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Baraka: Cinema e Benedizione

Baraka di Ron Fricke: un giro intorno al mondo pieno di musiche, suoni, riti, preghiere e maledizioni

Buonanotte amici della notte.

 

Personalmente ho sempre pensato che il cinema - dopo il viaggio - sia lo strumento migliore per crescere e migliorarsi. 


Perché ci permette osservare realtà vicine e lontane comodamente seduti sul divano o in una sala cinematografica.
Nel 1992, a esattamente dieci anni dalla nascita della trilogia qatsiRon Fricke - che era stato direttore della fotografia del primo segmento del trittico di Godfrey Reggio - deve aver pensato: 

"Ehi, sai che c'è? Mi piacciono un sacco i film di montaggio con fotografia da panico.

Ora ne faccio uno tutto mio". 

Quindi nacque Baraka.

 

 

 

 

Così come era stato mostrato in Koyaanisqatsi, anche in Baraka la vita sulla Terra non è né in equilibrio né immobile, ma dinamica, violenta e potente. 


Meravigliosa e orribile allo stesso tempo.

Le riprese - strabilianti - ci prendono per la manina, trascinandoci letteralmente in un viaggio intorno al mondo.

Dal Kenya alla Polonia, in cima alle vette del Nepal fino alla giungla Cambogiana, ogni spaccato di mondo ripreso dalla lente dell'obiettivo è un respiro profondo che ha il sapore di sacralità e benedizione.

 

 

Osserviamo impotenti la monumentalità dell'Ayers Rock o la perfezione del rito polinesiano del Kecak (Xfactor 'n tu culu), passando per ritratti di aborigeni degni del miglior Sebastião Salgado.  

 

 


Tuttavia, Baraka non è solo 'benedizione' (è questo il significato della parola), ma anche dolore e morte. 

Il "film di montaggio" di Frike mostra allo spettatore la follia dell'uomo. La sua parte più vile e meschina.


Ci vengono sbattuti in faccia i 'campi' come di rado il Cinema ha avuto il fegato di fare.

Non c'è nessun Liam Neeson pronto a vestire i panni di Oscar Schindler per salvare vite innocenti, ma solo desolanti stanzoni pieni di cumoli di scarpe. 

 

Ci sono i bombardieri minacciosi, pronti per seminare morte e i teschi degli eccidi africani.

L'accompagnamento sonoro viaggia di pari passo con i quadri che scorrono sullo schermo: dai frenetici ritmi tribali di percussioni indigene, litanie di preghiere buddiste, fino alle cornamuse scozzesi.

 

 

 

Cos'è, in sostanza, Baraka?

 

È un'esperienza ultra sensoriale completa. Un'altalena emotiva in cui si passa - nel giro di pochi frame - dalla meraviglia, col cuore che respira felice, al desiderio di spegnere baracca e burattini per l'orrore kurtziano che ci viene messo davanti agli occhi.

Baraka è musiche. Suoni. Fede.

Stupore. Architettura. Vita. Storia.

Desolazione.

Morte.

Baraka è benedizione.  

 

 

 

- Baraka, di Ron Fricke, 1992   


Mi permetto, infine, di autocitarmi, come il mio migliore amico cinematografico (inizia con la 'T' e finisce con 'ino'), lasciandovi con il mio primo pensiero, fresco di visione:  


"Chi sceglie deliberatamente di privarsi della visione di film come Baraka o Koyaanisqatsi (almeno una volta nella vita), è complice di un piccolo crimine contro se stesso"

'notte, esseri in dis-equilibrio.

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4 commenti

Adriano Meis

5 anni fa

E di cosa, Manuel..!

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Adriano Meis

5 anni fa

Ciao Martina. Sono davvero felice di averti "lanciato" questo piccolo, immenso tesoro e che tu lo abbia apprezzato quanto merita. 
Ci vediamo al prossimo consiglio della notte! 😉

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Federico Rossato

5 anni fa

"Troppo buono" assolutamente no: se una cosa fosse bella, la definirei bella e non "bellina". Sono profondamente convinto che l'abilità e fine ultimo che dovrebbero avere le persone nel parlare di ciò che a loro interessa e nella scuola pubblica non sia discernere una sfilza infinita di nozioni, bensì incuriosire ad alimentare il fuoco all'interno dell'interlocutore. Adesso vedrò di recuperare tutto il recuperabile e non è detto che non torni tra un po' in questa discussione per formulare qualche pensiero in più: al me del futuro l'ardua sentenza...

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Adriano Meis

5 anni fa

Troppo buono. Goditelo.

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