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Si fa presto a dire l'orrore...
Anche quando si trattasse di ripeterlo due volte in sequenza sulla scorta del colonnello Walter E. Kurtz il suo apparente primo significato potrebbe non essere anche il più pertinente.
È davvero l'orrore l'emozione che percepiva il personaggio di Apocalypse Now?
È l'orrore quello che serpeggia guadagnando un metro per volta risalendo la corrente del fiume nella rappresentazione filmica?
Quello che trasuda dalla densissima prosa di Joseph Conrad? Che sia invece la tenebra siglata nel suo titolo?
Questo articolo è una ricerca espressionista che non pretende e non può deliberare per voce di tutti coloro che la leggeranno, ma che intende offrire una tassonomia emozionale, una sua propria scrupolosa analisi atmosferica dei diversi suscitamenti emotivi che accompagnano le diverse pellicole del genere horror.
Pretesto per questa ricerca lo offrono i film di ultima generazione, nel loro processo di raffinazione e rinnovamento del genere in questione.
Jordan Peele (Scappa - Get Out, Noi) e soprattutto Robert Eggers (The VVitch, The Lighthouse) e Ari Aster (Hereditary - Le radici del male, Midsommar - Il villaggio dei dannati) stanno regalando al genere una sua tradizione autoriale.
Ne abbiamo già parlato concentrandoci principalmente sull'ultimo citato, il quale peraltro ha funto da cornice scatenante di questo tentativo che vado qui di seguito a delineare.
Iniziamo questa classificazione delle emozioni iniziando da quella che ha ruolo di manifesto in questo genere cinematografico, probabilmente non a torto.
- L'orrore
È l'accedere alla lucida coscienza della minaccia inevitabile.
È il sentimento degli incubi: trafiggente, improvviso di una latente possibilità mai rimossa ma censurata dai meccanismi, potremmo dire, della veglia.
Ecco dunque due scene tratte da altrettanti film che comunicano eccezionalmente questa emozione totalizzante.
Martyrs
Pascal Laugier (2008)
Lucida coscienza, orrore paralizzante.
Mulholland Drive
David Lynch (2001)
Orrore trafiggente, improvviso.
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- Il perturbante
Seguendo grossolanamente la tradizione psicanalitica è ciò che ci si presenta come non familiare e che si connette, tuttavia, a qualcosa che ci era noto da lungo tempo, ma che avevamo provvidenzialmente rimosso.
Sentimento dell'inaccettazione.
È anch'essa un'emozione improvvisa nella sua manifestazione, estremamente personale, che si avvia ad essere proprietaria di un connotato morale come sarà descritto in seguito.
Per definizione è difficile individuare un'opera che come risultante susciti una perturbazione di massa, ma tenderei ad individuarla in pellicole storiche, che possano impattare sull'inconscio collettivo.
In questo senso il già citato filone contemporaneo horror di Eggers e Aster si propone allo scopo.
Anche Stanley Kubrick orbitava attorno a questa sensazione.
Probabilmente non esiste un'unica sequenza che possa risultare profondamente perturbante forse nemmeno a due spettatori contemporaneamente.
Eyes Wide Shut
Stanley Kubrick (1999)
Non familiare, ma da sempre saputo: questa scena ci avvicina al concetto di perturbante.
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1) Tutte e due queste manifestazioni emotive hanno origine interiore, che sia direttamente percepita da noi spettatori o empatizzata dalle reazioni dei personaggi al medesimo sommovimento interno; stiamo comunque trattando di uno stato di improvvisa coscienza a carattere paralizzante (agghiacciante) che, infatti, ci debilita.
Non vi è spazio per il possibile o il rovesciamento di segno: l'orrore e il perturbante sono le emozioni della irrevocabilità.
2) Vi sono poi le emozioni del panorama orrorifico che, al contrario, vengono inoculate con parsimonia.
Emozioni montanti a carattere ondoso lungo tutto il tempo della pellicola.
Si diceva in precedenza del connotato morale; il senso di colpa, l'accusa di meschinità sono due possibili motori di destabilizzazione emotiva lungo la visione di un film.
Midsommar
Ari Aster (2019)
Sentirsi un peso, sentirsi di non esserlo.
Il coltello nell'acqua
Roman Polanski (1962)
Solo la prima delle tante volte in cui il regista ha rappresentato il senso di meschinità maschile.
The VVitch
Robert Eggers (2015)
Il senso di colpa, l'accusa, l'autosuggestione.
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3) L'ansia è l'altra grande emozione che è in grado di suscitare il film di Aster che accompagna in filigrana come fiore all'occhiello la nostra classificazione.
Ansia e panico.
Questa si pone esattamente a metà strada fra le emozioni a origine interiore, spiccatamente personali e quelle che dipendono unicamente dall'impulso sensoriale che subiamo dall'esterno e che più facilmente possono avere carattere universalistico.
Le divideremo fra emozioni espressive ed emozioni impressive.
Paralizzanti le prime e dinamiche le seconde.
- L'ansia è questo: originata per via impressiva si manifesta espressivamente.
È a mio avviso fra le più complesse sensazioni da suscitare cinematograficamente, eppure è fra le più rappresentate.
Si cerca di solito di imporre impressionisticamente questa sensazione servendosi del ritmo del montaggio finendo per ingenerare a mio avviso una confusione.
L'ansia è l'agitata attesa di altre sensazioni quali il senso di minaccia e di sopraffazione degli eventi ed è, insomma, l'emozione "del ritardo" e "dell'incertezza"; all'approssimarsi o al riapprossimarsi dell'evento ansiogeno (se questi è chiaramente individuato, il che non è strettamente necessario), può tramutarsi in terrore, che può manifestarsi somaticamente nel panico.
D'altro canto il senso adrenalinico e trascinante generato per un montante climax di eventi o un ritmo confuso e vorticante del montaggio comporta la confusione del piano espressionista (interiore) dello stato ansiogeno e della lenta attesa della minaccia con quello della balìa impressionistica degli stimoli propri di un climax, la cui risoluzione verrà desiderata piuttosto che angosciantemente temuta.
Questa "ansia artificiosa" si associa inoltre all'apprensione per la sorte degli eventi o del personaggio rappresentato, laddove l'ansia naturale è un'emozione spiccatamente privata.
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Altri due stati emotivi posti in questa sezione intermedia.
- Il malanimo
Il Signore degli Anelli - Il ritorno del re
Peter Jackson (2003)
"Le stelle sono velate, qualcosa si scuote a est, un insonne malanimo".
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- Il senso di minaccia
Shining
Stanley Kubrick (1980)
Il senso di minaccia più sconcertante è quello che nasce in seno...
Babadook
Jennifer Kent (2014)
...alla propria famiglia.
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4) Passiamo alla nuova categoria di emozioni possibili suscitate da una pellicola del genere horror, quelle risultanti da una stimolazione esterna che, come si sarà capito dalla specificazione sulla rappresentazione cinematografica dell'ansia, sono anche quelle che sono state più spesso inscenate e suscitate, semplicemente perché comportano un impatto emotivo maggiormente assicurato, ma anche, come vedremo, meno duraturo.
Partiamo da quelle più raffinate fino a giungere allo stimolo psicosomatico puro.
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- L'odio, la rabbia, l'impotenza, la repulsione il disprezzo
Tutte queste sono emozioni acute che muovono da un senso di ingiustizia percepito.
Anche la repulsione inspiegabile per qualcuno - quella "a pelle", che prescinde dagli stessi comportamenti - fa parte di questi rush emotivi.
Funny Games
Michael Haneke (1997)
Il magistrale meta-horror che frustra i cosiddetti estimatori di emozioni impressive amanti del genere è capace di provocare anche la rabbia.
Tirannosauro
Paddy Considine (2011)
Nel film è rappresentata soprattutto la rabbia, ma un personaggio è in grado di suscitare odio.
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- Nausea
Non certo il tedio esistenzialista, ma la sua più acuta e coinvolgente forma.
Essa è tale solo quando magistralmente inscenata, altrimenti si tramuta in confusione, fastidio e senso di distacco dalla rappresentazione.
Climax
Gaspar Noé (2018)
Maestro della rappresentazione pulita e coinvolgente del senso di nausea.
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- Ribrezzo e raccapriccio.
Suscitati assistendo agli effetti di un atto efferato, al gore e ai sottogeneri del torture-porn, degli snuff (in cui vi è anche una connotazione morale), degli splatters (nello splatterstick vi è anche connotazione umoristica).
Saw II - La soluzione dell'enigma
Darren Lynn Bousman (2005)
Nei primi anni 2000 dilagarono i torture porn, capitanati dalle saghe di Saw e Hostel.
Splatters - Gli schizzacervelli
Peter Jackson (1992)
Emblema del sottogenere splatterstick, il ribrezzo è auspicato ma le proporzioni di ciò che viene mostrato sono a tal punto esasperate da divenire volutamente comiche, complici anche qualche gag e il gusto dell'assurdo.
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- Spavento e shock.
Sono le più superficiali emozioni impressive.
Senza imporre un'assiologia, una scala di valori, risultano tuttavia posti al fondo di questa classificazione in quanto completamente indotte da una manifestazione solamente esteriore e circoscritta rendendole non un'emozione quanto, più propriamente, una reazione.
Lo stato di shock si accompagna a una sensazione di "tabula rasa".
Nel caso dello spavento, specialmente se fine a se stesso, si tratta del famigerato jumpscare.
Sinister
Scott Derrickson (2012)
Un esempio di jumpscare principalmente acustico.
The Conjuring - L'evocazione
James Wan (2013)
Un esempio di jumpscare principalmente visivo.
Insidious
James Wan (2010)
Un esempio di jumpscare sia acustico che visivo, come avviene nella maggior parte dei casi.
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Se è vero che gli anni '10 si aprono con questi tre esempi di discreto Cinema horror (nonostante, e non grazie ai jumpscare), decine e decine di pellicole fanno invece dello spavento ancora l'unica loro adrenalinica struttura portante, con il risultato di venire istantaneamente dimenticati congiuntamente all'effimerità dell'emozione suscitata.
Questa classificazione - certamente aggiornabile ad esempio tramite gli stati melanconico-depressivi e lo spettro delle inquietudini - ha lo scopo di dimostrare quanto sia complesso il panorama di sensazioni suscitabili dal più emozionale dei generi cinematografici e, di conseguenza, di quanto vi sia di apprezzabile in quegli autori capaci di aggiornare il grado di raffinatezza emotiva portato a rappresentazione.
Negli ultimi anni sembra che i tempi siano maturi per una nobilitazione del genere, troppo a lungo relegato in coda all'attenzione autoriale anche a causa di un pregiudizio culturale millenario che pone le emozioni "della pancia" in posizione subalterna rispetto agli stimoli e agli argomenti "della mente".
Come spettatori ritengo che occorra sempre domandarsi la ragione dei propri giudizi estetici, senza tuttavia tralasciare il più impattante strascico emotivo che un nuova visione ci lascia.
Del resto, tanto più esso permane, tanto più riterremo l'opera, nel suo complesso, memorabile.
Quante volte sei caduto in trappola per colpa di un titolo clickbait che poi ti ha portato a un articolo in cui non si diceva nulla?
Da noi non succederà mai.