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Halloween è stato un film importantissimo per il genere horror, un titolo che ha avuto il merito di dare lustro alle produzioni indipendenti di quegli anni.
Il film del 1978 di John Carpenter ha inoltre contribuito a rendere popolare il sottogenere slasher che, durante gli anni '80, venne riproposto in oltre 300 pellicole delle quali Halloween è stato una sorta di "capostipite" entrando di diritto nell’immaginario collettivo di tutti noi e negli incubi delle nostre notti d’ottobre.
Come quasi ogni film di successo, anche da Halloween si è cercato di ricavare un franchise redditizio: dopo il primo progetto realizzato da Carpenter si sono originati altri sei capitoli, un remake e il relativo seguito e infine un nuovo sequel dell'opera originale.
In questo marasma produttivo, il rischio che tanti film che avevano come protagonista l’Ombra della strega risultassero prodotti di poco valore, alieni rispetto lo spirito originale dell’opera di Carpenter era molto alto.
E infatti così è stato.
Se il seguito di Rick Rosenthal del 1981 e il remake di Rob Zombie (2007) non sono da buttare, c’è un capitolo che si è contraddistinto e che ha saputo rendere onore al film originale: sto parlando di Halloween del 2018 diretto da David Gordon Green.
[Il trailer ufficiale di Halloween di David Gordon Green]
Prodotto da Carpenter e da Blumhouse, casa di produzione nota per pellicole come Paranormal activity, Insidious, Scappa - Get out e L'uomo invisibile, il film di Gordon Green riparte dagli eventi narrati nell'opera originale ignorando quindi tutti i capitoli precedenti dell’universo di Halloween.
Ci troviamo dunque nel presente, quarant’anni dopo gli omicidi che hanno sconvolto la cittadina di Haddonfield nel 1978.
Due giornalisti vogliono approfondire la figura del serial killer Michael Myers: prima cercano di intervistare l'omicida rinchiuso in un ospedale psichiatrico - ovviamente senza riuscire a ricavarne una parola - e poi provano a racimolare qualche aneddoto da Laurie Strode (Jamie Lee Curtis), unica sopravvissuta della carneficina.
La prima cosa che si nota è che Laurie è rimasta traumatizzata da quella notte del 31 ottobre del 1978, lasciandosi alle spalle due matrimoni falliti e la fiducia della sua unica figlia Karen.
Ossessionata da un possibile ritorno del killer, un’attempata (ma agguerrita) Jamie Lee Curtis sembra già prevedere ciò che accadrà durante il corso del film.
[Jamie Lee Curtis perfetta anche in questo seguito di Halloween]
Durante un trasferimento dall'ospedale in cui era rinchiuso a una seconda struttura psichiatrica, il bus che trasporta Michael ha un incidente e l’Ombra della strega sparisce nel nulla.
Ovviamente la Notte di Halloween è alle porte.
Se nel film di Carpenter la maschera del serial killer e i relativi omicidi - fatta eccezione per lo stupendo piano sequenza iniziale - comparivano ben oltre la prima metà dell'intreccio narrativo, in questo capitolo Gordon Green spinge subito sull'acceleratore mettendo rapidamente in scena delle sequenze di una violenza inaudita: Michael Myers dopo ben quarant’anni sembra non aver perso il gusto per l'omicidio, e se nell’opera originale i morti conteggiati alla fine erano cinque in questo film il numero aumenta in modo considerevole, dando maggior forza all'idea di "Male Assoluto" che il killer rappresenta.
L’ombra della strega si abbatte sulla cittadina di Haddonfield come un asteroide, brandendo martelli, calpestando teste sconvolgendo - come era lecito aspettarsi - la vita di Laurie.
Nell'Halloween del 1978 la componente sessuale giocava un ruolo chiave ai fini della narrazione, tanto da suscitare numerose teorie bislacche che Carpenter ha voluto - in parte - confutare:
“Michael non rappresenta la mano moralista che punisce gli adolescenti che si drogano e fanno sesso.
Quello che si vede può essere riassunto come la vendetta del represso.
Quando all’inizio del film Michael, molto giovane, uccide la sorella, lo fa perché la sua sessualità esplode di colpo sotto forma di rabbia incontrollata.”
In Halloween del 2018 questo aspetto viene un po’ a mancare, per lasciare invece spazio al tema dell’ossessione: sia il personaggio di Jamie Lee Curtis sia il medico che ha in cura Michael sono assillati dalla figura del mostro, vero e proprio rappresentante di una malvagità totalizzante e senza controllo.
Laurie ha paura di Michael, di questo male atavico, ma allo stesso tempo lo aspetta con ansia da quarant’anni: un atteggiamento che ha rovinato la sua vita e quella della figlia Karen. L'attesa della donna è finalizzata a liberarsi dai traumi del passato, liberandosi alle spalle un’ombra troppo grande per la povera ex-babysitter che ha visto la propria vita tranciata dalla lama di un coltello.
Allo stesso modo il medico che ha in cura Michael, erede del Dr. Loomis, fin dalle prime battute fa trasparire un sentimento che ha quasi l'aspetto di un amore platonico per "l'uomo con la maschera bianca che ammazzava le babysitter" (per citare il nostro caro Ghostface).
Un rapporto malsano che culmina quando anche lo stesso dottore commette un omicidio, lasciandosi sfuggire la frase:
“È questo che si prova.”
[Il Dottor Ranbir Sartain non è esattamente un esempio di etica sul lavoro]
Parole che racchiudono la fascinazione per il Male, quell'attrazione inconscia che ognuno di noi ha - chi più chi meno - ma che non vuole mostrare e che il genere horror porta sullo schermo con lo scopo di terrorizzarci.
Il lavoro svolto da Gordon Green da questo punto di vista è egregio, come lo è quello fatto sulla colonna sonora ideata e composta ad hoc per il film dallo stesso Carpenter insieme a suo figlio Cody e al compositore Daniel Davies.
Tra omaggi all’immortale tema originale del primo film e nuovi arrangiamenti la colonna sonora di Halloween è semplicemente sbalorditiva e aiuta a portare sequenze - già di per sé orrorifiche - a un livello di ferocia e terrore da applausi.
[Ascoltare per credere]
“Penso che in Halloween ci siano elementi sia della fiaba sia del mito.
La fiaba però è spesso didattica e francamente noiosa, mentre i miti sono decisamente più interessanti: tutto deriva dal mito, anche la religione.
Michael Myers è forse più vicino al mito, proprio perché non ha personalità, incarna il Male assoluto.”
Queste parole pronunciate da John Carpenter sono relative al film originale del 1978.
Credo che l’opera di David Gordon Green sia riuscita nell'impresa di onorare senza snaturare il mito creato dal regista de La Cosa, approfondendo con omaggi e innovazioni la figura di uno dei serial killer più famosi della Storia del Cinema.