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La colonna sonora di Blonde, il discusso biopic di Andrew Dominik presentato alla 79ª Mostra del Cinema di Venezia e tratto dal romanzo omonimo di Joyce Carol Oates, è opera di Nick Cave, affiancato da Warren Ellis.
Il duo di compositori aveva già collaborato con il regista, firmando la bellissima colonna sonora de L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford nel 2007.
Intorno alla figura di Nick Cave ruotano, poi, due documentari diretti dallo stesso Dominik: One More Time With Feeling del 2016 e This Much I Know to Be True, uscito nelle sale italiane il 23-24-25 maggio 2022.
Un connubio artistico ben lungi dall’essere occasionale, dunque.
[Il trailer di Blonde]
Per raccontare la vita travagliata di Marilyn Monroe, i due musicisti non ricorrono a linee tematiche definite, preferendo lavorare su timbri, sfumature, colori, armonie e atmosfere, accompagnando così alla perfezione una narrazione frantumata, a tratti deformata e allucinata, in cui il piano realistico e quello simbolico si mescolano continuamente, creando un labirinto in cui lo spettatore è chiamato a districarsi.
Lo stile è minimale, essenziale, ogni brano gioca su pochissimi elementi, quasi a non voler creare un effetto ridondante con una regia fin troppo complessa ed elaborata.
In brani come Shard il protagonista è un pianoforte fatto di note leggere appena accennate e lenti accordi che incedono come pilastri di suono, rompendo il silenzio.
[Shard, dalla colonna sonora di Blonde]
In altri come Pearly prevalgono tappeti di synth, talvolta appena incrinati dal suono graffiante e rarefatto degli archi.
I synth di Warren Ellis, protagonisti indiscussi della colonna sonora, aprono a un’altra dimensione: quella del non visibile.
[Pearly, dalla colonna sonora di Blonde]
Nella scena in cui Marilyn sfila con la macchina tra un’orda di fotografi dalle facce grottesche e deformate come maschere in un quadro di James Ensor, il brano etereo e fortemente drammatico (I Love Love Love You All), avvolge e accompagna la diva nel suo triste e lento incedere, circondando di un’aura sacrale quel volto affranto incorniciato dal finestrino della Ford.
[Blonde, Ana de Armas nel ruolo di Marilyn Monroe]
Marilyn non appare più come una dea portata in trionfo, ma come una vittima condotta al patibolo, circondata da una folla eccitata di sangue che grida il suo nome in un’escalation di violenza sacrificale.
Lo stesso brano leggermente variato (Fire In The Hills) accompagna, non a caso, un’altra scena in cui Marilyn Monroe si trova in una macchina non guidata da lei, ma dalla madre mentalmente instabile che, fuori di sé, vuole portarla sulle colline infuocate di Hollywood: stesso pericolo, stessa Marilyn passiva in balìa di altri, guidata su sentieri che non vuole percorrere, incapace di reagire e ribellarsi.
[Fire In The Hills, dalla colonna sonora di Blonde]
C’è una traccia, poi, che torna costantemente nel film ad accompagnare ogni tappa della travagliata vita della diva di Hollywood, ed è Bright Horses, brano di Nick Cave tratto da Ghosteen, primo album composto dopo la tragica scomparsa del figlio nel 2015.
Bright Horses parla di dolore, dubbio, speranza.
[Bright Horses, dalla colonna sonora di Blonde]
Dal 2018 il cantante ha aperto il blog The Red Hand Files, in cui pubblica i suoi pensieri e interagisce apertamente con i fan.
"Come sei riuscito a trovare la pace nella devastazione che segue la morte di un figlio?" gli chiede Carol, un'utente del blog che sta attraversando lo stesso dolore.
Cave le risponde: “Il dolore diventa un modo di vivere. […] In fondo il dolore è una totalità.
È lavare i piatti, guardare Netflix, leggere un libro, fare una telefonata agli amici, stare seduti da soli o spostare i mobili. Il dolore è ripensare tutte le cose attraverso le eterne ferite del mondo.
Ci rivela che non abbiamo il controllo sopra gli eventi, ma in fondo questa nostra impotenza non è che la vera libertà spirituale”.
I brani che compongono la colonna sonora di Blonde sono essenziali, minimali, in essi le armonie si ripetono ossessive, incessanti come mantra, creando un andamento lento, dilatato, sospeso, in ultima analisi metafisico e sacro.
Cave ed Ellis danno vita a spazi musicali che somigliano a delle meditazioni.
Meditazioni sul dolore: quello di Nick Cave, quello di Marilyn Monroe, quello di tutti.
“Siamo soli, ma siamo anche interconnessi con chi soffre.
Ci mettiamo in contatto senza nulla da offrire se non l’accettazione della nostra mutua disperazione.
Ma dobbiamo capire che le profondità della nostra angoscia, ci indicano le altezze che, col tempo, potremmo raggiungere”.
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