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Good Joe Bell - Recensione: poche parole per il suicidio di un figlio gay - TIFF 2020

Al TIFF 2020 arriva Good Joe Bell, dramma basato sulla vera storia di un padre in pellegrinaggio per l'america contro il bullismo

Al Toronto International Film Festival 2020 viene presentato Good Joe Bell, film scritto da Larry McMurtry e Diana Ossana, già autori de I Segreti di Brokeback Mountain, e diretto da Reinaldo Marcus Green, conosciuto per Monsters and Men.

 

La storia racconta la vicenda di Joe Bell che, in seguito al suicidio del figlio gay Jadin, decide di attraversare l'America a piedi per parlare del tema del bullismo, presso qualsiasi struttura gli offra occasione di farlo. 

 

A interpretare Good Joe Bell troviamo un inedito Mark Wahlberg, inaspettatamente a suo agio nel ruolo e ben contrapposto a Reid Miller, la cui interpretazione accorata del figlio Jadin va a braccetto con quella dell'attore di Boston. 

 

[Il vero Joe Bell] Good Joe Bell

 

 

Negli ultimi anni abbiamo visto un numero sempre più crescente di opere relative al tema del bullismo, grazie soprattutto al rumore sollevatosi attorno all'argomento, in particolar modo quando si parla di violente forme d'odio verso la comunità LGBT. 

 

L'attenzione diventa molto alta quando si parla soprattutto di teenager e del numero piuttosto preoccupante di suicidi e casi di efferata violenza, sia fisica che psicologica, che avvengono quotidianamente sia nelle scuole che nei luoghi pubblici. 

 

Good Joe Bell è una storia che dal punto di vista puramente formale non propone nulla di nuovo allo spettatore, se non fosse per una via al racconto diversa rispetto a molti altri film o prodotti seriali. 

 

 

Gli ultimi anni sono stati segnati da Tredici, serie TV prodotta da Netflix arrivata a un vastissimo pubblico, che ha acceso un certo dibattito pubblico per via proprio dei contenuti della serie e del modo in cui gli showrunner hanno trattato l'argomento. 

 

 

[Mark Wahlberg in una scena di Good Joe Bell]

 

 

Una serie che, senza entrare troppo in dettagli non essendo questa la sede, trova il più grande problema nell'essere figlia di un team di sceneggiatori che non sanno davvero come affrontare la questione, incespicando in populismi, retoriche, ideologie reazionarie, tendendo a spettacolarizzare piuttosto che sensibilizzare e sostanzialmente sfociando anche nella cattiva sceneggiatura. 

 

Affrontare il tema del bullismo e provare a trovarvi un antidoto, un modo per veicolare il cuore della questione o quantomeno cercare una chiave che sensibilizzi il pubblico, è estremamente complesso. 

 

Scadere in personaggi retorici, beatificati, martirizzati e in discorsi estremamente facili messi in bocca a personaggi che pensiamo giusti per quel ruolo, è altrettanto facile. 

 

Come è altrettanto semplice fare spallucce e sedersi su una morale cerchiobottista per la quale è colpa un po' di tutti, soprattutto quando questi tutti sono istituzioni astratte o "la gente" o come nessuno, poiché alla fine siamo un po' tutti vittime delle famigerate entità astratte e nessuno è davvero responsabile di niente. 

 

Good Joe Bell, grazie alla scrittura di Larry McMurtry e Diana Ossanagià in sceneggiatura ha il pregio di mettere come protagonista un uomo che non adopera molte parole, e quelle poche parole che ha in bocca non contano davvero granché. 

 

 

[Gary Sinise nel cast con Mark Wahlberg, in una foto dietro le quinte di Good Joe Bell]

 

Il Good Joe Bell interpretato da Mark Wahlberg è sostanzialmente un "genitore della strada", rifancendoci al concetto di "uomo della strada". 

 

Bell è l'uomo comune, il classico personaggio del quale diremmo che "in fondo è buono". 

 

Il tipico uomo la cui bocca va molto più veloce del suo cervello e che molto spesso parla senza pensare davvero, che è prodotto di una società fatta di persone semplici non in quanto ignoranti, ma in quanto legate davvero a pochi dogmi ma "buoni". 

Pochi comandamenti della vita che per loro sono caposaldo di un'esistenza normale. 

 

Joe Bell è iroso ma buono. 

Un uomo fallibile, un uomo spinto anche da sentimenti di vendetta piuttosto comuni, eppure incredibilmente fragile nonostante la sua scorza apparentemente duro. 

 

Joe Bell non è ritratto come un oratore. 

I suoi discorsi sono imbarazzanti, semplici, senza giri di parole e probabilmente conditi da una certa retorica imparata quasi per osmosi, anche quella senza riflettere davvero. 

 

E questo aspetto di Good Joe Bell si rende alquanto interessante, poiché il film ci propone dei caratteri semplici. 

 

Joe è il pubblico, l'uomo di mezza età distante da un mondo che corre a velocità doppia, che spaventato alza la voce e diventa aggressivo, inveisce al cielo e a chi gli sta intorno, spingendo i problemi via quanto possibile per tornare a distrarsi con la televisione - o quello che vi pare - quanto prima. 

 

Il film propone soprattutto dei protagonisti irrisolti, spostandoli tra presente e passato, tra elaborazione e disillusione, tra rabbia e rimpianto e la cui meta non è propriamente chiara e la cui soluzione finale potrebbe essere insoddisfacente per molti. 

 

Andando all'osso della natura del film lo scopo non sembra essere davvero quello di aggiustare il pubblico, di metterlo a sedere per un paio d'ore e di moralizzarlo con brutale spettacolarità, quanto piuttosto quello di raccontargli una storia ordinaria, semplice, dolente, per lasciarlo alla fine solo con un pensiero semplice quanto efficace. 

 

Good Joe Bell non è un film complesso. 

 

Non è un film moralmente stratificato e ha un semplice messaggio che porta allo spettatore con una buona onestà. 

Un film che si regge indubbiamente sulla performance degli attori protagonisti, su una scrittura diretta e sulla regia pulita ed efficace di Reinaldo Marcus Green, che riesce a non posarsi sul compitino ma che non sfocia mai in alcun virtuosismo di sorta, seguendo i personaggi ed enfatizzando quanto li sovrasta senza spettacolarizzare il male. 

 

Good Joe Bell ci porta per gli Stati Uniti desolati e solitari con suo figlio e ci pone qualche domanda fornendo anche qualche risposta e non si pone altre pretese, lasciando il suo spettatore coinvolto, ma non straziato. 

 

La domanda alla quale non riesco davvero a rispondere dopo la visione è se Good Joe Bell e le sue belle performance, la sua bella regia e i suoi bei intenti, per quanto tutti ben espressi, saranno davvero dei forti testimoni del presente. 

 

Perché sì, credo che sentiremo ritornare Good Joe Bell durante la Award Season, ma non sono sicuro quanto rimarrà di questo film.

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