffici oscuri trasformeranno in una moderna Giulietta, in contrasto con suo padre e il suo regno, contraddistinta da un carattere dannatamente forte e inarrestabile.     

 

 

 

 


Riverdale mette sul tavolo un teen drama dove il presente viene superficialmente sfiorato, allo scopo di sostituirlo con uno riveduto e corretto, dove le mescolanze con l’origine dell’universo danno vita ad un luogo unico, dove le regole sono differenti rispetto a ogni altro teen drama che ha la pretesa di raccontare una generazione, salvo poi scadere in esagerazioni drammatiche troppo sopra le righe.

Marissa, posa quella pistola, e togli Hide and Seek dalla tua emo list su Spotify, grazie!  

 

L'universo raccontato dallo showrunner Roberto Aguirre-Sacasa, funziona ed è pura meraviglia.

Tutto in Riverdale è caratterizzato splendidamente e la commistione di influenze temporali si muove fluida in una messa in scena sopra le righe, mariobaviana, dove la scena ed i costumi vengono perennemente valorizzati da tagli di luce, colori accesi, osando in toni di rosso, viola, verde e blu.  

 

Riverdale, finalmente, quasi come fosse un Pleasantville della tv desaturata, ha creato una contaminazione splendida dove, e di questo ne rendiamo grazie, il colore domina lo schermo portando un certo piglio ad un teen drama scritto per ragazzi e che in quanto tale vuole mettere loro al centro della narrazione e del mondo, sottraendo la quadra della realtà e delineando i confini di quella di Riverdale.  

 

Ogni stagione, a partire dalla prima, che è quella più posata a livello di toni ed estro narrativo, ha un tema, una o più chiare citazioni a cinema o racconti pop.  

 

La stagione d'esordio è chiaramente, per molti motivi (in primis poiché archetipo di qualsiasi racconto seriale a descrivere i segreti delle piccole comunità) una strizzata d'occhio al Twin Peaks di David Lynch e Mark Frost; state pur sicuri che se non la conoscete, non perdete comunque il senso di quello che gli autori vi vogliono raccontare e se ne siete fan vi si aprirà il cuore nel rivedere Mädchen Amick.  

 

 

 

 


La seconda stagione si sposta e, dopo aver dato allo spettatore gli elementi per comprendere il contesto ed i personaggi, li porta oltre facendoli crescere, mettendo in moto nuove dinamiche, dividendo le trame dei protagonisti pur tenendole coerentemente coese, alimentando il mito delle stranezze che possono capitare a Riverdale.

Lo show diventa Zodiac, Carrie - per citarne alcuni - e nel guadagnare episodi non perde il fascino di messa in scena e storytelling regalato al pubblico nella prima incarnazione.  

 

La terza stagione, quella in corso, si muove su territori diversi e affronta nei primi episodi altri stilemi, sorridendo ampiamente a Quella Sporca Ultima Meta e Undisputed.

Le citazioni nel corso delle tre stagioni, tra pop e cinema, sono davvero tante, ben strutturate e si nutrono ampiamente di un contesto narrativo che le rende possibile grazie alla contestualizzazione senza tempo del serial, preparandosi ad ampliare il suo universo narrativo - molto più elegantemente di quanto non facciano le serie supereroistiche di Warner Bros e Netflix.

 

Riverdale, seppur lontano dal nostro retaggio culturale e proveniente da un fumetto da noi non così celebrato e famoso, andrebbe scoperto.

Una piccola gemma di messa in scena e scrittura che risulta divertente, di grande intrattenimento e che si allontana dalla formula piuttosto desueta del teen drama, riuscendo ad interessare il pubblico alla ricerca di qualcosa oltre il presente, sopra le righe, fantasioso e puramente pop.

 

Se state cercando qualcosa da guardare su Netflix e se volete vedere qualcosa fuori dagli schemi, qualcosa di davvero originale, e se desiderate anche voi poter pasteggiare ad hamburger, patatine fritte e frullati alla fragola mentre una luce al neon rossastra e violacea illumina il vostro tavolo, entrare a Riverdale e divertitevi.

 

 

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4 commenti

Gianluca Florio

6 anni fa

Hai completamente ragione, è un mondo a parte e le storie adolescenziali si potrebbero definire solo la punta dell'iceberg forse...
comunque ancora grazie!

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RayRJJackson

6 anni fa

Il personaggio di Jughead viene detto in più edizioni che è asessuale, non solo in quella degli anni '40. L'attore, uno dei due gemelli di Zack & Cody al Grand Hotel, ha voluto che fosse asessuale ma la produzione ha respinto l'idea.

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Beh, se sei amante del fumetto e se vieni dalla carta, forse ci può stare che la cosa ti possa stizzire. Credo che abbiano voluto far cadere la cosa appositamente, cercando di riprendere il personaggio nella sua fase embrionale, quella degli anni 40, per portarlo nel 2018. Può anche essere una scelta dettata dalla voglia di allontanarsi dal teen drama e creare qualcosa di più pop e pulp.
Credo sia difficile affrontare le dinamiche di quel personaggio. Fino ad ora credo che, in tv, ci siano riusciti solo con Todd di BoJack Horseman. Tieni sempre presente che quello che funziona sulla carta può essere difficile da rappresentare in live action. Sono scelte, contestabili come no.

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Ciao, mi fa piacere che il pezzo ti abbia portato a scoprire la serie.
La parte bella è proprio il fatto che sia un mondo fuori da ogni schema e che non racconti storie adolescenziali da discussioni sulla pagina della posta di cioè. Un grosso miglioramento.
Oltre a questo ... sì, la madre di Betty, nel corso della prima stagione, diventa parecchio insopportabile, ma poi ...

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