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''Quando infine arrivai quassù c’era una nebbia fitta. Tutto era avvolto dalle nuvole e pioveva a dirotto. Si vedeva al massimo a trenta metri. La montagna dietro era nascosta dalle nubi, non si vedeva altro che nuvole grigie e regnava un caos indescrivibile...
Lui [Kinski] voleva che si vedesse tutto Machu Picchu, compresa la cima, così come avrebbero fatto a Hollywood… Io però volevo solo un determinato taglio del paesaggio, in cui fossero visibili tutto il dramma, la passione, il pathos…
Alla fine, verso le 11 del mattino, il cielo si aprì, e a destra, come per miracolo, le nuvole rimasero ferme, a sinistra si aprirono e la fila di gente arrivò quaggiù.
E mentre giravamo ebbi la strana e profonda sensazione che io e questo film fossimo benedetti da Dio e che io stessi vedendo qualcosa di speciale, che non avrei mai più rivisto.”
Questa è la scena di apertura di Aguirre, furore di Dio, i cinque minuti perfetti per introdurre il grande Werner Herzog a chiunque non abbia ancora avuto il piacere di farne la conoscenza.
La natura sublime, affascinante e impietosa, contrapposta alla piccolezza degli uomini e alla loro infinita arroganza.
Due dei temi più cari al nostro adorato Werner, poeticamente incorniciati dalla colonna sonora di un musicista non convenzionale come Florian Fricke, mente del gruppo/progetto musicale Popol Vuh.
Una spedizione guidata dal conquistador Gonzalo Pizarro discende dalla cima di Machu Picchu mentre le nuvole si fermano e un coro angelico e nefasto al tempo stesso li accompagna verso il compimento del loro destino.
Ogni volta che ascoltavo questo pezzo avevo la sensazione di ascoltare un coro reale ma con qualche elemento di artificiosità.
Sembrano voci umane ma al contempo sono troppo uniformi, quasi come se fossero state campionate e suonate da un sintetizzatore.
Solo che il pezzo risale al 1971 e i sintetizzatori disponibili al momento erano i famosissimi Moog con il loro tipico sound elettronico e non i computer di oggi.
In realtà, lo strumento in questione – chiamato da Werner Herzog e Fricke “choir-organ” come il piccolo organo che in chiesa si trova al di sotto o davanti al grande organo a canne – altro non è che una sorta di mellotron costruito dallo stesso Florian Fricke e dall’ingegnere del suono Herbert Prasch.
Come dice Werner Herzog nel libro Images at the Horizon:
“Questo strumento aveva al suo interno tre dozzine di nastri magnetici che giravano in loop parallelamente.
Il primo era accordato per quinte, e i successivi avevano le intere scale.
Tutti questi nastri giravano contemporaneamente, e c’era una tastiera mediante la quale potevi suonarli come un organo cosicché, quando premevi un tasto, un determinato loop andava avanti all’infinito e suonava proprio come un coro umano eppure, al tempo stesso, molto artificiale e davvero inquietante”.
Se seguite il sito e la pagina facebook di CineFacts immagino vi interessino le curiosità.
Perciò, dopo avere visto qui sopra i CineFacts Express di Teo, ve ne lascio uno sulla colonna sonora, una delle mie preferite di sempre, direttamente dalla bocca di Florian Fricke:
“Questo ha avuto – come tutto nella vita – un inizio normale, per nulla mistico.
Werner Herzog era allora a Roma per la sincronizzazione di “Aguirre“ per trovare una musica adatta con Ennio Morricone, ma non la trovò.
Una conoscenza comune consigliò a Herzog di chiamarmi. Quindi mi chiamò a Monaco e due giorni dopo ero a Roma e mi fece vedere il film.
Di ritorno a Monaco scrissi subito una musica su misura che a Werner Herzog piacque subito.
Da quel momento lavorammo assieme.
È stato così facile“.
[I Popol Vuh nello studio di registrazione: la cattedrale di Bamberg]
Ad eccezione dei primi dieci minuti in cui ne veniamo travolti, la colonna sonora ha un impatto di stampo minimalista.
Durante i novanta minuti di pellicola vengono utilizzati solo frammenti, tendenzialmente molto brevi, del disco pubblicato dai Popol Vuh, a mio avviso una perla nell’ambito del filone ambient/world del krautrock.
La maggior parte dell’accompagnamento sonoro alle gesta dei conquistadores, viene dai suoni della natura.
Il continuo scrosciare dell’acqua e cinguettare degli uccelli ci trasportano, insieme alla truppa, nelle profondità della natura selvaggia, via via sempre più padrona della sorte della spedizione spagnola.
La parte musicale della colonna sonora di Aguirre vive invece di momenti.
Uno in particolare riesce sempre a muovere le mie viscere con contorsioni acrobatiche.
Intorno alla mezz’ora un indio, con il tipico cappello inca di lana d’alpaca, suona il flauto di pan accanto ad Aguirre, interpretato da un Klaus Kinski in stato di grazia. Le note suonate appartengono alla scala pentatonica, scala che rappresenta lo scheletro dal quale poi si sono evoluti diversi sistemi musicali in diverse aree del mondo.
Si potrebbe affermare che quelle note ci riportino alla musica ancestrale comune a tutta l’umanità.
Ebbene, mentre l’indio suona, Aguirre ha lo sguardo perso nel vuoto e rimane appoggiato, quasi penzolante, all’albero alle sue spalle.
Nella scena precedente, con un atto di forza, ha rovesciato il governo di Don Pedro de Ursua.
In questa scena, rimanendo “appeso” all’albero, è come se si consegnasse nelle mani di madre natura, della sua stessa natura animale, alle forze più distruttive del suo inconscio, incantato dalla musica primordiale dell’indio.
Il simbolismo dell’albero ritorna a fine film, con la zattera ormai alla deriva e l’equipaggio decimato.
Aguirre vede una nave sopra un albero e avrebbe intenzione di usarla per raggiungere il mare, non curandosi di come la sua smania di potere abbia portato tutti sull’orlo del baratro.
L’immagine della nave sull’albero, accompagnata dalla musica infausta di inizio film, è un presagio di morte.
Morte che sopraggiungerà poco dopo a causa dell’ennesimo attacco imperscrutabile proveniente dalla foresta.
Tutti i compagni di viaggio di Aguirre muoiono, compresa la sua adorata figlia.
Tutti tranne il condottiero che, finalmente libero da ogni residuo della sua vita conscia, nella forma dei suoi compagni di spedizione, può consegnarsi completamente alla sua follia.
Quella per Aguirre è la prima colonna sonora di Fricke per l’amico Werner Herzog, ma non è la prima collaborazione.
I due, talenti emergenti del panorama artistico tedesco e internazionale, avevano già avuto modo di lavorare assieme nel 1967 per il primo lungometraggio del cineasta bavarese, Segni di Vita.
Fricke interpretava un pianista in una scena del film, ruolo che ripeterà qualche anno dopo in un altra pellicola di Herzog, L’enigma di Kaspar Hauser.
[Se fate attenzione, questo pezzo tornerà diverse volte nei film di Werner Herzog]
Con questa chicca vi dò appuntamento alla seconda parte di questo piccolo approfondimento su una delle collaborazioni regista/compositore più riuscite e meno conosciute della Storia del Cinema.