#Good&Bad
Daniel Day-Lewis è uno di quei nomi che non possono che balzarci immediatamente in mente quando parliamo di eccellenza cinematografica.
Daniel Day-Lewis è l'attore che, più di tutti in epoca moderna, è riuscito a tenere immacolata la purezza della propria filmografia, dedicandosi solo a un Cinema di un certo tipo, a partire dal suo minuscolo ruolo in Gandhi e da quello, decisamente più rilevante, ne Il Bounty.
La sua bravura, emersa grazie a Camera con vista, My beautiful laundrette e L'insostenibile leggerezza dell'essere - film per il quale imparò addirittura a parlare il cecoslovacco - è ben presto stata ammantata di una sensazione di irripetibilità, di prestigio impareggiabile.
[Ne ha fatta di carriera questa faccia da schiaffi, eh?]
Il mio piede sinistro gli valse il primo Premio Oscar ; L'Ultimo dei Mohicani, Nel nome del Padre e L'età dell'innocenza lo resero uno degli attori più richiesti negli anni '90; La seduzione del male gli permise di conoscere sua moglie, Rebecca Miller, e The Boxer ha segnato il suo addio dalle scene, lungo circa cinque anni.
Dopo quel periodo della sua vita a Firenze, contraddistinto dalla la sua continua ricerca della discrezione, Martin Scorsese ha dato il via a quelli che sono, forse, i 15 anni più intensi mai vissuti da un attore.
Anche per questo, oltre che per tutto ciò che ha fatto per la Settima Arte, Marty andrebbe ringraziato.
Tre lustri di prove monumentali, riuscitissimi anche quando le scelte di Day-Lewis non sono state così luminose: cosa gli si può dire ne La storia di Jack e Rose - interpretato unicamente perché diretto da sua moglie - e in Nine?
Nulla: perfetto, come sempre.
Come possiamo definire le sue prove in Gangs of New York, Il petroliere, Lincoln e Il filo nascosto? Leggendarie, appunto.
[Uno dei monologhi più noti nel Cinema del XXI secolo]
La grande Storia del Cinema ci è passata davanti e stavolta, fortunatamente, ce ne siamo accorti.
Quest'uomo è la personificazione di ciò che questa rubrica vuole rappresentare: la glorificazione di chi riesce a migliorare, a dire no, di chi tiene altissimo il livello della propria produzione artistica.
E ora che, a quanto dice, Daniel Day-Lewis ha chiuso la sua carriera recitativa, glorificarne la carriera ci sembra una volta in più doveroso.
"Ogni volta che termino un film vengo avvolto da un grande senso di vuoto."
Diceva lui.
Lo stesso vuoto che, adesso, proviamo noi.
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